(ANCHE IL VATICANO AMA LA SCENEGGIATA) - L’”INFILTRATO DELLO SPIRITO SANTO” RESTA L’UNICO IMPUTATO IN UN PROCESSO-LAMPO. RESTANO SULLO SFONDO MA FUORI DALL’AULA NOMI PESANTI, SCENARI DA INTRIGO INTERNAZIONALE, LOTTE DI POTERE IN CURIA - E IL FINALE E’ GIA’ SCRITTO: RATZINGA ZETA CONCEDERA’ LA GRAZIA - OLTRETEVERE LE RESE DEI CONTI SI SERVONO FREDDE E SI SPARA COL SILENZIATORE…
Giacomo Galeazzi per La Stampa
PAOLO GABRIELE IN AULA
Per chi si definisce un «infiltrato dello Spirito Santo» e si attribuisce la missione di proteggere il Papa, in fondo è una vittoria. Nessuno gli farà più ombra. Paolo Gabriele resta l'unico imputato in un processo-lampo. Restano sullo sfondo ma fuori dall'aula nomi pesanti, scenari da intrigo internazionale, lotte di potere in Curia. Del resto «Paoletto» ha già confessato.
PAPA E PAOLO GABRIELE
Ha agito da solo, ha detto nel corso dell'istruttoria, per creare uno choc salutare, per «aiutare il Papa», che vedeva circondato da «male e corruzione». Ora l'unico protagonista sarà lui: rischia una condanna fino a sei anni. Stralciato Claudio Sciarpelletti, l'informatico che sarà processato «a data da destinarsi», nell'aula vaticana il quadro invece di allargarsi si focalizza sempre più sulle responsabilità di «Paoletto»: i giudici hanno persino deciso di escludere dagli atti del processo l'articolo di «Die Welt» che ipotizzava il coinvolgimento in Vatileaks del cardinale Paolo Sardi, ex responsabile della stesura dei testi papali, del vescovo Joseph Clemens, ex segretario del cardinale Ratzinger, e di Ingrid Stampa, storica collaboratrice del Pontefice tedesco.
PAOLO GABRIELE SOSIA DI GALEAZZO CIANO
La decisione è stata presa su richiesta dell'avvocato del maggiordomo infedele, Cristiana Arrù. L'articolo era stato redatto dal vaticanista Paul Badde, considerato vicino al segretario del Papa, monsignor Georg Gaenswein, che sarà invece chiamato a deporre.
Resta fuori dall'aula giudiziaria anche Gianluigi Nuzzi (che su Twitter esorta a «non lasciare solo» l'ex maggiordomo) il giornalista al quale Gabriele ha consegnato le copie dei documenti riservati da lui sottratti dall'appartamento insieme ai valori: almeno un assegno di 100 mila euro (donato al Papa dal rettore di un'università cattolica spagnola), una pepita d'oro e una cinquecentina (una copia dell'Eneide di Annibal Caro, che vale alcune migliaia di euro).
Resta fuori dall'aula giudiziaria anche Gianluigi Nuzzi (che su Twitter esorta a «non lasciare solo» l'ex maggiordomo) il giornalista al quale Gabriele ha consegnato le copie dei documenti riservati da lui sottratti dall'appartamento insieme ai valori: almeno un assegno di 100 mila euro (donato al Papa dal rettore di un'università cattolica spagnola), una pepita d'oro e una cinquecentina (una copia dell'Eneide di Annibal Caro, che vale alcune migliaia di euro).
L'eventuale reato di ricettazione che potrebbe essere addebitato a Nuzzi sarebbe stato compiuto all'estero (cioè in Italia) e i giudici vaticani non sono competenti né le parti hanno pensato di convocarlo in qualità di testimone, accettando quindi passivamente l'improbabile versione fornita dall'imputato che ha dichiarato di averlo contattato attraverso il centralino della sua redazione a «La7».
PAOLO GABRIELE COPRE LE SPALLE DEL PAPA JPEG
E non saranno nemmeno acquisiti i verbali delle audizioni della commissione d'inchiesta cardinalizia voluta dal Papa, il cui lavoro ha approfondito anche i rapporti di Paolo Gabriele con il mondo dei media, in particolare con alcuni giornalisti con i quali il maggiordomo del Pontefice era assiduamente in contatto, vicini anche alla sua famiglia. Il risvolto mediatico di Vatileaks sembra dunque destinato a restare fuori dal processo, sebbene il caso sia nato in questo ambito.
Alla fine gli unici giornalisti che resteranno agli annali della Giustizia Vaticana saranno così i vaticanisti sorteggiati per assistere ad ogni udienza. Inoltre, con lo stralcio della posizione dell'informatico della Segreteria di Stato accusato di favoreggiamento, non deporrà nel processo a Gabriele nemmeno Carlo Maria Polvani, nipote del nunzio a Washington in rotta di collisione con il segretario di Stato Bertone .
PAPA E PAOLO GABRIELE
Non verranno acquisiti neppure i verbali delle testimonianze raccolte dalla commissione cardinalizia (Herranz, De Giorgi, Tomko)incaricata da Benedetto XVI di indagare sulla fuga di documenti. «E' una scelta "politica", ispirata ma non dettata dal codice di diritto canonico», ammettono in Curia.
La commissione è stata istituita secondo l'ordinamento canonico con l'incarico di riferire al Pontefice, per cui non ha rilevanza per l'ordinamento vaticano. «Abbiamo a disposizione quattro udienze e potrebbero bastare», spiegano i giudici. La difesa di Gabriele chiedeva una planimetria dello studio di don Georg. Negata anch'essa per motivi di sicurezza.
IL GIORNALE
I tempi di Dio non sono quelli degli uomini. Solitamente sono
molto più lunghi. Non così in Vaticano, dove i tempi della giustizia
sono di gran lunga più brevi di quelli di ogni altro paese.
Apertasi ufficialmente ieri nell’aula del tribunale vaticano la prima udienza del processo a Paolo Gabriele, ex maggiordomo del Papa, e Claudio Sciarpelletti, dipendente della segreteria di stato vaticana, accusati rispettivamente di furto aggravato di documenti riservati e favoreggiamento, i rispettivi processi – i giudici del tribunale hanno accolto la richiesta della difesa di Sciarpelletti di separare la posizione del loro assistito da quella di Gabriele – potrebbero chiudersi in tempi brevissimi, addirittura prima dell’apertura dell’anno che il Papa ha voluto dedicare alla fede e che avrà luogo con cerimonia solenne il prossimo 11 ottobre.
«Giornalisti non tacete il male ma non amplificatelo», ha detto ieri monsignor Angelo Becciu, numero due della segreteria di stato, alla Radio Vaticana che festeggiava il suo partrono san Gabriele. Parole che dicono che, in generale, la speranza d’oltre Tevere è che le notizie, non soltanto quelle relative a Gabriele, vengano trattate con la dovuta ponderazione e senza spettacolarizzarle. Quanto all’ex maggiordomo, il pensiero che maggiormente ricorreva fra presuli e prelati vaticani era: «Facciamo in fretta».
Il timore, infatti, è che il processo a Gabriele offuschi l’anno della fede sul quale, cadendo anche in concomitanza con i quarant’anni dall’apertura dl Concilio Vaticano II, Benedetto ha puntato molto. Non solo, fra pochi giorni i vescovi di tutto il mondo saranno a Roma per l’inizio del sinodo dei vescovi dedicato alla nuova evangelizzazione, un altro appuntamento capitale che senza la dovuta comunicazione all’esterno dei propri lavori rischia di rivelarsi un boomerang. Di qui ecco le parole del presidente del tribunale vaticano, Giuseppe Dalla Torre: «Abbiamo a disposizione quattro udienze la prossima settimana e potrebbero bastare».
Gabriele è arrivato ieri nell’aula del tribunale vaticano da solo, scortato dai gendarmi ma senza l’accompagnamento di alcun familiare, e con qualche minuto di anticipo sull’orario fissato per l’udienza, le nove e trenta. Ha assistito impassibile allo svolgersi della prima udienza durata circa due ore e un quarto. Completo grigio chiaro, cravatta grigio scuro, camicia bianca, Gabriele è sembrato essere un po’ teso, seppure ogni tanto gli sia scappato qualche sorriso. Ha ascoltato il dibattimento per la maggior parte del tempo seduto e a braccia conserte. Di tanto in tanto, in particolare durante la sospensione dell’udienza per la camera di consiglio, ha scambiato qualche commento con il suo avvocato, Cristiana Arru, che gli sedeva davanti nella piccola aula del tribunale, che tra testimoni, spettatori, membri della corte, cancellieri e legali ha contenuto circa una trentina di persone. E’ stata Arru a chiedere che il tribunale facesse in qualche modo proprie anche le conclusioni alle quali è arrivata la commissione d’inchiesta cardinalizia voluta dal Papa. La richiesta però è stata respinta: la commissione è costretta al segreto pontificio e può riferire solo a Benedeto XVI. Sarà poi il Papa, eventualmente, a prendere decisioni di governo laddove venissero verificate responsabilità interne diverse da quella dello stesso Gabriele.
Nelle prossime udienze sarà chiamato a parlare come testimone il segretario del Papa, monsignor Georg Gaenswein. Del resto non poteva che essere così. Fu lui, nel mese di giugno, a convocare nel suo studio tutti i familiari del Papa e a chiedere a Gabriele se c’entrasse qualcosa con la fuga di documenti dall’appartamento papale. Da quell’incontro, che molti osservatori hanno definito “drammatico”, ha avuto inizio l’iter che ha portato fino al processo di ieri, in sostanza la soluzione del giallo Vatileaks. Oltre a Gaenswein, è prevista anche la testimonianza di Cristina Cernetti, una delle quattro “memores domini” (laiche consacrate di Comunione e liberazione) che servono il Papa in appartamento, e poi sei gendarmi vaticani: Giuseppe Pesce, Costanzo Alessandrini, Luca Cintia, Stefano De Santis, Silvano Carli, Luca Bassetti. Sono invece previsti cinque testimoni al processo a carico di Sciarpelletti: lo stesso maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, monsignor Carlo Polvani, responsabile informazione della segreteria di Stato vaticana, il vicecomandante della Guardia svizzera William Kloter, il comandante della gendarmeria vaticana Domenico Giani e il gendarme Gianluca Gauzzi Broccoletti. La seconda udienza si terrà martedì prossimo alle nove e trenta del mattino: è in programma l’interrogatorio dello stesso ex-maggiordomo papale.
http://www.paolorodari.com/2012/09/30/giustizia-sia-in-una-settimana-lex-maggiordomo-del-papa-avra-la-sua-sentenza-definitiva-e-lanno-della-fede-potra-avere-inizio/
Apertasi ufficialmente ieri nell’aula del tribunale vaticano la prima udienza del processo a Paolo Gabriele, ex maggiordomo del Papa, e Claudio Sciarpelletti, dipendente della segreteria di stato vaticana, accusati rispettivamente di furto aggravato di documenti riservati e favoreggiamento, i rispettivi processi – i giudici del tribunale hanno accolto la richiesta della difesa di Sciarpelletti di separare la posizione del loro assistito da quella di Gabriele – potrebbero chiudersi in tempi brevissimi, addirittura prima dell’apertura dell’anno che il Papa ha voluto dedicare alla fede e che avrà luogo con cerimonia solenne il prossimo 11 ottobre.
«Giornalisti non tacete il male ma non amplificatelo», ha detto ieri monsignor Angelo Becciu, numero due della segreteria di stato, alla Radio Vaticana che festeggiava il suo partrono san Gabriele. Parole che dicono che, in generale, la speranza d’oltre Tevere è che le notizie, non soltanto quelle relative a Gabriele, vengano trattate con la dovuta ponderazione e senza spettacolarizzarle. Quanto all’ex maggiordomo, il pensiero che maggiormente ricorreva fra presuli e prelati vaticani era: «Facciamo in fretta».
Il timore, infatti, è che il processo a Gabriele offuschi l’anno della fede sul quale, cadendo anche in concomitanza con i quarant’anni dall’apertura dl Concilio Vaticano II, Benedetto ha puntato molto. Non solo, fra pochi giorni i vescovi di tutto il mondo saranno a Roma per l’inizio del sinodo dei vescovi dedicato alla nuova evangelizzazione, un altro appuntamento capitale che senza la dovuta comunicazione all’esterno dei propri lavori rischia di rivelarsi un boomerang. Di qui ecco le parole del presidente del tribunale vaticano, Giuseppe Dalla Torre: «Abbiamo a disposizione quattro udienze la prossima settimana e potrebbero bastare».
Gabriele è arrivato ieri nell’aula del tribunale vaticano da solo, scortato dai gendarmi ma senza l’accompagnamento di alcun familiare, e con qualche minuto di anticipo sull’orario fissato per l’udienza, le nove e trenta. Ha assistito impassibile allo svolgersi della prima udienza durata circa due ore e un quarto. Completo grigio chiaro, cravatta grigio scuro, camicia bianca, Gabriele è sembrato essere un po’ teso, seppure ogni tanto gli sia scappato qualche sorriso. Ha ascoltato il dibattimento per la maggior parte del tempo seduto e a braccia conserte. Di tanto in tanto, in particolare durante la sospensione dell’udienza per la camera di consiglio, ha scambiato qualche commento con il suo avvocato, Cristiana Arru, che gli sedeva davanti nella piccola aula del tribunale, che tra testimoni, spettatori, membri della corte, cancellieri e legali ha contenuto circa una trentina di persone. E’ stata Arru a chiedere che il tribunale facesse in qualche modo proprie anche le conclusioni alle quali è arrivata la commissione d’inchiesta cardinalizia voluta dal Papa. La richiesta però è stata respinta: la commissione è costretta al segreto pontificio e può riferire solo a Benedeto XVI. Sarà poi il Papa, eventualmente, a prendere decisioni di governo laddove venissero verificate responsabilità interne diverse da quella dello stesso Gabriele.
Nelle prossime udienze sarà chiamato a parlare come testimone il segretario del Papa, monsignor Georg Gaenswein. Del resto non poteva che essere così. Fu lui, nel mese di giugno, a convocare nel suo studio tutti i familiari del Papa e a chiedere a Gabriele se c’entrasse qualcosa con la fuga di documenti dall’appartamento papale. Da quell’incontro, che molti osservatori hanno definito “drammatico”, ha avuto inizio l’iter che ha portato fino al processo di ieri, in sostanza la soluzione del giallo Vatileaks. Oltre a Gaenswein, è prevista anche la testimonianza di Cristina Cernetti, una delle quattro “memores domini” (laiche consacrate di Comunione e liberazione) che servono il Papa in appartamento, e poi sei gendarmi vaticani: Giuseppe Pesce, Costanzo Alessandrini, Luca Cintia, Stefano De Santis, Silvano Carli, Luca Bassetti. Sono invece previsti cinque testimoni al processo a carico di Sciarpelletti: lo stesso maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, monsignor Carlo Polvani, responsabile informazione della segreteria di Stato vaticana, il vicecomandante della Guardia svizzera William Kloter, il comandante della gendarmeria vaticana Domenico Giani e il gendarme Gianluca Gauzzi Broccoletti. La seconda udienza si terrà martedì prossimo alle nove e trenta del mattino: è in programma l’interrogatorio dello stesso ex-maggiordomo papale.
http://www.paolorodari.com/2012/09/30/giustizia-sia-in-una-settimana-lex-maggiordomo-del-papa-avra-la-sua-sentenza-definitiva-e-lanno-della-fede-potra-avere-inizio/
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