Conclave: lo Spirito Santo non sfonda le porte domanda sempre permesso altrimenti si attiene anch’esso al comando extra omnes.
Tra bufale col Melloni,
il mercato tele-ortofrutticolo del “secondo me” dogmatico…dei “cattolici” adulti sedicenti
…Infine in conclave vi sono entrati i diretti responsabili del disastro in cui oggi versa la Chiesa e che per questioni di diplomazia non potevano essere estromessi. Infatti, come tutti ben sappiamo, Cristo non ci ha affidato il suo Corpo Mistico, ci ha affidato un Corpo Diplomatico!
Qualcuno, in modo tanto romantico quanto surreale e irresponsabile potrebbe dire: “Ma non preoccuparti e non essere pessimista. Tanto ci pensa lo Spirito Santo!”. No. Non ci pensa affatto lo Spirito Santo. Perché Dio si propone, non si impone. Dio bussa alle porte, non le sfonda; e se la libertà dell’uomo non gli apre, lo Spirito Santo di Dio se ne torna da dov’è venuto. Dio ha bisogno del libero consenso degli uomini, per poter operare e compiere straordinarie meraviglie. Questo mi preoccupa in questo conclave: la libertà di non pochi uomini che nella loro vita liberi non sono mai stati, perché solo la Verità, come dice l’Apostolo Giovanni, ci farà liberi. E la Verità reclama sempre la nostra libertà.
di Ariel S. Levi di Gualdo
TRA MELLONI E BUFALE IL MERCATO RIONALE DEI “SECONDO ME”
A partire dall’evento storico dell’11 febbraio, quando Sua Santità Benedetto XVI annunciò la propria rinuncia al ministero petrino per divenire alle ore 20 del 28 febbraio Vescovo Emerito di Roma, si è aperto il teatrino mediatico che ha concorso a de-sacralizzare in ogni modo l’ufficio del Romano Pontefice.
Il sacro e supremo ufficio del Romano Pontefice non nasce da quelle assemblee collegiali in odore di collettivo anni Settanta, come ha vaneggiato a più programmi televisivi l’onnipresente dossettiano Alberto Melloni, indomito propagatore del “suo” Concilio Ecumenico Vaticano II, oggettivamente diverso nella forma e nella sostanza teologica ed ecclesiale dal Concilio Ecumenico Vaticano II celebrato e codificato dai Padri del Collegio Episcopale col suggello di Giovanni XXIII e di Paolo VI. Perché piaccia o non piaccia, senza il placet di Pietro un concilio ecumenico non è neppure pensabile e, semmai fosse anche celebrato, non sarebbe valido. Ciò con buona pace di certa dossettiana o alberighiana collegialità, posto che la tradizione collegiale è lungi dal nascere e dal morire con la discutibile Scuola di Bologna.
I compagni Melloni e Napolitano
A Melloni e ai suoi compagni, che di rete televisiva in rete televisiva si attaccano a un’idea molto soggettiva e confusa di concilio, nei loro tormenti (e tormentoni) ideologici di collegialità sconfinanti sovente nel democraticismo parlamentare, sfugge di prassi quello che recita una delle due costituzioni dogmatiche di quel Vaticano II al quale spesso si richiamano in modo ambiguo: « Il Collegio o Corpo dei Vescovi non ha autorità, se non lo si concepisce insieme con il Romano Pontefice […] quale suo capo. Come tale, questo Collegio, è pure soggetto di suprema e piena potestà su tutta la Chiesa: potestà che non può essere esercitata se non con il consenso del Romano Pontefice» [Costituzione Dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, 22: AAS 57 (1965) 26; cf CIC can. 336].
TRA “COLORE DELLE SCARPE DEL PAPA EMERITO” E TENTATIVO DI FARE LE SCARPE AL SUCCESSORE
Ciò che in Melloni move il sole e l’altre stelle: la sua ideologia e militanza a sinistra. Il resto è una copertura.
Il sacro e supremo ufficio del Romano Pontefice nasce da una chiara frase imperativa che Nostro Signore Gesù Cristo in persona ha pronunciato: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno su di essa, a te darò le chiavi del Regno dei Cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» [Mt. 16, 18 – 19]. Sia in traduzione sia nel testo originale greco la frase non passibile di acrobatiche interpretazioni e costituisce una verità di fede dogmatica fondante, perché su questa “pietra” il Cristo edifica la sua Chiesa. Valuti pertanto il buon senso di qualsiasi cattolico cosa di per sé comporta, sul piano dogmatico ed ecclesiale, andare in qualche modo a scuotere questa pietra fondante.
Ecco allora che in questi giorni di non poca tragicità per la Chiesa, giornalisti cattolici e vaticanisti in testa hanno totalmente sorvolato il delicatissimo elemento dogmatico ed ecclesiologico. Erano troppo impegnati a dare notizia che il Vescovo Emerito di Roma non avrebbe più indossato le scarpe rosse e che dalla veste talare propria del Romano Pontefice sarebbe stata eliminata la mantellina.
La “pietra” sulla quale si edifica la Chiesa è stata dunque ridotta a un pezzo da sartoria e presto, da un giornale all’altro del mondo, si sono versati fiumi d’inchiostro per descrivere dove e come il Vescovo Emerito di Roma vivrà, come è stata allestita e restaurata la sua nuova residenza …
Un esercito di giornalisti pungolati da “teologi” e “cattolici” cosiddetti adulti hanno parlato di “rottura epocale” dopo la grande “rottura operata dal Concilio Vaticano II”. Ignari in modo colpevole, o del tutto inconsapevole, o peggio ignorante, che il Vaticano II non ha rotto proprio niente. È stato una coerente e teologica continuità dell’intera tradizione conciliare che parte dal lontano Concilio di Nicea [anno 325].
Abbiamo veramente udito il peggio del peggio: Bruno Forte ha parlato a Rai1 di “papato collegiale”, altri di “papato a termine”, all’insegna del tutto provvisorio e del tutto relativo, immemori che, sacramentalmente parlando, non solo si è per sempre, ma parecchio di più ancora: si è in eterno. Per esempio: io non sono stato consacrato sacerdote a tempo, neppure e solo per questo mondo, ma in eterno.
In questa riflessione non intendo dissertare né sul concetto di per sé aberrante di “Romano Pontefice Emerito” né sul pontificato in sé, desidero fare solo alcune riflessioni sul conclave che si è appena aperto oggi, poche ore fa.
QUELLA DECINA DI PORPORE CHE IL PAPA NON HA TOLTO… E CHE ORA…
L’inqualificabile personaggio del teologo dalle molte idee e tutte belle confuse, quasi nessuna cattolica, Bruno Forte. Che stante il meccanismo impazzito del Vaticano, paradossalmente continua ad avanzare nella sua carriera ecclesiastica
La potente cordata a causa della quale Benedetto XVI è stato portato alla sua estrema rinuncia, non mancando prima e dopo di far capire in tutti i modi che la Chiesa – e la curia romana in particolare – era ormai ingovernabile, è molto ben rappresentata in conclave. Questo perché il mite e misericordioso Benedetto XVI, tra l’11 e il 28 febbraio, non ha reputato opportuno togliere almeno una decina di porpore ad altrettanti cardinali elettori. Presumibilmente per questioni di misericordia e per una definizione teologica tutta quanta nuova di umiltà e di carità, proprio come se il Cristo non ci avesse mai invitati a recidere gli arti infetti per evitare che la cancrena assalisse l’intero corpo [Mt. 5, 27-32], come se mai fosse entrato dentro il tempio a cacciare i mercanti a colpi di frusta [Mc. 11:11, 15-19; Lc. 19:45-48; Gv. 2:13-22].
La Chiesa ha bisogno vitale di urgenti riforme strutturali e la curia romana va per certi versi ripensata. Necessità alla quale è palesemente avverso un nutrito gruppo di cardinali ormai alienati al di fuori di ogni concreto reale sociale ed ecclesiale, ripiegati sulla malattia incurabile del potere per il potere, incapaci a vedere e a vivere la Chiesa come un fenomeno universale. Secondo i loro punti di vista è infatti l’universale che deve servire Roma, non Roma a servire quell’universale che costituisce il corpo della Chiesa universale, di cui Roma è madre e capo.
La particolarità di questo conclave è data dal fatto che al suo interno dovrà scontrarsi in modo più o meno aperto il bene con il male, ma soprattutto i buoni vescovi contro i cattivi vescovi che il male alla Chiesa lo hanno inflitto, spesso con non poco scandalo per il mondo e per il buon Popolo di Dio.
Alcuni ottimi elementi e diverse figure forti sono presenti in questo conclave, ma incontreranno molte resistenze da parte di un gruppetto di traviati perfettamente in grado di ricattare svariati cardinali che dentro i loro armadi non conservano pannicelli profumati di lavanda. È presto detto: costoro cercheranno di puntare in ogni modo su una persona debole e manipolabile che garantisca la conservazione del loro status quo.
DAL CORPO DI CRISTO AL CORPO… DIPLOMATICO
Alle spalle del Romano Pontefice sin dall’inizio.
Sulla tomba di un santo papa di nome Pio, sepolto fra due papi che la leggenda voleva assai più discutibili, si disse: “Hic iacent Pius inter impius”
In questo conclave sono entrati anche alcuni autentici santi. Sono entrati alcuni uomini forse non ancora santi ma sulla buona strada per divenire tali, dotati in più di carattere e di comprovate capacità di governo. Vi sono entrati ometti e mezze figure di desolante mediocrità che si sono costruiti il cardinalato fin da quand’erano seminaristi, passando gran parte delle loro povere esistenze a compiacere per poter essere infine essi stessi finalmente compiaciuti. Infine vi sono entrati i diretti responsabili del disastro in cui oggi versa la Chiesa e che per questioni di diplomazia non potevano essere estromessi. Infatti, come tutti ben sappiamo, Cristo non ci ha affidato il suo Corpo Mistico [Col. I, 24], ci ha affidato un Corpo Diplomatico!
Qualcuno, in modo tanto romantico quanto surreale e irresponsabile potrebbe dire: “Ma non preoccuparti e non essere pessimista. Tanto ci pensa lo Spirito Santo!”.
No. Non ci pensa affatto lo Spirito Santo. Perché Dio si propone, non si impone. Dio bussa alle porte, non le sfonda; e se la libertà dell’uomo non gli apre, lo Spirito Santo di Dio se ne torna da dov’è venuto. Dio ha bisogno del libero consenso degli uomini, per poter operare e compiere straordinarie meraviglie.
Questo mi preoccupa in questo conclave: la libertà di non pochi uomini che nella loro vita liberi non sono mai stati, perché solo la Verità, come dice l’Apostolo Giovanni, ci farà liberi [Gv. 8,32]. E la Verità reclama sempre la nostra libertà.
… mentes tuorum visita.
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