Sotto sotto mi sei sempre piaciuto,
Fratelenzo, per vari motivi. Il primo è che ho sempre sperato che il tuo
rispetto per la castità fosse pari al tuo rispetto per l’eremo: basso. Ma temo non sia così. Mi contento di abbracciarti di un erotico amore platonico, di quello affine a certe esegesi spinte del Cantico di cantici
che ti piacciono tanto. Mi piace la tua pinguedine che da un senso di
protezione diffuso; mi piace il tuo sguardo glaciale che maschera di
virile indifferenza le tue ribellioni sommerse, mi piace seguire i
sentieri della tua fronte rugosa che esprimono le crepe profonde che vai
infliggendo a questa inutile Chiesa romana.
Mi piace la tua barba
naturale e ricercatissima assieme. Ma un uomo non si giudica solo
dall’aspetto. E infatti io ti giudico soprattutto per il vigore del tuo
pensiero: far breccia nei cuori dei teologi vaticani, avendo sì e no un
titolo da economista in tasca – davvero eroico, oltre che erotico,
monacone mio! E ogni volta i tuoi messaggi sono per me vento di stupore
nuovo. Come hai scritto qualche giorno fa, per l’ a-cattolica Stampa
(testata che preferisco alle moine permalose dell’Avvenire o alle
rubriche di femminismo melenso dell’Osservatore Romano), in difesa della
libertà dei monaci tibetani. E’ un argomento che ti sta a cuore: il
Dalai Lama, i monaci. Sui monaci, ti capisco, sono come te: falsi monaci
di una falsa religione, non riconosciuti dall’autorità cattolica, e poi
sono – ancora una volta proprio come te – degli indipendentisti, che
lottano contro il controllo oscurantista del regime (cinese o cattolico:
che importa?). Insomma, io e te sappiamo che questi in verità sono i
monaci per essenza; quelli che non si ingabbiano dietro norme eteronome o
potentati di questo mondo, quelli che offrono la loro vita come incenso
all’idea di Dio (i tibetani non puntano direttamente a Dio, al deforme
Dio occidentale, onto-teologico feticcio heideggeriano), sì all’idea di
Dio (noi moderni sappiamo che Dio è inarrvabile, se non attraverso
l’idea di Lui che ci facciamo e che custodiamo in noi stessi); monaci
autentici perché fedeli alla purità della propria coscienza interiore, e
la coscienza è il vero Dio accessibile ad ognuno di noi – contro le
idolatrie del tradizionalismo e del cattolicesimo storico in generale.
Non basta. E’ incantevole e fascinosa anche la tua devozione al Dalai
Lama. In questi giorni tutti impazziscono per il papa: scrive libri stucchevoli per il popolino, si mette in tweetter a cazzeggiare, fa sparate sui gay e si allea con parlamentari negri neo-nazisti,
Mentre apologeti idioti perdono tempo ed energie a difendere
l’inddifendibile, tu, amato mio Fratelenzo, ti dedichi a cose più serie:
al Dalai Lama. Lui, il perseguitato, che gira il mondo dimentico da
tutti, che invano si appella ai consensi occidentali in difesa della
crudeltà dei cinesi (crudeli nonostante 50 anni di comunismo:
incredibile!). E lo fai, come sempre, con classe e audacia. Difendi il
giusto. Travalichi la legge farisaica della Chiesa idolatra cattolica. E inviti al suicidio, sì, finalmente! Bruciarsi vivi è bello.
Era bello quando gli eretici potevano testimoniare col fuoco la propria
libertà di coscienza! E oggi, che la effeminata Catholica non ci vuole
bruciare più, oggi che solo i comunisti ce ne danno occasione, guardiamo
con devozione al fuoco santo dei veri e autentici monaci tibetani, un
po’ hippy e un po’ eretici: quindi i santi del nuovo millennio! Bruciamo
con loro. Esultiamo. Fratelenzo t’amo.
T’amo pio bove e mite in cuor una
speranza accendi: quand’è che tu pure t’accenderai di vivo fuoco,
materiale e fisico, e lascerai le tue ceneri a monito della cattolica
infame? Brucia, brucia per noi, per me, Fratelenzo, che alla tua pira
porterò le lacrime mie copiose, e un mozzicone si sigaretta torchiata
dal rossetto satiricale. Brucia di un fuoco fenomenale, fatto non degli
sterpi di boschi sacri indiani, ma dei tuoi tomi commerciali, lucrosi e
banali.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.