Si avvicina la grazia per Gabriele. Ma Herranz, Tomko e De Giorgi hanno continuato il loro lavoro. A tutto campo
Benedetto XVI ha ricevuto in udienza gli «Em.mi Cardinali: Julian Herranz, Jozef Tomko, e Salvatore De Giorgi». Una scarna riga nel bollettino della Sala Stampa della Sede, un’udienza infilata tra quelle con gli atleti azzurri di Londra 2012 e il leader palestinese Abu Mazen. Che significato ha questo incontro con i tre porporati della commissione istituita lo scorso aprile, incaricata di svolgere un’approfondita indagine interna sulla fuga dei documenti?
Com’è noto, i tre cardinali avevano già consegnato lo scorso luglio un loro primo rapporto al Pontefice, un testo contenente l’esito delle tante audizioni tenute in gran segreto, dalle quali emergevano non soltanto le responsabilità dell’ex aiutante di camera Paolo Gabriele – reo confesso e ora definitivamente condannato per aver sottratto e diffuso le carte riservate – ma anche il clima nel quale vatileaks si è verificato.Non è escluso che durante l’incontro si sia parlato della grazia per Paolo Gabriele, che secondo alcune fonti potrebbe essere concessa per Natale, permettendo all’ex maggiordomo attualmente incarcerato in una cella della Gendarmeria vaticana, di trascorrere le feste con la sua famiglia. Provvedimento che il Papa aveva voluto far sapere non essere affatto scontato o automatico, in assenza di una piena consapevolezza da parte dell’interessato della gravità di ciò che ha commesso. Nelle motivazioni della sentenza si specificava che l’azione dell’ex aiutante di camera era stata «lesiva nell’ordinamento vaticano della persona del Pontefice, dei diritti della Santa Sede, di tutta la Chiesa cattolica e dello Stato della Città del Vaticano». Ma al tempo stesso i giudici avevano ritenuto di credere alla sua buona fede quando ha affermato di aver agito per «giovare» non per danneggiare la Chiesa. Una conclusione che sembra condivisa anche dai tre cardinali.
Nell’agenda dell’udienza con il Pontefice avvenuta oggi ci sarebbe stato però anche dell’altro. I tre cardinali hanno infatti continuato a svolgere il loro lavoro, hanno proseguito con le loro audizioni anche dopo l’estate. Vatileaks non si sarebbe dunque chiuso con il processo a Gabriele e al tecnico informatico Claudio Sciarpelletti, che riprenderà servizio in Segreteria di Stato ma sarà trasferito all’ufficio statistica.
Soprattutto non si può considerare chiuso lo squarcio sulla realtà interna vaticana che i documenti pubblicati hanno aperto. La commissione cardinalizia ha lavorato sodo, con determinazione, spiegando che mentre il Tribunale vaticano si è occupato del cosiddetto «foro esterno», cioè delle conseguenze pubbliche di vatileaks, la giurisdizione dei tre cardinali nominati dal Papa, ha riguardato di più l’aspetto del «foro interno», anche se non dal punto di vista sacramentale. Sotto la lente d’ingrandimento dei tre porporati non è dunque finito solo il trafugamento delle carte dalla segreteria papale, ma sono finiti anche i rapporti interni alla Curia romana, le tensioni esistenti, il ruolo dei personaggi citati nei documenti pubblicati.
Dopo l’esplodere dello scandalo vatileaks, Benedetto XVI ha riconfermato la fiducia nei suoi collaboratori. Al tempo stesso, ha preso decisioni precise, che indicano un rinnovato protagonismo: ha indetto un secondo concistoro per correggere la linea troppo italiana e troppo curiale di quello tenuto nel febbraio scorso. Ha concesso la porpora al Prefetto della Casa Pontificia James Harvey.Ha nominato al suo posto – con la dignità arcivescovile – il suo segretario privato Georg Gänswein, rafforzandolo nel ruolo di interfaccia tra il Papa e l’esterno. E le sorprese potrebbero non essere finite.
ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
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