Inizierà lunedì il processo a Claudio Sciarpelletti, il tecnico informatico della Segreteria di Stato accusato di favoreggiamento nei confronti dell'ex assistente di camera del Papa Paolo Gabriele. La posizione di Sciarpelletti è stata stralciata rispetto a quella di Gabriele, quest'ultimo, nell'ambito delle indagini sullo scandalo per la fuga di documenti riservati, è stato nel frattempo condannato dopo il processo tenutosi all'inizio di ottobre, a un anno e 6 mesi di reclusione per furto aggravato. Una parte della pena è già stata scontata agli arresti domiciliari.
l fatto di cui è stato riconosciuto colpevole Gabriele, è il furto di documenti riservati e segreti dall'appartamento del Pontefice. Documenti che poi sono finiti nel libro del giornalista Gianluigi Nuzzi dal titolo `Sua Santità´, svelando diversi retroscena relativi alle vicende interne del Vaticano. Tuttavia, la sentenza, pur facendo presente che il trafugamento delle carte aveva implicazioni gravi per la Santa Sede, ha avuto per oggetto solo il reato di furto e non altre fattispecie come per esempio l'attentato alla sicurezza dello Stato o al Papa. Intanto, però, al processo che si svolgerà a partire da lunedì, verranno ascoltati diversi testimoni chiamati dalla difesa. Fra questi lo stesso Paolo Gabriele, poi monsignor Carlo Maria Polvani, responsabile dell'ufficio Informazione della Segreteria di Stato, l'ufficiale delle Guardie Svizzere William Kloter, il comandante della Gendarmeria Domenico Giani e il gendarme Gianluca Gauzzi Broccoletti. Il processo si annuncia in questo caso, secondo quanto hanno fatto sapere fonti vaticane, «particolarmente breve».La vicenda Sciarpelletti si innesta comunque su quella di Gabriele, il tecnico è stato chiamato in causa in base all'ipotesi che abbia fatto da tramite fra qualche altro esponente vaticano e lo stesso ex maggiordomo del Papa nel passaggio di carte riservate. Fra le questioni rimaste aperte dopo il processo Gabriele, invece, c'è quella dell'eventuale concessione della grazia da parte del Papa. Una nota della Segreteria di Stato dello scorso 25 ottobre, spiegava in proposito: «In rapporto alla misura detentiva rimane l'eventualità della concessione della grazia, che, come ricordato più volte, è un atto sovrano del Santo Padre. Essa tuttavia presuppone ragionevolmente il ravvedimento del reo e la sincera richiesta di perdono al Sommo Pontefice e a quanti sono stati ingiustamente offesi». Quindi si precisava: «se rapportata al danno causato la pena applicata appare al tempo stesso mite ed equa, e ciò a motivo della peculiarità dell'ordinamento giuridico dal quale promana». Insomma, è probabile che lo stesso Gabriele, che per ora sta scontando la pena all'interno di una cella della Gendarmeria vaticana, dovrà formulare un'ulteriore richiesta di perdono rivolta al Papa e anche alle altre autorità vaticane toccate dalla vicenda. Ancora va ricordato che, sia la sentenza che la nota della Segreteria di Stato, puntualizzavano un altro fatto di rilievo: e cioè che non erano stati trovati altri complici di Gabriele nel corso delle indagini, la qual cosa dovrebbe di fatto favorire la posizione di Sciarpelleti. Non c'è stato, ha assicurato il Vaticano, nessun complotto, piuttosto l'azione criminosa di un singolo per quanto animato da intenzioni anche positive, cioè dall'idea di salvare la Chiesa da una crisi gravissima e di informare il Papa che, secondo l'ex maggiordomo, non era sufficientemente messo al corrente di quanto avveniva intorno a lui.
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