Tout va très bien, madame la marquise ...”
Per la prima volta i preti ordinati dagli istituti missionari italiani sono tutti stranieri !!!!! ”
MISSIO AD GENTES? |
( Da agenzia Fides 2010 )
Per
effetto della diffusa immigrazione, prevalentemente musulmana, anche
nei più piccoli centri nelle giornate di ieri e di oggi si festeggia la
fine del Ramadan.
I nostri ragazzi sono ormai più informati sulle feste dei loro amici musulmani piuttosto che delle sconosciute pratiche religiose cristiane, Quaresima compresa.
Se
un tempo nei piccoli paesi la fede dei padri si era conservata ora, per
effetto dei mass media e dell'insegnamento scolastico "progressista",
non c'è differenza fra grandi o piccole città: perfetta omologazione
a-cattolica.
Gli osservatori hanno già definito molte località italiane come "post cristiane".
Sempre
più frequentemente delle bande di giovani dei centri post cristiani,
cresciuti nel "non sacro" si abbandonano a scelllerati gesti sacrileghi.
(....)
Negli anni '70 le immagini delle giornate missionarie subirono un totale combiamento iconografico.
Ervamo
soliti vedere i manifesti e i "santini" con il Missionario che, in
cotta e stola, recava in mano un Crocifisso e il Santo Vangelo..
Quell'immagine,
troppo pre-conciliare, venne sostituita con un missionario-ragazzotto
con la barbetta sessantottina che indossava una camiciotta proletaria
recando nelle mani una ciotola di latte.
Ecco i risultati !
Tout va très bien, madame la marquise ...
Articolo di Padre Piero Gheddo
"
Ogni anno a giugno gli istituti missionari celebrano l’ordinazione
sacerdotale dei loro diaconi e le destinazioni alle missioni. Quest’anno
i quattro nati in Italia (Pime, Comboniani, Saveriani e Consolata) non
hanno nessun sacerdote italiano – questo almeno mi risulta.
Il
Pontificio istituto missioni estere (Pime) ordina 11 sacerdoti, ma
tutti stranieri: quattro brasiliani, tre indiani, tre birmani e uno
della Guinea Bissau.
Un amico comboniano mi ha detto che
quest’anno hanno chiuso il loro noviziato europeo, che riceve giovani
dai sette paesi del continente in cui l’istituto è presente.
Il
Pime, istituto non religioso (cioè senza i voti), è internazionale solo
dal 1989, mentre altri istituti, da sempre internazionali, hanno un
maggior numero di sacerdoti dalle missioni. Ma la situazione delle
vocazioni missionarie italiane è più o meno uguale per tutti: sì e no un
solo sacerdote all’anno, quando va bene.
Secondo i dati
delle Pontificie opere missionarie, nel 1934 l’Italia aveva 4.013
missionari nei territori di missione, 7.713 nel 1943, 10.523 nel 1954.
Nel 1965 la rivista Fede e Civiltà dei missionari saveriani (che
attualmente esce come Missione Oggi) realizzò un’inchiesta da cui
risultava che i missionari italiani in missione erano 10.708.
Dopo il Concilio Vaticano II arrivarono fino ai 16 mila del 1985.
Un
fatto straordinario, dovuto ai sacerdoti “fidei donum” (diocesani in
missione), al volontariato laico nelle missioni e al fatto che molti
istituti, congregazioni e ordini religiosi, soprattutto femminili, sono
diventati missionari mentre non lo erano mezzo secolo prima.
Altre Chiese d’Europa, tradizionalmente missionarie, hanno avuto una forte diminuzione.
La Francia è passata da 22 mila missionari sul campo negli anni Sessanta a 11 mila, l’Olanda da 6 mila a 2 mila, la Germania da 14 mila a 6 mila, gli Stati Uniti da 15 mila a 7 mila, secondo statistiche del 1989. Oggi la situazione non è certo migliorata.
Si calcola che gli italiani in missione siano circa 12 mila, ma «con i capelli sempre più grigi», come scrive Mondo e Missione in un “servizio speciale” dell’ottobre 2008 intitolato “Missionari in via di estinzione?”.
Titolo provocatorio quello scelto dal mensile del Pime, ma questa è la realtà.
Dopo quasi sessant’anni nella stampa e nell’animazione missionaria in Italia, esprimo una mia convinzione. Le cause sono certo molte: crisi di fede e delle famiglie, ragion per cui mancano i giovani; crisi delle diocesi e delle parrocchie, dove si incontrano sempre più preti stranieri.
La Francia è passata da 22 mila missionari sul campo negli anni Sessanta a 11 mila, l’Olanda da 6 mila a 2 mila, la Germania da 14 mila a 6 mila, gli Stati Uniti da 15 mila a 7 mila, secondo statistiche del 1989. Oggi la situazione non è certo migliorata.
Si calcola che gli italiani in missione siano circa 12 mila, ma «con i capelli sempre più grigi», come scrive Mondo e Missione in un “servizio speciale” dell’ottobre 2008 intitolato “Missionari in via di estinzione?”.
Titolo provocatorio quello scelto dal mensile del Pime, ma questa è la realtà.
Dopo quasi sessant’anni nella stampa e nell’animazione missionaria in Italia, esprimo una mia convinzione. Le cause sono certo molte: crisi di fede e delle famiglie, ragion per cui mancano i giovani; crisi delle diocesi e delle parrocchie, dove si incontrano sempre più preti stranieri.
Ma il crollo delle vocazioni missionarie dipende in gran parte dal fatto che la figura del missionario non attira più.
Era
affascinante fino a quarant’anni fa (Indro Montanelli mi diceva: «Voi
missionari siete tutti eroi»), ma è molto decaduta nella cultura del
nostro tempo e quasi scomparsa nei mass media d’oggi. Noi missionari e i
nostri istituti abbiamo perso la nostra identità e il nostro fascino.
Eravamo gli inviati della Chiesa per portare Cristo e il Vangelo ai popoli e fondare la Chiesa come negli Atti degli Apostoli.
Questa era la nostra identità, l’immagine che avevamo noi giovani sognando di diventare missionari.
Poi la missione è cambiata e il missionario ha perso l’aureola di eroe e di pioniere, oggi va a servire Chiese quasi ovunque già fondate.
Poi la missione è cambiata e il missionario ha perso l’aureola di eroe e di pioniere, oggi va a servire Chiese quasi ovunque già fondate.
Tutto
vero, ma è anche vero che i missionari sono sempre più richiesti dalle
giovani Chiese e oggi acquistano in più l’immagine nuova di “ponte fra i
popoli, le religioni e le culture”, che nel mondo globalizzato è capace
di suscitare interesse e adesioni. Insomma, il missionario potrebbe
diventare una figura sempre più attuale, se solo noi missionari
mantenessimo, in Italia (e più in genere in Occidente), la nostra
identità, il nostro carisma, la nostra carica di entusiasmo
evangelizzatore.
Invece l’immagine del missionario si è a
poco a poco politicizzata e siamo finiti in una marmellata di buonismo
che è diventato la cultura di base del popolo italiano.
Sul
campo, i missionari continuano il loro lavoro con spirito di sacrificio e
fedeltà al carisma, in Italia l’immagine del missionario cambia e
secondo me non rappresenta più la realtà.
Nelle riviste
missionarie di quarant’anni fa gli articoli sull’evangelizzazione dei
popoli, le conversioni, i catecumeni, le novità delle giovani Chiese,
l’annunzio di Cristo nelle diverse culture, la presentazione di figure
di missionari erano alla base di ogni edizione.
Si parlava spesso di vocazione missionaria a vita e ad gentes, proponendola in modo concreto ai giovani.
Oggi, ci sono riviste “missionarie” che di missionario hanno poco o nulla; “centri culturali” di istituti missionari che organizzano molte conferenze, ma sui temi della missione alle genti quasi niente e sui missionari in carne e ossa nulla; librerie di istituti missionari, che si suppone vendano libri missionari, che in vetrina mettono tutt’altro; animatori missionari che parlano di “mondialità” e poco o nulla di “missione”; comunità di missionari che hanno perso l’entusiasmo della missione alle genti e la buona abitudine di parlare della loro vocazione, spiazzati dall’indifferenza del mondo moderno.
E potrei continuare.
È una deriva generalizzata della quale non incolpo nessuno, ma che ci ha fatto perdere la nostra identità.
Se la chiamata si perde nel caos...
Sono convinto che non esista nella mentalità comune del popolo italiano una figura più incisiva e più universalmente accolta di quella del missionario e dell’ideale missionario.
Si parlava spesso di vocazione missionaria a vita e ad gentes, proponendola in modo concreto ai giovani.
Oggi, ci sono riviste “missionarie” che di missionario hanno poco o nulla; “centri culturali” di istituti missionari che organizzano molte conferenze, ma sui temi della missione alle genti quasi niente e sui missionari in carne e ossa nulla; librerie di istituti missionari, che si suppone vendano libri missionari, che in vetrina mettono tutt’altro; animatori missionari che parlano di “mondialità” e poco o nulla di “missione”; comunità di missionari che hanno perso l’entusiasmo della missione alle genti e la buona abitudine di parlare della loro vocazione, spiazzati dall’indifferenza del mondo moderno.
E potrei continuare.
È una deriva generalizzata della quale non incolpo nessuno, ma che ci ha fatto perdere la nostra identità.
Se la chiamata si perde nel caos...
Sono convinto che non esista nella mentalità comune del popolo italiano una figura più incisiva e più universalmente accolta di quella del missionario e dell’ideale missionario.
Ma noi, per timore di
essere considerati “integralisti” e per malinteso senso del “dialogo”,
non osiamo più parlare di conversioni a Cristo; mortifichiamo le
esperienze missionarie sul campo; riduciamo la missione della Chiesa
agli aiuti a lebbrosi e affamati; siamo “a servizio della Chiesa
locale”, dimenticando però che questo servizio dovrebbe essere
soprattutto volto ad animare missionariamente il gregge di Cristo;
pensiamo di fare “animazione missionaria” facendo campagne nazionali
contro chi produce e vende armi e su altri temi (battaglie positive,
certo, ma non “animazione missionaria”).
In passato, durante
le solenni “veglie missionarie” alla vigilia della Giornata missionaria
mondiale, si ascoltavano le testimonianze dei missionari sul campo, oggi
invece in alcune “veglie missionarie”, organizzate da missionari e da
“gruppi missionari”, si contesta la produzione delle armi e sono
invitati a parlare gli esperti di questo tema.
Ma è possibile
che un giovane o una ragazza sentano la voce dello Spirito che li
chiama a donare la loro vita alla missione se sono impegnati in marce di
protesta come queste? "
Foto : Londra, 1942. Sacerdote fra le rovine della Chiesa di San Giorgio distrutta dai bombardamenti.
Foto : Londra, 1942. Sacerdote fra le rovine della Chiesa di San Giorgio distrutta dai bombardamenti.
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