CITTA' DEL VATICANO - Chissà se alle orecchie del Boss, come viene chiamato Bruce Springsteen, è già arrivata notizia che per la prima volta una università pontificia - la più antica e prestigiosa - ha dedicato una conferenza ai testi delle sue canzoni più famose.
Un brano tra tutti: «Jesus was an only son», le cui parole rispecchiano
la profonda ricerca di spiritualità. E così ieri sera, tra le
seicentesche mura della Gregoriana, l’ateneo retto dai Gesuiti, un
gruppo di studiosi e di musicisti ha proposto al pubblico che affollava
la nuova aula magna, un percorso di studi sulle radici spirituali
americane. Antonio Zirilli, un mucisista romano, è anche salito in
cattedra armato di chitarra per suonare alcuni brani del cantastorie
statunitense, mentre sulla lavagna luminosa scorrevano le parole
tradotte in italiano.
«Mentre saliva il Golgota/Maria Sua madre gli camminava al fianco/lungo
la strada che si tingeva del Suo sangue/ Gesù baciò le mani di Sua
madre/e sussurrò: Madre, ferma le tue lacrime». Tratta dall’album
«Devils&Dust». L’idea di organizzare una conferenza su Springsteen è
venuta a padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica,
antesignano della cyberteologia, all’associazione culturale Bombacarta, a
padre Sandro Barlone, direttore del Centro Fede e cultura e Alberto
Hurtado.
Titolo dell’incontro: «I believe in a Promised land - Le radici bibliche
del rock di Bruce Springsteen», primo di una serie che proseguirà
durante tutto l’anno accademico nell’ambito dei «Mercoledì della
Gregoriana, Le sfide alla fede, le sfide della fede, alla scoperta delle
risonanze bibliche nella musica del Boss». Gli organizzatori hanno
spiegato che si è trattato di una scommessa nata dal desiderio di
coinvolgere linguaggi diversi in un confronto creativo.
Negli anni passati sulla Civiltà Cattolica era uscito un dotto saggio
sulla musica del musicista statunitense nella quale veniva fatto notare
che dopo i drammatici eventi dell’11 settembre 2001 (ai quali seguì
l’uscita di un album, The Rising) la ricerca musicale di Springsteen si
era mescolata con interrogativi di fede. E nonostante la presenza di
«alcune espressioni incompatibili con la speranza cristiana» e «qualche
cedimento giovanile», scriveva padre Spadaro, l’artista aveva tratto
ispirazione da figure, termini e simboli biblici, fino ad arrivare a
comporre una invocazione a Dio.
«Per collocare nella giusta prospettiva il rock di Springsteen - ha
spiegato Monda - si dovrebbe evocare la teologia di Karl Rahner, che
parlava della notte inquietante che è la sola vera patria dell’uomo, una
notte che il Boss attraversa camminando come un uomo, chitarra in mano
verso la lucente oscurità di Dio». Una ricerca fatta tra musica e
parole, narrando storie che oppongono il buio alla luce, la dannazione e
la redenzione, la morte e la resurrezione.
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