Perché il Papa l’ha nominata prefetto della Congregazione
per la dottrina della fede? Voleva un tedesco, un teologo o un confidente?
Risposta: “Non certo per la mia nazionalità, anche perché come cattolici
apparteniamo tutti alla chiesa universale. Il Santo Padre conosce il mio lavoro
teologico, non solo come autore ai Sinodi dei vescovi a Roma o in seno alla
Conferenza episcopale tedesca”.
Così l’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, successore del
cardinale William Joseph Levada e prima ancora di Joseph Ratzinger all’ex Sant’Uffizio,
spiega a kath.net i motivi del suo arrivo a Roma. Una nomina tutta papale, che
molto ricorda quella del 2006 del segretario di stato Tarcisio Bertone. Tanto
che in curia dicono di lui: “Rimarrà dieci anni almeno. E’ una scelta del Papa.
Qualcuno non ha condiviso, per i suoi presunti legami con la teologia della
liberazione. Ma l’ha voluto Ratzinger. I detrattori si sono dovuti arrendere”.
Nel 2006 quando arrivò Bertone in segreteria di stato in
molti si sorpresero. Non appartenente al servizio diplomatico, il Papa lo
scelse perché di lui, ex collaboratore al Sant’Uffizio, si fidava. E così ha
fatto con Müller, al di là dell’amicizia con il prete peruviano Gustavo
Gutiérrez uno dei pochi vescovi tedeschi in unità di sentimenti e intenti con
la linea teologica del Pontefice. Qual è la priorità del suo lavoro? “Nel suo
viaggio in Germania, il Papa ha parlato della necessità di portare Dio al
centro. Si tratta di trovare il giusto equilibrio per portare questo messaggio
nel mondo”.
Anti curiale come era Bertone nel 2006, Müller deve
anch’egli la nomina a una speciale confidenzialità maturata con Ratzinger. Da
Ratisbona sovente, egli è sceso a Roma in compagnia del fratello del Papa,
Georg Ratzinger. A lui confidava molte delle sue aspettative, si dice anche un
certo dispiacere maturato nel 2007 quando nuovo arcivescovo di Monaco e
Frisinga – cattedra che fu di Ratzinger dal 1977 al 1981 – venne scelto
Reinhard Marx e non lui.
Ma l’affidamento nelle sue mani dell’Opera Omnia di
Ratzinger – lavoro prezioso per il Papa teologo e scrittore – gli fece
comprendere che il futuro sarebbe stato comunque importante. Così è stato, il 2
luglio il Papa l’ha portato nel ministero più prestigioso, watchdog e promotore
della fede.
E’ stato il settimanale inglese Tablet a scrivere
giustamente che Müller è “simile ma anche differente” da Ratzinger. E forse è
proprio per questo motivo che il Papa l’ha scelto. Nel suo curriculum spicca
l’amicizia teologica con un grande interprete della chiesa tedesca del quale si
possono dire molte cose ma non che condivida in tutto la linea teologica del
Pontefice: Karl Lehman.
Se Ratzinger è un tedesco atipico in quanto fedelmente
romano,* Lehmann e molti altri insieme a lui mantengono nel proprio Dna quella
anti-romanità tipica del mondo tedesco. Müller sta sostanzialmente nel mezzo:
ha ottenuto il dottorato nel 1977 proprio con Lehmann, da sempre vicino a quel
cattolicesimo tedesco affine al mondo del cristianesimo protestante. E dedicò
la sua tesi dottorale al contributo dato alla teologia sacramentale ecumenica
del teologo protestante Dietrich Bonhoeffer.
Con l’arrivo di Müller alla Dottrina della fede, diventano
molti i porporati di lingua tedesca. Oltre ai germanici Marx, all’emerito
Walter Brandmüller, all’altro grande Walter Kasper e al porporato di Berlino
Rainer Maria Wölki, ci sono l’austriaco Christoph Schönborn, arcivescovo di
Vienna, e lo svizzero Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per la
promozione dell’unità dei cristiani.
Pubblicato sul Foglio sabato 7 luglio 2012
*Incredibile ingenuità o malafede vaticanista? (ndr)
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.