Grande crisi di governo della segreteria di stato vaticana, iniziatasi con l’esplosione del caso Boffo e lo scandalo del negazionista Williamson. Il Vatileaks ha di mira il Papa e il suo braccio destro
Ieri alle 12 e 15 il Foglio on line ha rivelato il nome e la funzione di colui che la Curia romana considera “il corvo”. (Poi tutto è precipitato). E’ il cameriere del Papa, Paolo Gabriele. Sembra un giallo di Agatha Christie, con il solito maggiordomo colpevole, ma non lo è. Il “corvo” ha sottratto e trasmesso segretamente all’esterno i documenti e le lettere riservate del Papa e del suo segretario particolare monsignor Georg Gänswein. Paolo Gabriele, “aiutante di camera” della Famiglia pontificia, lavora ovviamente nell’appartamento papale. I cardinali Juliàn Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi che guidano la commissione d’inchiesta hanno stretto il cerchio attorno a lui, insospettiti principalmente dal fatto che molti leak usciti dal Vaticano sono lettere riservate inviate direttamente al Papa.
Dopo Ettore Gotti Tedeschi, il banchiere sfiduciato dalla presidenza della banca vaticana (Ior), Gabriele è il secondo laico a entrare nel novero dei sospettati.
E’ stato anche fermato, ma il processo è tuttora da istruire. Secondo alcuni esponenti autorevoli del Vaticano è “inverosimile” attribuire le colpe di Vatileaks a lui. Uomo di fede, devoto di santa Faustina Kowalska, già aiutante di camera di monsignor James Michael Harvey, Gabriele potrebbe essere vittima della volontà del Vaticano di trovare in tempi brevi un colpevole per ovviare a una crisi disperata di governance.C’è chi considera Gabriele – il quale è stato messo sotto chiave dagli uomini della gendarmeria vaticana – una vittima interna del cosiddetto “metodo Boffo”. Dino Boffo, ex direttore di Avvenire, nel settembre del 2009 venne messo alla gogna sulle pagine del Giornale con un falso casellario giudiziario che lo accusava di omosessualità, una velina anonima proveniente con ogni probabilità dagli ambienti vaticani. Il 23 gennaio del 2010 fu il Foglio a scrivere, dopo un’udienza privata tra il Papa e il cardinale Camillo Ruini dedicata al tema, che chi lavorò per far scoppiare il caso, ovvero chi accreditò e avvalorò all’allora direttore del Giornale Vittorio Feltri l’informativa anonima su Boffo poi rivelatasi non corrispondente agli atti processuali – “un informatore attendibile, direi insospettabile”, scrisse Feltri sul Giornale il 4 dicembre 2009 – era un ambiente lobbistico che si era avvalso di una certa “spregiudicatezza e ingenuità” del direttore dell’Osservatore Romano Gian Maria Vian per indirizzare la penna di Feltri contro Boffo.
Seguirono settimane di fuoco. I media cercarono di districare la matassa tutta interna alla Santa Sede e quando il fuoco arrivò a lambire la tonaca del segretario di stato, il cardinale Tarcisio Bertone, il Vaticano reagì in maniera ufficiale con una nota vergata direttamente dalla segreteria di stato: le “notizie e ricostruzioni” apparse sulla stampa “non hanno alcun fondamento”. E ancora: “E’ falso che responsabili della gendarmeria vaticana o il direttore dell’Osservatore Romano abbiano trasmesso documenti che sono alla base delle dimissioni, il 3 settembre scorso, del direttore di Avvenire; è falso che il direttore dell’Osservatore Romano abbia dato – o comunque trasmesso o avallato in qualsiasi modo – informazioni su questi documenti, ed è falso che egli abbia scritto sotto pseudonimo, o ispirato, articoli su altre testate”. Fu aggiunta la notazione secondo cui questa smentita, che contrasta con la lettera poi resa nota dal “corvo” in cui Boffo faceva il nome del direttore dell’Osservatore e accusava anche Bertone, era approvata dal Papa in persona, che ne aveva ordinato la pubblicazione.
Placate momentaneamente le acque, in curia romana c’è chi ha continuato a rimestare nel torbido. Bertone, la cui capacità di leadership era già stata messa in dubbio da scandali mediatici malamente gestiti e culminati con il “caso Williamson”, la revoca della scomunica concessa al vescovo lefebvriano Richard Williamson che senza informare preventivamente il Papa delle sue posizioni negazioniste sulla Shoah, ha continuato a governare senza tuttavia avere più il sostegno della vecchia guardia, le leve della segreteria di stato nate e cresciute alla prestigiosa scuola diplomatica di piazza della Minerva. Quella segreteria di stato che per anni, nel pontificato wojtiliano, aveva in Angelo Sodano un proprio faro. I diplomatici cercarono di convincere Bertone a non accettare l’incarico di segretario di stato che Benedetto XVI gli offrì nel giugno del 2006. Pare che a Genova, dove Bertone era arcivescovo, andò di persona monsignor Piero Pioppo, oggi nunzio in Camerun e in Guinea equatoriale ma ai tempi segretario di Sodano, per convincerlo a rifiutare. Bertone non ascoltò il consiglio e una volta arrivato in sella al “ministero” più importante del Vaticano dettò la sua linea “più Vangelo e meno diplomazia” che tanti malumori ha provocato soprattutto in curia romana. I diplomatici hanno in particolar modo mal sopportato la decisione di Bertone di portare in posti storicamente affidati a loro uomini con nessuna esperienza curiale. Tra questi: Domenico Calcagno da Savona all’Amministrazione apostolica della Santa Sede e Giuseppe Versaldi da Vercelli alla prefettura degli Affari economici. Dice non a caso lo storico Alberto Melloni a Vatican Insider: “A me sembra un attacco al Papa da parte di chi vuole dirgli: hai sbagliato a scegliere il segretario di stato e hai sbagliato a non cambiarlo…”. E ancora: “I retroscena vaticani del caso Boffo hanno tenuto banco sulla stampa per settimane. Le tensioni attorno alla figura dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò al Governatorato e il suo promoveatur ut amoveatur a Washington pure. L’opposizione del cardinale Angelo Scola all’operazione di salvataggio del San Raffaele da parte dello Ior era pure nota. Si possono fare altri esempi. La vera notizia è il messaggio che voleva mandare chi ha fatto uscire i documenti. Ed è: non siete in grado di proteggere il Papa”.
Placate momentaneamente le acque, in curia romana c’è chi ha continuato a rimestare nel torbido. Bertone, la cui capacità di leadership era già stata messa in dubbio da scandali mediatici malamente gestiti e culminati con il “caso Williamson”, la revoca della scomunica concessa al vescovo lefebvriano Richard Williamson che senza informare preventivamente il Papa delle sue posizioni negazioniste sulla Shoah, ha continuato a governare senza tuttavia avere più il sostegno della vecchia guardia, le leve della segreteria di stato nate e cresciute alla prestigiosa scuola diplomatica di piazza della Minerva. Quella segreteria di stato che per anni, nel pontificato wojtiliano, aveva in Angelo Sodano un proprio faro. I diplomatici cercarono di convincere Bertone a non accettare l’incarico di segretario di stato che Benedetto XVI gli offrì nel giugno del 2006. Pare che a Genova, dove Bertone era arcivescovo, andò di persona monsignor Piero Pioppo, oggi nunzio in Camerun e in Guinea equatoriale ma ai tempi segretario di Sodano, per convincerlo a rifiutare. Bertone non ascoltò il consiglio e una volta arrivato in sella al “ministero” più importante del Vaticano dettò la sua linea “più Vangelo e meno diplomazia” che tanti malumori ha provocato soprattutto in curia romana. I diplomatici hanno in particolar modo mal sopportato la decisione di Bertone di portare in posti storicamente affidati a loro uomini con nessuna esperienza curiale. Tra questi: Domenico Calcagno da Savona all’Amministrazione apostolica della Santa Sede e Giuseppe Versaldi da Vercelli alla prefettura degli Affari economici. Dice non a caso lo storico Alberto Melloni a Vatican Insider: “A me sembra un attacco al Papa da parte di chi vuole dirgli: hai sbagliato a scegliere il segretario di stato e hai sbagliato a non cambiarlo…”. E ancora: “I retroscena vaticani del caso Boffo hanno tenuto banco sulla stampa per settimane. Le tensioni attorno alla figura dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò al Governatorato e il suo promoveatur ut amoveatur a Washington pure. L’opposizione del cardinale Angelo Scola all’operazione di salvataggio del San Raffaele da parte dello Ior era pure nota. Si possono fare altri esempi. La vera notizia è il messaggio che voleva mandare chi ha fatto uscire i documenti. Ed è: non siete in grado di proteggere il Papa”.
Per il Vaticano, comunque, il corvo non è isolato. Anche su Gotti Tedeschi, sfiduciato due giorni fa, c’è un pesante sospetto. Ma anche qui sono in pochi coloro che credono che uno come lui possa aver passato delle carte riservate fuori dal Vaticano. In realtà Gotti paga l’opposizione all’approvazione della nuova legge vaticana sulla trasparenza finanziaria. Se per Bertone e i dirigenti della segreteria di stato la nuova versione della legge (una versione che avocava molti poteri alla stessa segreteria) segnava un passo in avanti nell’opera di ripulitura e riordino, per altri, tra questi Gotti, segnava un passo indietro. Secondo Gotti, infatti, la legge avrebbe depotenziato l’Autorità d’informazione finanziaria nei suoi compiti di controllo della trasparenza in favore della segreteria di stato.
Insomma: due fazioni si sono fronteggiate oltre il Tevere nelle ultime settimane, uno scontro che ha avuto Gotti come vittima illustre. Da una parte coloro che ritengono che la trasparenza, la necessità di adeguarsi agli standard internazionali per entrare nel club dei più virtuosi, sia per il Vaticano un obbligo da non disattendere; dall’altra quella di coloro che ritengono (Bertone è tra questi) che questa stessa linea sia sì da perseguire ma con moderazione, avendo ben presente che il Vaticano ha una sua specificità che lo rende non del tutto paragonabile agli altri stati sovrani.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
LA STRATEGIA DELLA TENSIONE
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Sospetti, veleni e Pontefice isolato: ora nei palazzi di Joseph Ratzinger regna il terrore
In Vaticano regna il terrore
Scatta la strategia del terrore per isolare il Papa. Ieri gli hanno messo in galera il maggiordomo. Ma l'obiettivo finale della guerra in corso è lui. Lo scopo è minare la sua autorità. Per un po’ hanno tentato di gettargli fango addosso strumentalizzando gli scandali dei preti pedofili. Dopo la cacciata di Gotti Tedeschi, un altro fedelissimo del Santo Padre viene allontanato. E intanto ci si prepara alla successione del segretario di Stato Bertone
Poi c'è la questione della nomina e della sostituzione dell’attuale segretario di Stato della Santa Sede, cardinale Tarcisio Bertone, che da più parti è considerato il vero regista degli ultimi sviluppi giudiziari. Ammettere che il primo ministro del Vaticano non si è rivelato all’altezza del suo compito, dunque, è un’ardua decisione da prendere. Anche se giovedì aveva licenziato il banchiere del Papa, Ettore Gotti Tedeschi, sul quale erano piovute le solite accuse di aver passato carte ai giornalisti. Nel mirino ci sono persone descritte come devotissime del Vicario di Cristo, al quale si cerca di fare il vuoto intorno.
Regna il terrore in Vaticano. Chiunque transiti nel territorio della Santa Sede rischia ora di essere scambiato per un corvo espiatorio. Basta organizzare a suo danno un ritrovamento di carte come la mole, definita «ingente», di documenti riservati sequestrata dalla gendarmeria vaticana nell’abitazione di Paolo Gabriele.
Leggi l'articolo integrale di Andrea Morigi su Libero in edicola oggi, sabato 26 maggio
Regna il terrore in Vaticano. Chiunque transiti nel territorio della Santa Sede rischia ora di essere scambiato per un corvo espiatorio. Basta organizzare a suo danno un ritrovamento di carte come la mole, definita «ingente», di documenti riservati sequestrata dalla gendarmeria vaticana nell’abitazione di Paolo Gabriele.
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Ecco chi è “Paulus”, il maggiordomo corvo arrestato dalla Gendarmeria Vaticana
I più intimi in Vaticano lo chiamano “Paulus”, il soprannome donatogli da Giovanni Paolo II. E’ l’assistente di camera del pontefice, Paolo Gabriele, il laico in stato di arresto, accusato di essere uno dei corvi che hanno diffuso documenti riservati della Santa Sede.
Romano, 46 anni, Paolo Gabriele è sempre stato l’ombra del Pontefice, sempre al suo fianco in tutti gli eventi ufficiali, in tutti i viaggi all’estero. Sposato, padre di tre figli, da quasi 20 anni vive in Vaticano. Gabriele è uno degli uomini di fiducia di Benedetto XVI: era arrivato Oltretevere nel 1995, tre anni dopo era entrato grazie a Papa Wojtyla nella famiglia pontificia. Da 14 anni insomma era uno dei pochi fedelissimi che aveva accesso agli appartamenti papali, prima (con Giovanni Paolo II) come secondo assistente, poi con Ratzinger come primo assistente di camera. Una vita tutta casa e chiesa raccontano gli amici increduli: ogni mattina l’uomo non mancava mai alla messa celebrata in una piccola chiesa della città stato. In casa però gli uomini della Gendarmeria Vaticana hanno trovato una massiccia mole di documenti che Paolo Gabriele non poteva e non doveva possedere. Per questo si prepara a passare la seconda notte in camera di sicurezza. La magistratura vaticana adesso dovrà capire se quei documenti ritrovati in casa siano stati poi diffusi dallo stesso maggiordomo, che rischia fino a 30 anni di carcere. In tanti in Vaticano però cercano di gettare acqua sul fuoco: “Paolo è un brav’uomo, non farebbe mai una cosa simile”, racconta a Stanze Vaticane un suo intimo amico che preferisce rimanere anonimo, “E’ una persona di fede, non posso crederci. Ha sempre avuto la massima fiducia del Papa”.
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