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lunedì 3 dicembre 2012

Lites infidelium novae evangelizatonis?


«La Rete non è di hikikomori». Gesuiti contro Osservatore Romano

Titolo: «Se l'Osservatore Romano dice che diventeremo tutti hikikomori». Svolgimento: e allora come la mettiamo, pure Benedetto XVI, che ha promosso la presenza della Chiesa in Rete e si prepara a debuttare su Twitter — stamattina l'annuncio —, potrebbe diventarne vittima o promuovere la sindrome giapponese di chi si isola dal mondo, un «hikikomori» alienato dalla realtà? La domanda, ironica, trapela dall'articolo che il padre gesuita Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica nonché studioso della Rete, ha scritto sul suo blog cyberteologia.it (e rilanciato su Twitter) per replicare ad una critica apparsa sull'Osservatore. Il direttore della storica rivista dei gesuiti non la manda a dire al quotidiano della Santa Sede e all'autore, Christian Martini Grimaldi: 
«È un articolo che sembra smentire l'intelligenza e la sapienza del magistero pontificio
sulle comunicazioni di Benedetto XVI — proprio alla vigilia della sua presenza su Twitter! — con
la semplice e inutile riproposizione di alcuni stereotipi».
Il dibattito, anche nella Chiesa, è aperto. L'articolo dell'Osservatore criticava a sua volta un pezzo
che il direttore di Civiltà Cattolica aveva scritto su Avvenire: «Finché si manterrà il dualismo tra la
vita off line e la vita on line — considerando banalmente la prima come la vita "vera" e la seconda
come la vita irrimediabilmente "finta" — si moltiplicheranno le alienazioni», scriveva padre
Spadaro. L'Osservatore, per contro, ha ricordato la «piaga» della sindrome da hikikomori in
Giappone: «L'isolamento è solo fisico, in realtà questi ragazzi spendono gran parte del loro tempo
in Rete», in una «bolla priva di realismo fisico».
Questo è il punto, il direttore della Civiltà cattolica non ci sta: «La vita è una sola, sia che viva
nell'ambiente fisico o in quello digitale» e «la rete non è una realtà parallela», quindi «non ci
determina» ma invece «può essere abitata». Come, dipende dalla responsabilità di ciascuno, la
«saggezza» chiesta dal Papa. Con buona pace, scrive, del «pessimismo capace solo di creare
ulteriori schizofrenie» o «un elogio dei bei tempi andati».
Benedetto XVI, a dispetto dei suoi 85 anni, ha dato grande impulso alla presenza della Chiesa in
Rete. Come San Paolo nell'agorà, non bisogna averne timore. Su Twitter ci sono da tempo il portale
vaticano, lo stesso Consiglio per le comunicazioni sociali che ha preparato il «profilo» del Papa,
una quantità di cardinali e vescovi. Il pontefice ha affidato «in particolare» ai giovani «il compito di
evangelizzare questo continente digitale». Seppure invitando a usare «con saggezza» la Rete contro
il rischio di «confondere il mondo reale con quello virtuale».
Dall'Osservatore non replicano, salvo ricordare che si parlava del «rischio», citato dallo stesso Papa.
Del resto il quotidiano ha dedicato grande spazio al debutto di Benedetto XVI su Twitter e anche il
direttore Giovanni Maria Vian presenterà oggi l'iniziativa: il Papa non «twitterà» di persona —
Ratzinger non usa computer e scrive a mano: con una matita —, l'idea piuttosto è di diffondere, con
il suo nulla osta, pensieri tratti dagli interventi più importanti. In ballo c'è la «Twittness»,
neologismo da «twitter witness», scrive padre Spadaro nell'ebook «Twitter Theology» che esce
oggi: la testimonianza della fede attraverso Twitter.
Gian Guido Vecchidi Gian Guido Vecchi
in “Corriere della Sera” del 3 dicembre 2012

 

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