Le Monde - Rassegna "Fine Settimana"
(Stéphanie Le Bars) Come accade spesso in questo genere di documenti pubblicati dal Vaticano, la diagnosi emessa sulla situazione della Chiesa cattolica nel mondo non è edulcorata. La si potrebbe definire severa, se non venisse dall'interno dell'istituzione. Reso pubblico martedì (...)
di Stéphanie Le Bars
in “Le Monde” del 22 giugno 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)
Come accade spesso in questo genere di documenti pubblicati dal Vaticano, la diagnosi emessa sulla
situazione della Chiesa cattolica nel mondo non è edulcorata. La si potrebbe definire severa, se non
venisse dall'interno dell'istituzione.
Reso pubblico martedì 19 giugno, il documento di lavoro preparatorio al sinodo che si terrà dal 7 al
28 ottobre, dedicato alla “nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”, che
coinciderà con l'inizio di un “Anno della fede” e delle commemorazioni del cinquantesimo
anniversario del Concilio Vaticano II, non sfugge alla regola.
I redattori, che hanno sintetizzato le analisi ricevute dai vescovi in carica nelle varie parti del
mondo, si preoccupano per l'“apostasia silenziosa” da parte dei fedeli che si allontanano dalla
pratica religiosa. Elencano le ragioni, interne ed esterne, di tale disaffezione e si interrogano sui
mezzi da mettere in atto per la “nuova evangelizzazione” che dovrebbe porvi rimedio.
Dall'“insufficienza della fede” all'“allontanamento dei fedeli” dalla “credibilità delle istituzioni
ecclesiali” alle “spiritualità individualiste”, o al “neopaganesimo”, il clima in cui è immersa la
Chiesa – tanto nei paesi del Nord come in quelli del Sud, precisano i vescovi -, vi è lungamente
descritto.
La situazione non è nuova. Prima di Benedetto XVI, Paolo VI fin dal 1975, e Giovanni Paolo II nel
1983, in particolare, avevano preso atto delle trasformazioni sociali e culturali “che modificano
profondamente la percezione che l'uomo ha di sé e del mondo, e che comportano delle conseguenze
sul suo modo di credere in Dio”, come riassume il papa attuale. Sulla scia del Concilio Vaticano II,
tutti hanno sottolineato la necessità di rilanciare la “missione evangelizzatrice della Chiesa”, in
particolare nei paesi di antica evangelizzazione.
Tra gli elementi che rendono difficilmente ascoltabile il messaggio della Chiesa, i vescovi
distinguono quelli che derivano dal contesto esteriore: “consumismo, edonismo, nichilismo
culturale, chiusura alla trascendenza”, “i nuovi idoli” (secondo la Chiesa “la scienza e la
tecnologia”), e quelli che sono propri dell'istituzione.
Si parla, ad esempio, di “una burocratizzazione eccessiva delle strutture ecclesiastiche”, delle
“celebrazioni liturgiche formali”, dei riti ripetitivi. Più globalmente, al centro delle riflessioni dei
vescovi, dovrebbe esserci il fallimento, sentito da alcuni, da parte della Chiesa “a dare una risposta
adeguata e convincente alle sfide” economiche, politiche o religiose del momento.
Molti, in varie parti del mondo, deplorano anche “l'insufficienza numerica del clero” per lo
svolgimento delle missioni della Chiesa e fanno notare il rischio di restare invischiati in problemi di
gestione. Pare loro quindi necessaria una migliore integrazione dei laici. Secondo il Vaticano, “la
fede passiva” o “tiepida” di certi credenti spiega anche la difficile trasmissione del messaggio
evangelico.
Il testo vuole tuttavia sottolineare i vantaggi che la Chiesa può trarre dal contesto attuale. La
globalizzazione, la secolarizzazione, il confronto con altre credenze, in particolare con l'islam,
obbligano i cristiani “a purificare la loro fede e a farla maturare”, ritengono i vescovi. Sono
comunque contenti dell'emergere di nuove comunità cristiane e carismatiche, specificamente rivolte
all'evangelizzazione.
Quanto alle risposte, sono per lo più di ordine spirituale. Per il Vaticano, l'ecumenismo deve
permettere ai cristiani di manifestare un messaggio evangelico comune, mentre il dialogo
interreligioso deve spingerli ad una migliore comprensione della loro fede. I cattolici devono anche
interrogare “la qualità della loro vita di fede” e avere “il coraggio di denunciare le infedeltà e gli
scandali che esistono nelle comunità cristiane”.
Perché, in fondo, la nuova evangelizzazione passa innanzitutto attraverso la testimonianza di una
vita cristiana che per certe persone e in certi luoghi può arrivare fino alla “santità” o addirittura al
“martirio”. “È il martirio che dà ai testimoni la loro credibilità”, assicura il testo, che ricorda
tuttavia che lo sforzo dei credenti deve riguardare “la carità, una vita sobria, l'aiuto ai poveri,
l'attuazione della dottrina sociale della Chiesa o il servizio della Chiesa a favore della
riconciliazione, della giustizia e della pace”.
Per quanto riguarda la forma, i responsabili cattolici ammettono che occorre rinnovare le modalità
dell'annuncio del Vangelo: “L'Europa oggi non deve puramente e semplicemente fare riferimento
alla sua eredità cristiana anteriore.”
Le nuove tecnologie devono essere sfruttate evitando le derive; si parla anche dei pellegrinaggi,
della valorizzazione dei santuari, della promozione delle Giornate mondiali della gioventù. Ma
“l'urgenza” sta proprio nell'attuazione di “uno stile più missionario” di comunità cristiane, sicure
della loro fede e chiamate ad andare incontro a non credenti e a credenti “tiepidi”. Evitando ogni
“proselitismo aggressivo”.
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