Note di una sola melodia
Martini,
Wojtyła e Ratzinger: tre verbi una Chiesa
Guerra
e pace. Per decenni il rapporto tra Karol Wojtyła e Carlo Maria Martini è stato
descritto in modo conflittuale. L’uomo scelto nel 1979 dal grande Papa polacco
per guidare la più grande diocesi europea venne dipinto, negli oltre venti anni
del suo episcopato sulla cattedra di Ambrogio e Carlo, come il primo rivale del
Successore di Pietro.
Più
delle ricostruzioni fantasiose di alcuni, a parlare sono le parole scritte dai
due protagonisti di una guerra che non ha mai avuto né inizio e né ovviamente
fine.
Nel suo penultimo libro dal titolo "Alzatevi, andiamo!",
Giovanni Paolo II parla del vescovo come «seminatore» e «servitore della
Parola» e scrive: «Compito del vescovo, infatti, è di farsi servitore della
Parola. Proprio come maestro egli siede sulla cattedra, quel seggio posto
emblematicamente nella chiesa detta "cattedrale". Egli vi siede per
predicare, per annunciare e per spiegare la parola di Dio».
Il
Papa polacco aggiunge che ci sono, inoltre, diversi collaboratori del vescovo nell’annuncio
della Parola: i sacerdoti, i diaconi, i catechisti, i maestri, i professori di
teologia e un numero sempre maggiore di laici colti e fedeli al Vangelo. Ma
prosegue: «Tuttavia nessuno può sostituire la presenza del vescovo che si siede
sulla cattedra o che si presenta all’ambone della sua chiesa vescovile e
personalmente spiega la parola di Dio a coloro che ha radunato attorno a sé.
Anch’egli, come lo scriba divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un
padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche. Mi piace
qui menzionare - prosegue il Papa polacco - il cardinale Carlo Maria Martini,
Arcivescovo emerito di Milano, le cui catechesi nella cattedrale della sua
città attiravano moltitudini di persone, alle quali egli svelava il tesoro
della parola di Dio. Il suo non è che uno dei numerosi esempi che provano come
sia grande nella gente la fame della parola di Dio. Quanto è importante che
questa fame venga saziata! Sempre mi ha accompagnato - conclude Giovanni Paolo
II - la convinzione che se voglio saziare negli altri questa fame interiore,
occorre che, sull’esempio di Maria, ascolti io per primo la parola di Dio e la
mediti nel mio cuore».
È
lo stesso cardinale Martini, in un suo scritto, a riprendere questo testo del
Papa polacco che lo riguarda. E lo spiega così: «Ho citato questa pagina perché
mi ricorda momenti bellissimi vissuti nella cattedrale di Milano, in
particolare con migliaia e migliaia di giovani in ascolto silenzioso della
parola di Dio. E l’ho citata anche per rendere omaggio alla memoria di Giovanni
Paolo II, che gentilmente ha voluto fare menzione di me in questo suo penultimo
libro. Ma con ciò intendo pure affermare - scrive ancora il cardinale Martini -
che la possibilità che noi abbiamo oggi di saziare abbondantemente la fame
della parola di Dio di tanta gente è anche frutto e merito del documento del
Concilio "Dei Verbum"».
Due
scritti, quello del Papa e quello del cardinale, che riletti oggi con uno
sguardo sinottico testimoniano la grande stima e la proficua collaborazione tra
due grandi protagonisti del passaggio della Chiesa di Roma dal secondo al terzo
millennio cristiano. Accanto a loro, il terzo vegliardo di questo momento
storico fondamentale per la realtà ecclesiale è senza dubbio il cardinale Joseph
Ratzinger, divenuto, il 19 aprile 2005, Benedetto XVI. Nessuna fazione formata
dal Papa tedesco e dal suo predecessore polacco si è mai posta contro il
cardinale Martini, né il porporato e insigne biblista, nel suo episcopato
ambrosiano, si è mai presentato di fatto come un antipapa. Il pulpito di
Ambrogio e Carlo, sotto il governo milanese di Martini, non è mai stato opposto
a quello più elevato di Pietro a Roma. Eppure c’è ancora oggi chi ama dipingere
il famoso biblista come l’ingrato rivale di Giovanni Paolo II o l’oppositore in
conclave e poi fuori di Benedetto XVI. Chi afferma ancora tali fantasie
totalmente smentite dai fatti e dagli scritti dei protagonisti non rende di
certo un servizio alla verità e nemmeno a Martini, a Wojtyła e a Ratzinger.
Francesco Grana
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