Tra i critici più sistematici e puntuali del pontificato del nuovo Papa Francesco va annoverato il professorMattia Rossi, docente all’Istituto diocesano liturgico-musicale di Asti, redattore della rivista «Liturgia culmen et fons» e ora collaboratore del «Foglio», quotidiano che nelle ultime settimane ha ospitato vari articoli di «controcanto» per evidenziare gli elementi di discontinuità tra Bergoglio e il suo predecessore. Nell’ultimo articolo, uscito il 19 aprile, Rossi ha scritto che la decisione del Papa di nominare un gruppo di cardinali per consigliarlo nel governo della Chiesa e studiare una riforma della Curia, rappresenta un nuovo passo «verso la demolizione del papato», cioè verso la riduzione del primato e della sua sacralità.
Al di là della tesi suggestiva, sulla quale non è mia intenzione entrare in merito, volevo solo far notare due affermazioni a supporto della tesi stessa, che ho trovato curiose. La prima riguarda i nomi dei porporati scelti dal Pontefice per creare questo gruppo di suoi consiglieri. Secondo l’esperto liturgista del «Foglio», si tratta di persone «che non hanno mai avuto esperienza alcuna della Curia: una sorta di “grillismo” vaticano (ma a proposito, sapranno i cardinali riformator-curiali trovare i bagni del Vaticano?». Al di là della battuta sui bagni, al professor Rossi sembrano essere sfuggiti due particolari non propriamente secondari nelle biografie di un paio di cardinali del gruppo. Giuseppe Bertello, ad esempio, non soltanto è il presidente del Governatorato vaticano ma dal 2007 al 2012 è stato nunzio apostolico in Italia, e dunque ha vissuto in simbiosi con la Curia romana. Non è tutto. Tra gli otto c’è, com’è noto, anche l’arcivescovo emerito di Santiago del Cile, Francisco Javier Errázuriz Ossa, che dal 1991 al 1996 è stato segretario della Congregazione dei religiosi (dicastero notoriamente curiale).
Certo, altri porporati scelti da Francesco non lavorano in Curia, pur frequentandola in quanto membri di congregazioni e pontifici consigli. Quel che appare chiaro nella composizione del gruppo è che il Papa ritiene utile che a consigliarlo nella riforma della Curia siano cardinali che non vi lavorano (ad eccezione del già citato Bertello).
Nell’articolo di Rossi sul «Foglio» c’è anche un’altra affermazione che mi ha colpito. Scrive il professore liturgista che la decisione di creare il gruppo di otto porporati rappresenta «una novità epocale», dato che «mai nella storia della Chiesa un Pontefice si era avvalso di un organo consultivo». A parte il fatto che il concistoro stesso può essere considerato un organo consultivo, come pure il sinodo, forse è utile ricordare che già nel lontano 1288, un altro Pontefice, Niccolò IV, si era dotato di un gruppo di fidati cardinali collaboratori-consiglieri da lui scelti ed elevati alla porpora in un unico concistoro, a ciascuno dei quali era assegnato un compito specifico. Allora erano sei, al posto degli otto attuali. L’unica vera novità nella decisione di Francesco – come ha fatto notare anche l’arcivescovo Agostino Marchetto - sta nella composizione geografica del gruppo, rappresentativo delle Chiese dei cinque continenti.
È sempre difficile fare previsioni, e con queste poche righe non intendo certo depotenziare la portata delle critiche messe in pagina dal «Foglio». Mi limito soltanto a dire, sommessamente,che il papato, essendo già sopravvissuto alla «novità epocale» del 1288, forse sopravviverà anche alla «novità epocale» del 2013.
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