Il Papato materiale
Per un dibattito sereno
«In questo passo del Vangelo di Marco (VI, 47-56) è scritto giustamente che la Nave (ossia la Chiesa) si trovava nel mezzo del mare, mentre Gesù stava da solo sulla terra ferma: poiché la Chiesa non solo è tormentata ed oppressa da tante persecuzioni da parte del mondo, ma talvolta è anche sporcata e contaminata di modo che, se fosse possibile, il suo Redentore in queste circostanze, sembrerebbe averla abbandonata completamente». San Beda (In Marcum, cap. VI, lib. II, cap. XXVIII, tomo 4).
Introduzione
Un eminente teologo domenicano, padre Michel Louis Guérard des Lauriers, di fronte alla tragedia del Concilio Vaticano II e del Novus Ordo Missae, ha elaborato una “Tesi” detta di “Cassicìacum”, secondo la quale almeno a partire dalla promulgazione di Dignitatis humane (7 dicembre 1965) la Sede di Pietro è formalmente vacante. Ossia Paolo VI era Papa soltanto materialmente o in potenza, ma non formalmente o in atto.
La distinzione tra materia/forma, potenza/atto non è una sua invenzione (come hanno voluto far credere molti suoi detrattori); essa è stata elaborata da Aristotele, perfezionata da S. Tommaso d’Aquino con l’essere quale atto ultimo di ogni forma o essenza, canonizzata dal Magistero sin dal XIII secolo e specialmente al Concilio di Trento riguardo ai Sacramenti (materia, forma e ministro)[1].
Tuttavia, se viene applicata al Papato, essa può funzionare sino alla morte del Papa materiale, ma non oltre. In questo articolo cerco di spiegare il perché ai lettori, che sono viepiù disorientati dalla dottrina del Concilio Vaticano II e del post-concilio e dalle incertezze della resistenza “tradizionalista” alle novità modernistiche e si volgono alla Tesi del Papato materiale, che appare logicamente fondata, per risolvere il problema dell’Autorità nella Chiesa. Così facendo, però, iniziano col difenderla ma finiscono per annichilirla.
Certamente di fronte a tanto sfacelo nell’ambiente ecclesiale, sorge spontanea la domanda: «come può essere vero “Cristo in terra”, colui che bacia il corano, va in sinagoga a proclamare gli ebrei “padri del Cristianesimo”, riunisce tutte le false religioni assieme all’unica vera in Assisi …?». Però di qui a teorizzare la “Tesi teologica” della Vacanza del Papato (non del solo Papa, ma dei Cardinali, dei Vescovi e dei Parroci) per cinquanta anni consecutivi e ad organizzare un conseguente “Movimento religioso” con una disciplina morale e liturgica estremamente dettagliata, la quale applica la “Tesi” ai casi pratici ed arriva a negare i Sacramenti a chi non è d’accordo con la suddetta “Tesi”, ritenuta una “specificazione di un atto di Fede”, il passo è troppo lungo e quando il passo è ‘più lungo della gamba’ non conduce a nulla di buono, ma ad un fragoroso scivolone.
Non voglio denigrare i ‘sedevacantisti’, i quali sono stati emarginati ed accusati sin troppo in ambiente “tradizionalista”, pur prestando il fianco alle critiche con le loro teorie ed il loro atteggiamento portato agli “eccessi”. Tuttavia essi hanno dalla loro parte alcuni elementi positivi: (studio serio della Chiesa e del Papato alla luce della logica, dell’ecclesiologia, del problema della contro-Chiesa, dell’integrismo romano ampiamente dimenticato in ambiente “tradizionalista”, dell’antimodernismo classico ecc.). Tuttavia mi permetto di raccomandare loro – essendo stato io stesso ‘sedevacantista’ per 20 anni[2] – di evitare quegli eccessi, che non aiutano a condurre più facilmente e sicuramente le anime in Paradiso (“suprema lex Ecclesiae: salus animarum”), ossia il sostenere che certamente tutti i Sacramenti dei sacerdoti ‘non-sedevacantisti’ sono invalidi o gravemente peccaminosi e quindi non bisogna accostarvisi[3]; una certa tendenza alla critica personale, che può sfociare nel pettegolezzo (addirittura si attacca ora anche e persino con accuse personali prive di fondamento mons. Williamson). Ogni eccesso è un difetto. Padre Guérard des Lauriers, (che stimo ancora profondamente come uomo, sacerdote e teologo, pur se non ne condivido più la Tesi teologica[4]) era alieno da tali piccinerie, anche se dotato di una forte vis polemica, perché la “lotta per la verità” non va confusa con il pettegolezzo, la calunnia, la saccenteria e la malevolenza.
Il Papato materiale & la Chiesa virtuale
È di Fede che la Chiesa durerà sino alla fine del mondo (“Io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo”, Mt., XXVIII, 20). È di Fede definita che Cristo ha dato alla sua Chiesa una Gerarchia (Papa e Vescovi), che durerà sino alla fine della Chiesa (Conc. Trid., DB 966). I Protestanti, invece, riconoscono solo il sacerdozio generale di tutti i fedeli e negano la Gerarchia ossia il Papato e l’Episcopato. Essi furono condannati come eretici dal Tridentino. Il Concilio Vaticano I definisce di Fede: “Cristo volle che nella sua Chiesa, sino alla fine del mondo, vi fossero Pastori e Maestri” (DB 1821), che sono i Vescovi successori degli Apostoli e sottomessi al Primo o al Principe degli Apostoli, che è Pietro e i suoi successori nella Sede Romana (DB 1828). Togli il “primo” e tutto crolla. Inoltre è di Fede che “Cristo ha stabilito Pietro primo di tutti gli Apostoli e Capo visibile di tutta la Chiesa” (Conc. Vat. I, DB 1823). Quindi la Chiesa deve poggiare su Pietro e gli Apostoli ed i loro successori (Papa e Vescovi) sino alla fine del mondo allorché vi dovranno essere almeno due Vescovi secondo l’interpretazione più restrittiva del Concilio Vat. I (quanto all’Ordine e alla Giurisdizione) ed un Papa primo di tutti gli Apostoli (quanto all’Ordine e alla Giurisdizione). Ora i ‘sedevacantisti mitigati’, che seguono la ‘Tesi di Cassiciacum’, ammettono che debbano esservi sempre durante la storia della Chiesa almeno due Vescovi validamente consacrati, con Fede integra e Giurisdizione (Magisterium, Imperium et Sacerdotium), ma negano che debba esservi un Papa in atto, basta loro solo un Papa in potenza. Questa distinzione non mi sembra accettabile. Infatti come potrebbe poggiare la Chiesa su un Papa che non è ancora Papa in atto, ma che è un battezzato eletto dai Cardinali, il quale non ha ancora accettato l’elezione canonica e quindi non è Papa? La Chiesa (come qualsiasi ente) non può poggiare e fondarsi sulla potenzialità e sul divenire, ma solo sull’atto e sull’essere; altrimenti sarebbe una Chiesa potenziale, virtuale ed in fieri.
Inoltre non è possibile che manchino assieme il Papa in atto, il Collegio cardinalizio capace di supplire il Papa defunto governando con autorità (una sorta di collegio “vicario” del Vicario di Cristo perché un Collegio cardinalizio soltanto materiale, il quale può eleggere validamente un Papa, ma non governare in atto la Chiesa, non salva l’apostolicità formale), e persino l’Episcopato universale avente giurisdizione in atto con ogni Vescovo nella sua Diocesi[5], i quali mantengono così l’unità e l’esistenza della Chiesa, in attesa dell’elezione di un nuovo Papa. Altrimenti ci si troverebbe di fronte ad uno stato di ‘Chiesa vacante’ più che a quello della sola ‘Sede papale vacante’.
Unità e Apostolicità della Chiesa
L’Unità è una nota essenziale della Chiesa ed è essenzialmente concentrata nell’unico Capo visibile della Chiesa, il Pontefice Romano, al quale rimonta il principio della successione apostolica (o Apostolicità formale, la sola ‘apostolicità materiale’ non basta come nota della Chiesa di Cristo). Quindi senza Pietro o Papa non sussiste la Chiesa, che è in comunione con Cristo tramite il Principe degli Apostoli[6].
Per cui tutto ciò che avviene fuori dell’unica catena ininterrotta di Pietro e dei suoi successori è fuori dell’Unità e Apostolicità formale della Chiesa[7] ed evidenzia lo staccarsi dei rami secchi dal tronco vitale della Chiesa di Cristo.
L’Apostolicità è, nella crisi che l’ambiente ecclesiale sta vivendo, la nota più utile e importante per capire cosa succede e porre rimedio a tanto male. Senza Apostoli non sussiste la Chiesa di Cristo, poiché Gesù stesso l’ha fondata su di loro. Ma senza il Principe degli Apostoli, senza Pietro, che è la ‘pietra’ secondaria e subordinata a Cristo, gli Apostoli sono slegati da Cristo. È allora assolutamente necessaria la presenza del Papa e non solo dei Vescovi in atto o in essere e non in potenza o in fieri. Infatti, se la Chiesa fosse in potenza o in divenire, non esisterebbe ancora ed inoltre Cristo non sarebbe con lei, come ha promesso, tutti i giorni dal Calvario sino alla fine del mondo, ma lo sarebbe ad intervalli, certe volte in atto o in essere e certe altre solo in potenza o in fieri. Invece Cristo ha fondato la Sua Chiesa su un’unica catena ininterrotta di Papi in atto d’essere e non in divenire perpetuo o ad intermittenza: Pietro e gli Apostoli erano Papa e Vescovi in atto e formalmente, non in potenza, in fieri o solo materialmente. La Chiesa poggia sull’essere, sull’atto e la forma, non sul divenire, la potenza e la materialità; una “Chiesa” siffatta sembrerebbe piuttosto la “Chiesa cosmica” del “Cristo cosmico” in perpetua evoluzione di Teilhard de Chardin. Perciò la Chiesa o il Papato materiale o in divenire, che da ben quattro Papi non è passato all’atto ed ha interrotto l’unità e la successione apostolica formale da Pietro, è un Papato concepito dalla mente di un uomo, fosse anche un grandissimo teologo (che, però, non è Cristo in terra né il Magistero ecclesiastico), ma non è la Chiesa voluta da Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.
‘Sede vacante’ sì, ‘Chiesa vacante’ no
a) ‘Vacante Sede Apostolica’ ad ogni morte di Papa, sì
I canonisti ed i teologi definiscono, e quindi distinguono, il periodo di Vacanza della Sede Apostolica, che va dalla morte di un Papa all’elezione del prossimo, dalla mancanza di Autorità o di Gerarchia nella Chiesa (“Sedevacantismo” mitigato o assoluto).
Durante il Conclave i Cardinali non possono emanare nuove Leggi, ma non debbono far scemare i diritti della Sede Apostolica, vigilando a mantenere in vita quelle esistenti (cfr. San Pio X, Vacante Sede Apostolica, 25 dicembre 1904; Pio XI, Quae divinitus, 26 marzo 1925; Pio XII, Vacantis Apostolicae Sedis, 8 dicembre 1945).
Quindi, pur essendo morto il Papa, i Cardinali hanno ancora un certo potere nella Chiesa universale, come i Vescovi mantengono la Giurisdizione nelle loro Diocesi ed i Parroci nelle Parrocchie. Mentre nel caso pratico del “Sedevacantismo” ci si trova in una vacanza totale (o solo formale) del potere di Giurisdizione del Papa, dei Cardinali e dei Vescovi sparsi nel mondo (a partire dal 1958/1965) ed anche in uno stato di privazione del potere di Ordine (a partire dal 1970). Cioè la Chiesa gerarchica non esisterebbe più, quanto al potere di Giurisdizione, totalmente o almeno formalmente secondo la “Tesi di Cassicìacum”, essendo per questa Tesi l’Autorità pontificia da Paolo VI sino ad oggi solo materiale o potenziale; ed inoltre il Sacerdozio sarebbe scomparso a partire dal 1970 poiché è ritenuto invalido dal ‘Sedevacantismo’ se è conferito con il nuovo Sacramentario di Paolo VI del 1970.
Invece Gesù ha promesso alla Chiesa l’indefettibilità[8], dicendo: “Io sarò con voi sino alla fine del mondo” (Mt., XXVIII, 20) e “le porte dell’Inferno non prevarranno contro la Mia Chiesa” (Mt., XVI, 19).
Perciò la Sua Chiesa durerà sino alla fine del mondo, conservando 1°) la Gerarchia, poiché la Chiesa è gerarchica e monarchica per Volontà divina e tale resterà sino alla fine dei tempi; 2°) il Sacerdozio, in quanto senza Sacerdozio e Sacrificio non resta la Religione.
A questo proposito S. Ambrogio da Milano (Liber de Salomone, cap. 4) paragona la Chiesa ad una nave “che viene continuamente agitata dalle onde e dalle tempeste del mare, ma che non potrà mai naufragare, perché il suo albero maestro è la Croce di Cristo, il suo timoniere è Dio Padre, il custode della prora lo Spirito Santo ed i rematori gli Apostoli”[9].
San Beda (In Marcum, cap. VI, lib. II, cap. XXVIII, tomo 4) commenta: «in questo passo del Vangelo di Marco (VI, 47-56) è scritto giustamente che la Nave (ossia la Chiesa) si trovava nel mezzo del mare, mentre Gesù stava da solo sulla terra ferma: poiché la Chiesa non solo è tormentata ed oppressa da tante persecuzioni da parte del mondo, ma talvolta è anche sporcata e contaminata di modo che, se fosse possibile, il suo Redentore in queste circostanze, sembrerebbe averla abbandonata completamente».
Il Collegio dei Cardinali è ancora arbitro in atto, malgrado la morte del Papa, per i casi urgenti, ossia di foro interno e di coscienza, che risolve a maggioranza di voti. Inoltre ogni giorno deve riunirsi una “Congregazione generale” di tutti i Cardinali in Conclave.
Del resto i Cardinali vengono rinchiusi in Conclave e “posti in condizioni di vita disagiata per abbreviare il più possibile la Vacanza della Sede Apostolica”[10], il cui perdurare per mezzo secolo è contro la natura della Chiesa. Invece secondo il “Sedevacantismo” la Vacanza durerebbe almeno dal 1965.
Morto il Papa cessano gli uffici di tutti i Cardinali, tranne a) quello del “Cardinal Penitenziere Maggiore”[11], che continua ad esercitare le funzioni più importanti, cioè i casi di foro interno e di coscienza (cfr. Pio XI, Quae divinitus, 26 marzo 1925); b) quello del “Cardinal Camerlengo”[12], che, lungi dal decadere o addirittura cessare totalmente, esplica al massimo le sue funzioni più importanti, che consistono nell’amministrare i beni temporali della Sede Apostolica; c) le “Sacre Congregazioni”[13] ed i “Tribunali Ecclesiastici”[14] che continuano a funzionare limitatamente alle facoltà ordinarie, tranne quelle non urgenti, che possono essere rimandate alla futura elezione del Papa.
Inoltre San Pio X ha voluto, saggiamente, che la certezza e la validità dell’elezione del Papa dovesse essere fuori ogni discussione e perciò eliminò qualsiasi sanzione invalidante l’elezione del Pontefice apportata da alcuni Papi precedentemente regnanti (per esempio, papa Giulio II, nel 1505, aveva sanzionato la Simonia come invalidante l’elezione pontificia)[15].
Per quanto riguarda la Simonia, essa consiste nello scambio gravemente illecito dei beni spirituali con quelli materiali (ad es. un Cardinale compra per 10 milioni l’elezione pontificia). Ora S. Tommaso equipara la Simonia all’Ateismo o all’Irreligiosità, dacché il simoniaco non crede in Dio poiché compra con denaro cose spirituali come fossero materiali (S. Th., II-II, q. 100, a. 1). Questa analogia è molto interessante, poiché la “Tesi di Cassicìacum”, non segue la via morta ab initio del “Papa eretico”, ma imbocca una strada nuova ed apparentemente viva, secondo la quale l’Autorità è finalizzata al bene comune dei soggetti. Per cui un Papa che non vuole oggettivamente il bene della Chiesa non vuole il fine dell’Autorità Pontificia. Quindi non è Papa in atto o formalmente, ma solo in potenza o materialmente e diverrà Papa in atto solo quando avrà tolto l’impedimento della mancanza di retta intenzione o di volontà del bene comune o fine dell’Autorità. Però l’ateo o l’irreligioso, che non crede in Dio, nella Religione e quindi neppure nella Chiesa, non può volere il bene della Chiesa e delle anime. Eppure, secondo S. Pio X e il Diritto Canonico, è egualmente Papa in atto[16]. Quindi la via della “Tesi di Cassicìacum” (“Sedevacantismo parziale”) sbocca, al suo termine, in una strada chiusa come quella, già inizialmente sbarrata, del “Papa eretico” (“Sedevacantismo totale”).
Il candidato eletto canonicamente dal Collegio cardinalizio, se accetta, ipso facto diventa Papa in atto[17].
Per quanto riguarda Benedetto XVI, che viene considerato una “comparsa di Papa” dalla “Tesi di Cassicìacum” poiché non sarebbe Vescovo in quanto consacrato dopo il 1970 con il nuovo Pontificale di Paolo VI, innanzitutto bisognerebbe dimostrare l’invalidità delle nuove Consacrazioni episcopali; inoltre anche se potere di Ordine e potere di Giurisdizione sono realmente distinti tra loro, poiché l’Ordine viene conferito tramite l’apposito Sacramento, mentre la Giurisdizione viene concessa tramite la Missione canonica dal Papa (v. Pio XII, Mystici Corporis, 1943), tuttavia essi sono “in mutuo rapporto perché la Giurisdizione suppone l’Ordine e viceversa l’esercizio dell’Ordine è retto dalla Giurisdizione”[18]. Quindi se Ratzinger non fosse Vescovo non sarebbe neppure in potenza prossima a diventare Papa perché la Giurisdizione suppone l’Ordine e non avendo egli l’Ordine dell’Episcopato non può avere in potenza prossima la Giurisdizione sulla Chiesa Universale come Vescovo di Roma. Perciò egli non sarebbe materialmente Papa, ma solo “una comparsa di Papa”, esattamente come l’attore Ugo Pagliai che nel Film “Sotto il cielo di Roma” rappresentava Pio XII non era neanche “Papa materialmente”, ma solo una “comparsa di Papa” rappresentante Eugenio Pacelli.
Mi sembra chiaro che la “Sede Vacante ad ogni morte di Papa” sia essenzialmente distinta dal “Sedevacantismo”, il quale distrugge l’essere della Chiesa e ne crea una virtuale, in potenza o in costante divenire secondo la “Tesi di Cassicìacum”, mentre il “Sedevacantismo totale” non salva nulla.
b) ‘Sedevacantismo’ o Sede vacante da mezzo secolo, no
Quindi bisogna ben distinguere: 1°) lo stato transeunte di “Sede vacante”, che va dalla morte di un Papa all’elezione di un altro, stato in cui permangono il Collegio cardinalizio capace di supplire il Papa defunto[19] (una sorta di Collegio “vicario” del Vicario di Cristo) governando con autorità e l’Episcopato universale[20], mantenendo così l’Unità e la Continuità ininterrotta della serie dei Papi da S. Pietro sino alla fine del mondo e l’esistenza della Chiesa, in attesa dell’elezione di un nuovo Papa; 2°) la “Chiesa vacante”, che è lo stato di privazione di un Papa in atto, del Collegio cardinalizio governante con Autorità vicaria e dell’Episcopato universale avente giurisdizione, stato che potrebbe materialmente durare sino al passaggio in atto di tale Papato materiale.
Il ‘Sedevacantismo’, dunque, è sostanzialmente diverso dalla Vacanza della Sede Apostolica ad ogni morte di Papa. Infatti esso praticamente coincide con la “Chiesa vacante” e, perciò, incappa in questa difficoltà: se il Papa materiale muore senza divenire Papa in atto o formalmente, allora la catena ininterrotta della serie di Papi si spezza e le porte degli Inferni avrebbero prevalso, essendo morta la Chiesa di Cristo, passata dalla potenzialità alla corruzione o al nulla. Infatti Aristotele e S. Tommaso insegnano che vi sono il ‘nulla’, la ‘potenza’ (o capacità di passare all’atto) e l’‘atto’ di essere. Ora “ex nihilo nihil fit (dal nulla, nulla viene)[21]”; “potentia reducitur ad actum, per ens in actu (la potenza passa all’atto grazie ad una causa efficiente, che è già un ente in atto)[22]” ed infine “ex ente in actu non fit ens, quia iam est ens (dall’ente in atto non viene l’ente in atto, poiché è già in atto)[23]”.
Aristotele con la nozione di potenza, che è distinta realmente dall’atto e dal nulla ed è pura capacità di passare all’atto o di riceverlo, conciliò il principio dell’essere e il fatto del divenire. Infatti, grazie alla potenza (che non è il nulla, ma neppure l’essere in atto), lo Stagirita spiega che “dalla potenza viene l’atto ovvero la potenza passa all’atto. Quindi il divenire è possibile e l’essere pure, proprio grazie alla potenza”. Ora la potenza non è il nulla ma è “non-essere in atto” ed esiste come qualcosa di intermedio tra il nulla e l’essere in atto perfetto (per esempio il legno della statua che viene cesellata pian piano non è il puro nulla, ma neppure è la statua ultimata, tuttavia esso esiste mentre l’artista lo lavora e tende all’atto perfetto e non al movimento perpetuo)[24].
Tale nozione metafisica di potenza è stata applicata da padre M. L. Guérard des Lauriers teologicamente ed acutamente al problema dell’Autorità: egli ha detto che un Papa può essere tale in atto (o formalmente) oppure solo in potenza (o materialmente). Cioè quando si elegge un Papa ed egli non ha ancora accettato l’elezione canonica è Papa solo in potenza prossima o materialmente, lo diventa in atto o formalmente quando accetta la sua elezione. Ogni uomo battezzato può essere eletto Papa e perciò egli è Papa in ‘potenza remota’; se viene eletto lo diviene in ‘potenza prossima’ e se accetta l’elezione canonica diventa Papa ‘in atto’ o formalmente (ricevendo la consacrazione sacerdotale ed episcopale).
Infatti “forma dat esse” (Aristotele e S. Tommaso). Ora un Papa senza forma o Papa materiale non esiste in atto, potrebbe esistere qualora riceva l’essere in atto, come il legno che non è sedia ma lo può divenire. L’ente esistente esiste (ex-sistit, esce fuori dal nulla o dalla sua causa) quando la sua essenza, che è in potenza all’essere come atto ultimo, riceve l’essere in atto. Perciò se i cardinali Montini, Luciani, Wojtyla o Ratzinger non ricevono la forma o l’atto ultimo di essere, non esistono come papa Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Inoltre il card. Montini o papa Paolo VI essendo morto non è più un uomo, ma un cadavere che non è soggetto né di Ordine sacro (Sacerdozio ed Episcopato), né di Giurisdizione (Papato e Vescovo di Roma). Il cadavere cade in polvere e diventa nulla, una volta separato dalla sua anima o forma prima e perciò non può ricevere l’essere o la forma/atto ultimo e non può esistere, tranne un miracolo dell’Onnipotenza divina che ridia la vita al morto (“ex nihilo nihil fit”), come avverrà alla fine del mondo con la Resurrezione dei corpi. Per cui, se il ‘Sedevacantismo’ vuole essere logico, Montini non può più diventare Paolo VI in atto d’essere e non è più neppure Papa materiale, ma è un cadavere “pulvis, cinis et nihil”. Onde se Giovanni Paolo I si fosse “convertito” (come vorrebbe la ‘Tesi di Cassiciacum’) non sarebbe stato il successore di Paolo VI, perché la catena ininterrotta dei Papi, da S. Pietro sino all’ultimo Papa vivente alla Fine del Mondo, si sarebbe interrotta e la Chiesa di Cristo sarebbe finita con la morte di Paolo VI. Ma tutto ciò è contro la Fede definita della Unità e Apostolicità della Chiesa.
Infatti, se il Papa materiale non accetta l’elezione, resta Papa in potenza prossima sino a che non muoia. Una volta morto è un cadavere e non è più un uomo battezzato, è nihil (o nulla), non è più potenza (o ens materialiter). Ora ex nihilo nihil fit (dal nulla non viene nulla). Quindi la Chiesa, secondo il ‘Sedevacantismo’, sarebbe morta. Come il legno può diventare statua in atto, ma, se marcisce e diventa polvere, non è più in potenza remota (puro legno) né in potenza prossima (legno in lavorazione, che sta diventando una statua) così il cadavere non è in potenza (neppure remota) al Papato e non diverrà mai Papa in atto. La Tesi del Papato materiale o in potenza ha avuto uno spessore filosofico e teologico iniziale notevole, ma si è esaurita con la morte di Paolo VI ed è completamente superata con l’elezione di Benedetto XVI, il quale viene ritenuto, dalla medesima Tesi, non essere vescovo e quindi “una comparsa” di Papa (Guérard des Lauriers). Ora “una comparsa” o un attore che rappresenta un Pontefice non è soggetto di Ordini sacri e di Giurisdizione (i Cardinali non eleggono un attore o uno che si presenti come Papa, ma scelgono un battezzato che accetti l’elezione canonica per diventare realmente Papa in atto) e non è neppure in potenza remota capace di diventare Papa in potenza prossima e poi in atto. Secondo il ‘Sedevacantismo’ il successore di Pio XII, dopo la morte del Papa materiale Paolo VI, che non è passato all’atto e non può più passarvi essendo defunto, non sarebbe più il successore formale di Pietro, ma sarebbe il Capo di una nuova “chiesa”, essenzialmente diversa da quella che ha fondato Gesù Cristo su Pietro, a fortiori non sarebbe il successore formale di Pietro il Pontefice eletto dopo Benedetto XVI, il quale è solo una “comparsa di Papa” e neppure un “Papa materiale”. Ma ciò è contrario alla Fede cattolica rivelata e definita, che insegna l’apostolicità formale ed ininterrotta dei Papi da S. Pietro sino alla fine del mondo.
Se i “gerarchi” ecclesiali e spirituali (Papa e Vescovi) sono i successori formali di Cristo, di Pietro e degli Apostoli, sono la Chiesa di Cristo quale Cristo l’ha voluta; altrimenti sono il prodotto di una Tesi intellettuale elaborata in uno stato di “emergenza”. Ma non è il pensiero umano a creare la realtà anche in stato di estrema emergenza, non è una Tesi teologica a fondare la vera Chiesa di Cristo. Tale “chiesa”, prodotto dell’intelletto umano ed essenzialmente diversa dalla Chiesa gerarchica e visibile di Cristo, mi sembra piuttosto una “chiesa pneumatica”. Il reale stato di emergenza o necessità in cui ci troviamo non ci autorizza a cambiare l’essenza della Chiesa, quale Cristo l’ha voluta e fondata, idealizzandone una in fieri o in potenza o materiale, che non è ma diviene senza passare all’atto da oltre mezzo secolo. La Chiesa è stata, è e sarà in atto, non in divenire, proprio come Cristo è hodie, heri et in saecula, “semper idem” e non “semper in fieri”. La successione apostolica vera è quella formale, alimentata dalla sua radice, che è la ‘Pietra’, Cristo, e il suo Vicario in terra, ‘Pietro’. S. Agostino insegna che una semplice successione materiale, non unita formalmente con la sua radice, sarebbe sterile[25]. Come un tralcio (Vescovi/Apostoli) che parte da rami recisi e secchi (Papa/primo e Principe degli Apostoli) non è vivo e fruttuoso. Togli il primo e crolla tutto l’edificio. Così una successione apostolica solamente materiale è crollata, morta e mortifera. È una “successione” o “protuberanza” storica, cronologica, materiale, fisica, ma non formalmente apostolica, viva e vivificante[26].
Conclusione
Per questi motivi mi sembra che non si possa ammettere il ‘Sedevacantismo’ come teologicamente probante, mentre la ‘Sede Vacante ad ogni morte di Papa’ è un fatto e “contra factum non valet argumentum”.
Metter assieme le diverse correnti o Tesi che tentano di spiegare la situazione attuale nella Chiesa di Cristo è un’utopia “tradizional-ecumenistica”, ma non spararsi addosso tra antimodernisti per mirare, invece, sul modernismo è una possibilità reale. “In coertis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas!”.
d. Curzio Nitoglia
[1] DB 355, S. Gregorio VII, Sinodo di Roma (11 febbraio 1079); DB 430, Innocenzo III, IV Concilio Lateranense (30 novembre 1215); DB 581, Gregorio XII, Concilio di Costanza (22 febbraio 1418); DB 884, Giulio III, Concilio di Trento (11 ottobre 1551); DB 1529, Pio VI, Costituzione Auctorem fidei (28 agosto 1794) ; DB 2045, S. Pio X, Decreto Lamentabili (3 luglio 1907); DB 2318, Pio XII, Enciclica Humani generis (12 agosto 1950); cfr. S. Tommaso d’Aquino, S. Th., III, q. 60; A. Piolanti, I Sacramenti, Firenze, 1956.
[2] Non lo rinnego, “chi rinnega è un rinnegato”, ma ne ho preso e ne prendo le distanze, poiché ritengo non abbia quella certezza che presume di avere. Il “Sedevacantismo totale” non mi ha mai convinto. La “Tesi di Cassicìacum” sì, ora non più. Non sono infallibile, non detengo nessuna autorità, mi permetto soltanto di esprimere le mie convinzioni senza voler scomunicare, accusare di eresia formale o scisma nessuno. “In una notte nera, un prete nero, su una pietra nera, solo Dio lo può vedere”, dice il proverbio. Nella situazione attuale, la quale mi sembra essere la più grave che ha travagliato ma non vinto la Chiesa, ci si trova nel buio, come durante la Passione e Morte di Gesù: “tenebrae factae sunt” (Lc., XXIII, 44); “haec est ora potestas tenebrarum” (Gv., XVIII, 20) ed è molto difficile vedere chiaro … al buio.
[3] Confessione ed Estrema Unzione comprese, quando la Teologia Morale e il Diritto Canonico insegnano che in periculo mortis un cattolico può chiedere l’assoluzione e l’Estrema Unzione anche ad uno scismatico, uno scomunicato o un eretico (CIC, can. 870-936; 937-947; 1258). Perciò negare la possibilità ai fedeli di confessarsi, dacché i sacerdoti ‘non una cum’ non sono dappertutto, significa esporli al rischio di dannazione, commettendo un abuso di potere, che va contro la dottrina morale e canonica comunemente insegnata dalla Chiesa.
[4] Ben fondata metafisicamente sino alla morte del primo Papa materiale, ma debole nelle conseguenze pratiche, storiche, giuridiche e canoniche. Infatti padre Guérard des Lauriers stimava poco, anzi guardava con sufficienza i canonisti. Invece la Chiesa non è solo un’entità pneumatica, mistica, spirituale o “meta – fisica”, ma è anche un Corpo, una Società giuridica perfetta, composta da esseri umani battezzati e da una Gerarchia fatta di uomini, che vivono durante la storia umana, i quali si trovano a dover affrontare situazioni morali, pratiche e contingenti, non solo metafisiche, speculative e dogmatiche. San Roberto Bellarmino la definisce: “la Società dei battezzati, che professano la stessa Fede, partecipano agli stessi Sacramenti e dipendono dai legittimi Pastori , i Vescovi, e specialmente dal Romano Pontefice”. Il Catechismo di san Pio X (12 ottobre 1912) riprende questa definizione al n. 105, inoltre al n. 110 insegna: “la Chiesa di Gesù Cristo è una, perché tutti i suoi membri ebbero, hanno ed avranno sempre […] il Romano Pontefice, successore di san Pietro, formando così tutti un sol Corpo, il Corpo Mistico di Gesù”. Pio XII ha esplicitato tale definizione parlando di “Corpo” giuridico e nello stesso tempo “Mistico” o soprannaturale (Enciclica Mystici Corporis Christi, 1943). La Chiesa è divina o soprannaturale e spirituale quanto alla causa efficiente (Dio che l’ha fondata), alla causa finale (il Cielo cui conduce), i mezzi che forniscono la Grazia di cui Dio l’ha dotata (i Sacramenti), ma è umana quanto alla causa materiale, fedeli e Pastori che la compongono (i battezzati, i Vescovi ed il Papa). Questi due elementi della Chiesa non possono essere scissi, ma debbono essere sempre uniti e studiati unitamente, come il corpo e l’anima nell’uomo.
[5] L’onus probandi che (secondo l’interpretazione più restrittiva del Concilio Vaticano I) almeno due vescovi con giurisdizione sono rimasti nelle loro Diocesi durante il periodo di attualmente supposta “sede vacante” (1965-2013) spetta ai ‘sedevacantisti’. Non si può fare una petizione di principio: siccome almeno due vescovi sono necessari per garantire la permanenza della Chiesa gerarchica, allora è assolutamente certo che vi sono stati e continuano ad esservi due vescovi con giurisdizione, i quali insegnano la vera dottrina e celebrano la Messa tradizionale non “una cum” (Magisterium), non accettano pubblicamente quella falsa del Vaticano II e la comunione con il Papa materiale (da Paolo VI a Benedetto XVI); hanno il potere d’Ordine (Sacerdotium), essendo stati ordinati sacerdoti e consacrati vescovi prima del 1970, ed infine governano le anime con leggi che le conducono in Cielo (Imperium), rifiutando quelle false del Vaticano II e del post-concilio. Siccome la gerarchia della Chiesa deve essere facilmente riconoscibile, il ‘Sedevacantismo’ ci indichi quali sono questi due vescovi. La teoria della Chiesa che sussiste nei veri fedeli e sacerdoti “tradizionalisti” è contraria alla Istituzione divina della Chiesa, diretta immancabilmente da un Episcopato monarchico sia nelle Diocesi (Vescovi), sia nella Chiesa universale (Papa). Inoltre questi vescovi senza il ‘Vescovo dei vescovi’ ossia un Papa, ‘il primo o il Principe degli Apostoli’, in atto sono ‘a-cefali’, ma un Corpo senza Capo è morto, perciò il ‘Sedevacantismo’ non assicura la sussistenza della Gerarchia ecclesiastica, la quale è petrina ed episcopale per volontà divina che ha voluto una Chiesa fondata su un Papa (successore di Pietro e non una sua “comparsa”) e sui Vescovi (successori degli Apostoli).
[6] Cfr. B. Gherardini, La Cattolica. Lineamenti d’ecclesiologia agostiniana, Torino, Lindau, 2011, pp. 77-78.
[7] S. Aug., Ep., 53, 1, 2.
[8] Dal latino “in” – “deficere”, non venir meno, non cessare.
[9] C. Mazzella, De Religione et Ecclesia, Roma, 1892, n. 738.
[10] F. Roberti – P. Palazzini, Dizionario di Teologia Morale, Roma, Studium, IV ed., 1968, voce “Conclave”, vol. I, p. 360.
[11] “Cardinal Penitenziere Maggiore” è il Cardinale che presiede alla “Sacra Penitenzieria Apostolica”, la quale nella Curia Romana è il “primo Tribunale Ecclesiastico”. Tribunale di misericordia, di perdono e di redenzione, quasi appendice del sacramento della Confessione per i casi più difficili o riservati alla S. Sede. Esso concede assoluzioni, dispense, commutazioni e condonazioni per il solo foro interno. Al foro esterno provvedono le altre Congregazioni o Dicasteri della Curia Romana (cfr. C. Berutti, De Curia Romana, Roma, 1952). La S. Penitenzieria risale ai tempi più remoti della Chiesa (cfr. Benedetto XIV, Costituzione Apostolica In Apostolicae, 13 aprile 1744; Pio XI, Cost. Apost., Quae divinitus, 25 marzo 1935), “quale fontana aperta ai fedeli per l’abluzione dei peccati” (Pio XI, Cost. cit.). “In caso di Sede Vacante, il Cardinal Penitenziere Maggiore non solo conserva tutte le sue facoltà, ma può anche – nei casi di grave e urgente necessità – fare quello che di solito è riservato personalmente al Papa” (Pio XI, Cost. Apost., Quae divinitus, cit., n. 12; Pio XII, Cost. Apost., Vacantis Apostolicae Sedis, 8 dicembre 1954, n. 17). Se durante la Vacanza della Sede Apostolica morisse il Card. Penitenziere Maggiore, gli altri Cardinali raccolti in Conclave devono riunirsi quanto prima per eleggere un Cardinale, che durante la Vacanza della S. Sede, avrà l’ufficio di Penitenziere Maggiore (Pio XII, Cost. Apost., Vacantis Sedis Apostolicae, cit., n. 14). Come si vede il periodo di Sede Vacante è assai diverso dal periodo contemplato dal “Sedevacantismo”, nel quale vi è l’assenza almeno attuale se non totale di ogni Autorità Papale, Cardinalizia ed Episcopale, data l’Eresia del Papa, dei Cardinali e dei Vescovi che seguono gli errori del Vaticano II (“Sedevacantismo assoluto”) o la mancanza di volontà oggettiva di fare il bene della Chiesa (“Sedevacantismo mitigato”).
[12] “Cardinal Camerlengo” è il Cardinale che presiede la “Camera Apostolica”, la quale amministra tutti i beni e le rendite della S. Sede e della Città del Vaticano durante la “Sede Vacante” (Pio X, Cost. Apost., Vacante Sede Apostolica, 25 dicembre 1908). Cfr. G. Felici, La reverenda Camera Apostolica, Città del Vaticano, 1940.
[13] “Sacre Congregazioni”, chiamate anche Dicasteri o Congregazioni Romane, sono organi collegiali, costituiti da vari Cardinali, che coadiuvano il Papa a governare la Chiesa. La loro competenza è solo di foro esterno. Cfr. N. Del Re, La Curia Romana, Roma, 1941.
[14] “Tribunali Ecclesiastici” sono gli Organi dell’Ordinamento Giudiziario Canonico della Chiesa, che amministrano la giustizia, ossia giudicano imperativamente le controversie che sorgono nell’applicazione e nell’osservazione, in casi particolari, della Legge emanata dagli Organi Ecclesiastici Legislativi. Nella Chiesa vi sono Tribunali centrali o Romani, che hanno competenza per cause canoniche o di diritto ecclesiastico in tutto il mondo. Inoltre vi sono Tribunali Diocesani (periferici o locali), che hanno competenza solo sulla Diocesi particolare. Cfr. F. Roberti, De Processibus, I, Roma, 1941; F. Della Rocca, Istituzioni di Diritto processuale canonico, Torino, 1946).
[15] Cfr. Vittorio Bartoccetti, voce “Conclave”, in “Enciclopedia Cattolica”, Città del Vaticano, 1950, vol. IV, coll. 176-183.
[16] Lo stesso paragone vale per un Cardinale scismatico o eretico eventualmente eletto Papa. Se l’ateo è eletto validamente a maggior ragione lo è l’eretico, che non nega tutta la Religione, ma solo alcuni suoi Dogmi. Per cui la Bolla di Paolo IV (Cum ex Apostolatus officio, 15 febbraio 1559, in Bullarium Romanum, Torino, 1862, vol. VI, pp. 551-556, tr. it., in S. Z. Ehler – J. B. Morrall, Chiesa e Stato attraverso i secoli, Milano, Vita e Pensiero, 1958, pp. 207-213) decade come la Sanzione riguardante la Simonia di Giulio II del 1505. Inoltre la Bolla di Paolo IV «è un atto disciplinare della Chiesa, che riassume tutte le precedenti scomuniche e deposizioni dalle funzioni della Chiesa di tutti i dignitari. […]. Durante il pontificato di Paolo IV Gian Pietro Carafa (1555-1559) lo scisma protestante raggiunse proporzioni molto vaste. […]. Contro questa minacciosa marea insorse fortemente il papa Gian Pietro Carafa. […]. L’atmosfera era talmente arroventata che Paolo IV giunse persino a temere defezioni nello stesso Collegio Cardinalizio. I suoi dubbi riguardavano particolarmente l’influente cardinale Morone, la cui possibile elezione alla Santa Sede era causa di grandissima apprensione per Paolo IV. […]. La Bolla Cum ex Apostolatus officio […] prevede la possibile elezione di un Papa di dubbia ortodossia […] circa il cardinal Morone. La Bolla dichiara invalida l’elezione al Trono pontificio di qualsiasi candidato, che in precedenza si sia dimostrato convivente con gli scismatici Luterani» (S. Z. Ehler – J. B. Morrall, Chiesa e Stato attraverso i secoli, cit., “Bolla Cum ex Apostolatus officio”, Commento, p. 206). Non essendo stata ripresa da CIC del 1917 ed essendo un atto disciplinare decade ipso facto anche se non abrogata esplicitamente come la Bolla di Giulio II del 1505 sulla Simonia.
[17] S. Negro, L’ordinamento della Chiesa cattolica, Milano, 1940.
[18] A. Piolanti, I Sacramenti, Firenze, 1956, Id., Corpo Mistico e Sacramenti, Roma, 1955; A. Lanza – P. Palazzini, Sacramenti e vita sacramentale, Roma, 1957; L. Billot, De Ecclesia Christi, vol. I, tesi 15- 24, Roma, 1927; R. Zappelena, De Ecclesia, II ed., Roma, 1954; A. Ottaviani, Institutiones Iuris Publici Ecclesiastici, vol. I, Roma, 1936; A. Vellico, De Ecclesia, Roma, 1940; E. Ruffini, La Gerarchia della Chiesa, Roma, 1921; S. Tommaso d’Aquino, S. Th., II-II, q. 39, a. 3.
[19] Si noti che l’escamotage di un Collegio cardinalizio soltanto materiale, il quale può eleggere validamente un Papa, ma non governare in atto la Chiesa, non salva l’apostolicità formale. Infatti se il Papa materiale non passa all’atto e diventa Papa formale la catena ininterrotta dei Papi si spezza e la Chiesa finisce.
[20] L’Episcopato è: 1°) monarchico (“uno solo è il Vescovo per ogni chiesa o Diocesi”, S. Ignazio Martire †107, Philadelphi, IV, 1); 2°) per Volontà o Istituzione divina (S. Ign., Eph., II, 2; Id., Trall., XIII, 2; Id., Philadel., III, 2; Id., Smyrn., VIII, 1; Id., Eph., V, 3); 3°) come norma inderogabile (S. Ign., Philadelph., VII, 1: “sine Episcopo nihil faciatis”). Infatti i Padri ecclesiastici sin dall’80 d. C. (da S. Ignazio di Antiochia, Ephes., I, 2; Damas di Magnesia, Magn., II, 1; Polibio di Tralle, Trall., I, 1; sino a Policarpo di Smirne, Ad Polyc., prologo) lo insegnano in maniera moralmente unanime, fondandosi sulla S. Scrittura (Act., XX, 28; Philip., I, 1; 1 Tim., III, 4; Tit., I, 7; 1 Petri, II, 25). Quindi tale verità è contenuta nelle due Fonti della Rivelazione (Tradizione e S. Scrittura) e proposta a credere dal Magistero (Conc. di Trento, sess., XXIII, c. 4, DB 960; Conc. Vat. I, sess. IV, c. 3, DB 1828; S. Pio X, Decreto Lamentabili, DB 2050 e 2147), il “Codice di Diritto Canonico” (can. 329, & 1) ne sancisce la Istituzione divina.
Perciò la chiesa diocesana e a maggior ragione la Chiesa universale non può essere governata dai sacerdoti collegialmente e a fortiori dai fedeli, ma immancabilmente deve esservi il Vescovo (minimo due in tutto il mondo) con giurisdizione nella Diocesi e il Papa con giurisdizione in atto nella Chiesa universale e non “una comparsa di Papa” (S. Ignazio Martire, Ad Rom., cap. IX). La “comparsa” di Papa e due vescovi in incognito sono una Chiesa pneumatica e non visibile e quindi non sono la Chiesa di Cristo (cfr. A. VELLICO, De Ecclesia, Roma, 1940, pp. 229-242; Id., De episcopis iuxta doctrinam catholicam, Roma, ed. privata, 1937).
[21] Solo Dio crea dal nulla.
[22] Il legno è in potenza statua o sedia …, ma passa all’atto di statua o sedia … solo grazie ad un falegname, che è una causa efficiente esistente in atto. Se il legno marcisce e diventa polvere e poi nulla, senza essere prima diventato sedia in atto, esso non è più sedia in potenza poiché “ex nihilo nihil fit”. Idem per il card. Montini, Luciani e Wojtyla, che, essendo morti senza essere divenuti Papi in atto o formalmente, non hanno più la potenza di ricevere la forma o l’atto del Papato (“dal nulla non viene nulla”): da un morto non può venire un Papa, poiché è nulla e non è potenza o capacità di ricevere la forma del Papato.
[23] Dalla sedia o statua non viene la sedia o statua in atto, poiché è già sedia o statua in atto.
[24] Per capire la ‘Tesi di Cassiciacum’ occorre conoscere la vera definizione di materia e forma, potenza e atto, essenza ed essere. Si leggano, dunque, le prime tre delle ‘XXIV Tesi del Tomismo’, approvate da Benedetto XV, sulla nozione e la distinzione reale tra potenza/atto, essenza/essere e la ‘Tesi VIII’ su materia/forma. Infatti non si può capire tale ‘Tesi’ se prima non si conosce cos’è la materia, la forma, la potenza (remota e prossima), l’atto, il nulla, l’essere come atto ultimo di ogni perfezione e l’esistere.
San Pio X incaricò nell’inverno del 1914 il padre gesuita Guido Mattiussi di precisare il pensiero di S. Tommaso sulle questioni più gravi in materia filosofica, e di condensarle in pochi enunciati chiari ed inequivocabili. Nell’estate del 1914 il card. Lorenzelli, Prefetto della ‘S. Congregazione degli Studi’, presentò le ‘XXIV Tesi’ compilate da Mattiussi a San Pio X, che le approvò il 27 luglio del 1914 (AAS, 1914, p. 338). Poi Benedetto XV impose a p. Mattiussi di scrivere su La Civiltà Cattolica un ‘Commento delle XXIV Tesi’, che fu pubblicato a Roma dall’Editrice Gregoriana nel 1917. Il 7 marzo 1916 la ‘S. Congregazione degli Studi’ a nome del papa Benedetto XV stabilì che “Tutte le XXIV Tesi filosofiche esprimono la genuina dottrina di San Tommaso e son proposte come sicure (tutae) norme direttive” (AAS, 1916, p. 157). Il Magistero ecclesiastico con papa Benedetto XV, nel 1917, decise che “le XXIV Tesi dovessero essere proposte come regole sicure di direzione intellettuale”. Nel medesimo anno il ‘CIC’ nel canone 1366 § 2 additava il ‘Decreto di approvazione delle XXIV Tesi’ come fonte dell’obbligo di studiare la filosofia tomistica.
Perciò solo chi studia la prima, seconda, terza ed ottava delle ‘XXIV Tesi del Tomismo’ (già commentate su questo stesso sito, o presso www.doncurzionitoglia.com) può intraprendere lo studio della “Tesi di Cassiciacum”.
[25] Psalmus contra partem Donati, PL 43, 30.
[26] S. Aug., Ep. 223, 3. Cfr. B. Gheradini, La Cattolica, cit., pp. 121-124.
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