Bertone, Ruini, Sodano: grandi manovre per il Conclave
Emergono tensioni tra i Kingmaker: nuovi sospetti sul dossier Vatileaks
C'è grande incertezza sui veri «papabili» C’ del prossimo conclave, la cui apertura, secondo l’agenzia francese IMedia, potrebbe essere anticipata al 10 marzo. Ma al momento a muoversi sono i kingmaker, i grandi elettori. E tra questi c’è certamente il cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, che grazie agli ultimi concistori ha visto crescere nel collegio cardinalizio il numero dei porporati votanti a lui vicini.
Nell’aprile 2005 il candidato forte della vigilia era Joseph Ratzinger, già da tempo indicato come possibile successore di Papa Wojtyla, nonostante l’età. La sua candidatura partì sostenuta da un notevole pacchetto di voti fin dall’inizio, arrivando in meno di un giorno a superare il quorum dei due terzi richiesto. Tra i grandi elettori di Ratzinger vi fu il cardinale curiale Alfonso Lopez Truijllo, colombiano, tra i più attivi nell’organizzare il consenso verso il Prefetto della dottrina della fede, attraverso contatti e colloqui. Anche Bertone, allora arcivescovo di Genova, si mosse per Ratzinger, del quale era stato il vice fino a tre anni prima all’ex Sant’Uffizio. Il Segretario di Stato di allora, Angelo Sodano non era tra i sostenitori di Ratzinger, e per le prime votazioni mantenne una manciata di voti sul suo nome.
Al prossimo conclave Sodano non potrà partecipare, anche se non va affatto sottovalutata l’influenza che i porporati ultraottantenni di prestigio, come ad esempio Camillo Ruini, possono esercitare nei giorni che precedono la clausura e l’elezione. È da escludere che Bertone, già settantottenne, ambisca al papato. Potrebbe però far pesare i suoi consensi, più di una decina, per trasferirli su un candidato amico, che magari gli garantisca di rimanere alla guida della Segreteria di Stato ancora per due anni. Uno di questi potrebbe essere Gianfranco Ravasi, il «ministro della Cultura» vaticano, protagonista del «Cortile dei Gentili». Ravasi a partire da domenica predicherà gli esercizi spirituali della Quaresima a Benedetto XVI e alla Curia romana. Una «vetrina» non indifferente nell’imminenza del conclave.
Al prossimo conclave Sodano non potrà partecipare, anche se non va affatto sottovalutata l’influenza che i porporati ultraottantenni di prestigio, come ad esempio Camillo Ruini, possono esercitare nei giorni che precedono la clausura e l’elezione. È da escludere che Bertone, già settantottenne, ambisca al papato. Potrebbe però far pesare i suoi consensi, più di una decina, per trasferirli su un candidato amico, che magari gli garantisca di rimanere alla guida della Segreteria di Stato ancora per due anni. Uno di questi potrebbe essere Gianfranco Ravasi, il «ministro della Cultura» vaticano, protagonista del «Cortile dei Gentili». Ravasi a partire da domenica predicherà gli esercizi spirituali della Quaresima a Benedetto XVI e alla Curia romana. Una «vetrina» non indifferente nell’imminenza del conclave.
Non va però sottovalutato che proprio Bertone è stato criticato anche aspramente per la sua conduzione della Curia, e dunque il suo ruolo di kingmaker potrebbe non essere determinante.
Le tensioni degli ultimi anni cominciano a venire ammesse dagli stessi protagonisti. Il cardinale di Colonia, Joachim Meisner, amico personale di Ratzinger, ha rivelato in un’intervista al «Frankfurter Rundschau» di aver in passato suggerito al Papa di allontanare Bertone dalla Segreteria di Stato, perché si stava rivelando inadatto per quel ruolo. L’episodio avvenne nel 2009, durante la crisi provocata dal caso Williamson, il vescovo lefebvriano negazionista sulle camere a gas al quale era stata tolta la scomunica: «Andai dal Papa in rappresentanza di un certo numero di cardinali, e gli dissi: “Santità, deve far dimettere il cardinale Bertone! È lui che ha la responsabilità, come sarebbe nel caso di un governo secolare”. Mi ha guardato e mi ha risposto: “Ascoltami bene! Bertone rimane! Basta, basta, basta!”. Dopodiché non ho più affrontato l’argomento. È tipico: i Ratzinger sono leali. E questo non rende loro la vita facile». È noto che un analogo tentativo venne messo in atto durante un incontro avvenuto a Castel Gandolfo dal cardinale di Vienna Cristoph Schönborn, e dagli italiani Angelo Scola, Angelo Bagnasco e Camillo Ruini, preoccupati per la gestione della Curia. Anche quella volta, Benedetto XVI non ne volle nemmeno sentir parlare.
Le tensioni degli ultimi anni cominciano a venire ammesse dagli stessi protagonisti. Il cardinale di Colonia, Joachim Meisner, amico personale di Ratzinger, ha rivelato in un’intervista al «Frankfurter Rundschau» di aver in passato suggerito al Papa di allontanare Bertone dalla Segreteria di Stato, perché si stava rivelando inadatto per quel ruolo. L’episodio avvenne nel 2009, durante la crisi provocata dal caso Williamson, il vescovo lefebvriano negazionista sulle camere a gas al quale era stata tolta la scomunica: «Andai dal Papa in rappresentanza di un certo numero di cardinali, e gli dissi: “Santità, deve far dimettere il cardinale Bertone! È lui che ha la responsabilità, come sarebbe nel caso di un governo secolare”. Mi ha guardato e mi ha risposto: “Ascoltami bene! Bertone rimane! Basta, basta, basta!”. Dopodiché non ho più affrontato l’argomento. È tipico: i Ratzinger sono leali. E questo non rende loro la vita facile». È noto che un analogo tentativo venne messo in atto durante un incontro avvenuto a Castel Gandolfo dal cardinale di Vienna Cristoph Schönborn, e dagli italiani Angelo Scola, Angelo Bagnasco e Camillo Ruini, preoccupati per la gestione della Curia. Anche quella volta, Benedetto XVI non ne volle nemmeno sentir parlare.
Tensioni e scontri avvenuti dietro le quinte che peseranno al momento dell’elezione. Diversi cardinali auspicano un Papa che «faccia pulizia». La commissione cardinalizia d’indagine sui vatileaks e sullo stato della Curia, guidata da Julián Herranz, ha consegnato soltanto a Ratzinger i risultati dell’inchiesta, ma quel dossier incombe sul conclave.
Non va sottovalutato nemmeno il ruolo di altri elettori ormai dimissionati o comunque ultrasettantacinquenni. Dal tedesco Walter Kasper al belga Godfried Danneels. Dagli italiani Giovanni Battista Re, Dionigi Tettamanzi, Severino Poletto fino ai latinoamericani Juan Sandoval Iñiguez, Geraldo Agnelo e Claudio Hummes. Senza dimenticare l’argentino Jorge Mario Bergoglio, che all’ultimo conclave aveva ottenuto un considerevole numero di consensi. Non sono considerati in corsa, ma proprio per questo potrebbero far sentire ancora più forte la loro voce.
Infine, nelle rose di candidati, per il momento ancora del tutto virtuali, spunta anche il nome del porporato Malcom Ranjith Patabendige Don, arcivescovo di Colombo, nello Sri Lanka, dopo essere passato per ben due volte nella Curia romana e aver svolto anche un’esperienza diplomatica. A lui potrebbero guardare alcuni cardinali curiali di nomina ratzingeriana.
Infine, nelle rose di candidati, per il momento ancora del tutto virtuali, spunta anche il nome del porporato Malcom Ranjith Patabendige Don, arcivescovo di Colombo, nello Sri Lanka, dopo essere passato per ben due volte nella Curia romana e aver svolto anche un’esperienza diplomatica. A lui potrebbero guardare alcuni cardinali curiali di nomina ratzingeriana.
ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
I nodi irrisolti in attesa del Conclave
Riformare la Curia, l'eredità più pesante per il nuovo Pontefice
ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
Nei colloqui tra i cardinali all'ombra delle mura vaticane, in questi giorni, più che sull'identikit del nuovo Papa ci si interroga sul futuro dei cantieri lasciati aperti da Benedetto XVI. I nodi irrisolti del pontificato. La discussione sulle priorità per la Chiesa cattolica del futuro sarà infatti decisiva per la scelta del successore.
Papa Ratzinger si è concentrato sull'annuncio della fede cristiana nel mondo e ha creato un «ministero» vaticano per la «promozione della nuova evangelizzazione». La rinuncia papale lascia però incompleta la risposta alla crisi di fede, soprattutto dal punto di vista positivo e propositivo. Come comunicare il vangelo nella società post-cristiana, abbandonando quel linguaggio autoreferenziale che va per la maggiore in tanti documenti ecclesiali? Il Papa ha dato un esempio di comunicazione efficace, non sempre è stato raccolto.
Un altro nodo irrisolto riguarda la liturgia. Da cardinale, Ratzinger aveva auspicato una «riforma della riforma» liturgica conciliare, che recuperasse la sacralità del rito. In questo tentativo va inquadrata anche la decisione di liberalizzare, nel 2007, la messa in latino secondo il rito in vigore prima del Concilio: uno dei provvedimenti papali più contestati all'interno della Chiesa. Il Pontefice tedesco, come dimostra il libro fresco di stampa scritto da Gianni Valente, «Ratzinger al Vaticano II» (San Paolo), non rientra affatto nel cliché conservatore: ha vissuto in prima persona e auspicato le riforme conciliari, delle quali non si è mai pentito.
La liberalizzazione della vecchia messa doveva servire, nella sua idea, per avvicinare il tradizionalismo a una corretta interpretazione delle riforme conciliari, per mitigare certi abusi e la possibile «degenerazione della messa in show». Ma la «riforma della riforma» non c'è stata. Il Papa ha cercato di dare l'esempio: nelle messe da lui celebrate hanno fatto capolino paramenti antichi e barocchi, la comunione in ginocchio, un uso maggiore del latino e del canto gregoriano, ma anche il trono papale messo in soffitta da molti decenni. Certe esteriorità della corte hanno finito col far passare un'immagine distorta invece che richiamare all'essenziale della liturgia come incontro con il mistero.
Anche il dossier sui lefebvriani, iniziativa su cui il Papa aveva puntato per arrivare a sanare lo scisma del 1988, rimane senza soluzione. Per anni il Papa ha teso la mano, ha risposto positivamente alle richieste della Fraternità San Pio X, togliendo le scomuniche e aprendo dialoghi dottrinali. Nonostante le concessioni, le risposte positive non sono arrivate.
Da teologo, Ratzinger aveva riflettuto in modo particolare sul legame unico che lega i cristiani all'ebraismo. Nonostante ciò, alcuni incidenti di percorso, dovuti al malfunzionamento della macchina curiale, hanno creato tensioni proprio con il mondo ebraico: dalla scomunica tolta al vescovo Williamson, negazionista sulle camere a gas, fino alle polemiche per la preghiera del Venerdì Santo presente nell'antica liturgia liberalizzata.
È ancora in via di tessitura, dopo le polemiche di Ratisbona, il rapporto con il mondo islamico, in attesa dei nuovi equilibri della Primavera araba: i viaggi in Turchia, Giordania, Israele e Libano sono stati dei successi, e le nomine dei nuovi responsabili delle Chiese cattoliche d'Oriente, dall'Iraq all'Egitto, faceva ben sperare nonostante le difficoltà. Apertissimo rimane il cantiere riguardante i rapporti con la Cina: in questi anni si sono susseguiti passi positivi ma anche strappi dolorosi.
All'inizio del pontificato molti si aspettavano che Benedetto XVI riformasse la Curia romana. Che la semplificasse, per renderla più funzionale, ridimensionando in parte il ruolo centrale della Segreteria di Stato, per ridare più forza ai singoli dicasteri in una dimensione più collegiale. I progetti sono rimasti sulla carta, dopo alcuni iniziali tentativi di accorpamento. Gli incarichi episcopali all'interno della Curia si sono moltiplicati e vatileaks ha fatto emergere una realtà di tensioni, scontri e cordate. Il Papa che pure è riuscito a combattere come nessun altro la piaga alla pedofilia nella Chiesa, non ha potuto a completare l'opera di riforma interna del Vaticano e non ha avuto sempre attorno a sé collaboratori in grado di tradurre le sue indicazioni i atti di governo.
Rimane poi irrisolto il nodo del dissenso, rappresentato dai gruppi di sacerdoti che invitano apertamente alla disobbedienza, auspicano la fine del celibato dei preti e chiedono il sacerdozio per le donne. Infine, nella società secolarizzata, resta aperto anche il cantiere che riguarda le risposte da dare alla crisi del matrimonio e al crescente numero di divorziati risposati. Appena tre settimane fa Benedetto XVI aveva invitato a studiare la possibilità di dichiarare nullo un matrimonio per mancanza di fede. Toccherà al successore anche questo dossier
http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/papa-pope-el-papa-conclave-22362/
GIORGIO BERNARDELLIMILANOQuei “grandi vecchi” che influenzeranno il Conclave
Senza una candidatura forte è decisivo il ruolo dei kingmaker, le personalità che possono orientare il voto. Nel Conclave 2013 potrebbero essere Kasper e Bergoglio
Come è tradizione la marcia di avvicinamento al Conclave è dominata dalle rose dei papabili, i possibili candidati alla successione di Benedetto XVI. Ma c'è un altro ruolo altrettanto cruciale nell'assemblea dei cardinali chiamata ad eleggere il nuovo Pontefice: quello dei cosiddetti kingmaker, le personalità che - per esperienza o per autorevolezza, più che per l'identificazione con l'uno o l'altro schieramento - sono in grado più di altre di orientare il voto verso la figura che alla fine verrà scelta.
Si tratta di un ruolo particolarmente significativo soprattutto quando alla scelta di un nuovo Papa si arriva in circostanze complesse, come è appunto lo scenario inedito aperto in maniera del tutto inaspettata dalle dimissioni di papa Ratzinger. Molti in questi giorni hanno avanzato il paragone con il secondo Conclave del 1978, quello convocato dopo la morte repentina di papa Luciani che portò all'elezione di Karol Wojtyla. E proprio quella fu una delle circostanze in cui il ruolo di un kingmaker ben preciso filtrò dai Sacri Palazzi: è un fatto ampiamente riconosciuto che fu l'allora cardinale arcivescovo di Vienna Franz König - a quel tempo settantatreenne - ad avanzare il nome dell'arcivescovo di Cracovia. Lo fece quando le votazioni si erano bloccate sul nome di Giuseppe Siri, che non riusciva a raggiungere il quorum richiesto per l'opposizione di una parte del collegio.
La domanda quindi è: se a metà marzo si entrasse nella Cappella Sistina senza una candidatura molto forte (come invece avvenuto otto anni fa con Joseph Ratzinger) quali potrebbero essere i cardinali kingmaker del Conclave 2013? La domanda è ancora più difficile rispetto a quella sui papabili. E - al contrario dell'altro elenco - tende a privilegiare figure che per l'età anagrafica vengono scartate a priori dagli elenchi dei possibili nuovi Pontefici.
Da questo punto di vista, allora, è estremamente significativo il fatto che una figura come il cardinale Walter Kasper entri per il rotto della cuffia nel collegio elettorale. L'ex presidente del Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani compirà infatti 80 anni il 5 marzo, ma sarà comunque elettore, perché la costituzione apostolica Universi Dominici Gregis fissa all'inizio della sede vacante (e dunque al 1° marzo) la definizione di chi ha diritto di voto. Walter Kasper è (accanto a Ratzinger) l'altro grande teologo cattolico tedesco del nostro tempo; proprio l'anno scorso ha pubblicato un libro dall'impegnativo titolo «Chiesa cattolica. Essenza, realtà, missione». È abbastanza naturale pensare che alcuni cardinali più giovani guarderanno a lui come a un punto di riferimento.
Ma sotto questo stesso profilo può essere forse collocata anche la figura dell'arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Maria Bergoglio, che secondo alcune ricostruzioni durante il conclave del 2005 avrebbe raccolto non pochi voti. Personalità ascetica, molto schivo (rarissime le sue interviste), è un cardinale lontano anni luce dalle battaglie curiali di Vatileaks. E il suo profilo dottrinale per molti versi è molto simile a quello di Joseph Ratzinger. Oggi ha ormai 76 anni e per questo non compare più nelle liste dei papabili. Ma per molti nella Cappella Sistina potrebbe diventare ugualmente un aiuto importante nella riflessione su chi dovrà essere il nuovo Papa.
http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/benedetto-xvi-benedict-xvi-benedicto-xvi-conclave-concalve-conclave-22348/
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