«Sono
anni che dico che la Magliana è viva. I magistrati mi danno retta a
intermittenza, ma nessuno ha la forza di smentirmi. Io non ho opinioni. A
domanda rispondo e se non so, sto zitto», dice in una lunga intervista
al Fatto Quotidiano il collaboratore di giustizia Antonio Mancini, uno
dei componenti del primo nucleo della banda: «quando la cavalcata epica
si è trasformata in una pozzanghera di sangue - dice -, ho detto basta».
De Pedis, afferma, «non era più un bandito, si era imborghesito. Oggi
sarebbe in Parlamento. Dalla nuova banda che si era creato tra Tor
Pignattara e Marranella si faceva chiamare Presidente». «Era entrato in
un giro strano con Massimo Carminati - prosegue -, un fascista che oggi
fa i miliardi con i ristoranti. Sabrina Minardi l'ex compagna di De
Pedis dice che tutti sapevano che Renatino era l'uomo del Vaticano».
Nel
rapimento Orlandi, aggiunge, De Pedis «guidò la macchina che servì al
sequestro della ragazza. Il rapimento fu deciso da mafiosi e testaccini.
C'erano soldi che non rientravano e la scelta era tra lasciare qualche
cardinale a terra ai bordi della strada o colpire qualcuno che fosse
vicino al Papa e che aveva rapporti economici con noi per marcare un
segno. Scegliemmo la seconda strada». A proposito dei soldi Mancino
parla di «più di duecento milioni di dollari che la banda aveva
riciclato per lo Ior e che non aveva più rivisto dopo il crack
dell'Ambrosiano».
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