Stato senza privacy, controllo totale della Gendarmeria
Un sistema di controllo degno di Orwell. La faccenda è molto poco nota, ma merita un approfondimento. Ai tempi di papa Wojtyla il cardinale Edmund Kasimir Szoka, allora presidente del Governatorato, introdusse nuove norme per la circolazione all’interno del Vaticano. Norme che vietavano a qualsiasi veicolo l’attraversamento dello Stato. Per esempio, se si voleva andare dalla sede dell’Osservatore Romano alle Comunicazioni Sociali non si poteva più farlo percorrendo il territorio vaticano, ma si doveva uscire dal minuscolo Stato passando per Porta Sant’Anna e rientrando per l’ingresso del Perugino dal lato della Porta Cavalleggeri. La misura venne presa perché durante la sua ora quotidiana di jogging il cardinale Szoka aveva rischiato di essere investito da un’auto.
Il provvedimento, però, irritò molto l’allora cardinale segretario di Stato Angelo Sodano, tanto che con un gruppo di monsignori e vari dipendenti un giorno forzò il blocco sfidando i gendarmi. Da qual giorno i due cardinali cominciarono a odiarsi (ammesso che non si odiassero già prima…). Indispettito, Szoka alzò la posta decidendo di mettere il naso nella sicurezza del piccolo Stato: diede infatti l’incarico alla Gendarmeria di preparare uno studio che riguardasse un sistema di sicurezza e di controllo globale di tutte le persone che si trovassero a qualsiasi titolo in territorio vaticano. Un’altra bella soddisfazione per la Gendarmeria, tornata a chiamarsi così dopo che Paolo VI aveva deciso di ribattezzarla con il nome di Vigilanza Vaticana.
Lo studio, però, si incagliò sui banchi di sabbia della Segreteria di Stato. Usciti di scena prima Szoka e poi Sodano, il progetto venne rispolverato dal cardinal Tarcisio Bertone, con l’appoggio di papa Ratzinger, e dal nuovo comandante della Gendarmeria Domenico Giani, ex ufficiale della Finanza e dotato di ottimi contatti con vari servizi segreti, quanto meno italiani. La messa a punto del progetto ha comportato l’assunzione nel 2007 di 30 nuovi gendarmi, sottoposti ad un addestramento massacrante di tipo militare presso le strutture dei nostri carabinieri. I gendarmi vengono fatti marciare quotidianamente nelle strade del piccolo Stato in tenuta da combattimento e antisommossa, con in bella mostra pistole di grosso calibro da guerra.
Vengono inoltre addestrati periodicamente al poligono di tiro e frequentano vari corsi. Compreso quello di una settimana per imparare ad ammanettare a regola d’arte un uomo anche nelle condizioni più sfavorevoli. I nuovi gendarmi sono obbligati a risiedere per due anni nella caserma della Gendarmeria in Vaticano e possono usufruire solo di licenze brevi. Inoltre quando non sono in servizio non possono vestire in borghese, ma devono indossare una T-shirt blu con il simbolo molto appariscente della Gendarmeria. Dal 1 luglio 2007 tutti coloro che entrano in Vaticano sono muniti di un tesserino contenente un RFID (Radio Frequency Identification), cioè un microchip che riceve e invia informazioni a un elaboratore centrale che potrà facilmente incrociare i dati.
Per i dipendenti vaticani il tesserino serve come tessera di riconoscimento, tessera annonaria, tessera carburante, bancomat IOR e infine anche come libretto sanitario. Poiché in Vaticano non esiste nessuna norma sulla privacy, né alcuna legge che tutela i lavoratori dal controllo del datore di lavoro, l’incrocio dei dati consente per esempio di sapere che cosa compra un dipendente al supermercato, quanto spende, cosa ha acquistato e con quale frequenza in farmacia e nei magazzini del Governatorato. Il microchip del tesserino permette però anche di controllare se si esce dal Vaticano per andare al bar o altrove. Tutti i movimenti all’interno dello Stato sono ossessivamente registrati e controllati.
Si potrà sapere con chi ci si è incontrati, dove e per quanto tempo. Questo controllo vale per tutti, cardinali e vescovi compresi. E naturalmente è valso anche per Paolo Gabriele. Da notare che il tesserino col microchip non è concesso e gestito dai vari dicasteri (APSA, FAS, IOR ecc.), come i vecchi tesserini, ma unicamente dalla Gendarmeria. Inoltre, poiché non esiste una legge sulla privacy, non esiste il diritto di sapere dove sono depositati i dati delle singole persone, chi li tratta, per quanto tempo saranno conservati, a chi saranno eventualmente ceduti, ecc. Nessuno potrà essere tutelato dall’eventuale sfruttamento di questi dati anche per controllare l’attività lavorativa.
Infine, attraverso le nuove tecnologie, come i rilevamenti satellitari e le reti di rilevamento terrestri, si può essere seguiti passo passo in tutto il mondo. A onor del vero molti hanno già imparato i vari trucchi per bloccare il microchip, il più semplice dei quali è lasciarlo fermo in qualche posto oppure schermarlo con apposite buste come quelle usate per proteggere le pellicole dai controlli aeroportuali. Se, però, il microchip resta fermo a lungo o sparisce, la Gendarmeria si insospettisce. Il che è pericoloso. In Vaticano infatti non vale la norma basilare accettata da tutti gli Stati moderni, in base alla quale nessuno può essere accusato di un reato se non in virtù della legge.
Si può essere arrestati o licenziati senza sapere perché, non in base ad una norma precisa. Per esempio, si può essere licenziati in virtù del fatto che la Gendarmeria o la Segreteria di Stato ritengono che non è stato fatto un uso corretto del tesserino. Qualsiasi indagine giudiziaria, compresa quella su Paolo Gabriele, avviene senza le garanzie di legge esistenti in Italia, ma in base a regole del 1889 e i dati ricavati dal microchip RFID del tesserino possono essere utilizzati in modo arbitrario. “Ma tutto questo è un colpo di Stato strisciante!”, ha reclamato nel 2007 più di un prelato e qualche dipendente. Tutto inutile. La orwellizzazione della cosiddetta Santa Sede è andata avanti lo stesso. Ne ha fatto le spese in modo clamoroso il maggiordomo del papa. Ma non è affatto detto che prima di lui non ne abbiano fatte le spese in modo silenzioso altri.
di Pino Nicotri
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