Non confondiamo l'antisemitismo con l'ineludibile differenza tra le due fedi
Il Messaggero di oggi pubblica un articolo dal Titolo: Il rabbino critica l'Omelia del pontefice sugli ebrei:
ROMA «È necessaria maggiore cautela per prevenire ostilità e incomprensioni. Se uno afferma che gli ebrei erano brutti, cattivi, calunniavano e avevano il cuore freddo, capiscono tutti che si tratta di una polemica di duemila anni fa?». [...]. «E chiaro - afferma Di Segni come nella sua omelia il Papa abbia usato il brano neotestamentario per sollecitare una riflessione e una critica interna al suo mondo. Ma il riferimento ai Giudei chiusi, se non viene spiegato bene nella predicazione, può suscitare ostilità e rischia di essere attualizzato da ascoltatori disattenti. Non era certo questa l'intenzione del Papa. Tuttavia la realtà attuale pone cautela: una cosa è predicare in Argentina, un’altra qui, con un ambiente e una mentalità totalmente differenti».
In realtà il Papa, come risulta dal resoconto de L'Osservatore Romano,
non si è messo a parlare degli ebrei, ha semplicemente commentato un
passo degli Atti degli Apostoli, peraltro nel corso di una celebrazione
liturgica e non in una conferenza. Dunque non si dovrebbe più citare il
Vangelo dove si parla degli ebrei?
Non è possibile tacciare di antisemitismo[1] qualunque espressione che nomini il popolo della vecchia Alleanza. Riporto quel che ne scrivevo qui in
occasione della reazione suscitata urbi et orbi dalle parole di Mons.
Fellay che aveva osato nominare gli ebrei, insieme a massoni e
modernisti, tra i nemici della Chiesa. Radio Vaticana si era affrettata a
ricordare due pilastri delle recenti posizioni della Chiesa al
riguardo: rifiuto dell'antisemitismo e intangibilità della Nostra Aetate, partendo
dalla citazione di alcune parole di Benedetto XVI. Riporto le
considerazioni sul primo punto. Chi fosse interessato alle riflessioni
sul secondo può consultare dal link.
_____________________« ...È l'occasione per ricordare che nel 2009, nel corso della sua visita in Israele, Benedetto XVI aveva qualificato l'antisemitismo come totalmente inaccettabile. Esso « continua a mostrare il suo volto ripugnante in molte parti del mondo ». L’anno precedente a Parigi, incontrando i rappresentanti della comunità ebraica aveva affermato che essere antisemita è essere anticristiano ».
Ebbene noi cattolici, compreso Mons. Fellay e la Sua Fraternità, siamo perfettamente d'accordo col Papa e non ci piace questa commedia degli equivoci che fa diventare antisemita qualunque espressione che ricordi la differenza sostanziale tra ebraismo e cristianesimo: il rifiuto della divinità di Cristo Signore; il che di certo non vede gli ebrei come nostri fratelli nella fede! Ma questo non comporta né rappresenta alcun odio nei confronti delle persone; anzi un cristiano si distingue per l'amore al nemico e per la preghiera nei suoi confronti, anch'essa abbiamo visto non gradita: si ritengono non bisognosi di conversione - che del resto nessuno vuole né può imporre - e la Chiesa glielo conferma (!?).
Però non confondiamo l'antisemitismo con il riconoscimento serio delle differenze che connotano le due fedi che, nonostante altisonanti e sempre più reiterate affermazioni, non adorano lo stesso Dio. Il che non deve produrre né inimicizia né disprezzo, ma realisticamente può comportare dialogo e collaborazione soltanto in ordine a questioni pragmatiche e culturali, dal momento che le fedi non possono dialogare. È dannoso diffondere equivoche possibilità su questo, altrimenti si produce solo omologazione e perdita di identità da parte nostra; il che equivale a rinnegare Chi il Signore è e ciò che Egli ha fatto e opera per noi fino alla fine dei tempi. Il problema è che l'affermazione della differenza, che non esclude il rispetto e che dovrebbe essere ovvia per chiunque, viene arbitrariamente e strumentalmente etichettata come istigazione all'odio.
1. Sgombriamo il campo da ogni equivoco escludendo ogni rapporto tra l'antisemitismo inteso come odio razziale che non si identifica solo con quello nazista e l'antigiudaismo cristiano,
che ha carattere esclusivamente religioso e riguarda una
contrapposizione teologica sul riconoscimento del Messia nella persona
di Gesù e non fomenta alcun odio né disprezzo, segna una semplice
differenza identitaria dal punto di vista religioso. Il cristianesimo si
innesta sulle stesse radici; ma si sviluppa in un diverso orizzonte
escatologico. Quando si parla di giudaismo in riferimento al
cristianesimo, bisogna intendere il giudaismo puro, con esclusione di
quello spurio, che condanna e maledice i notzrì (cioè i
cristiani). Questo ha inizio con l'esilio in Babilonia e sfocia, a
partire dall’Assemblea di Yavne dopo la distruzione di Gerusalemme, nel
giudaismo talmudico o rabbinico, che si è sviluppato contemporaneamente
al cristianesimo in una netta differenziazione reciproca. Il
cristianesimo, più che una 'forma' di giudaismo, ne è il compimento,
nella Persona di Cristo, nei 'tempi ultimi' e nella Creazione Nuova da
Lui inaugurata. E non è pertinente giocare sull'amalgama diffamatorio cristiano= antisemita facendone un miscuglio al passaggio anti-giudaico= anti-semita.
In particolare, poi, in riferimento al nazismo, si ignora completamente
che, se Hitler giunse al potere in una Germania originariamente
cristiana, occorre fare una netta distinzione tra il cristianesimo dei
protestanti e il cattolicesimo. Riguardo poi a fenomeni di
antisemitismo, perché non fare un opportuno parallelismo tra il
comportamento degli attuali fondamentalisti islamici e quello dei
protestanti degli anni 30, invece di vedere l'antisemitismo tra i
cattolici?
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