“Ecce Bombo”, aspirante ministro degli esteri
Indovinello.
Chi è quel tizio che “dopo essere stato a lungo tempo candidato
praticamente a quasi tutte le cariche disponibili in Italia, dal
papato al Quirinale”, all’improvviso si è tirato indietro e ora
è un “non candidato” ma di gran lusso?
Troppo
difficile? E allora rifacciamo la domanda. Chi è quel tizio che
“dopo aver contribuito a convincere Mario Monti a scendere in campo
e a rifiutare il ruolo di grande riserva della repubblica, e dopo
aver promesso più volte di essere disposto a spendersi in prima
persona, e a metterci la faccia, per tentare di realizzare il sogno
di un grande centro, si è improvvisamente e misteriosamente
smaterializzato, puf”?
La
prosa è del notista politico Claudio Cerasa, in un’esauriente e
godibilissima rassegna dell’élite dei “non candidati” alle
prossime elezioni politiche, su “Il
Foglio”
di sabato 19 gennaio.
A
questo punto è chiaro che la soluzione dell’indovinello è Andrea
Riccardi, il fondatore di Sant’Egidio, forse il più morettiano tra
i “candidati non candidati” di questa campagna elettorale. Il
Nanni Moretti di “Ecce Bombo” che filosofava: “Che dici: vengo?
Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo
per niente? Vengo. Vengo e mi metto, così, vicino a una finestra, di
profilo, in controluce. Voi mi fate: dai, vieni di là con noi. E io:
andate, andate, vi raggiungo dopo. Vengo, ci vediamo là. No, non
vengo”.
Insomma,
“dopo lunghe, drammatiche e sofferte valutazioni”, scrive Cerasa,
Riccardi è uno di “quei candidati ombra che hanno infine deciso
che li si nota molto di più non se vengono e se ne stanno in
disparte, ma più semplicemente se in parlamento non ci vengono per
niente”.
Tanto,
in prima linea, come capolista a Roma alla camera, Riccardi ha
spedito il fido Mario Marazziti, suo obbedientissimo doppio da una
vita. Per sé, Riccardi ha in mente dell’altro e di più. Ambisce
ad avere in dote quello che non riuscì ad ottenere nell’autunno
del 2011, quando non il cardinale Tarcisio Bertone, non il cardinale
Angelo Bagnasco, ma il presidente Giorgio Napolitano lo impose come
ministro di un ministero confezionatogli “ad personam”, quello
della cooperazione internazionale.
Quel
mini-ministero Riccardi lo accettò obtorto collo, come un modesto
premio di consolazione. Perché era agli esteri che lui puntava,
dicendolo a destra e a manca.
Ed
è agli esteri che adesso vuole finalmente arrivare. E ha calcolato
che la chiamata potrà meglio venirgli se si terrà pronto non in
parlamento, ma nel più nobile Olimpo degli ottimati.
Peccato
che, come aspirante ministro degli esteri, Riccardi ha dato di sé
una prova, a fine novembre al Cairo, che se Napolitano e Monti ne
prendessero nota lo licenzierebbero sui due piedi, invece di
promuoverlo a stratega della geopolitica del nuovo millennio.
Col
suo strampalato discorso al Cairo, Riccardi voleva assurgere a nuovo
Obama. È rimasto a Nanni Moretti.
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