Scena da "Gli Uccelli" di Alfred Hitchcock |
I corvi "vestono" di nero. E' per questa ragione che nel gergo mafioso il "corvo" corrisponde al "magistrato". E' la toga a ricoprire di nero un uomo vissuto come un parassita fastidioso da abbattere, silenziare. Nel paradosso in questi giorni gravati dall'attentato brindisino e dall'anniversario della strage di Capaci, i giornalisti sempre meno fantasiosi e sempre a caccia di immagini ed evocazioni, hanno rispolverato questa espressione, "il corvo/i corvi", per connotare coloro che dal Vaticano hanno iniziato a concentrare l'attenzione dei media e del mondo cattolico sul grumo di potere, ambizione e gestione spregiudicata del denaro all'interno delle mura leonine.
Per uno strano gioco del destino il giornalismo fa la parte della mafia e i divulgatori di documenti vaticani riservati quella dei giudici. Sarà un caso, ma qui continua ad essere chiamata in gioco la giustizia.
Chiaramente una giustizia relativa, quella legata alla gestione del potere e all'ordine provvisorio delle cose. Vi sono sempre stati nella storia della Chiesa momenti in cui gli scandali sono emersi dalla coltre di segretezza e riservato silenzio per poi ripiombarvi dopo qualche anno. Sono dinamiche naturali, quasi antropologicamente determinate. Per questa ragione, a mio parere, stiamo assistendo forse solo alla morte della più recente riorganizzazione del potere in Vaticano. Quella coincisa con lo sconquasso portato da Tarcisio Bertone nella florida suddivisione del potere sotto il regno di Giovanni Paolo II, dove la corruzione non era certo meno diffusa, ma la sua distribuzione ne garantiva una più soffusa eco.
Se il Cardinal Segretario di Stato avesse rispettato prerogative, privilegi, regole amministrative procedenti dalla precedente gestione, nulla sarebbe accaduto. Sì, qualche mal di pancia qua e là, un po' alla "Via col vento in Vaticano", libercolo divertente e ovattato opera di un Monsignore ben informato e più dilettato che disgustato dagli infiniti pettegolezzi all'ombra del Cupolone.
E invece Bertone ha voluto strafare. Ha creato una rete complessa di potere gestito in prima persona con estrema spregiudicatezza. Si è seduto alla tavola del potere politico, finanziario, mediatico e ha cominciato a dirigere la Santa Sede, sostituendosi al Pontefice nei viaggi apostolici, prendendo addirittura decisioni in suo nome (la vicenda Tettamanzi relativamente al Toniolo), reggendo le fila di operazioni ambiziose (nel campo della sanità ad esempio) col puro scopo di affermare il proprio potere più che di esercitarlo in armonia col Vangelo. Ancora in queste ore, mentre infuria la tempesta sulla sua testa, Bertone si crede un imperatore imbattibile e dopo aver cacciato Ettore Gotti Tedeschi e insediato nello IOR provvisoriamente un ex membro della Trilateral Commission, discute con i suoi adepti addirittura l'acquisto da parte dello IOR di una banca all'estero! Questa non è altro che follia. Meglio, è la malattia del potere comune a tanti laici nel nostro mondo contemporaneo. Il potere acquisito e vissuto come diletto e ampliamento del proprio ego, non in funzione di una missione o di valori comuni. E naturalmente dobbiamo aggiungere che tale potere è gestito anche attraverso i sofisticati mezzi delle intercettazioni, del controllo, delle indagini felpate, quelle gestite anche con troppa disinvoltura dal capo della Gendarmeria, Giani (ex Sisde). E' infatti noto (lo rivela anche "Sua Santità" di Nuzzi) che alcuni personaggi della Gendarmeria vaticana sono titolari di società che vendono servizi e dispositivi di sicurezza alla Santa Sede, violando qualsiasi norma deontologica... Oltretutto va ricordato che proprio a causa di un paventato benservito a Giani, cominciarono ad apparire nel 2011 su Il Giornale gli articoli anonimi che mettevano in cattiva luce Mons. Viganò. Come si vede, nella sua gestione, il Cardinale Segretario di Stato ha molto in comune con i più ferventi adoratori del potere fine a se stesso, per lo più adorni di cappuccio e grembiulino.
In tutto questo continua a sfuggirci come il Papa - e specialmente il nostro grande Papa Benedetto - abbia potuto preservare intatta la sua stima e la considerazione della fedeltà del Cardinale. Inutile girarci attorno con vaticanistici florilegi: questo resterà uno dei più evidenti misteri del papato attuale. Basterebbe solo il seguente episodio: se un Vescovo coscienzioso (Viganò) e magari un tantino ambizioso - ma forse animato dalla buona eris esiodea - scrive al Papa che il protegé di Bertone, già inserito in svariati consigli di amministrazione, in strutture mediatiche importanti, suggerito addirittura recentemente al Premier per un posto nel governo tecnico creato per cooptazione in Italia, scrive - dicevo - che il tale ha una condotta morale incompatibile con il cattolicesimo, e oltretutto diffama gravemente un servitore del Papa su istigazione di Bertone, perché il Papa dovrebbe continuare ad avere stima del Cardinale? Perché dovrebbe accettare che egli eserciti il suo potere nepotistico in maniera così indiscriminata.
Ma qui parliamo anche di questioni che riguardano la macchina organizzativa della Santa Sede a prescindere da Bertone. Si potrebbe discutere ad esempio del concetto di offerta in Vaticano, un concetto che nel mondo civile facilmente scivolerebbe nel sinonimo di tangente. E si potrebbe discutere delle ingenti offerte che sono solite giungere in Vaticano per poter partecipare ad udienze papali, per farsi ricevere prima, per essere in prima fila il mercoledì. Tutte cose risapute, ma taciute e accettate da tutti: vaticanisti, fedeli devoti e cittadini del Vaticano. Come se fosse normale che per essere ricevuti dal Papa o avere un posto in prima fila durante le udienze, evidentemente all'insaputa del Pontefice, alcuni trovino opportuno intascare delle laute offerte.
Ma qui parliamo anche di questioni che riguardano la macchina organizzativa della Santa Sede a prescindere da Bertone. Si potrebbe discutere ad esempio del concetto di offerta in Vaticano, un concetto che nel mondo civile facilmente scivolerebbe nel sinonimo di tangente. E si potrebbe discutere delle ingenti offerte che sono solite giungere in Vaticano per poter partecipare ad udienze papali, per farsi ricevere prima, per essere in prima fila il mercoledì. Tutte cose risapute, ma taciute e accettate da tutti: vaticanisti, fedeli devoti e cittadini del Vaticano. Come se fosse normale che per essere ricevuti dal Papa o avere un posto in prima fila durante le udienze, evidentemente all'insaputa del Pontefice, alcuni trovino opportuno intascare delle laute offerte.
Me ne rendo conto. Di questo passo non basterebbe un'enciclopedia per custodire tutti i tradimenti e le bassezze di certo clero. Ad ogni modo si tratta non di fantasia ma di fatti, fatti autentici, reali. Quando in Vaticano cominceranno a rendersene conto?
E' scoppiata ufficialmente una faida, una guerra senza confini all'interno dei Sacri Palazzi. E il casus belli è stato, a mio parere, il recente concistoro che ha visto prevalere alcuni candidati bertoniani (come ad esempio Domenico Calcagno, già diffusore del famoso "Vino del Vescovo" a Savona, un vino adulterato che Calcagno ha consapevolmente messo in vendita nelle Paoline nel 2003 per far soldi; oggi è presidente dell'APSA nonché Cardinale).
In molti devono aver visto nel concistoro bertoniano il tentativo di blindare il futuro conclave, ancorandolo al volere del Segretario di Stato. Inoltre il concistoro del 18 febbraio ha stabilito un precedente funesto nel quale a numerosi arcivescovi espressione di importanti chiese locali (Filippine, Belgio, Cile, Brasile e Stati Uniti) sono stati preferiti uomini cooptati nella Curia Romana (Calcagno, Bertello, Versaldi) dal Segretario di Stato.
Bertone ha così scoperchiato il vaso di Pandora, riproponendo strategie degne di un prelato rinascimentale ormai desuete e gravemente deprecabili. Di qui lo scoppio del caso Vatileaks. Perché ci si è resi conto nel Vaticano che questo potere era ormai incontrastabile e spudorato e il Papa non aveva i mezzi per opporvisi, o meglio temeva di stravolgere equilibri sempre più precari, dunque non ne aveva la volontà. Intendiamoci, siamo tutti consapevoli del danno d'immagine che colpisce la Chiesa e prima di tutti il nostro Sommo Pontefice. Tuttavia è inutile sottrarsi ad un'analisi fredda della realtà. Se le cose andassero avanti così per i prossimi mesi, quale sarebbe il danno per la Chiesa? La situazione non sarebbe destinata a peggiorare se tutti i posti chiave venissero presidiati da una leadership mediocre e corrotta? E' d'altra parte possibile che questo "scandalo" riesca quanto meno a bloccare taluni spregiudicati giochi di potere in Vaticano?
Fino a quando giornalisti e commentatori, cattolici e non, eviteranno di parlare dei documenti e delle loro implicazioni, fino a quando si parlerà solo di corvi, arresti e sospetti eminenti, si esalterà a mio avviso solo la confusione, penalizzando gravemente l'immagine del Santo Padre. Se invece si comincerà ad entrare nel merito della questione, smontando la parabola negativa del potere bertoniano, forse si potrà superare questa crisi non certo riportando giustizia e pulizia assoluta nella Santa Sede, utopie utili per manichei o radicali, ma almeno un sano equilibrio nel governo della Chiesa.
D'altra parte probabilmente si preferisce guardare al dito più che alla luna per due ragioni: da un lato è più facile e indolore concentrarsi sul dito ("Il o i corvi..."), dall'altro la luna (i misfatti e le omissioni di cui parlano i documenti protagonisti di Vatileaks) è così scontata, troppe volte contemplata, tanto da lasciare indifferenti molti protagonisti della vicenda. Aristotelicamente sembrano più interessati all'intenzione che all'atto in sé. L'intenzione di creare scompiglio, di disobbedire, di non serbare il segreto è più importante di ciò che emerge dai documenti sottratti. Ci si è assuefatti in qualche modo alla miseria morale tanto da restare indifferenti dinanzi ad essa per concentrarsi piuttosto sullo sgarro, sulla violazione di quel potere che si crede immune e totale, operata da qualche subalterno guidato da un pur relativo senso di giustizia. D'altronde bisognerebbe ammettere - ancora nessuno l'ha fatto - che i servizi di sicurezza vaticani devono aver giocato un ruolo in tutta questa vicenda. E se ne dovessimo ammettere l'assoluta estraneità alla serie di complotti e spionaggi che certo non possono essere organizzati e diretti da un cameriere padre di tre figli, allora dovremmo dedurne la loro totale inadeguatezza. Un'altra buona ragione per segnare una netta discontinuità con la gestione Bertone. Ma finora nessuno ne parla, i fatti sono caduti in second'ordine, è l'atmosfera a creare interesse, mentre intanto i Cattolici assistono ad uno spettacolo indegno e i nemici della Chiesa approfittano dei sentimenti diffusi di indignazione e scetticismo per ampliare il proprio consenso, mentre tutti contemplano quest'aula zeppa di scolaretti bizzosi nella quale latita non dico il preside ma almeno qualche degno capoclasse.
In molti devono aver visto nel concistoro bertoniano il tentativo di blindare il futuro conclave, ancorandolo al volere del Segretario di Stato. Inoltre il concistoro del 18 febbraio ha stabilito un precedente funesto nel quale a numerosi arcivescovi espressione di importanti chiese locali (Filippine, Belgio, Cile, Brasile e Stati Uniti) sono stati preferiti uomini cooptati nella Curia Romana (Calcagno, Bertello, Versaldi) dal Segretario di Stato.
Bertone ha così scoperchiato il vaso di Pandora, riproponendo strategie degne di un prelato rinascimentale ormai desuete e gravemente deprecabili. Di qui lo scoppio del caso Vatileaks. Perché ci si è resi conto nel Vaticano che questo potere era ormai incontrastabile e spudorato e il Papa non aveva i mezzi per opporvisi, o meglio temeva di stravolgere equilibri sempre più precari, dunque non ne aveva la volontà. Intendiamoci, siamo tutti consapevoli del danno d'immagine che colpisce la Chiesa e prima di tutti il nostro Sommo Pontefice. Tuttavia è inutile sottrarsi ad un'analisi fredda della realtà. Se le cose andassero avanti così per i prossimi mesi, quale sarebbe il danno per la Chiesa? La situazione non sarebbe destinata a peggiorare se tutti i posti chiave venissero presidiati da una leadership mediocre e corrotta? E' d'altra parte possibile che questo "scandalo" riesca quanto meno a bloccare taluni spregiudicati giochi di potere in Vaticano?
Fino a quando giornalisti e commentatori, cattolici e non, eviteranno di parlare dei documenti e delle loro implicazioni, fino a quando si parlerà solo di corvi, arresti e sospetti eminenti, si esalterà a mio avviso solo la confusione, penalizzando gravemente l'immagine del Santo Padre. Se invece si comincerà ad entrare nel merito della questione, smontando la parabola negativa del potere bertoniano, forse si potrà superare questa crisi non certo riportando giustizia e pulizia assoluta nella Santa Sede, utopie utili per manichei o radicali, ma almeno un sano equilibrio nel governo della Chiesa.
D'altra parte probabilmente si preferisce guardare al dito più che alla luna per due ragioni: da un lato è più facile e indolore concentrarsi sul dito ("Il o i corvi..."), dall'altro la luna (i misfatti e le omissioni di cui parlano i documenti protagonisti di Vatileaks) è così scontata, troppe volte contemplata, tanto da lasciare indifferenti molti protagonisti della vicenda. Aristotelicamente sembrano più interessati all'intenzione che all'atto in sé. L'intenzione di creare scompiglio, di disobbedire, di non serbare il segreto è più importante di ciò che emerge dai documenti sottratti. Ci si è assuefatti in qualche modo alla miseria morale tanto da restare indifferenti dinanzi ad essa per concentrarsi piuttosto sullo sgarro, sulla violazione di quel potere che si crede immune e totale, operata da qualche subalterno guidato da un pur relativo senso di giustizia. D'altronde bisognerebbe ammettere - ancora nessuno l'ha fatto - che i servizi di sicurezza vaticani devono aver giocato un ruolo in tutta questa vicenda. E se ne dovessimo ammettere l'assoluta estraneità alla serie di complotti e spionaggi che certo non possono essere organizzati e diretti da un cameriere padre di tre figli, allora dovremmo dedurne la loro totale inadeguatezza. Un'altra buona ragione per segnare una netta discontinuità con la gestione Bertone. Ma finora nessuno ne parla, i fatti sono caduti in second'ordine, è l'atmosfera a creare interesse, mentre intanto i Cattolici assistono ad uno spettacolo indegno e i nemici della Chiesa approfittano dei sentimenti diffusi di indignazione e scetticismo per ampliare il proprio consenso, mentre tutti contemplano quest'aula zeppa di scolaretti bizzosi nella quale latita non dico il preside ma almeno qualche degno capoclasse.
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