di Léon
de Poncins
Sopra:
allegoria della Chiesa e della Sinagoga sulla cattedrale di
Strasburgo (XV secolo).
A sinistra,
la Chiesa trionfante con lo stendardo del Vangelo e il calice dei
Sacramenti
del Nuovo
Testamento. A destra, la Sinagoga con lo stendardo spezzato
dell'Antico Testamento
e una benda
sugli occhi, simbolo della cecità dovuta al rifiuto di Gesù Cristo.
Il
visconte Lèon de Poncins (1897-1975) è ben
conosciuto dagli estimatori di quel genere di scritti che
trattano della cosiddetta «guerra occulta», ovvero di quella
lotta segreta che i vertici della Rivoluzione conducono da almeno
tre secoli contro la Chiesa cattolica. Durante il Concilio
Vaticano II, de Poncins seguì, denunciò le mosse e contrastò
gli sforzi di oscure lobby internazionali per
influenzare la Santa Sede, trarre in inganno l'opinione pubblica
mondiale e snaturare il dibattito conciliare sul problema
ebraico. A tale scopo, egli pubblicò, poco prima
dell'approvazione della DichiarazioneNostra Ætate, il
presente studio incentrato sulle opere anticristiane del Prof.
Jules Marx Isaac.
|
l Presentazione
Uno
dei cambiamenti più dirompenti introdotti dal Vaticano II nella
dottrina cattolica è certamente quello relativo all'insegnamento
della Chiesa sul popolo ebraico.
Fino a quarant'anni fa, infatti,
tutti i teologi, poggiando saldamente sui Vangeli, sull'insegnamento
dei Padri della Chiesa e sul Magistero ecclesiastico di quasi duemila
anni, ritenevano che con la venuta di Gesù Cristo e con l'avvento
della Nuova Alleanzasuggellata
con il Suo Sangue, il nuovo Israele di Dio non fosse più il popolo
dell'Antica Alleanza, ma tutti gli uomini chiamati a far parte della
Chiesa cattolica mediante il battesimo. Era inoltre opinione comune
che gli ebrei contemporanei del Salvatore e quelli vissuti in seguito
(nella misura in cui condividevano il «crocifiggilo» dei loro
padri) fossero deicidi,
ossia che si fossero macchiati del peggiore delitto: l'uccisione
del Figlio di Dio e
il rifiuto della Sua messianicità e divinità. Questo era ciò che
credevano tutti i cattolici almeno fino al 1965, quando con
l'approvazione del documento conciliare Nostra
Ætate venne
introdotta una nuova dottrina secondo la quale gli ebrei non erano
affatto responsabili della morte di Gesù (addossata ingiustamente ai
romani, semplici esecutori materiali della crocifissione), e che
dunque non dovevano più essere ritenuti come maledetti da Dio per il
loro enorme peccato. Proseguendo su questa linea di pensiero e di
azione si andò ben oltre proclamando ancora in vigore l'Antica
Alleanza tra Dio e il suo popolo 1,
e dunque sostenendo di fatto che Dio non aveva rigettato Israele a
causa del suo rifiuto di Cristo e della salvezza offerta dalla
Redenzione da Lui operata sul Calvario 2;
che l'antisemitismo era un sentimento alimentato nella popolazione
dall'insegnamento cristiano preconciliare 3,
e che tale sentimento sarebbe poi sfociato nella feroce persecuzione
degli ebrei messa in atto dal nazismo e nell'Olocausto, di cui,
dunque, la Chiesa sarebbe responsabile. Ed ecco che i massimi
rappresentati della Sposa di Cristo, senza macchia e senza peccato,
si sono prostrati e hanno chiesto perdono ai successori di Caifa per
il delitto commesso da «popoli
cristiani» (!?),
fomentati nel loro odio verso gli ebrei da una lettura «distorta»
dei Vangeli e dall'eccessiva foga di alcuni oratori cristiani dei
primi secoli. Sta di fatto che questo documento conciliare -
leggere per
credere - non è corredato da alcuna nota, e questo perché questa
strampalata tesi imposta ai fedeli di tutto l'orbe cattolico poggia
sul nulla! Non un solo passo della Sacra Scrittura, non un solo
Santo, non un solo Papa - almeno fino al 1962 - ha mai sostenuto una
simile teoria. Al contrario, come risulta dalla lettura di questo
agevole scritto, tutti i Santi, tutti i Padri della Chiesa e tutti i
Papi hanno ribadito con fermezza la dottrina tradizionale.
Ciononostante, tranne qualche voce fuori dal coro «politicamente
scorretta» e quindi messa subito a tacere, il popolo cristiano,
lentamente avvelenato da altre nuove dottrine partorite dal Concilio
(ecumenismo, libertà religiosa, ecc...), ha accettato passivamente
questo diktat e
si è allineato con le novità. In realtà, dietro alla facciata
dell'ecumenismo, il vecchio Israele continua a coltivare l'antico
desiderio di assorbire il cristianesimo (nell'impossibilità di
annientarlo) dopo averlo «purgato» dalla sua pretesa di religione
divina. In fondo, non si tratta di una novità: già nell'era
apostolica, la Chiesa dovette combattere la prima eresia,
quellagiudaizzante,
la quale pretendeva che fosse imposta ai pagani che aderivano al
cristianesimo la legge di Mosè. Tale eresia venne solennemente
condannata da San Pietro e da San Paolo durante il primo Concilio
della Chiesa tenutosi a Gerusalemme (At 15,
1-21). Al di là di ogni calcolo umano, di ogni volontà di
compromesso e di qualsivoglia disegno di pace terrena, noi crediamo
che ogni tradimento della verità evangelica sia un tradimento della
fede che abbiamo ricevuto nel battesimo e che vogliamo conservare
intatta fino alla nostra morte, anche se ciò comportasse
l'incomprensione dei nostri fratelli e persino la persecuzione da
parte di alcuni di essi, certi come siamo che presto il Signore
ristabilirà la verità nella sua pienezza.
Paolo
Baroni
|
I
NOSTRA ÆTATE
NOSTRA ÆTATE
Il
20 novembre 1964, l'assise dei Vescovi, Arcivescovi e Cardinali di
tutto il mondo, riuniti in Concilio a Roma (3ª Sessione), presentò
uno Schema riguardante l'atteggiamento e la posizione della Chiesa
cattolica a riguardo degli ebrei e dell'ebraismo. Dietro un'innocente
apparenza
di unità ecumenica, di carità cristiana, di filiazione spirituale comune e di riconciliazione delle chiese, questo Schema sottintendeva un fatto di una portata gravissima, poiché asseriva implicitamente che da duemila anni a questa parte la Chiesa si era sbagliata, e che doveva quindi riparare e rivedere completamente il suo contegno verso gli ebrei. Questo obiettivo soddisfaceva la potente propaganda condotta in quegli anni dai portavoce delle grandi organizzazioni internazionali ebraiche (B'nai B'rith 4, Congresso Mondiale Ebraico, ecc...), che miravano ad ottenere una «revisione e una purificazione»dell'insegnamento cristiano a riguardo dell'ebraismo, propaganda che riassumeremo in seguito brevemente. Questo Schema suscitò subito alcune violente reazioni nel mondo musulmano e tra i cattolici di rito orientale. Giovanni XXIII (1881-1963) pensò che, essendo quest'argomento di una portata politica e dottrinale molto grave, richiedesse una matura riflessione; rifiutò quindi di ratificarlo e rimandò la decisione alla successiva e ultima Sessione del Concilio, la cui riapertura era stata fissata per il 14 settembre 1965 5. Riassumiamo ora brevemente i fatti, poiché è necessario conoscerli per afferrare il significato reale di questo problema, certamente uno dei più gravi trattati dal Concilio. Novantanove Padri conciliari votarono «no», 1.651 «sì», e 242 votarono «sì», ma «con riserva». Lo Schema, d'altra parte, era provvisorio; nella 4ª Sessione del 1965 avrebbe avuto luogo lo scrutinio definitivo. Nel corso delle Congregazioni generali, i Vescovi orientali intervennero per dire che erano contrari al fatto stesso di una Dichiarazione conciliare riguardante gli ebrei. Ecco un estratto della Dichiarazione Nostra Ætate inerente questo tema, votata dai Padri conciliari il 20 novembre 1964 6:
di unità ecumenica, di carità cristiana, di filiazione spirituale comune e di riconciliazione delle chiese, questo Schema sottintendeva un fatto di una portata gravissima, poiché asseriva implicitamente che da duemila anni a questa parte la Chiesa si era sbagliata, e che doveva quindi riparare e rivedere completamente il suo contegno verso gli ebrei. Questo obiettivo soddisfaceva la potente propaganda condotta in quegli anni dai portavoce delle grandi organizzazioni internazionali ebraiche (B'nai B'rith 4, Congresso Mondiale Ebraico, ecc...), che miravano ad ottenere una «revisione e una purificazione»dell'insegnamento cristiano a riguardo dell'ebraismo, propaganda che riassumeremo in seguito brevemente. Questo Schema suscitò subito alcune violente reazioni nel mondo musulmano e tra i cattolici di rito orientale. Giovanni XXIII (1881-1963) pensò che, essendo quest'argomento di una portata politica e dottrinale molto grave, richiedesse una matura riflessione; rifiutò quindi di ratificarlo e rimandò la decisione alla successiva e ultima Sessione del Concilio, la cui riapertura era stata fissata per il 14 settembre 1965 5. Riassumiamo ora brevemente i fatti, poiché è necessario conoscerli per afferrare il significato reale di questo problema, certamente uno dei più gravi trattati dal Concilio. Novantanove Padri conciliari votarono «no», 1.651 «sì», e 242 votarono «sì», ma «con riserva». Lo Schema, d'altra parte, era provvisorio; nella 4ª Sessione del 1965 avrebbe avuto luogo lo scrutinio definitivo. Nel corso delle Congregazioni generali, i Vescovi orientali intervennero per dire che erano contrari al fatto stesso di una Dichiarazione conciliare riguardante gli ebrei. Ecco un estratto della Dichiarazione Nostra Ætate inerente questo tema, votata dai Padri conciliari il 20 novembre 1964 6:
A
prima vista, questa mozione sembrerebbe conforme alla dottrina
perenne della Chiesa, la quale, pur cercando di tutelare la comunità
cristiana proteggendola dalle influenze ebraiche, ha sempre
condannato tutte le persecuzioni. Anche uno scrittore ebreo in buona
fede come Max
Isaac Dimont(1912-1992),
affermava: «Se
lo avessero desiderato, i Papi e i sovrani del Medioevo avrebbero
potuto togliere gli ebrei dalla circolazione, ma non lo fecero.
Quando, per ragioni sociali, economiche e anche religiose, la
presenza degli ebrei diventava indesiderabile, li cacciavano senza
massacrarli. La Chiesa insegna che ogni essere umano ha un'anima, e
che ad un uomo non basta quasi tutta una vita per salvare la propria.
Solamente quando la religione perse tutta la sua influenza sull'uomo
avvenne che un popolo occidentale poté freddamente concepire lo
sterminio di milioni di esseri umani con il semplice pretesto che per
essi non vi era spazio sulla terra» 7.
In realtà, la mozione votata a Roma, dimostrò da parte di molti
Padri conciliari una profonda misconoscenza dell'ebraismo. Sembra che
essi si siano attenuti solo all'aspetto umanitario del problema,
presentato abilmente dai portavoce dell'ebraismo mondiale e da una
stampa completamente animata da elementi israeliti.
II
ORIGINI DELLE RIFORME
PROPOSTE AL CONCILIO
ORIGINI DELLE RIFORME
PROPOSTE AL CONCILIO
Infatti,
all'origine delle riforme proposte al Concilio onde modificare la
condotta e la dottrina secolari della Chiesa verso l'ebraismo e verso
la Massoneria, vi furono diverse personalità e organizzazioni
ebraiche: Jules
Marx Isaac (1877-1963), Label
Katz (1918-1975),
Presidente del B'nai
B'rith, Nahum
Goldmann (1895-1982),
del Congresso Mondiale Ebraico, ecc... Tra le personalità ebraiche
sopracitate, ve n'è una che ha svolto un compito preminente: lo
scrittore Jules Isaac, un ebreo d'Aix-En-Provence, ex ispettore
generale della Pubblica Istruzione Francese, autore di testi classici
e dell'Histoire
de France (Ed.
Malet-Isaac), nonché membro del B'nai
B'rith.
Durante il Concilio, dove aveva trovato appoggio tra i Vescovi
progressisti, Jules Isaac è stato il principale teorico e promotore
della campagna contro l'insegnamento tradizionale della Chiesa in
materia di ebraismo. Vediamo ora la posizione che egli assunse per
far prevalere la propria tesi. Dopo la perdita della moglie e della
figlia, morte in un campo di concentramento nazista, egli dedicò i
suoi ultimi vent'anni di vita allo studio critico dei rapporti tra
l'ebraismo e il cristianesimo, e consacrò a questo studio due libri
importanti: Jésus
et Israël,
pubblicato nel 1946 e ristampato nel 1959; Genèse
de l'antisémitisme,
pubblicato nel 1948 e ristampato nel 1956.
Jules
Marx Isaac
|
Label
Katz
|
Nahum
Goldmann
|
Ecco
il nocciolo della tesi sostenuta dall'Isaac: bisogna finalmente farla
finita con l'antisemitismo, il cui risultato è stato il massacro
degli israeliti europei ad Auschwitz e in altri campi di sterminio
durante la Seconda Guerra mondiale. L'«antisemitismo cristiano», a
base teologica, è l'antisemitismo più temibile8.
Infatti, l'atteggiamento dei cristiani verso gli ebrei e verso
l'ebraismo è stato sempre fondato sul racconto della Passione tale
quale è stato riportato dai quattro Evangelisti, e sull'insegnamento
che ne hanno fatti i Padri della Chiesa: in particolare, San Giovanni
Crisostomo, Sant'Ambrogio, Sant'Agostino, San Gregorio Magno,
Sant'Agobardo, ecc... Jules Isaac ha tentato di demolire questa base
teologica fondamentale, contestando il valore storico dei racconti
evangelici e screditando gli argomenti avanzati dai Padri della
Chiesa per preservarla dall'influenza degli ebrei, accusati di
nutrire intenzioni sovversive contro l'ordine cristiano 9.
Subito dopo la guerra, egli cominciò ad organizzare riunioni
nazionali e internazionali con personalità cattoliche filo-semite
favorevoli alla sua tesi. Nel 1947 10,
dopo incontri di questo genere tra ebrei e cattolici, nei quali
figuravano da parte ebraica personaggi come Edmond
Fleg (1874-1963)
e Samy
Lattés (1902-1987),
e dalla parte cattolica filo-semiti come Henri
Irénée Marrou (1904-1977),Padre
Jean-Guénolé-Marie
Daniélou s.j.
(1905-1974) 11,
e Padre
Vieillard,
membro della Segreteria dell'Episcopato francese. Isaac redasse una
relazione, stilata in diciotto punti, sulla «Revisione
dell'insegnamento cristiano nei confronti di Israele».
Nello stesso anno, egli fu invitato alla Conferenza Internazionale di
Seelisberg, in Svizzera, alla quale parteciparono settanta persone
provenienti da diciannove Paesi diversi, tra cui Padre
Callixte Lopinot, Padre
Démann,
il pastore Adolf
Freudenberg (1894-1977)
e il Gran Rabbino Jacob
Kaplan (1895-1994).
La Conferenza adottò in sessione plenaria i «Dieci punti di
Seelisberg», i quali proponevano alle chiese cristiane le necessarie
misure da prendere per emendare l'insegnamento religioso nei riguardi
degli ebrei. In seguito, con il Gran Rabbino di Francia, con gli
ebrei Edmond Fleg e Léon
Algazi (1890-1971),
e con alcuni amici cattolici come Henri Marrou, Jacques
Madaule (1898-1993), Jacques
Nantet,
oltre ad altri amici protestanti come il Prof. Lovsky e Jacques
Martin,
egli fondò la prima Amitié
Judéo-Chrétienne («Amicizia
ebraico-cristiana»), seguita presto dalla fondazione di
altre Amitiés ad
Aix, a Marsiglia, a Nimes, a Montpellier, a Lione, e infine a Lille,
dove egli ottenne la protezione del Cardinale
Achille Liénart (1884-1973) 12.
Edmond
Fleg
|
Henri
Irénée Marrou
|
Padre Daniélou s.j.
|
Adolf
Freudenberg
|
Jacob
Kaplan
|
Cardinal
Liénart
|
Più
tardi, egli fondò anche altre associazioni similari nell'Africa del
Nord. Nel 1949, egli entrò in relazione con alcuni membri del clero
di Roma che fecero in modo che egli potesse essere ricevuto in
udienza privata da Pio
XII (1875-1958),
presso il quale perorò la causa del giudaismo, chiedendogli
espressamente di prendere in esame i «Dieci punti di Seelisberg».
Nel 1959, Jules Isaac tenne una conferenza alla Sorbona sulla
necessaria revisione dell'insegnamento cristiano nei confronti degli
ebrei, che terminò con un appello alla giustizia e all'amore per la
verità a Giovanni XXIII. Poco dopo, egli si incontrò con molti
prelati appartenenti alla Curia romana, e in particolare con
il Cardinale
Eugene-Gabriel-Gervais-Laurent
Tisserant (1884-1972),
con il Cardinale
André-Damien-Ferdinand
Jullien (1882-1965),
con il Cardinale
Alfredo Ottaviani (1890-1979),
con il Cardinale
Augustin Bea(1881-1968) 13,
e il 13 giugno 1960, fu ricevuto da Giovanni XXIII, al quale chiese
la condanna «dell'insegnamento
del disprezzo» e
gli consigliò la creazione di una sotto-commissione incaricata di
studiare tale problema. Più tardi, il Prof. Jules Marx Isaac «ebbe
la gioia di sapere che le sue proposte erano state prese in
considerazione dal Papa e trasmesse per lo studio al Cardinale Bea»,
il quale creò allora, all'interno del Segretariato per l'Unità dei
Cristiani, un gruppo di studiosi con l'incarico specifico di
esaminare i rapporti tra la Chiesa ed Israele.
Cardinal Tisserant
|
Cardinal
Ottaviani
|
Cardinale
Bea
|
Nel 1964, la
questione fu sottoposta al Concilio, per sfociare poi finalmente
nella votazione del 20 novembre 1964.
III
JULES ISAAC E L'INSEGNAMENTO CRISTIANO
JULES ISAAC E L'INSEGNAMENTO CRISTIANO
Jules
Isaac ha consacrato due libri per criticare e abbattere i due
pilastri dell'insegnamento cristiano in tema di ebraismo. Nella prima
di queste due opere - Jésus
et Israël -
pubblicata nel 1949 (di 596 pagine), e ristampata nel 1959 14,
Jules Isaac critica gli Evangelisti, e specialmente San Giovanni e
San Matteo. «Lo
storico ha il diritto e il dovere - il dovere assoluto - di
considerare i racconti evangelici come testimonianze
faziose (contro
gli ebrei), con questa aggravante circostanza: che essi sono gli
unici testimoni e tutti e quattro vanno nella
stessa direzione; noi non abbiamo né testimonianze ebraiche (di un
certo valore), né testimonianze pagane per confrontarle con le prime
e confutarle. Ora, in nessuna altro documento è più evidente e più
accentuato il partito
preso dagli
Evangelisti; per contro, in nessun altro caso l'assenza di documenti
non-cristiani è più deplorevole come
lo è per tutto ciò che riguarda la storia della Passione [...].
Tuttavia, è chiaro che tutti e quattro gli Evangelisti hanno avuto
la stessa preoccupazione, ovvero quella diridurre
al minimo le responsabilità romane, al
fine di aggravare quelle ebraiche [...].
D'altra parte, il partito preso presenta sfumature diverse: Matteo
oltrepassa di molto non solo Marco e Luca, ma forse anche Giovanni.
Bisogna stupirsene? I
fratelli nemici sono i più accaniti;
ora, Matteo è giudeo, fondamentalmente giudeo, il più giudeo degli
Evangelisti. Secondo una tradizione che sembra fondata, egli scrisse
"in Palestina e per i palestinesi", per dimostrare,
rifacendosi all'Antico Testamento, che Gesù Cristo era veramente il
Messia predetto dalla Sacra Scrittura [...].
Ma tutto questo è stato storicamente provato? È
lecito dubitarne.
Non è affatto sorprendente constatare che dei tre sinottici, il più
parziale sia
Matteo, e che il suo racconto della Passione sia il
più tendenzioso;
per il momento, il più imparziale - o il meno imparziale - è Luca,
il solo Evangelista non ebreo, il solo proveniente dai "gentili".
L'accusa cristiana contro Israele, l'accusa di deicidio, accusa di
crimine - essa
stessa criminale -
è la più grave, la più nociva, e la più iniqua. Gesù Cristo è
stato condannato al supplizio della Croce, supplizio romano, da
Ponzio Pilato, procuratore romano [...].
Ma i quattro Evangelisti, unanimi su questo punto, affermano che Gesù
Cristo è stato consegnato nelle mani dei romani dai giudei; solo
sotto l'irresistibile pressione degli ebrei, Pilato, desideroso di
presentare Gesù innocente, lo condannò al supplizio. Dunque, non
sui romani, semplici esecutori, ma sugli ebrei incombe la
responsabilità del delitto; essa pesa su di loro, di un peso
soprannaturale che li schiaccia [...].
Solo Matteo (Mt 27, 24-25) sa e dice che il procuratore Pilato si
lavò le mani, secondo il costume ebraico, per sgravarsi della
responsabilità del sangue innocente costretto a far versare. Solo
Matteo nota anche che "tutto il popolo" esclamò: "Il
suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli".
Marco, Luca e Giovanni non sanno niente, e non dicono niente né
dell'abluzione delle mani, né della terribile esclamazione. Questo
versetto, che
ha fatto tanto male,
e che è
stato sfruttato a danno del popolo ebraico per tanti secoli e da
tanti autori cristiani,
si trova solamente nel Vangelo di Matteo,avvicinandosi
così ai vangeli apocrifi,
e non
corrispondendo per nulla alla verità storica» 15.
In breve: dal racconto della Passione rivisto e corretto da Jules
Isaac, gli Evangelisti appaiono come menzogneri
matricolati,
dei quali il più velenoso è senza dubbio Matteo. «A
lui la palma per aver lanciato con mano sicura il dardo avvelenato
che non si può più estrarre» 16.
Jules Isaac conclude affermando perentoriamente: «Mai
il genere
tendenzioso di
un racconto, mai la preoccupazione "a carattere dimostrativo"
appare con maggior evidenza, un'evidenza che prorompe e culmina in
questi versetti (24-25), generando convinzioni in ogni spirito
libero. No, Pilato non si è lavato le mani secondo il costume
israelita. No, Pilato non ha sfoggiato la sua innocenza. No, la folla
ebraica non ha esclamato "il suo sangue ricada su di noi e sui
nostri figli" [...].
Perché insistere oltre? La ragione è chiara. Lo è per tutti gli
uomini di buona fede. Direi: lo è anche davanti a Dio stesso» 17.
IV
JULES ISAAC E I PADRI DELLA CHIESA
JULES ISAAC E I PADRI DELLA CHIESA
Nella
seconda di queste opere - Genèse
de l'antisémitisme -
pubblicato nel 1956, Jules Isaac si sforzò di screditare i Padri
della Chiesa. Ci è impossibile riassumere in poche parole un volume
di 350 pagine. Limitiamoci a citare alcuni passi tra i più
caratteristici: «È
verissimo che nel mondo pagano c'è stata una forte corrente
d'antisemitismo, di molto anteriore all'antisemitismo cristiano; è
altrettanto vero che questo antisemitismo ha talvolta scatenato
sanguinosi conflitti o dei "pogrom". Siccome c'è stato un
antisemitismo pagano, la cui sorgente risale al comandamento divino,
in che cosa il cristianesimo troverebbe la sua giustificazione per
averlo ereditato (dopo esserne stato esso stesso per lungo tempo la
vittima), e più ancora, dopo aver spinto fino al parossismo la
virulenza, la malvagità, le calunnie e gli odi mortali? Contro il
giudaismo e i suoi adepti, nessuna arma si è rivelata più temibile
dell'"insegnamento del disprezzo" inculcato soprattutto dai
Padri della Chiesa del IV secolo; e in questo insegnamento nessuna
tesi è stata più nociva di quella del "popolo deicida".
La mentalità cristiana ne è
rimasta impregnata fin nelle profondità del suo subcosciente [...].
Non riconoscerlo e non sottolinearlo, equivale ad ignorare o a
camuffare la più grande sorgente dell'antisemitismo
cristiano» 18. «Essa
è la grande sorgente dove i sentimenti cristiani si sono alimentati
senza certamente originarla. L'"insegnamento del disprezzo"
è una creazione teologica» 19. «Ascoltiamo
dapprima emergere lungo i secoli, quale sordo rumore, il coro delle
accuse, delle imprecazioni cristiane - lasciatemelo dire -
pronunziate da coloro che si dicono cristiani, perché esse mal si
accordano con le parole di carità, di misericordia e di amore
fraterno, che sono gli insegnamenti fondamentali e la gloria di Gesù
Cristo. "Deicida": tale è l'accusa lanciata senza riserve
e senza distinzione alcuna contro tutto il popolo ebraico» 20. «La
cieca violenza delle masse ignoranti si ricollega intimamente alla
fredda scienza dei teologi. Accusa fondamentale alla quale è legato
il tema del castigo capitale, della terribile maledizione che grava
sulle spalle di Israele, spiegando (e giustificando in anticipo) il
suo deplorevole destino, le sue più crudeli prove, le peggiori
violenze commesse contro di lui, i torrenti di sangue che scorrono
continuamente dalle sue piaghe aperte e vive[...].
Di modo che, per un abile meccanismo alternativo di sentenze
dottrinali e di furori popolari, si fa ricadere su Dio ciò che,
visto dalla sfera terrestre, è senza dubbio il risultato della
cattiveria umana, di questa perversità, diversamente, ma abilmente
sfruttata di secolo in secolo, di generazione in generazione e che
culminò ad Auschwitz, nelle camere a gas e nei forni crematori della
Germania nazista» 21. «Bisogna
riconoscerlo con tristezza: quasi
tutti i Padri della Chiesa hanno partecipato, ognuno
con la propria pietra, a
queste gesta di lapidazione morale (non
senza conseguenze materiali): Sant'Ilario di Poitiers (315-367) come
San Girolamo (347-420), Sant'Efrem (306-373) come San Gregorio di
Nissa e Sant'Ambrogio come Sant'Epifanio (315-403), giudeo di
nascita, e San Cirillo di Gerusalemme, e taccio. Ma in questa
illustre corte, venerabile sotto altri punti di vista, due nomi, tra
tutti, hanno diritto ad una menzione speciale: l'allegoria scultorea
medievale raffigurante l'oratore greco San Giovanni Crisostomo (dal
greco «bocca d'oro»; N.d.R.) per
l'abbondanza e la ferocia delle invettive, e per lo straripamento
degli oltraggi; e il gran dottore della latinità, Sant'Agostino, per
la sua meravigliosa e (pericolosa) ingegnosità nell'elaborazione di
una dottrina coerente» 22.
Dopo questa globale rassegna dei Padri della Chiesa 23,
passiamo ora ai singoli casi, citando alcuni passi dello studio che
Jules Isaac ha consacrato ai grandi Dottori: San
Giovanni Crisostomo, Sant'Agostino, San
Gregorio Magno e Sant'Agobardo.
l San
Giovanni Crisostomo
Nel
386, San Giovanni Crisostomo (345-407) cominciò a predicare ad
Antiochia, dove c'era un'importante comunità ebraica. Egli esordì
con otto omelie contro gli ebrei, il cui tono «è
spesso di un'inaudita
violenza.
Vi si trovano riuniti tutti i pregiudizi e tutte le ingiurie 24.
In lui appare meglio che negli altri, con una veemenza e, talvolta,
con una rozzezza
impareggiabili,
questa fusione di elementi attinti alla vena antisemita popolare e ai
pregiudizi di chiara provenienza teologica, mediante l'utilizzo dei
testi biblici, caratteristica quest'ultima dell'antisemitismo
cristiano» 25. «Diciamo
subito: qualunque sia stato lo scopo perseguito, questa
esagerazione nell'oltraggio
e nella calunnia è rivoltante in un oratore sacro.
Tali germi di disprezzo e di odio spuntano sempre. Bel lavoro, belle
mietiture; al di là dei santi retori del IV secolo, santamente
applicati a trascinare i loro nemici nel fango, vedo profilarsi nei
secoli futuri l'innumerevole legione di teologi, di predicatori
cristiani, di insegnanti e di scrittori, intenti a ricamare sui temi
impressionanti del giudeo carnale, del giudeo lubrico, del giudeo
cupido, del giudeo demoniaco, del giudeo maledetto, del giudeo
uccisore di profeti, uccisore di Cristo, deicida e coscienziosamente
applicati essi stessi, in buona fede, a far penetrare negli spiriti
ricettivi queste nozionipericolose, mortali
e false;
pronti anche - conseguenza logica - ad ammettere, con il Crisostomo,
che se il giudeo odioso ha avuto in eredità l'esilio, la
disperazione, la schiavitù, la miseria e la vergogna, ciò è giusto
(giustizia di Dio); esso è stato ripagato delle sue malefatte. Oggi,
a distanza di circa milleseicento anni, se volete una coscienza
pulita, dovete convincervi che si tratta di figure retoriche; e sia,
ma "bisogna capire" dove conducono le figure retoriche
presentate dalla "Bocca d'oro" e riprese coralmente
attraverso i secoli da miriadi di discepoli. Le figure retoriche
hanno preso una vitale e virulenta consistenza e si sono incrostate
in milioni di anime. Chi oserebbe credere che l'anima cristiana ne
sia oggi liberata? Chi può dire se si arriverà mai a liberarla? E
dopo i predicatori cristiani, vedete venire i vergognosi libellisti,
gli "Streicher nazisti"» 26.
l Sant'Agostino
Jules
Isaac scrive che Sant'Agostino (354-430) è meno violento
dell'oratore greco. «(Questo Padre della Chiesa) non
è appassionatamente meno ostile al giudaismo e ai giudei; egli non è
meno preoccupato di lottare contro la loro persistente influenza per
preservare i fedeli, e premunirli con un complesso di validi
argomenti in vista delle controversie con questi testardi, questi
riprovati. Il metodo è lo stesso; molto simili sono i punti di vista
e l'interpretazione della Sacra Scrittura assai prima della venuta
del Salvatore. Il giudaismo si è progressivamente corrotto,
disseccato, avvizzito; passata la rivelazione di Cristo, esso non ha
altro ispiratore che Satana. Quelli che un tempo erano stati i figli
privilegiati di Dio, ora sono diventati i figli del demonio» 27. «In
questo insegnamento appassionato che ha sfidato i secoli e che ancora
oggi osa alzare la voce, non c'è più rispetto sia per la verità
biblica che per la verità storica. Non si teme di farsi un'anima
crudelmente acuminata per meglio colpire a morte il vecchio Israele
servendosi della deplorevole crocifissione e della Diaspora» 28. «Non
ho ancora detto l'essenziale, l'apporto dottrinale proprio di
Sant'Agostino, caratteristico del suo spirito, ovvero l'elaborazione
di una tesi ingegnosa, opportuna, e perciò destinata ad una più
grande fortuna (teologica): la dottrina del "popolo
testimone" [...].
Se, nonostante tutto, esistono ancora i giudei che hanno rifiutato di
credere in Cristo, è perché bisogna che sussistano; è perché Dio
ha voluto così nella sua Sapienza soprannaturale, per testimoniare,
e testimoniare la verità cristiana. Infatti, essi, sia per mezzo dei
loro libri sacri, che con la loro dispersione, lo provano [...].
Fin da ora, vediamo la differenza radicale che distingue il sistema
cristiano d'avvilimento dal suo moderno imitatore, il sistema
nazista; ciechi
e ignoranti coloro che misconoscono i loro profondi legami!
Il nazismo è stato una tappa, una breve tappa che ha preceduto lo
sterminio di massa; quello, al contrario, implicava la sopravvivenza,
ma una sopravvivenza vergognosa nel disprezzo e nella decadenza. Era
fatto dunque per durare, nuocere e torturare lentamente milioni di
vittime innocenti» 29.
l San
Gregorio Magno e Sant'Agobardo
«Consideriamo
ora l'insegnamento della Chiesa nell'alto Medioevo. Non se ne può
trovare una così perfetta espressione se non nel capolavoro di San
Gregorio Magno (540-604), il quale s'interpone tra Sant'Agostino e
Sant'Agobardo, alla fine del IV secolo. Dopo i Padri della Chiesa,
nessuna opera ha avuto maggiore eco ed accoglienza, soprattutto nella
cristianità e nella cattolicità d'Occidente. Nessun esempio può
essere più convincente, poiché noi sappiamo già per averlo visto
agire come capo della Chiesa e come capo di Stato che, lungi
dall'essere un fanatico, questo grande Papa si è immortalato per le
qualità insigni: generosità di cuore, elevazione morale, equità e
umanità. "Ebbri d'orgoglio, i giudei hanno posto tutta la loro
energia a chiudere la loro intelligenza alla parola degli inviati di
Dio. Perdendo l'umiltà, essi hanno perduto l'intelligenza della
verità". Ecco il tema del popolo carnale, strettamente
collegato con il tema precedente (del giudaismo degenerato alla
venuta di Cristo)» 30. «Imitando
il quarto Evangelista, San Gregorio fà un continuo abuso del termine
"giudei" per designare il partito degli avversari di Gesù
Cristo, e ciò significa votare tutto il popolo ebraico al disprezzo
e all'odio dei fedeli: "I giudei hanno consegnato il Signore e
l'hanno accusato [...].Nemmeno
i migliori esempi sono stati sufficienti per condurre questa rozza
nazione a servire Dio per amore e non per timore [...].
Essa è stata fedele solo alla lettera dei precetti divini [...],
e ha cercato nelle parole divine non un mezzo di santificazione, ma
un'occasione di superbia» 31. «Il
tema del "popolo carnale" è infinitamente pericoloso,
poiché conduce con un crescendo fatale a quello del popolo "della
Bestia", dell'"Anticristo" e del "demonio",
animato da un odio perverso, diabolico, contro Dio e i suoi
difensori» 32. «Tali
sono gli insegnamenti del grande Papa, per lui di carattere puramente
dottrinale, e in pratica conciliabili con i doveri umanitari di
carità cristiana e di rispetto alla legalità. Per lui, ma non
necessariamente per gli altri [...].
Gli spiriti e i cuori mediocri, sempre e dovunque in maggioranza,
traevano necessariamente da un tale insegnamento l'orrore
dell'ignominia scolpita sulla fronte del popolo ebraico: i suoi
delitti, la sua maledizione, e la sua perversione satanica. Non
occorre altro, in quest'epoca ed in ogni epoca, per scatenare la
barbarie della "Bestia"» 33. «Non
tralascerò da parte mia di dire e di ripetere dove conduca un tale
insegnamento lanciato a grande velocità tra la schiera dei fedeli
ignoranti e crudeli;
non si tratta unicamente di "ingiuste violenze" che si
condannavano, a fior di labbra, ma delle più odiose conseguenze di
delitti, di omicidio, di genocidi, di massacri in massa, o dei
mostruosi "pogrom"» 34. «È
troppo semplice credere o lasciar credere che le peggiori violenze
verbali siano inoffensive, come se esse non rischiassero di generare
le peggiori violenze di fatti. Tra
la bocca che oltraggia e il braccio che colpisce, chi
è il più colpevole?
Lasciamo dunque a Sant'Agobardo, a dispetto degli apologisti, la sua
parte e il suo peso di responsabilità» 35. «E
così, mediante un'infiltrazione metodica, l'uomo cristiano, che non
è un angelo, si trova irresistibilmente condotto a sognare il
castigo, la vendetta e il sangue. Venga l'occasione, sia essa la
crociata, la peste, o la carestia, o le collere trattenute,
accumulate nel fondo dei cuori, rafforzate nella facile credenza
popolare in assurde calunnie ereditate dal paganesimo (l'accusa
dell'omicidio rituale); le ire esplodono, e c'è sempre qualche
miccia per accenderle, e succedono i mille e un "pogrom"
del Medioevo che, in seguito, la pia eloquenza e la scienza
teologica, sapranno innalzare al piano di "castigo
provvidenziale" e di "vendetta divina"» 36. «Per
sostenere il contrario, si richiede un inveterato e forsennato
partito preso, o la sottomissione cieca ad una tradizione che
tuttavia, come si sa, non è "normativa", che non dovrebbe
dunque imporsi come regola di pensiero nemmeno al figlio più docile
della Chiesa. In realtà, si tratta di una tradizione
vivace, infinitamente
nociva,
di una tradizione
delittuosa di
cui ho già parlato, e che conduce - lo ripeto - ad Auschwitz e ad
altri luoghi, dove sei milioni d'israeliti sono stati assassinati
solo perché giudei! [...] E
questo a disonore non solo del popolo tedesco, ma dell'intera
cristianità. Senza i secoli di catechesi, di predicazione e di
vituperio cristiani, la catechesi, la propaganda e il vituperio
hitleriani, sarebbero stati impossibili» 37.«Come
dimenticare che la cristianità, soprattutto dall'XI secolo in poi,
ha praticato contro i giudei una politica di avvilimento e di
"pogrom" che si è protratta, presso alcuni popoli
cristiani, fino all'epoca contemporanea, di cui ancora oggi
constatiamo la sopravvivenza nella cattolicissima Polonia, e di cui
il sistema hitleriano non è altro che una copia atrocemente
perfezionata? Fino a quando le Chiese e i popoli cristiani non
avranno riconosciuto le loro responsabilità iniziali, e fino a che
non avranno il vivo desiderio di ritrattarle, l'antisemitismo
conserverà la sua virulenza. Non molto tempo fa, l'Arcivescovo di
York osservava che esiste in Gran Bretagna un antisemitismo latente,
che serpeggia ovunque e il contrario sarebbe veramente sorprendente,
poiché la sorgente permanente di questo antisemitismo latente è
costituita dall'insegnamento religioso cristiano in tutte le sue
forme» 38.
V
QUELLO CHE JULES ISAAC
ESIGEVA DAL CONCILIO
QUELLO CHE JULES ISAAC
ESIGEVA DAL CONCILIO
Dopo aver
letto i libri di Jules Isaac, di Josué Jéhouda (1892-1966),
di Isidor Isaac Rabi (1898-1988), di Elia
Benamozegh (1822-1900), di Albert Memmi e
di altri autori ebrei contemporanei, si comprende benissimo la
manovra e il tranello tesi ai Padri Conciliari. «La
Chiesa - scrive Jules Isaac - è la sola
colpevole; i giudei sono completamente innocenti, scevri
da ogni responsabilità, che ricade quindi unicamente sulla Chiesa,
il cui ammaestramento è la sorgente inesauribile dell'antisemitismo,
quello stesso antisemitismo che ha fermentato lungo i secoli per poi
sfociare nel luogo maledetto: Auschwitz. Solo la Chiesa, perciò,
deve compiere un atto di riparazione emendando e rettificando il suo
millenario insegnamento».
Isidor
Isaac Rabi
|
Albert
Memmi
|
Elia
Benamozegh
|
Dopo queste
rimostranze, Jules Isaac passò alle realizzazioni pratiche. Egli
domandò, o piuttosto, pretese dal Concilio le seguenti
assicurazioni:
- La condanna e la soppressione di ogni discriminazione razziale, religiosa o nazionale nei confronti degli ebrei;
- La modifica o la soppressione delle preghiere liturgiche riguardanti gli ebrei, e in particolare quelle del Venerdì Santo;
- L'affermazione che i giudei non sono affatto responsabili della morte di Cristo, la cui responsabilità cade sull'intera umanità;
- La soppressione o l'annullamento di quei passi evangelici che riportano il cruciale episodio della Passione, e in particolare quello di San Matteo che Jules Isaac tratta freddamente da menzognero e da falsario;
- Che la Chiesa confessi di addossarsi tutti i torti che da duemila anni persistono in uno stato di guerra latente tra ebrei e cristiani e altri uomini;
- La promessa che la Chiesa avrebbe assunto in futuro, in modo definitivo, un atteggiamento di umiltà, di contrizione, e di perdono verso
gli israeliti, o, infine, che essa avrebbe fatto ogni sforzo per riparare il torto causato, emendando e rettificando il suo insegnamento tradizionale secondo le sue direttive.
VI
L'AMICIZIA EBRAICO-CRISTIANA
L'AMICIZIA EBRAICO-CRISTIANA
Malgrado
l'insolenza del suo ultimatum,
e a dispetto della sua virulenta requisitoria contro i Vangeli e
contro l'insegnamento dei Padri della Chiesa - il quale trova il suo
fondamento nelle parole stesse di Cristo - Jules Isaac incontrò
proprio a Roma, presso i Prelati moderni, potenti appoggi, a
cominciare dai numerosi adepti dell'Amicizia
ebraico-cristiana.
Nel numero del 23 gennaio 1965, il settimanale Terre
de Provence,pubblicato
ad Aix, pubblicò il resoconto di una conferenza tenuta
da Mons. Robert
Marie-Joseph
François de Provenchères (1907-1992),
Arcivescovo di quella Diocesi, all'Amicizia
ebraico-cristiana in
occasione dell'inaugurazione del «Viale
Jules Isaac»,
episodio che aveva avuto luogo la mattina stessa. L'articolo in causa
esordiva in questi termini:«Una
densa folla si è stipata nell'anfiteatro Ziromski per ascoltare la
conferenza che Mons. de Provenchères doveva tenere, nel quadro
dell'Amicizia ebraico-cristiana sul seguente tema: "Il Decreto
conciliare sui rapporti tra i cattolici e i non-cattolici". Il
Decano Palanque ricordò dapprima la commovente cerimonia che aveva
avuto luogo in mattinata alla Montée Saint-Eutrope in presenza del
sindaco, il signor Mouret, del signor Schouraki e del signor Armand
Lunel, Presidente degli amici di Jules Isaac. In questa riunione, che
verteva sullo Schema conciliare della 3ª Sessione del Concilio,
venne ancora una volta evocata la figura di Jules Isaac. Mons. de
Provenchéres ha presentato una documentazione di prima mano, avendo
egli stesso partecipato al Concilio. In seguito, esprimendogli la
nostra riconoscenza per il suo gesto, gli si cedette la parola. Mons.
de Provenchéres rivelò quanto la sera di quella memorabile giornata
di festa egli fosse felice di rendere la sua testimonianza, giacché
i lavori conciliari gli avevano procurato una grande gioia. Parlando
di Jules Isaac, egli disse che fin dal primo incontro, nel 1945,
provò un senso di stima profonda verso lui, stima rispettosa che ben
presto si colorò con una sfumatura d'affetto. Lo Schema conciliare
sembrò essere la ratifica solenne di quella che fu la loro
conversazione. L'origine di tale Schema si doveva ad una richiesta di
Jules Isaac al Vaticano, esaminata da più di duemila Vescovi. Questa
iniziativa fu presa da un laico e da un laico ebreo. Mons. de
Provenchéres osservò allora che spesso i grandi atti storici
cominciano da dei fatti e vengono consacrati in seguito;
così [...] l'incontro
di Jules Isaac con Giovanni XXIII fu il segno della nascente amicizia
ebraico-cristiana [...].
Mons. de Provenchéres fece in seguito una relazione
particolareggiata del ruolo svolto da Jules Isaac a Roma nella
preparazione del Concilio. Poi, il Decano Palanque,
ringraziando Mons.
de Provenchéres, rilevò il ruolo che il Vescovo di Aix aveva svolto
per il felice cammino di questo Schema» 39.
E poiché in questo capitolo trattiamo dell«Amicizia
ebraico-cristiana, è molto interessante vedere con quale altezzosa e
sprezzante ironia ne parli Josué Jéhouda, uno dei capi spirituali
dell'ebraismo contemporaneo 40: «L'espressione
corrente "giudeo-cristiana", che indica l'origine giudaica
del cristianesimo, ha
falsato persino il corso della Storia universale a
causa della confusione che provoca negli spiriti. Abolendo infatti le
distinzioni fondamentali tra il messianismo ebraico e quello
cristiano, essa congiunge due nozioni radicalmente contrastanti.
Mettendo esclusivamente l'accento su "cristiana" a
discapito di "giudeo", essa
fà scomparire il messianismo monoteista,
dottrina valevole su tutti i piani del pensiero, e lo riduce ad un
messianismo prettamente confessionale, preoccupato come il
messianismo cristiano della salvezza individuale dell'anima.
L'espressione "giudeo-cristiana", qualora designi
provenienza comune, è senza dubbio la
più letale nozione.
Si fonda infatti su una "contradictio in adjecto", e ha
inoltre falsato il corso della Storia. Essa unifica in una sola
espressione,due
nozioni inconciliabili,
e vuole dimostrare che non c'è differenza tra giorno e notte, tra
caldo e freddo, o tra nero e bianco; essa porta dunque una rovinosa
confusione sulla quale tuttavia si tenta di edificare una civiltà. Il
cristianesimo offre al mondo un messianismo limitato [...];
persino Spinoza, il pensatore più lontano dal monoteismo storico
d'Israele, scrive: "A riguardo di quello che certe Chiese
affermano circa l'assunzione della natura umana da parte di Dio,
confesso che il loro sembra un linguaggio
assurdo come
di chi affermasse che un cerchio si sia rivestito della natura di un
quadrato" 41. L'esclusivismo
dogmatico che la cristianità professa deve infine cessare [...].
La testardaggine
cristiana pretende
di essere la sola erede d'Israele e propaga l'antisemitismo. Questo
scandalo presto o tardi deve terminare: prima finirà e prima
scomparirà il clima di menzogna nel quale si avvolge
l'antisemitismo» 42.
Questo si chiama parlar chiaro; ma andiamo avanti: «Il
cristianesimo si fonda su una fede scaturita da un mito che
si riallaccia alla storia ebraica, e non ad una sua precisa
tradizione trasmessa dalla Legge scritta e orale, come lo è invece
per Israele» 43. «La
cristianità pretende tuttavia di portare nel mondo il "vero"
messianismo che cerca di convertire tutti i pagani, ebrei compresi.
Ma finché persiste il messianismo monoteista d'Israele, anche allo
stato virtuale, il messianismo cristiano si presenta tale qual'è in
realtà, ovvero un'imitazione che
si dilegua alla luce del messianismo autentico» 44.
Sembra che i cristiani abbiano dato prova di una certa ingenuità
precipitandosi con entusiasmo nel tranello dell'Amicizia
ebraico-cristiana,
ma bisogna temere che anche in questo caso, ancora una volta, essi
non siano state vittime del tutto innocenti della doppiezza
talmudica. Quando Jules Isaac e gli altri capi dell'ebraismo vennero
a Roma, furono sollecitati di non ricordare questi passi presenti nei
loro scritti; parlarono di carità cristiana, di unità ecumenica, di
filiazione biblica comune, di Amicizia
ebraico-cristiana,
di lotta comune contro il razzismo e di martirio del popolo
israelita. Hanno avuto partita vinta, poiché i 1.651 Vescovi,
Cardinali, Arcivescovi e Padri Conciliari hanno approvato la riforma
dell'insegnamento cattolico conformandolo alle direttive di Jules
Isaac. I capi delle organizzazioni ebraiche non hanno detto al Papa e
ai Vescovi: «I
vostri Evangelisti sono bugiardi patentati. I vostri Padri della
Chiesa sono falsari ed ingiusti perché hanno sparso nel mondo l'odio
contro gli ebrei e hanno scatenato la barbarie della "Bestia".
Essi sono stati i precursori di Hitler e di Streicher, e sono quindi
i veri responsabili di Auschwitz e dei sei milioni di ebrei vittime
del nazismo».
Queste accuse si possono leggere chiaramente nei libri di
Jules Isaac,
libri che sono in vendita in tutte le librerie, ma, come sembra, i
Padri conciliari non li hanno mai letti, come non hanno mai letto i
libri di Jéhouda, di Benamozegh, di Rabi, di Memmi e di tanti altri.
No, Isaac e i capi delle grandi organizzazioni ebraiche non hanno
detto con Josué Jéhouda, uno dei maestri del pensiero ebraico
contemporaneo: «Il
vostro monoteismo è un falso monoteismo, una bastarda e falsificata
imitazione del solo vero monoteismo, quello ebraico, e se il
cristianesimo non ritorna alle fonti ebraiche, esso è condannato
senza rimedio».
Essi non hanno detto con quella gloria del pensiero ebraico
contemporaneo che è il rabbino di Livorno Elia Benamozegh: «La
religione cristiana non è che una falsa religione sedicente divina.
Per lei e per il mondo non c'è altra via di salvezza che ritornare
ad Israele» 45.
Essi non hanno detto con Memmi: «Per
gli ebrei, la
vostra religione è una bestemmia e una sovversione. Per
noi, il
vostro Dio è il diavolo, ossia
il concentrato del male sulla terra» 46.
Essi non hanno detto con Rabi: «La
conversione dell'ebreo al cristianesimo equivale al tradimento e
all'idolatria perché implica
la grande bestemmia,ovvero
la credenza nella divinità di un uomo» 47.
Essi sono stati molto abili nel non spaventare Roma manifestando con
chiarezza il loro pensiero, riuscendo così ad avere dalla loro parte
un certo numero di prelati. Tutto ciò costituisce una storia
piuttosto insolita. Com'è possibile che diversi Vescovi progressisti
che, nella loro opposizione al cattolicesimo tradizionale
(qualificato come «integrismo»), siano arrivati a servirsi di tutte
le armi, comprese quelle avvelenate dall'odio ebraico contro i
cristiani? Ciononostante, si può giustamente supporre che essi
costituissero una minoranza. Ma allora, come spiegare il successo
degli ebrei in questo frangente? Esso deve la sua fortuna alle due
seguenti ragioni:
- La maggioranza dei Padri conciliari ignorava il ruolo svolto dalle organizzazioni ebraiche e da Jules Isaac nella preparazione dello Schema; essi, d'altronde, non avevano mai letto le opere di quest'ultimo;
- Presi nel loro insieme, i Padri conciliari conoscevano male la questione ebraica, e si lasciavano facilmente ingannare dalle disquisizioni giudaiche, molto abilmente presentate con sottili e temibili «argomentazioni» del genere di quelle di Jules Isaac.
Comunque
siano andate le cose, la manovra fu condotta con grande abilità, e
riuscì. La votazione lo conferma: 1.651 Padri ritennero che il
racconto della Passione, secondo la versione di Jules Isaac, era da
preferirsi a quella di San Giovanni e di San Matteo. Questi 1.651
Vescovi, Arcivescovi e Cardinali ammisero che l'insegnamento di San
Giovanni Crisostomo, di Sant'Agostino, di San Gregorio Magno, di
Sant'Ambrogio e di Sant’Agobardo doveva essere emendato e
rettificato secondo le ingiunzioni di Jules Isaac, di cui lo
scrittore ebraico Rabi, recentemente affermava che il suo libro Jésus
et Israël è
stata «l'arma
da guerra più indovinata contro quell'insegnamento cristiano
particolarmente nocivo» 48,
ossia l'insegnamento codificato dai summenzionati Padri della Chiesa.
Modificando la liturgia del Venerdì Santo e sopprimendo, fra
l'altro, la «preghiera
degli improperi»,
questi 1.651 Vescovi diedero ragione a Jules Isaac che, parlando di
questa preghiera, disse: «Non
è facile dire ciò che in essa maggiormente colpisca: se la sua
bellezza o la sua iniquità» 49.
Apparentemente, i Vescovi hanno creduto che l'iniquità di questa
preghiera superasse la sua bellezza 50.
In poche parole, il voto del 20 novembre 1964, dietro le apparenze
della carità cristiana, della riconciliazione delle Chiese e
dell'unità ecumenica, è un'altra tappa nella via del cedimento,
dell'abbandono del cristianesimo tradizionale, e del ritorno
all'ebraismo.
VII
LA LOTTA DELL'EBRAISMO CONTRO
LA TRADIZIONE CATTOLICA
LA LOTTA DELL'EBRAISMO CONTRO
LA TRADIZIONE CATTOLICA
In realtà,
dietro le sembianze della ricerca di un'unità ecumenica, di una
riconciliazione tra le religioni e di altri vocaboli altrettanto
seducenti,
si trattava di demolire il baluardo della Tradizione cattolica, definita da Josué Jéhouda come «l'antica fortezza dell'oscurantismo cristiano». Secondo Jéhouda, ci sono stati tre tentativi di «raddrizzamento del cristianesimo», che «miravano ad epurare la coscienza cristiana dai miasmi dell'odio»; tre tentativi di raddrizzamento della teologia cristiana divenuta asfissiante e paralizzante; «tre brecce aperte nella vecchia fortezza dell'oscurantismo cristiano». In realtà, tre tappe importantissime nell'opera di distruzione del cristianesimo tradizionale:
si trattava di demolire il baluardo della Tradizione cattolica, definita da Josué Jéhouda come «l'antica fortezza dell'oscurantismo cristiano». Secondo Jéhouda, ci sono stati tre tentativi di «raddrizzamento del cristianesimo», che «miravano ad epurare la coscienza cristiana dai miasmi dell'odio»; tre tentativi di raddrizzamento della teologia cristiana divenuta asfissiante e paralizzante; «tre brecce aperte nella vecchia fortezza dell'oscurantismo cristiano». In realtà, tre tappe importantissime nell'opera di distruzione del cristianesimo tradizionale:
- Il Rinascimento;
- La Riforma protestante;
- La Rivoluzione Francese.
In
questi tre grandi movimenti, Jéhouda intravede l'opera meravigliosa
di scristianizzazione alla quale ognuno di essi, sotto diverse forme,
ha potentemente contribuito. Egli non ce lo dice così brutalmente,
in quanto è molto abile nel maneggiare gli artifici del linguaggio,
ma ciò erompe con evidenza dai suoi scritti, come ce lo dimostrano
alcune citazioni estratte dalle sue opere: «Il
Rinascimento, la Riforma protestante e la Rivoluzione Francese
rappresentano i tre tentativi di raddrizzamento
della mentalità cristiana per
mettersi al diapason con lo sviluppo progressivo della ragione e
della scienza, e mentre il cristianesimo dogmatico andava
oscurandosi, gli ebrei si emancipavano gradualmente».
Parlando del Rinascimento, egli sostiene: «Possiamo
affermare che se il Rinascimento non fosse stato deviato dal suo
corso iniziale a svantaggio del mondo greco dualizzato, avremmo avuto
senza dubbio un mondo unificato dal pensiero e dalla dottrina
creatrice della Kabbalah» 51.
Passiamo ora alla Riforma: «Con
la Riforma, che esplose in Germania cinquant'anni dopo la fine del
Rinascimento, l'universalità della Chiesa venne distrutta. Prima di
Lutero e Calvino, JohannesReuchlin 52,
discepolo di Pico
della Mirandola,
scosse la coscienza cristiana sostenendo fin dal 1494 che niente
era superiore alla sapienza ebraica[...].
Con il ritorno alle sorgenti antiche, Reuchlin preconizzò anche
il ritorno
alle sorgenti ebraiche.
Finalmente, egli ebbe la rivincita sul convertitoJoan
Pfefferkorn,
il quale chiedeva a gran voce la distruzione di tutti i Talmud
esistenti in circolazione. Lo spirito nuovo che stava per
rivoluzionare l'intera Europa [...] si
manifestò a proposito degli ebrei e del Talmud [...].
Tuttavia, non senza meraviglia, si trovarono tra i protestanti tanti
antisemiti quanti tra i cattolici». In breve, conclude Jéhouda, «la
Riforma fu la rivolta contro la Chiesa cattolica, che a sua volta è
già una rivolta contro la religione d'Israele» 53.
Johannes Reuchlin
|
Pico
della Mirandola
|
J. Pfefferkorn
|
Parlando
poi della Rivoluzione Francese, Jéhouda affermava: «Il
terzo tentativo di raddrizzamento della posizione cristiana, si
compie dopo il fallimento di unificazione della cristianità per
mezzo della Riforma, sotto la spinta della Rivoluzione
Francese [...],
la quale segnò l'inizio dell'ateismo nella storia dei popoli
cristiani. Questa Rivoluzione, avendo assunto un atteggiamento
nettamente antireligioso, si prolungò nel comunismo russo, e
contribuì potentemente alla scristianizzazione dell'Europa» 54.
E per coronare questo raddrizzamento della mentalità cristiana,
giunsero Karl
Marx (1818-1883)
eFriedrich
Nietzsche (1844-1900). «Nel
XIX secolo, vennero effettuati, rispettivamente da Marx e da
Nietzche, due nuovi tentativi per risanare la mentalità del mondo
cristiano» 55.
In verità, «il
senso profondo della Storia è identico in tutte le epoche, ed è una
lotta sorda o aperta tra le forze che lavorano per il progresso
dell'umanità e le forze che si aggrappano a valori cristallizzati,
ostinandosi a mantenere ciò che sussiste a detrimento di ciò che
deve ancora venire» 56.
Per i pensatori ebrei, la riforma conciliare doveva costituire una
nuova tappa nella via dell'abbandono, del cedimento e della
distruzione della Tradizionale cattolica, svuotata a poco a poco
della sua sostanza.
VIII
SOLO IL MONOTEISMO D'ISRAELE
È DI ESSENZA DIVINA
SOLO IL MONOTEISMO D'ISRAELE
È DI ESSENZA DIVINA
In
realtà, si trattava di un nuovo episodio e di una nuova battaglia
nel quadro del millenario scontro ebraico-cristiano. Ecco come
Jéhouda, Rabi, Benamozegh e Memmi ci dipingono questo scontro: «Il
cristianesimo -
ci dice Jéhouda - rifiuta
ostinatamente di considerare Israele come suo padre sul piano
spirituale [...];
credere che il cristianesimo rappresenti la "pienezza" del
giudaismo, che esso sia il suo punto culminante, o che il giudaismo
sia stato completato dal cristianesimo, significa viziare
in radice il monoteismo universale [...].
È giunto il momento in cui sarà necessario operare
l'indispensabile purificazione
della coscienza cristiana mediante
la dottrina del monoteismo universale ebraico» 57. «L'antisemitismo
cristiano, pur dicendosi messianico, pretende di sostituire il
messianismo d'Israele con la fede in un Dio crocifisso che
assicurerebbe ad ogni fedele la salvezza personale. Abbassando il
messianismo ebraico mettendolo al livello del paganesimo, il
cristianesimo tende a convertire tutti i giudei ad un messianismo
ridotto [...].
Ma fino a quando il messianismo monoteista di Israele
persisterà, anche solo in modo virtuale, quello cristiano apparirà
sempre per quello che è: un'imitazione
che crolla alla luce del messianismo
autentico [...],
e l'antisemitismo persisterà fino a che la cristianità rifiuterà
di affrontare il suo vero problema, che è dovuto al tradimento
dei messianismo monoteista» 58. «La testardaggine
cristiana pretende
di essere la sola erede d'Israele e propugna l'antisemitismo. Presto
o tardi questo scandalo deve finire; prima finirà e prima scomparirà
il clima di menzogna nel quale si avvolge l'antisemitismo» 59.
Ascoltiamo ora il rabbino Elia Benamozegh, uno dei maestri del
pensiero ebraico contemporaneo: «Se
il cristianesimo accetta di rivedere il suo pensiero sull'ebraismo,
esso sarà sempre la vera religione dei gentili» 60. «La
religione dell'avvenire deve poggiare su qualche religione positiva o
tradizionale, avvolta dal misterioso prestigio dell'antichità. Ora,
tra tutte le religioni antiche, l'ebraismo è la sola che afferma di
possedere l'ideale religioso per l'intera umanità, poiché l'opera
del cristianesimo non è che una copia che dev'essere posta davanti
all'originale [...].
Siccome è la Madre incontrastata, essa è la religione più antica
che diventerà la più nuova [...] di
fronte al cristianesimo[...] con
la sua pretesa origine divina e la sua infallibilità [...].
Per sostituire un'autorità che si dichiara infallibile e che nasce
soltanto nell'anno uno dell'era cristiana o dell'égira
musulmana [...],
occorre trovare un'altra infallibilità
molto più seria che,
iniziata con la storia dell'uomo sulla Terra, con lui
terminerà» 61. «La
riconciliazione sognata tra i primi cristiani, come condizione della
Parusìa, o avvento finale di Gesù Cristo, il ritorno degli ebrei
nella Chiesa, senza il quale - tutte le diverse confessioni cristiane
sono d'accordo su questo fatto - l'opera della Redenzione rimane
incompleta, questo ritorno, diciamo, si effettuerà, com'è stato
atteso, ma nell'unico modo serio, logico e duraturo, e soprattutto
nell'unico modo proficuo per il genere umano. Si attuerà
l'unificazione dell'ebraismo e delle religioni che ne sono scaturite,
e, secondo la parola dell'ultimo dei Profeti, sigillo dei Veggenti -
come i dottori chiamano Malachia - si avrà il ritorno cordiale dei
figli al loro Padre» 62.
IX
SUPPOSTO CHE GESÙ CRISTO
SIA STORICAMENTE ESISTITO...
SUPPOSTO CHE GESÙ CRISTO
SIA STORICAMENTE ESISTITO...
Passiamo
ora a Rabi: «Tra
gli ebrei e i cristiani -
dice Rabi - esiste
una divergenza insormontabile. Essa riguarda Gesù. Ammesso
che sia storicamente esistito, per
l'ebreo
egli non è nè Dio, nè
il figlio di Dio.
Tuttalpiù, si potrebbe ammettere, come ultima concessione, la tesi
di Giuseppe Klauzer: né Messia, né profeta, né legislatore, né
fondatore di una religione, né Tanna, né rabbi fariseo; per la
nazione ebraica, Gesù è un grande moralista e un artista in
parabole [...].
Il giorno in cui verrà liberato dai racconti dei miracoli e dal
misticismo, illibro
di morale di Gesù Cristo (il
Vangelo; N.d.R.) sarà
uno dei più preziosi gioielli della letteratura ebraica di tutti i
tempi»63. «Talvolta,
mi capita di immaginare, nell'ultimo secolo, l'ultimo ebreo vivente
in piedi davanti al suo Creatore, com'è scritto nel Talmud; il
giudeo, legato da giuramento, resta in piedi fin dal Sinai.
Immagino dunque quest'ultimo israelita che sarà sopravvissuto agli
oltraggi della Storia e ai richiami del mondo. Che dirà dunque egli
per giustificare la sua resistenza all'usura del tempo e alla
pressione degli uomini? Lo sento; egli dice: "Non
credo alla divinità di Gesù Cristo".
È logico che questa professione di fede sia di scandalo per il
cristiano. Ma la professione di fede dei cristiani non è forse di
scandalo per noi ebrei? Per noi [...], la
conversione al cristianesimo implica la più grande bestemmia,
ossia la credenza nella divinità di un uomo» 64.
Questi scritti sono relativamente recenti. Ritorniamo ora a duemila
anni fa e rileggiamo il racconto della Passione: «Poi
quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote
Caifa, presso il quale già si erano riuniti gli scribi e gli
anziani [...].
I sommi sacerdoti e tutto il Sinedrio cercavano qualche falsa
testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte; ma non
riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi
testimoni. Finalmente se ne presentarono due, che affermarono:
"Costui ha dichiarato: 'Posso distruggere il tempio di Dio e
ricostruirlo in tre giorni'". Alzatosi il sommo sacerdote gli
disse: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro
di te"? Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse:
"Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il
Cristo, il Figlio di Dio". "Tu l'hai detto", gli
rispose Gesù, "anzi io vi dico: d'ora innanzi vedrete il Figlio
dell'uomo seduto alla destra di Dio e venire sulle nubi del cielo".
Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: "Ha
bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora
avete udito la bestemmia; che ve ne pare"? "È reo di
morte"»! (Mt 26,
57-66) 65.
A distanza di duemila anni, le posizioni reciproche rimangono
immutate, e lo scontro ebraico-cristiano resta irriducibile.
X
ISRAELE E LE RIVOLTE DELLO SPIRITO
ISRAELE E LE RIVOLTE DELLO SPIRITO
L'antagonismo
ebraico si è manifestato in modo continuo - anche se sotterraneo -
nel corso di duemila anni di scontro giudeo-cristiano. «L'ebreo -
ci dice James
Darmesteter (1849-1894)
- è
stato il campione della ragione contro lo spirito mitico; nella notte
intellettuale del Medioevo, solo in lui il pensiero ha potuto trovare
un asilo. Provocato dalla Chiesa che vuole persuaderlo, dopo aver
inutilmente cercato di convertirlo con la forza, egli mina con
l'ironia e con l'avvedutezza delle sue controversie, e, come nessun
altro, sa trovare i punti vulnerabili della sua dottrina.
L'intelligenza dei Libri Sacri, e ancor più la terribile sagacità
di chi è oppresso, sono i suoi mezzi per scoprire tali punti. Egli è
il dottore dell'incredulo; tutte le rivolte dello spirito gli si
presentano all'ombra o a cielo scoperto. Egli lavorò nell'immensa
fucina di bestemmie del grande Imperatore Federico e dei Prìncipi di
Svevia o d'Aragona; egli foggiò tutto questo micidiale arsenale di
ragionamento e d'ironia che offrì poi agli scettici del Rinascimento
e ai libertini del Seicento. E il sarcasmo di Voltaire non è altro
che la rumorosa eco d'una parola mormorata sei secoli prima,
nell'ombra del ghetto, e, prima ancora, (nei contro-vangeli del I e
II secolo) all'epoca di Celso e di Origene, e alle origini stesse
della religione di Cristo» 66.
James
Darmesteter
|
Elie
Faure
|
Dal
canto suo, Elie
Faure (1873-1937),
le cui opere sono state recentemente ristampate e assai
pubblicizzate, parla di «questo
sogghigno sarcastico (Heine, Offenbach) verso tutto ciò che non è
ebraico [...].
La sua spietata analisi e il suo irresistibile sarcasmo hanno agito
come il vetriolo».
Seguendo il corso della nostra Storia, «è
facile seguire la traccia, e benché non sia possibile quantificare
la diffusione del pensiero ebraico, solo dopo il suo passaggio ci
possiamo rendere conto della sua potenza demolitrice. Sigmund Freud,
Albert Einstein, Marcel Proust, Charlie Chaplin ci aprirono, in tutti
i sensi, prodigiose vie che abbatterono le strettoie dell'edificio
classico greco-latino e cattolico in cui da cinque o sei secoli il
dubbio ardente dell'anima ebraica stava aspettando le occasioni per
demolirlo. Poiché occorre notare che proprio il suo polo scettico
sembra emergere per primo dal completo silenzio che avvolge l'azione
dello spirito ebraico nel Medioevo, silenzio in mezzo al quale, dal
Rinascimento in avanti, prorompono alcune voci, e che oggi è
annichilito da un grandissimo fracasso».
Sì, «si
può forse considerare diversamente l'ebreo che da un demolitore
armato dal dubbio corrosivo che fin dai tempi dei greci ha sempre
opposto Israele all'idealismo sentimentale dell'Europa? [...] La
sua missione storica è chiaramente definita, e forse per sempre.
Essa sarà il fattore principale di ogni periodo apocalittico, come
lo fu alla fine del mondo antico, e come lo sarà alla fine
del mondo cristiano in
cui viviamo» 67.
XI
L'IMPERIALISMO EBRAICO
L'IMPERIALISMO EBRAICO
I
cittadini dell'orgoglioso impero britannico, a quel tempo al culmine
della sua potenza, che la mattina del 9 febbraio 1923 lessero i
giornali, sicuramente non fecero alcuna attenzione alle poche righe
apparse sul settimanale ebraico Jewish
World («Mondo
ebraico»), righe temibili perché profetiche per coloro che seppero
coglierne il senso. Il Jewish
World diceva: «La
dispersione degli ebrei ne ha fatto un popolo cosmopolita. Infatti,
esso è l'unico popolo veramente cosmopolita, e, come tale, esso deve
agire - e in realtà agisce - come dissolvente di ogni distinzione di
razza e di nazionalità. Il grande ideale dell'ebraismo non consiste
nel fatto che un giorno gli ebrei si riuniranno in qualche angolo
della Terra per fini separatisti, ma
che il mondo intero sarà imbevuto dell'insegnamento
ebraico,
e che quindi in una fraternitàuniversale delle nazioni - in realtà,
un più vasto ebraismo - tutte e le razze e le religioni separate
scompariranno[...].
Essi andranno ben oltre. Con la loro attività letteraria e
scientifica, con la loro supremazia in tutti i settori dell'attività
pubblica, essi si accingono a fondere gradualmente i pensieri e i
sistemi non-ebraici, o non rispondenti agli stampi ebraici» 68. «Già
fiammeggia all'orizzonte l'aurora del "Nostro Giorno"»,
scrive un loro moderno profeta abbacinato dalla visione del vicino
trionfo 69.
Il sogno messianico può prendere le più svariate forme, ma lo scopo
finale resta immutabile: il trionfo dell’ebraismo, della legge
ebraica e del popolo ebraico. Sotto l'aspetto universalistico, si
tratta, in verità, di un imperialismo ebraico che pretende di
governare e asservire il mondo. Scrive Elie Faure: «Il
popolo ebraico, fin dai tempi di Gesù Cristo - tuttora
non accolto dal suo popolo -
si crede il popolo eletto in quanto strumento di una potenza
superiore. Rispetto agli altri popoli, esso si crede a tutt'oggi il
popolo eletto, perché rappresentante di una forza
soprannaturale [...].
Per lui l'al di là non esiste. Per quanto se ne sia spesso parlato,
Israele non vi ha mai creduto. Il patto d'alleanza non è che un
contratto bilaterale nettamente preciso e positivo. Se l'ebreo
obbedisce, lo fà esclusivamente per avere il dominio del
mondo [...].
Israele è un terribile realista: vuole la ricompensa quaggiù sulla
terra per chi fà il bene e il castigo per chi vive nel male [...].
Perfino nei momenti più oscuri della loro storia - e della Storia
universale - questi eterni vinti conservano nel cuore fedele la
promessa di un'eterna vittoria» 70.
XII
LA DIVINITÀ DI GESÙ CRISTO,
OSTACOLO PER IL MESSIANISMO EBRAICO
LA DIVINITÀ DI GESÙ CRISTO,
OSTACOLO PER IL MESSIANISMO EBRAICO
Ma
per raggiungere tale scopo, occorre abolire il cristianesimo, che
rappresenta un ostacolo insormontabile sul cammino dell'imperialismo
ebraico. Fino alla venuta di Gesù Cristo, la posizione d'Israele era
semplice e chiara: secondo i Profeti, per grazia di Yahwéh, Israele
era stato chiamato a reggere il mondo; se il popolo dei servi
d'Israele si fosse conformato alle esigenze divine, sarebbe venuto il
tempo in cui Israele avrebbe regnato su tutta la Terra. Ma ecco che
all'improvviso in Galilea nacque un Profeta: un Profeta - Uomo e Dio
- anch'Egli della stirpe reale di Davide, e quindi figlio
dell'Alleanza. «Non
pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono
venuto per abolire,
ma per dare compimento» (Mt 5,
17). E come prova della Sua missione, compie una serie di prodigi
inauditi; le folle affascinate lo seguono... Però - ecco l'enorme
gravità della Sua missione - egli interpreta la promessa in un senso
completamente nuovo e diverso così da distruggere l'orgoglioso
edificio ebraico spiritualizzandolo e universalizzandolo. La
realizzazione delle promesse veniva trasferita dal piano materiale a
quello spirituale; oltrepassando il quadro nazionale, essa non era
più unicamente indirizzata agli ebrei, fino a quel momento i soli
beneficiari, ma veniva estesa al mondo intero... Non si trattava più
della supremazia di una razza o di un popolo, né del trionfo di una
nazione di privilegiati: il popolo eletto veniva declassato al rango
di un popolo qualsiasi in mezzo ad altri popoli. L'orgoglio e il
nazionalismo religioso degli ebrei non ammisero questo livellamento;
esso era contrario alle promesse messianiche, e allontanava
irrimediabilmente il momento della sottomissione di tutti regni della
Terra ad Israele. I capi dei sacerdoti e dei farisei non potevano
tollerare una simile bestemmia e un simile attentato ai loro
privilegi, e, quindi, per liberarsi di quel pericoloso agitatore, lo
consegnarono ai romani e lo fecero condannare a morte. Ma Gesù
Cristo risuscitò e la Sua predicazione si propagò nel mondo antico
con la rapidità della fiamma. Gli ebrei denunciarono i Suoi
discepoli alle autorità romane quali ribelli dell'impero; Roma li
perseguitò incessantemente, offrendoli in pasto alle belve,
bruciandoli, scuoiandoli o crocifiggendoli. Ciononostante, l'ondata
cristiana progredì senza tregua, conquistando le alte sfere del
potere imperiale; poi bruscamente il mondo oscillò e si inclinò in
favore della Chiesa di Cristo. Il 28 ottobre dell'anno 312, avvenne
la battaglia di Ponte Milvio, alle porte di Roma, che vide Costantino
contro Massenzio; il primo fu vincitore, mentre il secondo annegò
nelle acque del Tevere. «Una
sola battaglia fu sufficiente per cambiare l'assetto del mondo e
l'aspetto religioso [...].
La vittoria di Costantino è giustamente considerata il punto di
partenza di una nuova era, quella dell'Impero cristiano [...].
A partire da quel momento, per ragioni che non sono ancora state
completamente chiarite, il vincitore - Costantino - legò il proprio
destino a quello della Chiesa di Cristo. Grande e sorprendente
rivoluzione, deplorata dagli uni ed esaltata dagli altri, essa rimane
una delle più importanti della Storia umana; il regno di Costantino
non è che il preludio di un fenomeno che continua e si completa
durante quel periodo caotico e straordinario che fu il IV secolo. Ma
la fortuna inaudita della Chiesa doveva comportare la rovina della
Sinagoga. Per questo motivo, il IV secolo fu un'epoca fatale che
sfociò in un avvenire di angoscia, di lutto e di catastrofe» 71.
Gli israeliti non hanno mai accettato e mai accetteranno questa
sconfitta. La rottura fu totale e definitiva; lo scontro divenne
ormai irriducibile da entrambe le parti. «Se
l'ebreo ha ragione, la cristianità non è che un'illusione. Se
invece ha ragione il cristiano, l'ebreo è, nella migliore delle
ipotesi, un anacronismo o tuttalpiù l'immagine di ciò che non ha
più ragione di esistere. Per l'ebreo, il cristianesimo rappresenta
la rinuncia di un monopolio, e la rinuncia ad una "interpretazione
nazionalista" - per non dire razzista - dell'"elezione";
esso è l'apertura alla fratellanza umana, e, nello stesso tempo, un
grande "amen" detto a Dio, e a tutto ciò che Dio decide: è
l'accettazione della sofferenza e della morte, la rinuncia
all'orgoglioso io [
...].
Che io sappia, il cristianesimo non ha mai sottoposto ad una prova
così difficile nessun altro popolo. Perché per nessun altro popolo
il passaggio al cristianesimo ha significato, a più o meno lunga
scadenza, la sua scomparsa come tale. Presso nessun altro popolo, le
tradizioni che bisognava abbandonare per abbracciare la fede in
Cristo, erano così intimamente legate a tutte le manifestazioni di
appartenenza ad una nazionalità. E qui tocchiamo l'altra ragione (o
pretesto) che giustifica il "no" dell’ebreo a Cristo, il
quale non corrispondeva all'idea che l'ebreo si era fatto del Messia
e della salvezza» 72. «Pretendendo
di essere il vero "Israele" - Israele secondo lo spirito e
non secondo la spregevole carne - la teologia cristiana vuole
sostituire definitivamente Israele. Peccato però che Israele non sia
scomparso e che non voglia scomparire» 73. «Il
cristianesimo si preoccupa essenzialmente della salvezza individuale
di ogni uomo. L'ebraismo mira invece alla salvezza della casa
d'Israele, la sola che può permettere la salvezza di settanta
nazioni dell'Universo» 74. «Israele
si presenta nella
Storia come un popolo particolare perché esso è contemporaneamente
religione e nazione, senza nessuna possibilità di separare questi
due fattori, cosa possibile invece per tutti gli altri popoli. Senza
dubbio, Israele è proprio una razza, non nel senso biologico, come
l'ha preteso il razzismo, ma nel senso etico della Storia» 75. «Il
cammino con cui la fede cristiana ha conquistato la sua indipendenza,
doveva rapidamente e fatalmente trascinarla in una guerra aperta
contro Israele "secondo la carne", poiché la Chiesa si
proclama il solo Israele di Dio e il solo Israele secondo lo spirito.
Ma si coglie bene tutta la gravità di una tale rivendicazione? Essa
è peggiore della diffamazione del popolo ebraico, e significa
tentare di carpirle perfino la scintilla della vita e il fuoco sacro,
e persino la sua stessa anima. Di più: essa significa sottrarre ad
Israele il suo posto al Sole e il suo statuto privilegiato
nell'impero, perché tali sono gli stretti legami e l'intreccio dello
spirituale e del temporale» 76.
Ritorniamo dunque al medesimo punto: abbattere
la religione cristiana,
nata dal suo seno, è una necessità vitale per Israele, il quale la
considera come il suo più temibile avversario; Jules Isaac lo ripete
continuamente nei suoi scritti. Il seguente passo, estratto da una
sua opera relativamente recente, mostra con forza lo stato d'animo di
gran parte della gioventù ebraica contemporanea: «Viviamo
nell'entusiastica attesa di tempi nuovi e inauditi, e crediamo di
scorgerne già i segni precursori: l'agonia decisamente iniziata
delle religioni, delle famiglie e delle nazioni. Nutriamo solo
collera, disprezzo e ironia per i ritardatari della Storia che si
abbarbicano a questi residui [...].
Ahimè! Sia che ci sbagliamo completamente o che siamo rientrati
dopo, in un periodo di riflusso, o che io sia semplicemente
invecchiato, mi vedo costretto ad ammettere che questi residui
avevano la tenacia della gramigna e si ostinavano a restare quali
strutture profonde della vita dei popoli e del loro essere
collettivo [...].
Apparentemente, eravamo condannati, e, per lungo tempo, ad accettare
le religioni e le nazioni. Ancora una volta, io non giudico, ma mi
limito a constatare» 77.
Nel suo libro Le
malheur d'Israël («La
disgrazia di Israele»), lo scrittore ebreo A. Roudinescofornisce
una magnifica risposta a tutti questi anatemi pieni di collera: «La
sopravvivenza fino a nostri giorni di questa piccola comunità,
malgrado le persecuzioni e le sofferenze inaudite, è stata definita
il "miracolo ebraico". Questa sopravvivenza non è un
miracolo, ma tuttalpiù è una disgrazia. Il vero miracolo ebraico è
la conquista spirituale dell'umanità attraverso il cristianesimo. La
missione del popolo eletto è terminata da molto tempo. Quelli che,
tra gli ebrei, sperano di poter un giorno completare il cristianesimo
con un messianismo rinnovato, ignorano le leggi essenziali
dell'evoluzione dell'umanità» 78.
NOTE
1 Che
il Nuovo Patto sostituisca l'Antico, ormai privo di alcuna efficacia
salvifica e reso inutile dal sacrificio di Cristo, i cristiani lo
hanno cantato per secoli nel bellissimo inno eucaristico Tantum
Ergo, in cui appunto si dice che «le figure dell'Antico
patto cedano alle verità del nuovo rito» («Et antiquum
documentum novo cedat ritui»).
2 Eppure,
a riguardo del rigetto di Israele da parte di Dio, il Vangelo parla
un linguaggio che non dà spazio ad equivoci: «E Gesù,
emesso un alto grido, spirò. Ed ecco il velo del tempio si squarciò
in due da cima a fondo» (Mt 27-50-51). Il Dio d'Israele ha
abbandonato il Tempio di Gerusalemme per abitare in ogni anima in
grazia di Dio.
3 In
realtà, l'antisemitismo era stato condannato ben prima del Vaticano
II. Il 21 marzo 1928, al termine di una riunione plenaria, i Rev.mi
Padri della Suprema Sacra Congregazione del Sant'Ufficio approntarono
un documento che condannava «tutti gli odi e le animosità
tra i popoli, e massimamente l'odio contro il popolo un tempo eletto
da Dio, quell'odio che oggi volgarmente suole designarsi con il nome
di "antisemitismo"» (cfr. La Civiltà
Cattolica, 1928, vol. II, pagg. 171-172).
4 «Associazione
fraterna ebraica fondata negli Stati Uniti nel 1843. Nella lingua
ebraica "B'nai B'rith" significa "i figli
dell'alleanza". Lo scopo di questa associazione è di mantenere
la tradizione e la cultura ebraiche e di lottare contro
l'antisemitismo [...]. I membri si chiamano "Fratelli",
ricevono un'iniziazione e si riuniscono in Logge» (cfr.
D. Ligou, Dictionnaire Universel de la Maçonnerie,
Ed. P.U.K, Evry 1987); «Si può supporre che i dodici
fondatori del B'nai B'rith fossero già massoni affiliati alle Logge
americane, dal momento che essi scelsero un rituale che è un misto
del Rito di York e del Rito americano degli Odd
Fellows» (cfr. Tribune Juive, n. 997/1986; cit.
in Epiphanius, Massoneria e sètte segrete: la faccia
occulta della Storia, Trento s. d., pag. 478).
5 «Io
sono il capo - disse con il suo linguaggio bonario e un po'
dissacratore Giovanni XXIII al Prof. Jules Isaac - ma devo consultare
anche gli altri, far studiare dagli uffici i problemi sollevati. Qui
non siamo in una monarchia assoluta» (cfr. P. S. Schmidt
s.j., Agostino Bea, il Cardinale dell'unità, Ed. Città
Nuova, 1987, pag. 354). Lo schema venne poi definitivamente votato e
ratificato il 28 ottobre 1965 nell'ambito della Dichiarazione Nostra
Ætate, sulle relazioni della Chiesa con le religioni
non-cristiane (La religione ebraica, § 4).
7 Cfr.
M. I. Dimont, Les juifs, Dieu et l'Histoire («Gli
ebrei, Dio e la Storia»), Ed. Robert Laffont, Parigi 1964.
8 Che
ciò corrisponda al pensiero di molti ebrei, lo ricaviamo da un
aneddoto: nel 1938, l'Austria veniva annessa alla Germania di Hitler.
L'ebreo Sigmund Freud (1856-1939), che in quei giorni si trovava a
Vienna, venne sollecitato da un suo stretto collaboratore a lasciare
la città per non rischiare la cattura da parte dei nazisti. Il padre
della psicanalisi rispose con queste parole «I nazisti non
li temo. Il nemico è la religione, la Chiesa cattolica» (cfr.
D. E. Innocenti, Critica alla psicoanalisi, Sacra
Fraternitas Aurigarum in Urbe, Roma 1988, pag.115).
9 Ad
ulteriore conferma, ecco un breve estratto di un articolo apparso nel
febbraio del 1936 sulla rivista Catholic Gazete di
Londra, contenente alcuni brani di conversazioni di ebrei parigini
tenute nel corso di riunioni segrete: «Abbiamo già compiuto
gran parte del nostro lavoro, però non possiamo dire di aver
realizzato lo scopo della nostra opera. Abbiamo ancora un lungo
cammino da percorrere prima di poter abbattere il nostro principale
nemico: la Chiesa cattolica. Dobbiamo metterci bene in mente che la
Chiesa cattolica è l'unica istituzione che si è posta e rimarrà ad
intralciare il nostro cammino per quanto durerà la sua esistenza. La
Chiesa cattolica, con il suo lavoro metodico e con i suoi
insegnamenti educativi e morali, forma nei propri figli una tale
mentalità che li manterrà troppo fieri di sé stessi per
sottomettersi alla nostra dominazione e per inginocchiarsi ai piedi
del futuro Re d'Israele». Poco tempo dopo, il settimanale
parigino Le réveil du peuple precisò che si
trattava di dichiarazioni fatte nel corso di una riunione dell'Ordine
massonico B'nai B'rith (cfr. Chiesa Viva,
nº 178, ottobre 1987, pag.16).
11 Padre
Daniélou venne poi creato Cardinale da Paolo VI nel 1969 nonostante
fosse un fautore della nouvelle théologie condannata
sotto Pio XII. La sua morte improvvisa, a causa di un infarto, fece
all'epoca molto scalpore. Il gesuita morì, infatti, sulle scale
della casa di Mimi Santoni una spogliarellista di ventiquattro anni
con indosso una forte somma di denaro. Si affermò che il Cardinale
fosse stato lì per usufruire dei servizi carnali della ragazza, e
che potesse essere un suo cliente abituale; la versione riferita da
Santoni durante l'interrogatorio era che il prelato si trovava lì
per donare alla ragazza la somma di denaro con cui essa avrebbe
pagato la cauzione del suo amante. Si scoprì che il Cardinale non
era nuovo a perseguire la conversione e il sostentamento economico di
prostitute o spogliarelliste.
13 «Ma
chi era il Cardinale Agostino Bea? Molti l'hanno indicato di origini
ebraiche [...]. Gesuita tedesco, già confessore di Pio
XII e amico di Giovanni XXIII, Bea era professore di Sacra Scrittura
e rettore dal 1930 al 1940 del Pontificio Istituto Biblico. l suoi
stretti legami con l'alta Massoneria ebraica sono noti e documentati:
come l'incontro con il presidente del B'nai B'rith Label Katz
avvenuto il 16 febbraio 1963 a Roma [...]. Ma Bea era in
contatto anche col Gran Maestro delle Logge unite di Germania
Pinkerneil» (cfr. Epiphanius, op. cit.,
pag.488). Circa le sue origini ebraiche, notiamo che «negli
ultimi secoli troviamo in Germania e in Austria diverse personalità
che portano il cognome "Beha", equivalente fonetico del
cognome sefardita "Beja", che i loro antenati sefarditi
portavano in Spagna dove vivevano. Ma il Cardinale Bea non era
l'unico cripto-ebreo in Vaticano; oltre a lui agirono attivamente in
tal senso altri ebrei sedicenti convertiti come i Monsignori John
Oesterreicher e l'agostiniano Gregory Baum, ai quali si unirono i
Vescovi Kempe, ausiliario della Diocesi di Linburg (Germania) e
Sergio Mendez Arceo, Vescovo di Cuernavaca, nel Messico (Mendez è un
tipico cognome ispano-ebraico; egli era discendente di sefarditi che
tentarono di giudaizzare la popolazione messicana dei
Cotija)» (cfr. Chiesa Viva, nº 179, novembre
1987, pagg. 16-17).
20 Ecco
alcuni estratti di scritti dai Padri della Chiesa a proposito del
deicidio e dell'odio ebraico verso Cristo e i cristiani: San Giustino
(100-165) scrive: «Voi avete ucciso il Giusto e prima di lui
i suoi profeti, e ora respingete perfidamente coloro che sperano in
lui e colui che l'ha inviato, il Dio onnipotente e autore
dell'Universo; voi li disonorate per quanto è in voi, e nelle vostre
sinagoghe elevate imprecazioni contro coloro che credono in Cristo,
perché non avete il potere di portare le mani su di noi grazie a
coloro che ora ci governano, ma ogni volta che l'avete potuto,
l'avete fatto» (cfr. Dial. cum Tryphone, 16,
4; PG 6, 511); Origene (185-253) pensava che il
popolo ebraico in quanto tale avesse commesso «il più
grande dei delitti» (cfr. Contra Celsum, IV,
32; PG 11,1087), quello di uccidere il Figlio di
Dio. Sant'Ambrogio (339-397) parlava degli ebrei come di un «popolo
parricida» e addossava a tutti loro la responsabilità
della morte di Gesù: «Egli (Gesù) è stato
ucciso dal popolo degli ebrei tutto intero, ed essi lo perseguitano
ancora con il loro odio» (cfr.Psal. 39, 14; PL 14,
1062); San Cirillo d’Alessandria (370-444) parla degli ebrei
divenuti «dominicidi» (kyrioktoni), e prima
di lui da San Gregorio Nazianzeno (329-390), che accusa gli ebrei di
aver ucciso Cristo «con mani deicide»
(chersi taìs theoktonis) (cfr. PG 37,466). Secondo San Cirillo di Gerusalemme (387), «Israele ha crocifisso il Figlio del Padre (celeste) e l'ha rigettato fuori dalla vigna» (cfr. Cath. XI); scrive Teodoreto di Ciro: «Fino a oggi, gli ebrei continuano ad esecrare il Salvatore» (cfr. in Psal. 109, 28).
(chersi taìs theoktonis) (cfr. PG 37,466). Secondo San Cirillo di Gerusalemme (387), «Israele ha crocifisso il Figlio del Padre (celeste) e l'ha rigettato fuori dalla vigna» (cfr. Cath. XI); scrive Teodoreto di Ciro: «Fino a oggi, gli ebrei continuano ad esecrare il Salvatore» (cfr. in Psal. 109, 28).
23 Così
San Gregorio di Nissa apostrofa gli ebrei: «Assassini del
Signore, assassini dei profeti, nemici di Dio, uomini che odiano Dio,
avversari della Grazia, avvocati del diavolo, razza di vipere,
discendenti dei farisei, sinagoga di Satana, peccatori, uomini
perversi, lapidatori, nemici di ogni probità» (cfr. Oratio
in Christi resurrectionem).
24 Secondo
San Giovanni Crisostomo, gli ebrei, dopo la morte di Gesù, si
diedero a commettere i più grandi mali e perciò «Dio li
odia» (nel senso che odia il male che commettono). Con lui,
Sant'Atanasio (295-373), un altro Padre della Chiesa, afferma
che «gli ebrei non sono il popolo del Signore, ma i capi di
Sodoma e Gomorra» (cfr. De Incarnatione, 40,
7).
26 Cfr.
J. M. Isaac, Genèse de l'Antisémitisme, pagg.
162-164, 165-166. L'Isaac si riferisce a Julius Streicher
(1885-1946), un maestro di Norimberga nominato dal Führer,
nel 1925, Gauleiter della Franconia, che condusse
per vent'anni una ferocissima campagna antisemita che si concluse con
la sua impiccagione al processo di Norimberga il 16 ottobre 1946.
34 Pogrom è
un termine russo che significa «distruzione». Si trattava di
sommosse popolari con massacri e saccheggi contro le minoranze
ebraiche accusate di usura, frode, omicidi rituali, frequenti
soprattutto nell'Europa centrorientale nell'Ottocento e agli inizi
del Novecento.
40 Cfr.
J. Jèhouda, L'antisémitisme, miroir du
monde («L’antisemitismo, specchio del mondo»), Ed.
Synthésis, Ginevra 1958.
41 Non
è un caso che Jèhouda citi in suo favore il filosofo ebreo Baruch
Spinoza (1632-1677), le cui relazioni con la Kabbalah ebraica
e il conseguente ritorno continuo della dottrina cabalistica nelle
sue tesi, sono note a tutti gli studiosi di questo particolare
settore (vedi, ad esempio, J. Meinvielle, Influsso dello
gnosticismo ebraico in ambiente cristiano, Sacra Fraternitas
Aurigarum in Urbe, Roma 1988, pagg. 184-189).
45 Cfr.
E. Benamozegh, Israël et l'Humanité, Ed. Albin
Michel, Parigi 1961; la prima edizione di quest'opera risale al 1914.
47 Cfr.
I. I. Rabi, Anatomie du judaisme français («Anatomia
dell'ebraismo francese»), Les Editions de Minuit, Parigi 1962.
50 Ecco
il testo della preghiera incriminata del Venerdì Santo, eliminata
dal Messale Romano da Giovanni XXIII: «Preghiamo anche per i
perfidi giudei, affinché il Signore Dio nostro tolga il velo dai
loro cuori, in modo che essi pure con noi riconoscano Gesù Cristo
Nostro Signore»; da notare che etimologicamente il termine
«perfidi» (dal latino pérfidis) significa «privi di
fede», e quindi, lungi dall'essere un vocabolo offensivo, esso
risponde benissimo alla dottrina cattolica espressa in questa
bellissima preghiera. La stessa sorte è toccata alla preghiera
presente nel Prefazio della Messa della III Domenica
di Quaresima secondo il rito ambrosiano: «Oh, quanto perfida
e testarda è la malvagia stirpe dei giudei, i quali si gloriano
della loro carnale discendenza, al tempo stesso che si rifiutano di
riconoscere il Padre che sta nei cieli. O gente ingrata, già molte
volte colpita da esemplari castighi, che disdegna il Padre presente
senza saper conservare l'assente. Ben è giusto invece che noi a
grandi voci esultiamo, per aver ottenuto il posto e il regno dei
giudei, in grazia di Cristo, Nostro Signore».
52 «Con
Johannes Reuchlin, l'umanista di Pforzheim (nipote di Melantone,
socio di Lutero nella Riforma Protestante), la lotta per
l'introduzione della Kabbalah nella cristianità prende
vigore. (Egli) si servì della sua conoscenza
dell'ebraico, come di una chiave che lo aiutò a penetrare nel
meraviglioso mondo della scienza cabalistica [...].
Reuchlin pubblicò due opere: "De verbo mirifico" ("La
parola miracolosa") e "De arte
cabalistica" ("Sull'arte della Kabbalah")
[...]. Giustamente temendo un nuovo prevalere dell'ebraismo, il
domenicano Santiago Hochstratten, professore di teologia e
inquisitore di Colonia, si assunse il compito di confutare Johannes
Reuchlin nella sua "Distruzione della Kabbalah". In essa,
dimostrò che la dottrina cabalistica non era affatto a sostegno dei
dogmi cristiani, ma anzi li negava, e che i libri di Reuchlin
pullulavano di proposizioni erronee» (cfr.
J. Meinvielle, op. cit., pagg. 164-165).
65 Ecco
come San Luca descrive il medesimo episodio: «Appena fu
giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi
sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli
dissero: "Sei tu il Cristo, diccelo". Gesù rispose: "Anche
se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi
risponderete. Ma da questo momento starà il Figlio dell'uomo seduto
alla destra della potenza di Dio". Allora tutti esclamarono: "Tu
dunque sei il Figlio di Dio". Ed egli disse loro: "Lo dite
voi stessi: io lo sono". Risposero: "Che bisogno abbiamo
ancora di testimonianza? L'abbiamo udito noi stessi dalla sua
bocca"» (Lc 22, 67-71). Il racconto di San
Marco è
molto più simile a quello di San Matteo.
molto più simile a quello di San Matteo.
67 Cfr.
E. Faure, L'ame juive («L'anima ebraica»);
cit. in La question juive vue par vingt-six éminentes
personnalités juives («La questione ebraica vista da
ventisei eminenti personalità ebraiche»), Ed. EIF, Parigi 1934.
68 Cfr. Jewish
World, del 9 febbraio 1923. Al British Museum, ho
potuto verificare personalmente l'esattezza di questa citazione
(N.d.A.).
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.