Questo intervento del dotto Alipio de Monte m’è pervenuto quand’ormai il primo numero 2012 del mio Bollettino “Una Voce Dicentes” era già stato consegnato alle Poste per raggiungere gli affezionati lettori.
Dopo il severo esame del volume in cui il card. Kasper espone la sua
“ecclesiologia”, ecco, del Nostro, un’approfondita e realistica mess’a
punto sui problemi posti dal Vaticano II e dal Magistero post-conciliare
con precisi riferimenti a testi, anche critici o comunque non
superficialmente osannanti, di teologi seri, ad appelli di intellettuali
ed ai convegni, più o meno utili, che si susseguono anche in vista del
cinquantennio del Concilio.
Anche noi ci auguriamo, come l’Autore, che la ricorrenza sproni le menti migliori a procedere ad un’esegesi serena ma non inquinata dalla trita e ritrita vulgata vaticansecondista, sì che i fedeli formati ed informati trovino risposte adeguate alle loro perplessità ed anche alle loro sofferenze, ché si soffre quando si vorrebbe aderire ad un Magistero e la coscienza lo impedisce dinnanzi a formulazioni erronee, o quanto meno equivoche e difficilmente inseribili nella Tradizione. E soprattutto condividiamo con l’Autore l’attesa di una risposta definitiva da Chi soltanto può darla.
Dante PastorelliAnche noi ci auguriamo, come l’Autore, che la ricorrenza sproni le menti migliori a procedere ad un’esegesi serena ma non inquinata dalla trita e ritrita vulgata vaticansecondista, sì che i fedeli formati ed informati trovino risposte adeguate alle loro perplessità ed anche alle loro sofferenze, ché si soffre quando si vorrebbe aderire ad un Magistero e la coscienza lo impedisce dinnanzi a formulazioni erronee, o quanto meno equivoche e difficilmente inseribili nella Tradizione. E soprattutto condividiamo con l’Autore l’attesa di una risposta definitiva da Chi soltanto può darla.
Tra suppliche ed appelli
In questi ultimi tempi, le suppliche al Santo Padre, indice di certezze
incrollabili, di fiducia nel successore di Pietro e di adesione
incondizionata alle sue decisioni, si ripetono. Nel contesto teologico,
inoltre, e nel comportamento pratico, gli appelli al Vaticano II non si
contano. Basta leggere un discorso ufficiale o scorrere giornalmente gli
articoli de "L'Osservatore Romano" per convincersene.
Riflettendo su questo incrociarsi di suppliche e di appelli si scopre
una loro evidente contraddizione: mentre le suppliche invocano il
giudizio del Supremo Pastore, perché del Vaticano II determini o
promuova un esame in grado di proporne in modo definitivo la natura e i
limiti, evitando così di farne "un superconcilio", gli appelli un giorno
sì e l'altro pure si stabiliscono in un rapporto di assoluta dipendenza
dal Vaticano II come se nella Chiesa non esistesse altra autorità o
come se, su ogni altra, emergesse quella del "superconcilio".
Non sarà inutile, a tale riguardo, qualche riflessione.
- Le suppliche partono dalla crescente confusione di idee e di
comportamenti, in qualche caso anche di voltafaccia e di tradimenti,
che, quasi sempre con dichiarato riferimento al Vaticano II,
appesantiscono l'attuale momento di vita ecclesiale. Del Vaticano II ci
si aspetta un più approfondito esame e lo si implora da Colui che, per
mandato divino, è l'unica Autorità capace di produrlo o disporlo. Lo
aveva chiesto, con una Supplica finale, un volumetto (“volumetto”
per “dimensioni” ma di denso contenuto) del 2009 che fece in breve il
giro del mondo, suscitando un dibattito tuttora in corso: Concilio Ecumenico Vaticano II: un discorso da fare.(1)
Lo ripetono oggi, in senso analogo, altre voci, non tutte con gli
stessi argomenti benché tutte con le stesse finalità e le stesse
motivazioni. Si desidera un'analisi seria del dettato conciliare, delle
sue fonti, della sua natura e dei suoi intenti, del cambiamento di rotta
impresso al Concilio all'indomani dalla sua apertura, delle conseguenze
che nell'immediato ne derivarono e continuano ancor oggi a derivare,
dell'oggettiva adesione conciliare alla costante e sempre viva
Tradizione della Chiesa, dell'indole pastorale e non dogmatica voluta
per il Concilio dal suo promotore, Giovanni XXIII, e con la quale il
Concilio si presentò sulla ribalta della storia. Il Santo Padre
Benedetto XVI, in modo indiretto, ha più volte dato risposte a tali
attese, muovendosi nella linea di un Concilio che non è né vuol essere
un superconcilio e che, tuttavia, riassumerebbe l'intera Tradizione
dottrinale della Chiesa, garantendone l'aggiornamento nella continuità
della riforma. Una risposta, questa, che trasferisce continuità ed
immutabilità dal sacro deposito della fede e delle verità rivelate alla
Chiesa che, sempre identica a se stessa pur nel suo ininterrotto
aggiornamento, le riceve, custodisce e trasmette. Per quanto meritevole
di attenzione e di rispetto, la risposta lascia inalterata la situazione
problematica dalla quale le varie suppliche hanno preso e prendono le
mosse ed i cui interrogativi attendono ancora una più diretta
considerazione. Nello stesso tempo, sta proprio in questa dialettica tra
diretto ed indiretto lo spazio, ma si potrebbe anche dire l'occasione e
la ragione stessa dell'avvertita esigenza non tanto di parole, anche se
autorevoli ed importanti, quanto della Parola, l'unica, quella che una
sola persona è in grado di pronunciare: il Romano Pontefice.
A lui, dunque, si rivolgono gruppi e privati, vicini e lontani,(2) con la fondata speranza di sentire risuonare, fra le tante e spesso stonate, la Parola che tutto chiarisce e risolve. - È di qualche giorno fa la proposta, lodevolissima, di Riscossa
Cristiana per dar vita ad una pubblica manifestazione di consonanza col
Santo Padre in uno dei più oscuri momenti di vita ecclesiale
(trafugamento di documenti segreti). Qui, però, il Vaticano II non
c'entra se non trasversalmente.
Entra peraltro in modo diretto nell'iniziativa che, due anni or sono, mise in evidenza sul proscenio mondiale la sensibilità cattolica di un considerevole numero di intellettuali italiani, i quali, il 24 settembre 2011, indirizzarono al Sommo Pontefice una calda e convinta supplica che, in termini di rispetto e di venerazione non meno che di chiarezza e di speranza, auspicava un intervento papale per dissipare ombre, indecisioni e pregiudizi e neutralizzare la situazione di incertezza dogmatica e di pericolosi ondeggiamenti, dal postconcilio se non proprio dallo stesso Concilio introdotti nei gangli più riposti del consorzio ecclesiale. Si trattava di una supplica ben calibrata e circostanziata, oltre che animata da un atteggiamento di profonda fede e di convincimento comune circa l'opportunità se non anche la necessità d’ un giudizio dell'Autorità suprema in materia di sua esclusiva competenza, nella prospettiva che incertezze e pericoli fossero finalmente superati dall'approfondimento dei testi conciliari.
Altre voci si sono successivamente levate, come ognuno può facilmente verificare navigando nel mare magnum di internet. Poche però hanno lo sguardo acuto e penetrante della supplica che, il 5 aprile 2012, varie decine d'intellettuali polacchi rivolsero a Benedetto XVI, al fine di ottenere il riesame almeno di tre brucianti insegnamenti conciliari: la libertà religiosa, l'ecumenismo e la collegialità. I firmatari si richiamavano tanto alla "umile supplica" di scienziati e rappresentanti del mondo culturale italiano, quanto ai contatti tra la Santa Sede e la Fraternità Sacerdotale San Pio X, per rilevare che una certa riflessione critica sui documenti conciliari era già in corso e per appoggiare su di essa le proprie ulteriori considerazioni sui tre punti cruciali, sopra indicati. Mi sembra opportuno sintetizzarne il contenuto. - Richiamato l'insegnamento restrittivo di Gregorio XVI, Pio IX, Leone
XIII, Pio XI e Pio XII sul culto pubblico delle varie religioni, la
supplica degli intellettuali polacchi chiede come tale insegnamento si
concili con la dichiarazione conciliare della libertà per tutte le
religioni da qualunque forma di coercizione nel culto pubblico, ed in
che senso una tale libertà corrisponda a quanto viene assicurato da Dignitatis humanæ
1/c: "La libertà religiosa [...] lascia intatta la dottrina
tradizionale cattolica sul dovere morale dei singoli e delle società
verso la vera religione e l'unica Chiesa di Cristo". È evidente la
contraddizione tra la predetta assicurazione e le novità introdotte.
Quanto al fondamento della libertà religiosa nella dignità della persona
umana, il documento si chiede se la dignità della persona umana derivi
più dal rispetto paritetico per tutte le religioni, che non
dall'adorazione del vero ed unico Dio nella vera ed unica religione da
lui rivelata. Lamenta quindi che Dignitatis humanæ né ripeta
l'insegnamento del precedente Magistero sul dovere dell'Autorità civile
di proteggere la vera religione; né minimamente aderisca alla tolleranza
religiosa, sulla quale aveva insistito Pio XII nel 1953, in occasione
del V Congresso Nazionale dei Giuristi cattolici italiani. E conclude
rilevando la relativizzazione conciliare del precedente Magistero, la
sua "storicizzazione" e quindi la sua possibilità di nuovi insegnamenti
in risposta alle esigenze sempre nuove di ogni altrettanto nuova epoca
storica. L'esempio dell'era costantiniana non trasferibile nella realtà
contemporanea dovrebbe giustificare il principio dello storicismo,
chiaramente affermato da Dignitatis humanæ.
La supplica passa poi al decreto sull'ecumenismo Unitatis redintegratio per costatare che la presenza di numerosi elementi di santificazione e di verità anche al di fuori della Chiesa cattolica riconosce la capacità salvifica anche a tutte le denominazioni cristiane acattoliche ed entra così in rotta di collisione con la dottrina tradizionale dell'Extra Ecclesiam nulla salus, nonché del tradizionale insegnamento cattolico sull'unità ed unicità della vera Chiesa di Cristo. Sostituendo inoltre il dialogo alla conversione, Unitatis redintegratio spiazza l'impegno dell'evangelizzazione cattolica dalle finalità propriamente soprannaturali e lo indirizza verso "l'Oekoumène dell'internazionalismo umanitario appoggiato dall'organizzazione delle Nazioni Unite". Per nessun motivo si potrà dire, allora, che "l'intento di costruire un mondo migliore con i membri delle altre religioni" è in perfetta adesione al Magistero tradizionale della Chiesa.
Gli intellettuali polacchi dedicano infine la loro attenzione a Lumen gentium 22. Anche in questo caso l'attenzione è ugualmente critica. Essa trova inspiegabile la riaffermazione del primato papale e l'introduzione nella Chiesa di un governo collegiale di essa: è in effetti un giudizio in sé contraddittorio quello che riconosce e proclama, per un verso, un unico detentore del potere supremo ed universale nella e sulla Chiesa, e per un altro, questo medesimo supremo ed universale potere detenuto anche ("quoque") dal collegio dei vescovi uniti in Concilio col Papa e mai senza o al di sopra o contro il Papa. Queste ultime delimitazioni parrebbero alleggerire l'evidenza dell'antitesi prima accennata; in realtà la confermano ed in certo senso l'aggravano, implicando la presenza del Papa nel collegio ed allargando a questo il supremo potere dell'altro. Almeno sui tre punti qui richiamati gl’intellettuali polacchi, che si dichiarano impegnati nell'apostolato cattolico, attendono parole di assoluta chiarezza dal Santo Padre, al quale riaffermano tutta la loro inconcussa adesione. - A dire il vero, come ho prima osservato, il Santo Padre ha già
risposto, e non una volta sola, ad una tale aspettativa. Ha risposto a
modo suo, con la sua sensibilità teologica, non impegnando, almeno
formalmente, il carisma dell'infallibilità, ma sempre ad un livello di
magistero papale di alto e ben chiaro profilo. Ciò non significa che non
possa rispondere ancora. E magari dire qualche cosa di nuovo,
soprattutto dopo che anche alla FSSPX ha riconosciuto che, qua e là, il
dettato del Vaticano II può essere liberamente discusso. Certo è che la
contraddizione tra Vaticano II e Tradizione ecclesiale - se per
Tradizione si intende, come si deve intendere, il permanere
sostanzialmente inalterato della divina Rivelazione anche in formule
letterariamente nuove - non è una semplice impressione, ma un dato di
fatto inoppugnabile.
Oltre al Santo Padre, non mancano - soprattutto all'interno di quel dibattito che ha avuto un imput fuori di ogni previsione dal ricordato Discorso da fare - noti e meno noti teologi che esprimono con sincerità il proprio punto di vista. Ciò che manca è il presupposto della critica scientifica tanto in molti osservatori privati, quanto nelle celebrazioni più o meno ufficiali del cinquantennio ormai alle porte. L'appello al Vaticano II, nella maggior parte dei casi, è di facciata, scontato, declamatorio. Parte sempre dal presupposto che il Vaticano II sia come ogni altro Concilio: e quindi indiscutibile ed irriformabile. Nel clima dell'accennato cinquantenario non è raro che la stampa quotidiana e periodica vi dedichi qualche attenzione; il ritornello è sempre lo stesso: richiamarsi al Vaticano II e alla sua indubbia autorità, conoscerlo meglio, applicarlo, viverlo e farlo vivere. Ci sono poi i grandi incontri, quelli dai quali sarebbe lecito aspettarsi parole diverse da quelle solite, soprattutto quando la loro indizione promette di "rileggere il Concilio" con "storici e teologi in dibattito". Alla fine dei conti, si è ancora al "sicut erat in principio". Le promesse, infatti, del congresso indetto dal Centro San Luigi dei Francesi e dalla P. Università Lateranense da marzo a maggio per approfondire il Vaticano II nel suo cinquantesimo anniversario, tutto sommato non sono state mantenute e l'annunciato approfondimento è ancora di là da venire. E dire che alcuni relatori, come Christoph Theobald, avevano nel nome stesso una garanzia di originalità, di capacità di ricerca e di scientificità. Non migliore risultato è ravvisabile nei colloqui organizzati poco tempo fa dall'Università della Santa Croce, dove all'opera d'approfondimento s'è preferito la polemica personale. Un grande congresso internazionale è annunciato dal 3 al 6 ottobre p.v. dal Pont. Comitato per le scienze storiche, di cui è presidente uno storico di valore, il p. Bernardo Ardura: si prevede l'esposizione, con relativa discussione, delle ricerche storico-teologiche intraprese tra il 2011 e il 2012: c'è solo da auspicare che almeno in tale occasione il vento cambi direzione. Avrebbe potuto già muoversi nella direzione giusta quando, nel dicembre del 2011, due teologi di peso non indifferente, Mons. F. Ocáriz e Don J.-M. Gleize, si sono confrontati sul tema del Vaticano II. L'uno è partito da ciò che avrebbe dovuto dimostrare e l'altro ha riproposto alla luce del sole le posizioni ben note della FSSPX. Conclusione: nessun passo in avanti e, quindi, situazione stagnante. Da una parte, l'autorevolezza dell'insegnamento conciliare, la sua obbligatorietà ancorché non legata alla forma dogmatica delle dottrine proposte e la loro accorta traduzione nel linguaggio dell'uomo contemporaneo; dall'altra le non infondate riserve soprattutto su quattro punti del magistero conciliare. Sembra che si proceda in un vicolo cieco. Eppure una via di uscita ci sarebbe e non sarebbe difficile da percorrere: lasciar da parte gli appelli e con essi i luoghi comuni, le declamazioni, gli attestati e le gratificazioni gratuite di meriti conciliari tutti da verificare e andare alla radice delle incertezze e delle problematiche insorte da tanta e tanto biasimevole superficialità. C'è insomma bisogno che venga preso sul serio il rinnovarsi delle suppliche perché sul Vaticano II la ricerca si sostituisca al battimani e si avvii finalmente la desiderata analisi globale e particolare, che nulla lasci nell'ombra, ma riveda alla luce del metodo critico non solo ogni documento, ma anche ogni sua dichiarazione, se non anche ogni sua parola.
Alipio del Monte
1. Di Gherardini B., Casa Mariana Editrice, Frigento (AV) 20092, p.
254-257. A tale supplica aderì esplicitamente S. E. Rev.ma Mons. M.
Oliveri, con una lettera-prefazione del 19 marzo 2009, p. 6-9.
2. È chiaro che qui ci si riferisce esclusivamente ad interventi
d'indubbia serietà scientifica e mossi con spirito di fede; altri
interventi, che strillano sguaiatamente la loro insofferenza e la loro
rivolta, nemmeno vengono presi in considerazione.
3. Si veda , come fonte, FSSPX/Pologne - Traduction française DICI . n. 254, 11- 05 - 2012.
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