1- GLI “ADDETTI AI LIVORI” DEL SACRO BORDELLO CONTINUANO A CHIEDERSI COME SIA STATO POSSIBILE CHE IL CORVO “PAOLETTO” ABBIA POTUTO SOTTRARRE E FOTOCOPIARE DECINE DI DOCUMENTI PER MESI SENZA CHE MONSIGNOR GEORG GÄNSWEIN, SEGRETARIO PARTICOLARE DEL PAPA, SE NE ACCORGESSE. TANTO PIÙ CHE ALCUNE PERSONE IN CONTATTO CON IL MAGGIORDOMO AVEVANO STRETTI RAPPORTI ANCHE CON DON GEORG - 2- OGGETTO DEL DESIDERIO PER LE DONNE DI MEZZO MONDO, DON GEORG HA CAPITO, UN PO’ IN RITARDO E SULLA PROPRIA PELLE, CHE NON ERA IL CASO DI ESPORSI SUI MEDIA - 3- QUATTRO ANNI FA BERTONE AVREBBE PORTATO AL PAPA UN DOSSIER SULLE INTERVISTE E I SERVIZI FOTOGRAFICI DEL SUO SEGRETARIO, COMPRESO QUELLO DEL DICEMBRE 2007 AL SETTIMANALE ‘’VISTO’’, CON TANTO DI RITRATTO IN POSA DI DON GEORG IN UNO STUDIO FOTOGRAFICO E TITOLO AMMICCANTE: “NON POSSO SPOSARMI, MA CONOSCO L’AMORE”
Ignazio Ingrao per "Panorama.it"
PADRE GEORG
Da padre Ralph di Uccelli di Rovo a padre Brown, il sacerdote
detective uscito dalla penna di Gilbert K. Chesterton. Non poteva essere
più radicale la metamorfosi di monsignor Georg Gänswein nei sette anni
trascorsi accanto a Benedetto XVI. Appena ha fatto capolino accanto a
Papa Joseph Ratzinger per porgergli gli occhiali o i fogli dei discorsi,
don Georg è diventato l'oggetto del desiderio per le donne di mezzo
mondo.
PADRE GEORG NEL GIORNO DELLA LAUREA HONORIS CAUSA
Atletico, attraente, alto 1.80, occhi azzurri, capelli brizzolati,
destinato a rubare la scena persino al Papa. La prima a rompere gli
indugi fu la moglie dell'ex presidente della Repubblica, Carlo Azeglio
Ciampi, che ricevendo il nuovo pontefice al Quirinale gli chiese: «Come è
bello il suo segretario, come si chiama?».
Da quel giorno monsignor Gänswein lo studioso, il canonista, il docente universitario, il devoto segretario, per tutti è diventato «don Georg il bello». Un'etichetta che, nel ristretto mondo della curia, rischiava di costargli il posto per qualche eccesso di disinvoltura nel concedere interviste e nel farsi fotografare anche durante il tempo libero.
Poi, a poco a poco, è cresciuta in lui la consapevolezza del ruolo e anche l'autorevolezza di fronte a vescovi e cardinali. Niente più interviste, né foto in tenuta sportiva. Don Georg ha imparato la regola aurea del Palazzo apostolico: il vero potere non si mostra. Chi lo detiene si muove senza clamore, riconosciuto e temuto.
PADRE GEORG NEL GIORNO DELLA LAUREA HONORIS CAUSA
È stato così che, nella vicenda del «corvo» in Vaticano, don Georg ha
indossato i panni del detective. Sarebbe stato lui, infatti, a notare
un documento pubblicato a pagina 311 del libro di Gianluigi Nuzzi (Sua
Santità, edizioni Chiarelettere), con il bilancio della Fondazione
Ratzinger. Una breve nota riservata, priva di numero di protocollo, che
era passata sulla scrivania del Papa e del suo segretario particolare.
Solo una persona poteva avere fotocopiato e fatto filtrare all'esterno
quel documento: l'aiutante di camera, Paolo Gabriele. Così don
Georg-padre Brown avrebbe smascherato il maggiordomo per consegnarlo
alla giustizia vaticana.
PADRE GEORG NEL GIORNO DELLA LAUREA HONORIS CAUSA
Forse le cose non sono andate esattamente così, poiché in realtà già
alcuni giorni prima dell'uscita del volume monsignor Gänswein era
presente a una riunione, con il Papa, il segretario di Stato Tarcisio
Bertone e un legale esterno al Vaticano, per scegliere la strategia in
grado di scovare la fonte dei Vatileaks e i suoi complici sul suolo
italiano. Era la metà di maggio.
Da quel momento è partita la caccia al corvo e ai suoi mandanti. Don Georg si è dato dunque molto da fare per fermare lo stillicidio di notizie rubate. Anche se molti si chiedono come sia stato possibile che il maggiordomo abbia potuto sottrarre e fotocopiare decine di documenti per mesi senza che il segretario particolare se ne accorgesse. Tanto più che alcune persone in contatto con Paolo Gabriele avevano stretti rapporti anche con don Georg.
PADRE GEORG E RATZINGER
Qualcuno tende perciò a coinvolgere il segretario del Papa nella
vicenda. Per esempio ipotizzando che fosse stato proprio don Georg ad
autorizzare, in un primo tempo, il maggiordomo a fotocopiare e
conservare alcuni documenti: materiale che poi Gabriele, o altri sopra
di lui, avrebbero deciso di far filtrare all'esterno. Ma la devozione e
l'attaccamento di don Georg nei confronti di Ratzinger fanno escludere
decisamente che il monsignore possa avere avuto un ruolo diretto nella
fuga di notizie. Piuttosto, può avere sbagliato a fidarsi di qualcuno, o
avere peccato di ingenuità.
PADRE GEORG E RATZINGER
Certo non sono stati anni facili, quelli trascorsi da don Georg
accanto a Benedetto XVI. Primo di cinque fratelli, originario di Riedern
am Wald, nel sud della Germania, don Georg compirà 56 anni il 30
luglio. Mamma Gertrud e papà Albert non avrebbero mai immaginato che il
loro ragazzo, così preciso e meticoloso, amante del calcio e del
clarinetto, sarebbe arrivato tanto in alto. Dopo la laurea in diritto
canonico a Monaco, il monsignore è approdato a Roma come docente
all'Università della Santa croce dell'Opus Dei, e alla Congregazione per
la dottrina della fede.
PADRE GEORG
Solo un caso ha voluto che Ratzinger, allora prefetto dell'ex
Sant'Uffizio, lo chiamasse accanto a sé come segretario particolare.
Convinto di essere prossimo alla pensione, Ratzinger aveva infatti
lasciato che il suo segretario personale di allora, monsignor Josef
Clemens, venisse promosso al vertice del Pontificio consiglio per i
laici: un premio per i tanti anni di onorato servizio. E a sostituirlo,
per gli ultimi tempi, aveva chiamato proprio don Georg che aveva
apprezzato come collaboratore.
Benedetto XVI e padre Georg in Scozia
Quando poi nell'aprile 2005 il conclave ha eletto Ratzinger alla
guida della Chiesa, don Georg è stato catapultato sotto i riflettori. E
gli attriti col suo predecessore (complice forse un po' di rivalità fra i
due) non sono mancati. Clemens, infatti, è rimasto tagliato fuori
dall'appartamento pontificio, ma Ratzinger ha continuato ad andare
spesso a cena da lui per ricevere qualche consiglio. Tra i due
segretari, insomma, non corre buon sangue.
Anche con il segretario di Stato Tarcisio Bertone non tutto è filato liscio. È quasi fisiologico nel Palazzo apostolico: il segretario di Stato segue il governo del pontefice, ma dal segretario particolare dipende l'accesso al Papa. Inevitabili, quindi, attriti e frizioni.
I Cardinali Bertone e Bagnasco
Quattro anni fa Bertone avrebbe portato al Papa un dossier sulle
interviste e i servizi fotografici del suo segretario, compreso quello
del dicembre 2007 al settimanale Visto, con tanto di ritratto in posa di
don Georg in uno studio fotografico e titolo ammiccante: «Non posso
sposarmi, ma conosco l'amore».
Più un'intervista alla Süddeutsche Zeitung dove rivelava di ricevere decine di lettere d'amore. Una presenza su rotocalchi e giornali giudicata inopportuna per il segretario del pontefice. Qualcuno aveva persino suggerito una «promozione» in qualche diocesi tedesca. Ma Benedetto XVI aveva confermato piena fiducia nel segretario.
E don Georg aveva capito che non era il caso di esporsi sui media; da allora ha preso a modello il segretario di Giovanni Paolo II, Stanislao Dziwisz: sempre vicino a Karol Wojtyla, mai in vista sui media. Così, niente più foto sui campi da tennis (una copertina del settimanale Chi del maggio 2006), tutt'al più qualche puntata segreta sui monti dell'Appennino, il martedì mattina, per una sciata.
TARCISIO BERTONE PADRE GEORG PAPA BENEDETTO XVI
È stato così che la «guerra dei tre segretari» (Gänswein, Clemens e
Bertone) ha lasciato il posto a un armistizio. Nel frattempo don Georg
ha guadagnato influenza nella curia. Ne sa qualcosa il cardinale Angelo
Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale, che si rivolge a lui
ogni volta che deve incontrare il Santo Padre, senza passare per il
segretario di Stato. Anche Ingrid Stampa, traduttrice del Papa, deve far
capo al segretario particolare.
CARDINALE ANGELO BAGNASCO
Insomma, il prudente, influentissimo don Georg è diventato il vero
custode dell'appartamento pontificio. Ma c'è chi continua a chiedersi
come sia stato possibile che il «corvo» abbia agito senza che lui se ne
accorgesse. E come, e dove, vengono archiviati i documenti che finiscono
sulla scrivania del Papa.
PAOLO GABRIELE
Da quel giorno monsignor Gänswein lo studioso, il canonista, il docente universitario, il devoto segretario, per tutti è diventato «don Georg il bello». Un'etichetta che, nel ristretto mondo della curia, rischiava di costargli il posto per qualche eccesso di disinvoltura nel concedere interviste e nel farsi fotografare anche durante il tempo libero.
Poi, a poco a poco, è cresciuta in lui la consapevolezza del ruolo e anche l'autorevolezza di fronte a vescovi e cardinali. Niente più interviste, né foto in tenuta sportiva. Don Georg ha imparato la regola aurea del Palazzo apostolico: il vero potere non si mostra. Chi lo detiene si muove senza clamore, riconosciuto e temuto.
Da quel momento è partita la caccia al corvo e ai suoi mandanti. Don Georg si è dato dunque molto da fare per fermare lo stillicidio di notizie rubate. Anche se molti si chiedono come sia stato possibile che il maggiordomo abbia potuto sottrarre e fotocopiare decine di documenti per mesi senza che il segretario particolare se ne accorgesse. Tanto più che alcune persone in contatto con Paolo Gabriele avevano stretti rapporti anche con don Georg.
Anche con il segretario di Stato Tarcisio Bertone non tutto è filato liscio. È quasi fisiologico nel Palazzo apostolico: il segretario di Stato segue il governo del pontefice, ma dal segretario particolare dipende l'accesso al Papa. Inevitabili, quindi, attriti e frizioni.
Più un'intervista alla Süddeutsche Zeitung dove rivelava di ricevere decine di lettere d'amore. Una presenza su rotocalchi e giornali giudicata inopportuna per il segretario del pontefice. Qualcuno aveva persino suggerito una «promozione» in qualche diocesi tedesca. Ma Benedetto XVI aveva confermato piena fiducia nel segretario.
E don Georg aveva capito che non era il caso di esporsi sui media; da allora ha preso a modello il segretario di Giovanni Paolo II, Stanislao Dziwisz: sempre vicino a Karol Wojtyla, mai in vista sui media. Così, niente più foto sui campi da tennis (una copertina del settimanale Chi del maggio 2006), tutt'al più qualche puntata segreta sui monti dell'Appennino, il martedì mattina, per una sciata.
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