Colle: tra i desiderata cattolici pure D'Alema. Gelo su Marini e Prodi. Il realismo vince sulla fede. I Craxi: no al dottor Sottile.
di Ettore Maria Colombo
Nella corsa al Colle che sta agitando in queste settimane la politica italiana - e ormai giunta alle battute finali visto che il 18 aprile l’aula di Montecitorio accoglierà i 1007 grandi elettori per il primo scrutinio - il mondo cattolico pare non far sentire la propria voce. Nomi non ne sono stati fatti. Anche se, dicono i ben infomati, i «valori non negoziabili» e le professioni di fede non sono più condizioni così imprescindibili per scegliere il successore di Giorgio Napolitano. Nemmeno per la Conferenza episcopale italiana.
TRA I DESIDERATA AMATO E D'ALEMA. Così tra i desiderata, non detti, dei vescovi ci sono Giuliano Amato e Massimo D'Alema, più che Franco Marini. Del resto, come aveva scritto chiaramente pure Matteo Renzi nella sua lettera a Repubblica, il richiamo alla necessità di un «presidente cattolico» non è altro che un escamotage per appoggiare proprio l'ex presidente del Senato.
I cattolici e la maledizione del Colle
Per il Quirinale, questo è certo, serve un nome il più «unitivo» possibile. Almeno così continua a ripetere il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, a tutti i suoi interlocutori di rango. «E non importa che sia un cattolico doc, certificato», è il sottotesto non detto ma fatto ampiamente intendere.
SCALFARO, L'ULTIMO ESPONENTE. I cattolici, in teoria, stanno alla finestra. Una maledizione, una delle tante, sembra gravare sul Colle. Un presidente dichiaratamente cattolico non c’è più dai tempi di Oscar Luigi Scalfaro (1992-1999) ma proprio su Scalfaro, fedelissimo dell’Azione cattolica, di cui portava ostentandolo la spilletta distintiva sul bavero, molti cattolici doc storcevano la bocca. «Troppo di sinistra», dicevano. E pure il suo predecessore, Francesco Cossiga (1985-1992), non andava bene a tutti, tra i cattolici. «Toppo rottamatore», sospiravano.
LA PERESTROIKA DI BERGOGLIO. Oggi, però, il problema non sono certo le «ostentazioni» di fede. Molto, tutto è cambiato, anche in Vaticano. Il nuovo papa Francesco sta rivoluzionando la Chiesa dalle fondamenta, il segretario di Stato, Tarciso Bertone, è dimissionario e presto sarà sostituito. Ma la Curia ne uscirà ridimensionata, la stessa Cei è investita dal vento del rinnovamento: il successore di Bagnasco potrebbe essere «eletto» come in una normale assemblea democratica, e non più nominato, ma per questo si vedrà.
L'ACCELERATA DI BAGNASCO E COSTALLI. L’altro giorno Bagnasco ha parlato, da Genova, e il quotidiano della Cei, Avvenire, ha dato - seguendo uno studiato copione - molto risalto alle sue parole. Un invito sostenuto apertamente solo da Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano lavoratori, molto ben introdotto nelle stanze vaticane. Quello che ha detto Bagnasco si sa. Il punto è che è lo stesso di ciò che chiedono le forze sociali: «Bisogna fare presto». Sui tempi per formare un nuovo governo, però, non per eleggere il presidente della Repubblica.
CONTRO LO «STALLO INACCETTABILE». Bagnasco ha parlato di «stallo incomprensibile e inaccettabile», di «indugi immotivati», della necessità di trovare «soluzioni stabili», per il governo, della gente che «non ne può più», della responsabilità a fare «tutti e ciascuno la propria parte».
IL REALISMO DEI VESCOVI. Poi, però, c’è il capitolo Quirinale. Sul punto, Bagnasco si è limitato a chiedere una persona «di grande livello e onestà, riconosciuta in campo internazionale». E una qualità imprescindibile, dati i tempi: «Il realismo di fronte ai problemi concreti della gente comune». Pure i cattolici, però, si fanno realisti, di fronte alla scadenza del rinnovo dell’inquilino del Colle.
SCALFARO, L'ULTIMO ESPONENTE. I cattolici, in teoria, stanno alla finestra. Una maledizione, una delle tante, sembra gravare sul Colle. Un presidente dichiaratamente cattolico non c’è più dai tempi di Oscar Luigi Scalfaro (1992-1999) ma proprio su Scalfaro, fedelissimo dell’Azione cattolica, di cui portava ostentandolo la spilletta distintiva sul bavero, molti cattolici doc storcevano la bocca. «Troppo di sinistra», dicevano. E pure il suo predecessore, Francesco Cossiga (1985-1992), non andava bene a tutti, tra i cattolici. «Toppo rottamatore», sospiravano.
LA PERESTROIKA DI BERGOGLIO. Oggi, però, il problema non sono certo le «ostentazioni» di fede. Molto, tutto è cambiato, anche in Vaticano. Il nuovo papa Francesco sta rivoluzionando la Chiesa dalle fondamenta, il segretario di Stato, Tarciso Bertone, è dimissionario e presto sarà sostituito. Ma la Curia ne uscirà ridimensionata, la stessa Cei è investita dal vento del rinnovamento: il successore di Bagnasco potrebbe essere «eletto» come in una normale assemblea democratica, e non più nominato, ma per questo si vedrà.
L'ACCELERATA DI BAGNASCO E COSTALLI. L’altro giorno Bagnasco ha parlato, da Genova, e il quotidiano della Cei, Avvenire, ha dato - seguendo uno studiato copione - molto risalto alle sue parole. Un invito sostenuto apertamente solo da Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano lavoratori, molto ben introdotto nelle stanze vaticane. Quello che ha detto Bagnasco si sa. Il punto è che è lo stesso di ciò che chiedono le forze sociali: «Bisogna fare presto». Sui tempi per formare un nuovo governo, però, non per eleggere il presidente della Repubblica.
CONTRO LO «STALLO INACCETTABILE». Bagnasco ha parlato di «stallo incomprensibile e inaccettabile», di «indugi immotivati», della necessità di trovare «soluzioni stabili», per il governo, della gente che «non ne può più», della responsabilità a fare «tutti e ciascuno la propria parte».
IL REALISMO DEI VESCOVI. Poi, però, c’è il capitolo Quirinale. Sul punto, Bagnasco si è limitato a chiedere una persona «di grande livello e onestà, riconosciuta in campo internazionale». E una qualità imprescindibile, dati i tempi: «Il realismo di fronte ai problemi concreti della gente comune». Pure i cattolici, però, si fanno realisti, di fronte alla scadenza del rinnovo dell’inquilino del Colle.
L'identikit: super partes, condiviso ed europeista
E proprio Costalli ha messo a fuoco l’identikit del nuovo presidente della Repubblica gradito ai vescovi dicendo che serve «una figura super partes, garante della Costituzione, con una spiccata vocazione popolare ed europeista e che sia eletto a larghissima maggioranza per guidare il Paese verso un nuovo, stabile governo».
La richiesta che si tratti di un cattolico a tutto tondo non c’è. Né che s’impegni nella difesa dei valori «non negoziabili». L’identità e la vocazione europeista sono i requisiti richiesti. E, ma qui entriamo nel campo dei «si dice», una personalità che chiuda le ferite di un bipolarismo ventennale, non che le riapra.
GELO DAVANTI A PRODI E MARINI. Ecco perché uno come Prodi, ha fatto capire fa capire proprio Costalli parlando con i suoi interlocutori, anche quelli che vivono Oltre Tevere, «non va bene». E il fatto che Franco Marini sia cattolico di provata fede non scalda più di tanto i cuori come neppure la fede salda di un giurista insigne come Sabino Cassese.
Molto meglio due laici comprovati come Giuliano Amato, soprattutto, e Massimo D’Alema, ma anche Luciano Violante. «Anche Napolitano era laico ed ex comunista, ma è stato un grande presidente e molto rispettoso del mondo cattolico», si fa notare negli ambienti vicino alla Cei.
IL PREFERITO RESTA IL DOTTOR SOTTILE. Il vero candidato preferito tra i vescovi italiani resta, però, Amato. Del ‘dottor Sottile’ si ricorda la fine e proficua tessitura ai tempi della revisione dei Patti lateranensi. Si vedrà. Una cosa è certa. Bisogna «fare presto». Alla Cei interessa, soprattutto, che ci sia un governo e naturalmente che preveda le più larghe intese possibili. In nome dell’interesse generale, è ovvio.
La richiesta che si tratti di un cattolico a tutto tondo non c’è. Né che s’impegni nella difesa dei valori «non negoziabili». L’identità e la vocazione europeista sono i requisiti richiesti. E, ma qui entriamo nel campo dei «si dice», una personalità che chiuda le ferite di un bipolarismo ventennale, non che le riapra.
GELO DAVANTI A PRODI E MARINI. Ecco perché uno come Prodi, ha fatto capire fa capire proprio Costalli parlando con i suoi interlocutori, anche quelli che vivono Oltre Tevere, «non va bene». E il fatto che Franco Marini sia cattolico di provata fede non scalda più di tanto i cuori come neppure la fede salda di un giurista insigne come Sabino Cassese.
Molto meglio due laici comprovati come Giuliano Amato, soprattutto, e Massimo D’Alema, ma anche Luciano Violante. «Anche Napolitano era laico ed ex comunista, ma è stato un grande presidente e molto rispettoso del mondo cattolico», si fa notare negli ambienti vicino alla Cei.
IL PREFERITO RESTA IL DOTTOR SOTTILE. Il vero candidato preferito tra i vescovi italiani resta, però, Amato. Del ‘dottor Sottile’ si ricorda la fine e proficua tessitura ai tempi della revisione dei Patti lateranensi. Si vedrà. Una cosa è certa. Bisogna «fare presto». Alla Cei interessa, soprattutto, che ci sia un governo e naturalmente che preveda le più larghe intese possibili. In nome dell’interesse generale, è ovvio.
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