Il cardinale Bertone blinda lo Ior ma deciderà il nuovo Pontefice
DENTRO IL VATICANO |
Cambio nella commissione cardinalizia: Nicora sostituito da Calcagno
Il piatto forte della relazione cardinalizia sullo scandalo «Vatileaks» è il furto di documenti riservati dal Palazzo Apostolico. Con il Papa dimissionario, venerdì lo Ior ha avuto il suo nuovo presidente Ernst von Freyberg (che scadrà nel 2015) e ieri la sua nuova commissione di vigilanza (confermati fino al 2018 il presidente Bertone e i tre porporati Tauran, Scherer, Toppo, fuori il capo dell’Aif Nicora sostituito da Calcagno). Insomma si è scelta la soluzione «soft» evitando quell’azzeramento della cariche richiesto da più parti, soprattutto in settori degli episcopati nazionali.
Poi, ovviamente, deciderà il nuovo Pontefice se confermare o modificare le nomine. Per ora resta intatto il board laico composto da Carl Anderson, Antonio Maria Marocco, Manuel Soto Serrano e Ronaldo Hermann Shmitz. Attraverso designazioni e assetti dell’ultim’ora, la «banca di Dio» è alla ricerca di un periodo di serenità dopo le ripetute bufere che ne hanno funestato la navigazione. Non è ancora l’ora del «redde rationem» nelle sacre finanze e così è rimasto nella commissione cardinalizia anche Jean-Louis Tauran, che assieme a Nicora aveva preso ripetutamente le distanze dal brusco allontanamento nove mesi fa del presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi.
Dunque, alla fine la montagna dell’ipotizzato «repulisti» allo Ior ha partorito il proverbiale topolino, cioè la sostituzione del cardinale Attilio Nicora con Domenico Calcagno, numero uno dell’Apsa, l’amministrazione del patrimonio d’Oltretevere. Una mossa «minimale», riconoscono in Curia, e anche scontata poiché Nicora presiede l’Autorità di Informazione finanziaria, una posizione di controllo che è bene non si sommi con un incarico allo Ior, ente che dall’Aif deve essere controllato. Non è stato individuato né sembra imminente un prelato dell’Istituto, figura che manca da quando tre anni fa l’influente Pioppo (vicino al decano Sodano) fu trasferito in nunziatura. I porporati della commissione «si sono mossi in modo sempre molto unito e concorde», getta acqua sul fuoco delle polemiche il portavoce vaticano padre Federico Lombardi aggiungendo che «non corrispondono a realtà le insinuazioni circolate» sulle spaccature tra porporati. Ma dietro i rassicuranti toni ufficiali non c’è ancora pace al Torrione Niccolò V.
Un copione che si ripete. Dallo scandalo del Banco Ambrosiano nell’era di monsignor Marcinkus e del delitto Calvi, al transito nelle sue casse della maxi-tangente Enimont nei primi Anni 90, ai presunti conti della «cricca» del caso Anemone-Grandi Opere fino alle voci, negli anni passati, sul riciclaggio di soldi della mafia tramite i conti di prestanome, lo Ior è stato spesso al centro delle cronache come sinonimo di procedure finanziarie opache, accusato di operare ai confini e a volte anche ben oltre i limiti della legalità.
«La priorità adesso è entrare nella white list dei Paesi finanziariamente trasparenti», spiegano in Segreteria di Stato. Benedetto XVI ha intrapreso la strada della trasparenza finanziaria e dell’adeguamento agli standard internazionali anti-riciclaggio e anti-criminalità, con l’oggettivo successo, nel luglio scorso, della valutazione europea di Moneyval, che ne ha sostanzialmente promosso le nuove procedure e normative e indicato gli ulteriori punti ancora non conformi su cui operare.
L’ultimo tra i periodi più travagliati della storia Ior è stato comunque proprio quello della presidenza di Ettore Gotti Tedeschi, plenipotenziario in Italia del Banco Santander, uomo vicino all’Opus Dei, incappato insieme al direttore generale Paolo Cipriani (uomo di fiducia di Bertone) nell’inchiesta della procura di Roma sulle presunte violazioni alle norme antiriciclaggio nei rapporti tra lo Ior e banche italiane con cui si intrattenevano operazioni finanziarie. Il 20 settembre 2010 furono sequestrati dalla procura (su segnalazione della Banca d’Italia) 23 milioni di euro depositato su un conto del Credito Artigiano intestato allo Ior. Le operazioni incriminate sono trasferimenti ordinati dallo Ior di 20 milioni da un conto presso il Credito Valtellinese alla JP Morgan di Francoforte e di tre milioni alla Banca del Fucino.
Il denaro è stato poi dissequestrato ma Gotti e Cipriani restano tuttora indagati e la procura non si è ancora pronunciata. Nel maggio 2012, Gotti Tedeschi è stato brutalmente sfiduciato dal suo board, che lo ha accusato di non svolgere con dedizione il ruolo di presidente e persino di far trapelare notizie riservate all’esterno. Subito dopo, su di lui sono cadute anche le perquisizioni nell’inchiesta Finmeccanica.
Mentre Gotti è stato interrogato anche dalla procura di Siena nell’ambito dell’indagine sullo scandalo Montepaschi. E in questa vicenda sono emersi possibili coinvolgimenti dello Ior, per il fatto che dirigenti coinvolti nell’acquisto a caro prezzo di Antonveneta avrebbero avuto fondi presso la banca vaticana (circostanza smentita dalla Santa Sede). Questioni che rimangono aperte e che devono trovare ancora una verità giudiziaria. Dentro le mure leonine, sarà il nuovo Papa a dover provvedere.
GIACOMO GALEAZZICITTÀ DEL VATICANO
http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/ior-cardinali-cardinal-cardenales-22411/
L'impossibile normalità dello Ior
L'impossibile normalità dello Ior
16-02-2013
E se il prossimo Papa decidesse di chiudere lo Ior? Non sarebbe una brutta idea visto che l’Istituto per le Opere di Religione pare proprio destinato a creare più polemiche e brutta letteratura per la Santa Sede che non vantaggi per la presenza delle opere cattoliche nel mondo.
Così anche la nomina del nuovo presidente, dopo quasi nove mesi di “vacanza” della posizione, non ha fatto eccezione. Prima la fuga di notizie che il 14 febbraio dava per certa la nomina del banchiere belga Bernard De Cort, non confermata dalla sala Stampa vaticana; poi il 15 l’indicazione ufficiale del nuovo presidente, Ernst von Freyberg, avvocato tedesco con formazione finanziaria, membro dei Cavalieri di Malta e co-presidente dell’Associazione per il pellegrinaggio a Lourdes dell’Arcidiocesi di Berlino. Sembrerebbe un curriculum tranquillizzante, e invece no, perché scoppia la polemica in quanto von Freyberg è anche presidente dei cantieri navali Blohm-Voss Group di Amburgo, che costruivano navi da guerra, ma secondo alcune fonti giornalistiche lo fanno ancora. Ci vuole qualche ora di dichiarazioni anche contraddittorie prima che padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, chiarisca alla fine che “l’attività fondamentale del gruppo è nella trasformazione e riparazione delle navi da crociera , nell'attività per l'industria che opera in alto mare, nella costruzione di yacht. Attualmente fa anche parte di un Consorzio che costruisce quattro fregate per la marina tedesca".
Costruire armi non è un peccato, ma si sa che nel mondo moderno i comandamenti sono altri, e inevitabile la polemica tiene banco; anche perché invece di spiegare la posizione della Chiesa in fatto di faccende militari (si può tranquillamente essere bravi generali e bravi cristiani, figurarsi se non si può essere bravi cristiani costruendo navi militari) si cerca dapprima di giustificarsi cercando di nascondere la realtà.
E pensare che stavolta, per evitare polemiche e guerre interne, ci si era affidati a una società esterna di consulenza, la Spencer e Stuart, per vagliare tutti i possibili candidati. Una rosa di 40 persone, poi via via scesi a sei e infine a tre, da cui la Commissione cardinalizia ha scelto e “il Papa – ha detto padre Lombardi – ha espresso pieno consenso”. Anche perché se chiedevano direttamente al Papa forse risparmiavano qualche centinaia di migliaia di euro, visto che Benedetto XVI, pur non conoscendo personalmente von Freyberg, ha fatto sapere che la famiglia di provenienza è molto nota in Germania.
Peraltro anche la scelta dei tempi della decisione è apparsa a molti poco opportuna: il Papa annuncia le proprie dimissioni l’11 febbraio e mentre i fedeli di tutto il mondo non si sono ancora ripresi dallo choc e si fanno mille domande sul futuro della Chiesa e su chi potrà essere il prossimo Papa, ecco che appena tre giorni dopo la scena viene improvvisamente occupata dalla nomina del presidente dello Ior, come se le beghe economiche (e di potere) fossero in realtà la cosa principale che interessa alla Curia vaticana o ad alcuni settori di essa. Ovviamente non è così, però è difficile spiegare a un’opinione pubblica che dello Ior ricorda più che altro la lunga serie di scandali - che vanno dai rapporti con Sindona al crac Ambrosiano, dalle tangenti Enimont alle accuse di riciclaggio -, che questa nomina non è stata accelerata per evitare che la decisione passi al prossimo Papa (e soprattutto alla prossima Curia).
Allora è proprio il caso di chiedersi se non ci sia un altro modo per soddisfare le esigenze che nel 1942 diedero origine all’Istituto per le Opere di Religione, che nasceva come evoluzione della “Commissione delle Opere Pie” prima (fondata nel 1887 da Leone XIII) e dell’ “Amministrazione speciale per le Opere di Religione” poi. Lo Ior, dicono i suoi statuti, ha lo scopo di “provvedere alla custodia e all'amministrazione dei beni mobili e immobili trasferiti o affidati allo IOR medesimo da persone fisiche o giuridiche e destinati a opere di religione e carità”. E’ un compito quindi importante, fondamentale per garantire la vita della Chiesa, ma non è detto che l’unico modo per garantirlo sia gestire un istituto bancario in proprio. Perlomeno non bisognerebbe darlo per scontato, e valutare delle alternative che permettano di raggiungere lo stesso obiettivo senza fornire argomenti a chi desidera dipingere la Chiesa come un covo di speculatori assatanati.
Così anche la nomina del nuovo presidente, dopo quasi nove mesi di “vacanza” della posizione, non ha fatto eccezione. Prima la fuga di notizie che il 14 febbraio dava per certa la nomina del banchiere belga Bernard De Cort, non confermata dalla sala Stampa vaticana; poi il 15 l’indicazione ufficiale del nuovo presidente, Ernst von Freyberg, avvocato tedesco con formazione finanziaria, membro dei Cavalieri di Malta e co-presidente dell’Associazione per il pellegrinaggio a Lourdes dell’Arcidiocesi di Berlino. Sembrerebbe un curriculum tranquillizzante, e invece no, perché scoppia la polemica in quanto von Freyberg è anche presidente dei cantieri navali Blohm-Voss Group di Amburgo, che costruivano navi da guerra, ma secondo alcune fonti giornalistiche lo fanno ancora. Ci vuole qualche ora di dichiarazioni anche contraddittorie prima che padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, chiarisca alla fine che “l’attività fondamentale del gruppo è nella trasformazione e riparazione delle navi da crociera , nell'attività per l'industria che opera in alto mare, nella costruzione di yacht. Attualmente fa anche parte di un Consorzio che costruisce quattro fregate per la marina tedesca".
Costruire armi non è un peccato, ma si sa che nel mondo moderno i comandamenti sono altri, e inevitabile la polemica tiene banco; anche perché invece di spiegare la posizione della Chiesa in fatto di faccende militari (si può tranquillamente essere bravi generali e bravi cristiani, figurarsi se non si può essere bravi cristiani costruendo navi militari) si cerca dapprima di giustificarsi cercando di nascondere la realtà.
E pensare che stavolta, per evitare polemiche e guerre interne, ci si era affidati a una società esterna di consulenza, la Spencer e Stuart, per vagliare tutti i possibili candidati. Una rosa di 40 persone, poi via via scesi a sei e infine a tre, da cui la Commissione cardinalizia ha scelto e “il Papa – ha detto padre Lombardi – ha espresso pieno consenso”. Anche perché se chiedevano direttamente al Papa forse risparmiavano qualche centinaia di migliaia di euro, visto che Benedetto XVI, pur non conoscendo personalmente von Freyberg, ha fatto sapere che la famiglia di provenienza è molto nota in Germania.
Peraltro anche la scelta dei tempi della decisione è apparsa a molti poco opportuna: il Papa annuncia le proprie dimissioni l’11 febbraio e mentre i fedeli di tutto il mondo non si sono ancora ripresi dallo choc e si fanno mille domande sul futuro della Chiesa e su chi potrà essere il prossimo Papa, ecco che appena tre giorni dopo la scena viene improvvisamente occupata dalla nomina del presidente dello Ior, come se le beghe economiche (e di potere) fossero in realtà la cosa principale che interessa alla Curia vaticana o ad alcuni settori di essa. Ovviamente non è così, però è difficile spiegare a un’opinione pubblica che dello Ior ricorda più che altro la lunga serie di scandali - che vanno dai rapporti con Sindona al crac Ambrosiano, dalle tangenti Enimont alle accuse di riciclaggio -, che questa nomina non è stata accelerata per evitare che la decisione passi al prossimo Papa (e soprattutto alla prossima Curia).
Allora è proprio il caso di chiedersi se non ci sia un altro modo per soddisfare le esigenze che nel 1942 diedero origine all’Istituto per le Opere di Religione, che nasceva come evoluzione della “Commissione delle Opere Pie” prima (fondata nel 1887 da Leone XIII) e dell’ “Amministrazione speciale per le Opere di Religione” poi. Lo Ior, dicono i suoi statuti, ha lo scopo di “provvedere alla custodia e all'amministrazione dei beni mobili e immobili trasferiti o affidati allo IOR medesimo da persone fisiche o giuridiche e destinati a opere di religione e carità”. E’ un compito quindi importante, fondamentale per garantire la vita della Chiesa, ma non è detto che l’unico modo per garantirlo sia gestire un istituto bancario in proprio. Perlomeno non bisognerebbe darlo per scontato, e valutare delle alternative che permettano di raggiungere lo stesso obiettivo senza fornire argomenti a chi desidera dipingere la Chiesa come un covo di speculatori assatanati.
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-limpossibile-normalit-dello-ior-5825.htm
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