Lo scempio delle chiese di Napoli: duecento chiuse e abbandonate
Viaggio choc tra gioielli dell'arte dimenticati, depredati, in rovina, a volte addirittura pericolosi. Molte sono diventate negozi, officine o abitazioni. Altre addirittura discariche - di Amalia De Simone
«So tutt vacant (vuote ndr)... nun c'è rimasto
Lo scempio delle chiese di Napoli: duecento chiuse e abbandonate
Viaggio choc tra gioielli dell'arte dimenticati, depredati, in rovina, a volte addirittura pericolosi. Molte sono diventate negozi, officine o abitazioni. Altre addirittura discariche
«So tutt vacant (vuote ndr)... nun c'è rimasto niente. Qua a Napoli nelle chiese hanno fatto stragi». Parola di esperto. E l'esperto, in questo caso è un ex ricettatore di opere d'arte che ha lasciato il carcere da un paio di mesi e che ha promesso di cambiare strada. «Nelle chiese napoletane non c'è più niente perché sono abbandonate ed è stato facile prendersi tutto. Ce ne stanno tantissime chiuse», assicura.
GIOIELLI ABBANDONATI - Duecento chiese chiuse, sprecate. Gioielli spesso abbandonati, dimenticati, depredati, in rovina, a volte addirittura pericolosi. Monumenti al degrado e allo spreco visto che per anni, per il recupero di alcuni di loro, sono stati stanziati milioni di euro. Soldi spesso risultati mai spesi. O castelli di ferro, impalcature ormai definitive il cui affitto non è certo gratuito. Senza contare restauri in corso da oltre 30 anni che non hanno mai consentito l'apertura al pubblico delle chiese, come nel caso di Sant'Agostino alla Zecca o della chiesa di Sant'Aniello a Caponapoli, ristrutturata per decine di anni, inaugurata l'anno scorso ma perennemente chiusa.
Accade a Napoli, nel centro storico, area patrimonio dell'Unesco, cioè patrimonio dell'Umanità. Attraversando i decumani ogni cento metri ci si imbatte in una chiesa e nella metà dei casi di tratta di strutture antiche, ricche e inaccessibili. «Ne trovi anche una difronte all'altra, come nel caso Di San Giovanni Battista delle Monache e di Santa Maria delle Grazie», spiega Antonio Pariante presidente del comitato civico di Santa Maria di Portosalvo e appassionato conoscitore del centro antico napoletano.
LUCCHETTI E CANCELLATE DIVELTE- Portoni barricati, altri sfondati e accostati, chiusi con lucchetti, con cancellate divelte come nel caso della piccola chiesa Santa Maria dei poveri di Gesù Cristo, dove ha svolto la sua opera il Pergolesi o la chiesa dei Crociferi nel quartiere Sanità. Lucchetti ovunque. Lucchetti che cambiano spesso, cosa che significa che qualcuno quei portoni li apre, forse per prendere e forse anche per nascondere. E così a volte alcune chiese diventano caveau di stupefacenti, di armi o semplicemente deposito di oggetti falsi o rubati. Senza contare chiese disastrate come Sant'Antonio alla Vicaria, riempita di rifiuti, accessibile da cunicoli scavati da chissà chi. Chiese maestose abbandonate come S. Maria Vertecoeli: da una serratura abbiamo ripreso l'altare in marmo spoglio e semidistrutto, visitato solo dagli uccelli che entrano dal tetto che appare semisfondato; in alto una povera cornice domina la navata dalla quale manca il relativo affresco e che ora mostra solo uno scheletro di assi di legno fradice.
Accade a Napoli, nel centro storico, area patrimonio dell'Unesco, cioè patrimonio dell'Umanità. Attraversando i decumani ogni cento metri ci si imbatte in una chiesa e nella metà dei casi di tratta di strutture antiche, ricche e inaccessibili. «Ne trovi anche una difronte all'altra, come nel caso Di San Giovanni Battista delle Monache e di Santa Maria delle Grazie», spiega Antonio Pariante presidente del comitato civico di Santa Maria di Portosalvo e appassionato conoscitore del centro antico napoletano.
LUCCHETTI E CANCELLATE DIVELTE- Portoni barricati, altri sfondati e accostati, chiusi con lucchetti, con cancellate divelte come nel caso della piccola chiesa Santa Maria dei poveri di Gesù Cristo, dove ha svolto la sua opera il Pergolesi o la chiesa dei Crociferi nel quartiere Sanità. Lucchetti ovunque. Lucchetti che cambiano spesso, cosa che significa che qualcuno quei portoni li apre, forse per prendere e forse anche per nascondere. E così a volte alcune chiese diventano caveau di stupefacenti, di armi o semplicemente deposito di oggetti falsi o rubati. Senza contare chiese disastrate come Sant'Antonio alla Vicaria, riempita di rifiuti, accessibile da cunicoli scavati da chissà chi. Chiese maestose abbandonate come S. Maria Vertecoeli: da una serratura abbiamo ripreso l'altare in marmo spoglio e semidistrutto, visitato solo dagli uccelli che entrano dal tetto che appare semisfondato; in alto una povera cornice domina la navata dalla quale manca il relativo affresco e che ora mostra solo uno scheletro di assi di legno fradice.
IL TRAFFICO DELLE OPERE - Candelabri, affreschi, statue, madonne e bambinelli e perfino vasche di marmo: l'esperto ex ricettatore ci spiega che fino a qualche anno fa si facevano milioni con il traffico di queste opere. «Erano prevalentemente furti su commissione: ci dicevano vai in questa chiesa e prendimi quel candelabro o quella statuetta». E aggiunge: «A volte fornivano anche le foto. Tutta questa roba viene portata a Roma o a Parma (dove ci sono importanti mercati antiquari ndr) nascosti in camion che trasportano altra merce. Comunque spesso sono i preti che si vendono le opere. Le vendono e poi vanno a denunciarne il furto. E' capitato per esempio con un dipinto importante in una chiesa di Salvator Rosa, circa una decina di anni fa. Il ricettatore al momento dell'arresto parlò del prete ma non so se gli abbiano mai creduto. A Napoli ci sono anche dei bravi falsari che copiano le opere e poi al momento del furto le sostituiscono».
NELL'INCURIA - I carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio culturale hanno gli occhi ben aperti ma riescono ad indagare in caso di denunce o rifacendosi ad un database di opere che risultano rubate. Infatti poche settimane fa hanno recuperato ben 95 opere trafugate prevalentemente in chiese tra cui un dipinto di Mattia Preti sottratto da una parrocchia di Torre Annunziata. Ma per le opere presenti nelle troppe chiese lasciate all'incuria? Stando ad una sorta di censimento pubblicato sul sito della Chiesa di Napoli le chiese abbandonate, disastrate, irriconoscibili sono tantissime e perciò tutte possibili prede. Possibile che nonostante l'attenzione dell'Unesco la Chiesa, la Regione e altri enti non siano mai riusciti a recuperarle? Il caso della chiesa della Scorziata è emblematico e ci dà una possibile chiave di lettura della situazione relativa alle attività di restauro e tutela dei beni.
La Scorziata è una struttura, una volta bellissima e poi diventata un pugno nello stomaco per i napoletani e i turisti che nelle feste hanno visitato San Gregorio Armeno: un edificio cadente diventato quasi una discarica con in cima una croce trafitta da un'antenna. L'anno scorso fu incendiata, ma in realtà le fiamme hanno distrutto ben poco perché poco restava da distruggere. Su questa chiesa arrivano le prime conferme di sprechi vergognosi e maldestra amministrazione: «Spesso capita che vengano stanziati fondi e che poi gli enti che dovrebbero gestirli non li spendano. Ero da poco arrivato a Napoli - rivela il soprintendente al polo museale Fabrizio Vona – e cercai carte e documenti relativi a questa antica chiesa. Purtroppo constatai che per il recupero della struttura erano stati stanziati parecchi soldi e per ben tre volte: un primo finanziamento risale agli anni ottanta, dopo il terremoto, non speso, un secondo finanziamento non speso negli anni novanta, un terzo finanziamento non speso nel 2003-2004. Credo che queste siano circostanze molto gravi».
La Scorziata è una struttura, una volta bellissima e poi diventata un pugno nello stomaco per i napoletani e i turisti che nelle feste hanno visitato San Gregorio Armeno: un edificio cadente diventato quasi una discarica con in cima una croce trafitta da un'antenna. L'anno scorso fu incendiata, ma in realtà le fiamme hanno distrutto ben poco perché poco restava da distruggere. Su questa chiesa arrivano le prime conferme di sprechi vergognosi e maldestra amministrazione: «Spesso capita che vengano stanziati fondi e che poi gli enti che dovrebbero gestirli non li spendano. Ero da poco arrivato a Napoli - rivela il soprintendente al polo museale Fabrizio Vona – e cercai carte e documenti relativi a questa antica chiesa. Purtroppo constatai che per il recupero della struttura erano stati stanziati parecchi soldi e per ben tre volte: un primo finanziamento risale agli anni ottanta, dopo il terremoto, non speso, un secondo finanziamento non speso negli anni novanta, un terzo finanziamento non speso nel 2003-2004. Credo che queste siano circostanze molto gravi».
CASTELLI DI FERRO - A proposito di terremoto, questo evento che ha determinato un vero e proprio choc nell'economia campana ha generato anche un'altra particolarità: molte chiese napoletane sono tappezzata da castelli di ferro: «Ci sono strutture in affitto che da trent'anni avvolgono le chiese e che sarebbero provvisorie. Chi paga per tenere queste strutture?», si chiede Antonio Pariante. Tra i tanti castelli di ferro merita di essere menzionato quello che si trova tra due chiese nel rione Forcella. La preziosa chiesa di Santa Maria in Piazza viene sorretta, attraverso un ponte, da un'altra chiesa. «Sono strutture che dovrebbero essere provvisorie - dice Pietro Contemi, consigliere della IV municipalità – sto cercando documenti relative a questa vergogna e non ne trovo in nessun ufficio. Non si capisce chi abbia autorizzato e consentito tutto questo».
COSA FARE - Per salvare alcune chiese non ancora disastrate basterebbe riaprirle e affidarle ad associazioni perché le valorizzino ma l'operazione avviata dalla Curia di Napoli da qualche anno, con il comodato d'uso di alcune strutture, finora di fatto, non è mai decollata. Lo scrittore e commediografo Mario Gelardi spiega che quando la Curia comunicò l'iniziativa, molte associazioni culturali provarono ad informarsi per aderire. «Purtroppo non fu possibile partecipare perché si trattava di progetti impossibili per chi effettivamente aveva bisogno di quegli spazi per fare cultura: in cambio chi otteneva il comodato d'uso, avrebbe dovuto spendere milioni di euro per la ristrutturazione. Queste opere avrebbero potuto sostenerle solo grosse imprese, fondazioni o banche... non certo delle associazioni».
LE CHIESE OCCUPATE - Intanto però nel tempo molte chiese sono state vendute, trasformate, utilizzate o addirittura occupate. Molte sono diventate negozi o officine, altre delle abitazioni. E così sulla facciata della chiesa di Sant'Arcangelo a Baiano sono spuntati perfino dei balconi. Anche in una chiesa della Sanità, di proprietà di una arciconfraternita, ci abitano delle famiglie, come si vede dal citofono o dai vestiti messi ad asciugare. Al posto di un parcheggio a ridosso di Piazza Garibaldi una volta c'era un deposito e prima ancora una chiesa di eccezionale interesse storico, quella di San Gennaro e Clemente alla Duchesca, crollata nel silenzio generale nel 1992. Per fortuna la città, grazie agli sforzi della soprintendenza, ha ripreso possesso di una struttura meravigliosa, il complesso monumentale dei Gerolomini, dalla cui biblioteca in pochi mesi sono stati trafugati migliaia di volumi antichi e rari. Nell'inchiesta risultano indagati l'ex direttore della biblioteca Massimo De Caro e altri personaggi tra cui il senatore Marcello Dell'Utri. «L'apertura del complesso dei Gerolomini – spiega Vona - è una delle tante aperture che intendiamo fare perché al di là dello stato di degrado, è importante che le chiese vengano aperte, perché quando i monumenti restano chiusi e dimenticati allora il degrado si accentua e avanza».
Amalia De Simone
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