Su Pio IX purtroppo i libri di storia portano più calunnie che
altro. Una delle principali carenze nella presentazione di questo grande
pontefice è di valutarlo prima di tutto in chiave politica, mentre fu
la sua profonda spiritualità a guidarlo nelle sue scelte nella
drammaticità dei tempi. La lettura che egli diede degli avvenimenti
storici del periodo della “rivoluzione italiana”, ossia del
conseguimento dell’unità nella costruzione di uno Stato liberale, è
stata una lettura non politica ma spirituale e teologica. Le due scelte
fondamentali del suo pontificato furono la proclamazione del dogma
dell’Immacolata Concezione di Maria Santissima e la convocazione del
Concilio ecumenico Vaticano I. Si trattò, come si vede, di scelte non
politiche. Anche la pubblicazione dell’enciclica Quanta cura e del connesso Sillabo degli
errori moderni non fu una decisione politica ma teologica, una
risposta alla montante ideologia della modernità, di cui egli vedeva la
profonda carica anticristiana.
L’Immacolata Concezione
L’8 dicembre 1854 Pio IX proclamò in San Pietro il dogma dell’Immacolata concezione di Maria, con il quale stabilì in forza della sua autorità apostolica che «la dottrina la quale ritiene che la beatissima Vergine Maria, nel primo istante della sua concezione per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, e in vista dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, sia stata preservata immune da ogni macchia di colpa originale, è dottrina rivelata da Dio e perciò da credersi fermamente e costantemente da tutti i fedeli». Quattro anni dopo, il 25 marzo 1858, nella grotta di Massabielle, la Signora disse a Bernadette Soubirous: «Io sono l’Immacolata Concezione». Nel 1917 a Fatima venne richiesta l’istituzione della devozione al Cuore Immacolato di Maria. Il 6 ottobre di quello stesso anno il chierico polacco Massimiliano Kolbe istituì la Milizia dell’Immacolata.
Nella bolla Ineffabilis Deus si legge: «La beatissima Vergine, tutta bella e Immacolata, schiacciò il velenoso capo del crudelissimo serpente e apportò salvezza al mondo; gloria dei Profeti e degli Apostoli, onore dei Martiri, letizia e corona di tutti i Santi, rifugio sicurissimo e fedelissimo aiuto di tutti i pericolanti, potentissima mediatrice e conciliatrice di tutto il mondo, presso il Suo figlio e splendidissimo decoro e ornamento della Santa Chiesa, quale fermissimo suo presidio distrusse sempre tutte le eresie e liberò i popoli fedeli e le genti dalle più grandi calamità di ogni genere».
Il peccato della modernità
La definizione del dogma nasceva da una lettura teologica degli eventi della rivoluzione liberale. Secondo Pio IX tutti gli errori contemporanei nascevano dalla negazione del peccato originale e quindi della inconciliabilità tra Dio e il peccato. Il fine della vita doveva essere il progresso dell’uomo e del mondo, l’uomo moderno doveva diventare autonomo ed autosufficiente liberandosi dalla tutela della Chiesa, la religione era solo utile al progresso civile e a questo doveva essere subordinata. Negato il peccato originale non c’è più posto per Cristo, per la Chiesa e per la grazia.
Davanti a questa visione delle cose violentemente montante nella sua epoca, Pio IX volle invece ribadire l’inconciliabilità tra Dio e il peccato del mondo, che il fine principale del mondo e della storia non è la celebrazione del progresso umano ma è la gloria di Dio. E questo fece proclamando il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria “vincitrice gloriosa delle eresie”.
Le violente vicende cui dovette assistere Pio IX avevano alla base non un obiettivo politico circoscritto, come per esempio l’Unità dell’Italia, ma facevano parte di un disegno molto più radicalmente anticristiano: emancipare l’ordine naturale da quello soprannaturale, il materiale dallo spirituale. Il liberalismo moderno sovvertiva quindi l’ordine naturale cristiano. Pio IX era del parere che con questo progetto non si potesse scendere a patti, che non lo si potesse “cattolicizzare”. Ecco allora la genesi dell’enciclica Quanta cura e del Sillabo, che non vanno staccati dal profondo significato teologico della proclamazione del dogma dell’Immacolata concezione, ma visti, insieme al Vaticano I, come la risposta di Pio IX al peccato moderno. Non a caso tutti e tre gli avvenimenti avvennero l’8 dicembre: nel 1854 la proclamazione del dogma, nel 1864 la Quanta cura e il Sillabo e nel 1970 l’apertura del Vaticano I.
Le vicende della rivoluzione italiana
Davanti a questa potente lettura teologica e spirituale, l’angusta presentazione di Pio IX come un politicante di piccola stazza, attaccato al potere temporale della Chiesa e incapace di cogliere i segni dei tempi è ridicola, se non fosse per la sua forte carica ideologica. Lette nella luce della proclamazione del dogma dell’Immacolata concezione, le vicende italiane dal 1846 allo Stato unitario assumono ben altre configurazioni che non quelle della storiografia di maniera tutte incentrate sulla contrapposizione tra le “magnifiche sorti e progressive” dell’umanità e le forze retrive e oscurantiste della Chiesa.
La potenza della massoneria italiana ed internazionale presente nelle società segrete, il tentativo fallito di porre nel 1846 proprio il Papa alla testa della rivoluzione liberale con il progetto neoguelfo di Gioberti, il mito del Papa liberale artificialmente montato proprio a questi fini, il non possumus dell’allocuzione del 29 aprile 1848 interpretato come tradimento della rivoluzione, il tentativo di controllare il governo pontificio dopo l’uccisione di Pellegrino Rossi, le violenze e le profanazioni della repubblica romana paragonabili all’89 parigino sono i principali avvenimenti di un processo politico che non voleva essere solo politico. L’obiettivo era di riformare il papato e di rigenerare la Chiesa.
Il salto di qualità nella lotta alla Chiesa e nella realizzazione del progetto moderno avvenne con Cavour, il “giacobino italiano”. Impiegheremo cinquant’anni per fare il nostro Ottantanove, disse Cavour, ma ci riusciremo. Mazzini e Garibaldi (il quale fu proclamato nel 1867 Primo Massone d’Italia e Gran Maestro Onorario) erano l’anima sovversiva e profetica della rivoluzione, Cavour era molto più insidioso e penetrante. Immediatamente dopo l’occupazione di Roma (60 mila uomini di Cadorna contro 13 mila soldati pontifici che avevano ricevuto l’ordine di non sparare) i governi dei discepoli di Cavour confiscarono 476 case religiose e dispersero 12.669 persone nel solo Lazio; furono soppresse le facoltà di teologia e posti sotto controllo i seminari, furono processati e confinati 66 Vescovi, abolito l’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche, i preti furono obbligati a prestare servizio militare. Alle prime elezioni italiane il 22 ottobre 1865 votarono 271.923 cittadini dei 504 mila aventi diritto al voto su una popolazione di diversi milioni di abitanti. Veramente il Paese “reale” era stato invaso dal Paese “legale”.
L’ideologia del Dio spodestato
Che non si trattasse di quisquiglie politiche, ma di un ben più ampio disegno a cui Pio IX volle contrapporre la forza del dogma cattolico, risulta da una famosa definizione della rivoluzione scritta in quegli anni da mons. Jean-Joseph Gaume: «Se, strappando la maschera alla rivoluzione, le chiedete: “Chi sei tu?” ella vi dirà: Io non sono ciò che si crede. Io sono l’odio di ogni ordine religioso e sociale che l’uomo non ha stabilito e nel quale esso non è re e Dio tutt’insieme; io sono la proclamazione dei diritti dell’uomo contro i diritti di Dio, sono la filosofia della ribellione, la politica della ribellione, la religione della ribellione: sono la negazione armata; sono la fondazione dello stato religioso e sociale sulla volontà dell’uomo in luogo della volontà di Dio; in una parola, io sono l’anarchia; perché io sono Dio spodestato, surrogato dall’uomo. Ecco il motivo per cui mi chiamo rivoluzione, cioè sconvolgimento, perché io colloco in alto chi, secondo le leggi eterne, dovrebbe stare in basso; e metto al basso chi dovrebbe stare in alto».
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R. de Mattei, Pio IX e la rivoluzione italiana, Cantagalli, Siena 2012, pp. 208, € 16,00.
http://sivan2.blogspot.com/2012/07/pio-ix-e-la-risposta-del-dogma.html
L’Immacolata Concezione
L’8 dicembre 1854 Pio IX proclamò in San Pietro il dogma dell’Immacolata concezione di Maria, con il quale stabilì in forza della sua autorità apostolica che «la dottrina la quale ritiene che la beatissima Vergine Maria, nel primo istante della sua concezione per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, e in vista dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, sia stata preservata immune da ogni macchia di colpa originale, è dottrina rivelata da Dio e perciò da credersi fermamente e costantemente da tutti i fedeli». Quattro anni dopo, il 25 marzo 1858, nella grotta di Massabielle, la Signora disse a Bernadette Soubirous: «Io sono l’Immacolata Concezione». Nel 1917 a Fatima venne richiesta l’istituzione della devozione al Cuore Immacolato di Maria. Il 6 ottobre di quello stesso anno il chierico polacco Massimiliano Kolbe istituì la Milizia dell’Immacolata.
Nella bolla Ineffabilis Deus si legge: «La beatissima Vergine, tutta bella e Immacolata, schiacciò il velenoso capo del crudelissimo serpente e apportò salvezza al mondo; gloria dei Profeti e degli Apostoli, onore dei Martiri, letizia e corona di tutti i Santi, rifugio sicurissimo e fedelissimo aiuto di tutti i pericolanti, potentissima mediatrice e conciliatrice di tutto il mondo, presso il Suo figlio e splendidissimo decoro e ornamento della Santa Chiesa, quale fermissimo suo presidio distrusse sempre tutte le eresie e liberò i popoli fedeli e le genti dalle più grandi calamità di ogni genere».
Il peccato della modernità
La definizione del dogma nasceva da una lettura teologica degli eventi della rivoluzione liberale. Secondo Pio IX tutti gli errori contemporanei nascevano dalla negazione del peccato originale e quindi della inconciliabilità tra Dio e il peccato. Il fine della vita doveva essere il progresso dell’uomo e del mondo, l’uomo moderno doveva diventare autonomo ed autosufficiente liberandosi dalla tutela della Chiesa, la religione era solo utile al progresso civile e a questo doveva essere subordinata. Negato il peccato originale non c’è più posto per Cristo, per la Chiesa e per la grazia.
Davanti a questa visione delle cose violentemente montante nella sua epoca, Pio IX volle invece ribadire l’inconciliabilità tra Dio e il peccato del mondo, che il fine principale del mondo e della storia non è la celebrazione del progresso umano ma è la gloria di Dio. E questo fece proclamando il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria “vincitrice gloriosa delle eresie”.
Le violente vicende cui dovette assistere Pio IX avevano alla base non un obiettivo politico circoscritto, come per esempio l’Unità dell’Italia, ma facevano parte di un disegno molto più radicalmente anticristiano: emancipare l’ordine naturale da quello soprannaturale, il materiale dallo spirituale. Il liberalismo moderno sovvertiva quindi l’ordine naturale cristiano. Pio IX era del parere che con questo progetto non si potesse scendere a patti, che non lo si potesse “cattolicizzare”. Ecco allora la genesi dell’enciclica Quanta cura e del Sillabo, che non vanno staccati dal profondo significato teologico della proclamazione del dogma dell’Immacolata concezione, ma visti, insieme al Vaticano I, come la risposta di Pio IX al peccato moderno. Non a caso tutti e tre gli avvenimenti avvennero l’8 dicembre: nel 1854 la proclamazione del dogma, nel 1864 la Quanta cura e il Sillabo e nel 1970 l’apertura del Vaticano I.
Le vicende della rivoluzione italiana
Davanti a questa potente lettura teologica e spirituale, l’angusta presentazione di Pio IX come un politicante di piccola stazza, attaccato al potere temporale della Chiesa e incapace di cogliere i segni dei tempi è ridicola, se non fosse per la sua forte carica ideologica. Lette nella luce della proclamazione del dogma dell’Immacolata concezione, le vicende italiane dal 1846 allo Stato unitario assumono ben altre configurazioni che non quelle della storiografia di maniera tutte incentrate sulla contrapposizione tra le “magnifiche sorti e progressive” dell’umanità e le forze retrive e oscurantiste della Chiesa.
La potenza della massoneria italiana ed internazionale presente nelle società segrete, il tentativo fallito di porre nel 1846 proprio il Papa alla testa della rivoluzione liberale con il progetto neoguelfo di Gioberti, il mito del Papa liberale artificialmente montato proprio a questi fini, il non possumus dell’allocuzione del 29 aprile 1848 interpretato come tradimento della rivoluzione, il tentativo di controllare il governo pontificio dopo l’uccisione di Pellegrino Rossi, le violenze e le profanazioni della repubblica romana paragonabili all’89 parigino sono i principali avvenimenti di un processo politico che non voleva essere solo politico. L’obiettivo era di riformare il papato e di rigenerare la Chiesa.
Il salto di qualità nella lotta alla Chiesa e nella realizzazione del progetto moderno avvenne con Cavour, il “giacobino italiano”. Impiegheremo cinquant’anni per fare il nostro Ottantanove, disse Cavour, ma ci riusciremo. Mazzini e Garibaldi (il quale fu proclamato nel 1867 Primo Massone d’Italia e Gran Maestro Onorario) erano l’anima sovversiva e profetica della rivoluzione, Cavour era molto più insidioso e penetrante. Immediatamente dopo l’occupazione di Roma (60 mila uomini di Cadorna contro 13 mila soldati pontifici che avevano ricevuto l’ordine di non sparare) i governi dei discepoli di Cavour confiscarono 476 case religiose e dispersero 12.669 persone nel solo Lazio; furono soppresse le facoltà di teologia e posti sotto controllo i seminari, furono processati e confinati 66 Vescovi, abolito l’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche, i preti furono obbligati a prestare servizio militare. Alle prime elezioni italiane il 22 ottobre 1865 votarono 271.923 cittadini dei 504 mila aventi diritto al voto su una popolazione di diversi milioni di abitanti. Veramente il Paese “reale” era stato invaso dal Paese “legale”.
L’ideologia del Dio spodestato
Che non si trattasse di quisquiglie politiche, ma di un ben più ampio disegno a cui Pio IX volle contrapporre la forza del dogma cattolico, risulta da una famosa definizione della rivoluzione scritta in quegli anni da mons. Jean-Joseph Gaume: «Se, strappando la maschera alla rivoluzione, le chiedete: “Chi sei tu?” ella vi dirà: Io non sono ciò che si crede. Io sono l’odio di ogni ordine religioso e sociale che l’uomo non ha stabilito e nel quale esso non è re e Dio tutt’insieme; io sono la proclamazione dei diritti dell’uomo contro i diritti di Dio, sono la filosofia della ribellione, la politica della ribellione, la religione della ribellione: sono la negazione armata; sono la fondazione dello stato religioso e sociale sulla volontà dell’uomo in luogo della volontà di Dio; in una parola, io sono l’anarchia; perché io sono Dio spodestato, surrogato dall’uomo. Ecco il motivo per cui mi chiamo rivoluzione, cioè sconvolgimento, perché io colloco in alto chi, secondo le leggi eterne, dovrebbe stare in basso; e metto al basso chi dovrebbe stare in alto».
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R. de Mattei, Pio IX e la rivoluzione italiana, Cantagalli, Siena 2012, pp. 208, € 16,00.
11-06-2012 - di Stefano Fontana
http://sivan2.blogspot.com/2012/07/pio-ix-e-la-risposta-del-dogma.html
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