Le reazioni demenziali di Israele e degli Usa di fronte all’ovvio riconoscimento come patrimonio dell’umanità del luogo dove secondo i cristiani è nato Gesù
L’Unesco ha infatti deciso – ovviamente e finalmente – che la Chiesa della Natività e la via dei Pellegrini di Betlemme sono due siti “patrimonio dell’intera umanità”. Per chi non lo sapesse, la Chiesa della Natività sorge sopra la piccola stalla e mangiatoia dove secondo la tradizione cristiana è nato Gesù Cristo. Che Gesù Cristo sia davvero nato lì o che sia mai esistito è una questione dibattuta da secoli, ma nulla toglie al fatto evidente che la Chiesa della Natività è patrimonio dell’intera umanità. Né più e né meno come i luoghi di credenze simili da parte dei musulmani, dei buddisti, degli induisti, degli ebrei, ecc., per quanto attiene i luoghi fondamentali delle proprie tradizioni e credenze religiose Ed è anzi grave che non siano stati dichiarati patrimonio dell’intera umanità i vari luoghi della tradizione cristiana a Gerusalemme, dal monte Golgota al luogo ritenuto del sepolcro, dalla via crucis al luogo del fenomenale discorso della Montagna.
Bene. L’apposito comitato, del quale facco parte 21 Paesi dell’Unesco, ha preso la sua decisione venerdì 29 giugno, con una maggioranza di 13 contro 8, ed ecco che quel malaccorto chiacchierone di Netanyahu si lancia in una dichiarazione di protesta più stolta del solito: “E’ una decisione totalmente politica, che danneggia gravemente la convenzione Onu e la sua immagine”. Evito i commenti. Spero solo che anche in Israele sappiano cosa siano, e le sappiano fare bene, le pernacchie.
Alle parole di Netanyahu hanno fatto eco quelle altrettanto demenziali, oltre che profondamente ipocrite, dell’ambasciatore Usa presso l’Unesco, David Killion: “L’Unesco non dovrebbe essere politicizzato”. Più che altro, gli ambasciatori non dovrebbero essere cretini, ma tralasciamo. Il problema è che a chiedere il riconoscimento di quei luoghi come patrimonio dell’umanità è stata l’Autorità Nazionale Palestinese a nome della Palestina, non ancora riconosciuta come Stato da nessuno ma dall’ottobre del 2011 ammessa come membro dell’Unesco. E come per quella decisione si inferocirono Israele e gli Usa, che per vergognsa rappresaglia tagliarono i fondi all’Unesco e ne bloccarono altri all’Anp, così gli stessi Usa e Israele si sono inferociti per il riconoscimento della Chiesa della Natività e della Via dei Pellegrini come appartenenti al patrimonio dell’intera umanità. Il motivo di tanta malsana rabbia è che ora la Palestina, pur non essendo mai nata come Stato per inimicizia degli Usa e di Israele, ha il suo primo sito storico protetto: e che sito! Addirittura il luogo dove i cristiani credono sia nato Gesù.
Non so chi avrebbe dovuto eventualmante farlo, ma trovo alluncinante che quei due siti, ed altri ancora come quelli sopra nominati, non siano stati già dichiarati da tempo dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Alla fine i nodi a volte vengono al pettine nel modo meno gradito per i prepotenti e gli stolti.
Un paio di anni fa ero a Betlemme e mentre camminavo ho visto una scritta, Shepherds Field, sopra l’ingresso di quello che mi è parso un campetto abbandonato, tra l’albergo dove alloggiavo e un bar ristorante ad esso vicino. Solo dopo un paio di giorni m’è venuto in mente che quello era il campo dove secondo la tradizione cristiana un angelo ha annunciato ai pastori la nascita di Gesù. Piuttosto emozionato, sono entrato e con meraviglia ho notato che il posto è abbandonato, non c’è niente e nessuno. Sono arrivato fino al limite opposto all’ingresso e ho visto che il “campo dei pastori” si affaccia su una valletta aldilà della quale sorge, sopra la collina, una colonia israeliana fatta di un nugolo di palazzine tutte eguali tra loro che non c’entrano assolutamente nulla con il resto del paesaggio, sia abitato che ancora terra e pietre brulle, e che pare una entome massa incombente, pronta a invadere velocemente il resto della valle.
Dopo un lungo attimo di sorpresa ho di colpo capito, come illuminato da un lampo: quella che vedevo davanti a me, la massa di case della colonia israeliana, era l’ondata pronta a sommergere come uno tsunami non solo la Betlemme palestinese, ma anche quella dei luoghi fondamentali del cristianesimo. L’ondata avrebbe travolto per primo il dirimpettaio il Campo dei Pastori, poi la Via dei Pellegrini, infine la Natività e poi altro ancora. Ho così capito di colpo anche il senso di quanto mi avevano detto a Gerusalemme alcuni frati cattolici: “Israele non solo non vuole la pace, per poter cacciare meglio pian piano tutti i palestinesi e gli arabi israeliani, ma rende difficile la vita ai vari luoghi santi del cristianesimo qui a Gerusalemme. Ma anche nell’intera Palestina e Israele. E’ evidente che vogliono recidere le radici storiche del cristianesimo, impadronirsene loro come vogliono impadronirsi perfino della Spianata delle Moschee. E meno male che i titolari di vari luoghi sacri per noi cristiani sono palestinesi e non israeliani, altrimenti qui a Gerusalemme il “taglio” sarebbe in stato più avanzato”.
Questi discorsi mi sono sempre parsi eccessivi, condizionati dal bimillenario detestarsi dei cristiani e degli ebrei, ma la valanga in arrivo davanti al Campo dei Pastori di Betlemme mi ha messo una prima pulce nell’orecchio. Poi m’è capitato di leggere i libri di Robert Eisenman, docente e archeologo statunitense famoso per gli studi dei testi biblici, dei rotoli del Mar Morto e delle origini del cristianesimo. Ho così scoperto che esiste un irredentismo sionista che non si accontenta della creazione ed espansione di Israele fino ai confini mitologici della Grande Israele, ma reclama per il cosiddetto “popolo ebraico” il ruolo che ha avuto nella Storia e nell’impero romano, fino all’Europa e all’Occidente di oggi quindi, ha avuto invece il cristianesimo. Il quale in effetti all’origine non era altro che una fetta dell’ebraismo, fetta che da Costantino in poi è stata preferita al resto dell’ebraismo e usata contro l’ebraismo. Il sionismo politico rappresentato dal pensiero e dagli scritti di Eisenman ha il debte avvelenato per la conquista romana della Giudea, per l’assedio e la conquista di Gerusalemme da parte di Vespasiano e Tito, per la distruzione del Tempio da parte dei legionari di Tito e per la cancellazione infine del nome stesso di Giudea da parte di Elio Adriano, che impose invece il nome di Palestina per l’intero Stato e il nome di Aelia Capitolina per quella che fino ad allora era chiamata Gerusalemme e che è infine tornata a essere indicata con tale nome.
Temo quindi che le guerre di religione non siano affatto finite. Purtroppo però, come è tristemente noto, tali guerre vengono combattute non tra cleri, pensatori e policiti demenziali avvelenati dall’odio, ma tra interi popoli spinti con entusiamo al massacro. Speriamo che i credenti delle religioni monoteiste riescano a liberarsi dalle tossine e dagli odi reciproci accumulati nei secoli e che il concetto di “guerra santa” venga semplicemente bandito, messo fuori legge e persegutio come e più dell’apologia del fascismo e dei crimini contro l’umanità.
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