L'invocazione di Sodano: Dio ci conceda un Papa generoso. Quattro votazioni in programma oggi. La profezia di Dolan: il successore entro domani sera. La decisione di andare alla conta immediatamente per scremare le candidature
di MARCO ANSALDO
L'attesa in Piazza San Pietro
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CITTÀ DEL VATICANO - Quando un'onda di fumo nero, pure ben visibile nel buio, è sgorgata dal comignolo sistemato acrobaticamente dai pompieri sopra la Cappella Sistina, non c'è stata sorpresa in piazza san Pietro. Era un fumo denso, che non ha generato equivoci nei drappelli di fedeli radunatisi sotto la pioggia. E il "Nooo..." che è scaturito tra le colonne del Bernini era contenuto e non sapeva troppo di delusione. Nessuno si aspettava davvero che il nuovo Papa uscisse dal balcone il primo giorno, e mai nella storia dei Conclavi si è verificato uno scrutinio tanto rapido.
Dentro, alla stufa di rame piazzata davanti al portone ormai chiuso della cappella, i cardinali si sono dati daffare con i candelotti scuri. Hanno poi recitato i vespri, si sono trasferiti in pullman alla Casa santa Marta dove alloggiano, hanno desinato con pietanze leggere, e cominciato a parlare tra loro. Un dialogo intenso, divenuto nella notte una trattativa capace oggi di dare i suoi primi frutti nei quattro scrutini che potrebbero portare all'elezione del Papa nuovo. Nei conciliaboli attorno al desco, nella sala dei divani che porta alle stanze assegnate a sorte, i sostenitori di Angelo Scola, hanno provato a dare un senso ai primi voti ottenuti dall'arcivescovo di Milano. Mentre la vecchia guardia curiale si è invece riunita sotto l'ala protettrice, oggi ancora potente, del camerlengo, Tarcisio Bertone. Il primo scrutinio, l'unico previsto ieri secondo tabella, è stato un tentativo di capire di quante preferenze dispone una parte, e di quante l'altra. Un referendum pro o anti-Scola, insomma. E se possa poi esistere, come sembra, una terza fazione, quella dei cardinali peones, stimabili però sulla cinquantina di voti, quindi importante, per dare semmai vita a una candidatura fino a oggi inattesa e alternativa.
Ma questa sarà la storia di oggi. Ieri, intanto, le cerimonie antiche della giornata inaugurale - dalla "Missa pro eligendo Pontifice" al trasferimento dei 115 cardinali alla "Domus Santae Marthae", dalla processione dei porporati elettori al loro giuramento, dall'"Extra omnes!" con la chiusura ermetica delle porte alla meditazione finale degli eminentissimi - hanno emozionato i gruppi di romani e di turisti. Tutti rimasti per lunghe ore con gli occhi attaccati ai quattro grandi teleschermi sistemati giusto sotto la basilica, che davano fase per fase, momento per momento, l'intera diretta.
Nel nastro che riavvolge all'indietro il primo giorno di Conclave le immagini da fissare appaiono molte. Particolarmente quelle inattese. Lo sguardo azzurro di padre Georg, il segretario particolare del vecchio Papa, rientrato in Vaticano nelle sue funzioni diplomatiche di prefetto della Casa Pontificia dopo l'abbandono di Benedetto XVI. E il volto turbato di Odilo Pedro Scherer, il papabile brasiliano che dopo tre gaffes consecutive - la confusione fra il V e il VII Comandamento, la caduta dell'ostia dalle sue mani nella messa di domenica, l'appoggio alla Curia di Tarcisio Bertone nonostante le dure critiche dei cardinali - ha capito di avere forse perso una reale possibilità di competizione.
I teleschermi offrono primi piani. L'arcivescovo di Milano, Angelo Scola, presta giuramento con voce solenne. Molti suoi confratelli lo osservano con attenzione mentre posa la mano sulla Bibbia. Sembrano chiedersi: toccherà davvero a lui? Sull'altro fronte, i cardinali Calcagno e Versaldi, fedelissimi di Bertone ed entrambi a capo di dicasteri determinanti per le finanze vaticane, siedono uno accanto all'altro. Il segretario di Stato, ora in funzione di Camerlengo, sa di poter contare almeno all'inizio su alcuni voti certi.
La processione dei porporati dalla Cappella Paola alla Sistina, aperta dalla formula in latino di Giovanni Battista Re, il più anziano tra i cardinali, avviene sotto le note, ben scandite dalle voci degli eminentissimi, dell'Ora pro nobis. È una nenia lenta, magica, volutamente ripetitiva. Tale però da infondere solennità all'evento. Uno dopo l'altro, con passo cadenzato, i cardinali varcano il portone che conduce alle volte affrescate da Michelangelo, attraversano la grata che sale all'altare, e si accomodano su quattro file di banchi dopo essersi inchinati e aver prestato giuramento. "Spondeo, voveo ac iuro..." (prometto, mi obbligo e giuro). Molti di loro non sono mai stati qui prima. Alcuni guardano in alto, verso l'immagine del Giudizio Universale, e paiono emozionarsi. Un porporato sbaglia strada, e viene rimesso dagli assistenti nella fila giusta. Davanti a sé, ognuno ha una cartellina di pelle rossa, i libri sacri con la copertina verde (l'Ordo rituum conclavis e la Costituzione apostolica Universi dominici gregis che regola la sede apostolica), un segnaposto bianco con il nome. Si accomodano su sedie di ciliegio semplici ed eleganti. Posano la berretta rossa sulla cartellina.
Con un soffio di voce, il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, monsignor Guido Marini, pronuncia l'"Extra Omnes!". Fuori tutti. Personale e accompagnatori lasciano così lentamente la sala. Il portone si chiude. Una. Due volte, viene sbattuto. Il rimbombo, amplificato dai quattro maxischermi sistemati in piazza rimbalza oltre le Mura vaticane. Sono ora in 115, dentro. Esclusi dal mondo. Senza televisori, telefoni, computer. A disposizione, una selva di candelotti neri e una manciata di bianchi per comunicare all'esterno la scelta finale. E sarà l'Habemus Papam. Davanti alla pesante porta di legno, due guardie svizzere con l'alabarda in mano fanno buona guardia. "I cardinali li abbiamo contati tutti prima di uscire - rivelerà con la consueta ironia il portavoce papale, padre Federico Lombardi - sono tutti in ottima forma".
Al mattino, la "Missa pro eligendo Pontifice", per la maggior parte tenuta in latino, era stata guidata, come vuole la tradizione, dal cardinale Decano, Angelo Sodano. Otto anni fa, quell'incarico apparteneva a Joseph Ratzinger. Sodano ha più di 80 anni, e per questo non entra in Conclave. Ma l'ex segretario di Stato ha la possibilità di dire la sua, durante nell'omelia. E non si fa attendere. "Miei fratelli - dice dall'altare della Basilica - preghiamo perché il Signore ci conceda un Pontefice che svolga con cuore generoso tale nobile missione". E poi aggiunge: "L'atteggiamento fondamentale di ogni buon Pastore è dunque dare la vita per le sue pecore.
Questo vale soprattutto per il successore di Pietro, pastore della Chiesa universale". Parole lette da alcuni osservatori come un'indicazione precisa: di un pastore parla dunque Sodano, non di un amministratore, di un dirigente, oppure un manager alla guida della Chiesa. È una lettura, quella che proviene da colui che è considerato come uno dei maggiori esponenti della Curia romana, che non pare favorevole a Scola, da molti ritenuto un leader, più che un semplice pastore di anime.
In tanta sacra solennità, ma diluita dai sorrisi e dalle attese della folla assiepata davanti alla Basilica, lo show dissacrante delle Femen. Due giovani donne di origine ucraina si mettono a urlare slogan contro la Chiesa e il Papa, mostrandosi a seno nudo. Una con in mano un fumogeno rosso è davanti alla transenna che separa piazza Pio XI da piazza San Pietro. Sul corpo una scritta nera: "Pope non more". Vengono bloccate e portate in commissariato.
La sera, il fumo nero dissoltosi in una Roma in attesa impaziente, conferma che non si tratterà di un'elezione facile. Altre quattro fumate. Tante quanto saranno d'ora in poi gli scrutini per eleggere il nuovo Papa. E chissà se una di queste, già da subito, potrà rivelarsi quella giusta. Bianca, come aspetta la piazza.
Ma questa sarà la storia di oggi. Ieri, intanto, le cerimonie antiche della giornata inaugurale - dalla "Missa pro eligendo Pontifice" al trasferimento dei 115 cardinali alla "Domus Santae Marthae", dalla processione dei porporati elettori al loro giuramento, dall'"Extra omnes!" con la chiusura ermetica delle porte alla meditazione finale degli eminentissimi - hanno emozionato i gruppi di romani e di turisti. Tutti rimasti per lunghe ore con gli occhi attaccati ai quattro grandi teleschermi sistemati giusto sotto la basilica, che davano fase per fase, momento per momento, l'intera diretta.
Nel nastro che riavvolge all'indietro il primo giorno di Conclave le immagini da fissare appaiono molte. Particolarmente quelle inattese. Lo sguardo azzurro di padre Georg, il segretario particolare del vecchio Papa, rientrato in Vaticano nelle sue funzioni diplomatiche di prefetto della Casa Pontificia dopo l'abbandono di Benedetto XVI. E il volto turbato di Odilo Pedro Scherer, il papabile brasiliano che dopo tre gaffes consecutive - la confusione fra il V e il VII Comandamento, la caduta dell'ostia dalle sue mani nella messa di domenica, l'appoggio alla Curia di Tarcisio Bertone nonostante le dure critiche dei cardinali - ha capito di avere forse perso una reale possibilità di competizione.
I teleschermi offrono primi piani. L'arcivescovo di Milano, Angelo Scola, presta giuramento con voce solenne. Molti suoi confratelli lo osservano con attenzione mentre posa la mano sulla Bibbia. Sembrano chiedersi: toccherà davvero a lui? Sull'altro fronte, i cardinali Calcagno e Versaldi, fedelissimi di Bertone ed entrambi a capo di dicasteri determinanti per le finanze vaticane, siedono uno accanto all'altro. Il segretario di Stato, ora in funzione di Camerlengo, sa di poter contare almeno all'inizio su alcuni voti certi.
La processione dei porporati dalla Cappella Paola alla Sistina, aperta dalla formula in latino di Giovanni Battista Re, il più anziano tra i cardinali, avviene sotto le note, ben scandite dalle voci degli eminentissimi, dell'Ora pro nobis. È una nenia lenta, magica, volutamente ripetitiva. Tale però da infondere solennità all'evento. Uno dopo l'altro, con passo cadenzato, i cardinali varcano il portone che conduce alle volte affrescate da Michelangelo, attraversano la grata che sale all'altare, e si accomodano su quattro file di banchi dopo essersi inchinati e aver prestato giuramento. "Spondeo, voveo ac iuro..." (prometto, mi obbligo e giuro). Molti di loro non sono mai stati qui prima. Alcuni guardano in alto, verso l'immagine del Giudizio Universale, e paiono emozionarsi. Un porporato sbaglia strada, e viene rimesso dagli assistenti nella fila giusta. Davanti a sé, ognuno ha una cartellina di pelle rossa, i libri sacri con la copertina verde (l'Ordo rituum conclavis e la Costituzione apostolica Universi dominici gregis che regola la sede apostolica), un segnaposto bianco con il nome. Si accomodano su sedie di ciliegio semplici ed eleganti. Posano la berretta rossa sulla cartellina.
Con un soffio di voce, il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, monsignor Guido Marini, pronuncia l'"Extra Omnes!". Fuori tutti. Personale e accompagnatori lasciano così lentamente la sala. Il portone si chiude. Una. Due volte, viene sbattuto. Il rimbombo, amplificato dai quattro maxischermi sistemati in piazza rimbalza oltre le Mura vaticane. Sono ora in 115, dentro. Esclusi dal mondo. Senza televisori, telefoni, computer. A disposizione, una selva di candelotti neri e una manciata di bianchi per comunicare all'esterno la scelta finale. E sarà l'Habemus Papam. Davanti alla pesante porta di legno, due guardie svizzere con l'alabarda in mano fanno buona guardia. "I cardinali li abbiamo contati tutti prima di uscire - rivelerà con la consueta ironia il portavoce papale, padre Federico Lombardi - sono tutti in ottima forma".
Al mattino, la "Missa pro eligendo Pontifice", per la maggior parte tenuta in latino, era stata guidata, come vuole la tradizione, dal cardinale Decano, Angelo Sodano. Otto anni fa, quell'incarico apparteneva a Joseph Ratzinger. Sodano ha più di 80 anni, e per questo non entra in Conclave. Ma l'ex segretario di Stato ha la possibilità di dire la sua, durante nell'omelia. E non si fa attendere. "Miei fratelli - dice dall'altare della Basilica - preghiamo perché il Signore ci conceda un Pontefice che svolga con cuore generoso tale nobile missione". E poi aggiunge: "L'atteggiamento fondamentale di ogni buon Pastore è dunque dare la vita per le sue pecore.
Questo vale soprattutto per il successore di Pietro, pastore della Chiesa universale". Parole lette da alcuni osservatori come un'indicazione precisa: di un pastore parla dunque Sodano, non di un amministratore, di un dirigente, oppure un manager alla guida della Chiesa. È una lettura, quella che proviene da colui che è considerato come uno dei maggiori esponenti della Curia romana, che non pare favorevole a Scola, da molti ritenuto un leader, più che un semplice pastore di anime.
In tanta sacra solennità, ma diluita dai sorrisi e dalle attese della folla assiepata davanti alla Basilica, lo show dissacrante delle Femen. Due giovani donne di origine ucraina si mettono a urlare slogan contro la Chiesa e il Papa, mostrandosi a seno nudo. Una con in mano un fumogeno rosso è davanti alla transenna che separa piazza Pio XI da piazza San Pietro. Sul corpo una scritta nera: "Pope non more". Vengono bloccate e portate in commissariato.
La sera, il fumo nero dissoltosi in una Roma in attesa impaziente, conferma che non si tratterà di un'elezione facile. Altre quattro fumate. Tante quanto saranno d'ora in poi gli scrutini per eleggere il nuovo Papa. E chissà se una di queste, già da subito, potrà rivelarsi quella giusta. Bianca, come aspetta la piazza.
http://www.repubblica.it/speciali/esteri/conclave-papa-elezioni2013/2013/03/13/news/trattative_notte-54438058/
Obama: “Credo che un Papa americano sarebbe efficace come uno italiano”
E’ la prima volta che un presidente Usa si esprime in maniera netta
a favore dell’ipotesi che un connazionale diventi Pontefice
a favore dell’ipotesi che un connazionale diventi Pontefice
CORRISPONDENTE DA NEW YORK
“Non c’è nulla di male ad avere un Papa americano”. Barack Obama irrompe a sorpresa sui lavori del Conclave durante una intervista a “Good Morning America” della tv Abc. Quando gli viene chiesto di esprimersi sul forte sentimento popolare in America in merito ad un Pontefice a stelle e strisce, l’inquilino della Casa Bianca risponde: “Credo che un Papa americano sarebbe efficace come uno polacco, italiano o guatemalteco”. E’ la prima volta che un presidente degli Stati Uniti si esprime in maniera netta a favore dell’ipotesi che un connazionale diventi Pontefice e ciò coincide con le molteplici indiscrezioni sui media Usa in merito alla possibilità che l’arcivescovo di New York Dolan possa trarre giovamento dalle fumate nere che, secondo tali interpretazioni, indebolirebbero la candidatura dell’italiano Scola. Il “Boston Globe” invece fa il tifo per O’Malley: “E’ il più umile di tutti”.
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