Provocatorio, pungente e sopra le righe. Anche un po’ narciso don Gallo: andare in tv non gli dispiaceva - Amico di De Andrè e Vasco, Beppe Grillo e Fernanda Pivano. In prima fila nelle manifestazioni no Tav e anti G8, con papa Francesco è tornato a sperare di nuovo in una Chiesa dei poveri…
Teodoro Chiarelli per "La Stampa"
DON ANDREA GALLO
Don Andrea Gallo, il fondatore della Comunità di San Benedetto al porto, si è spento ieri a Genova tra i suoi ragazzi, assistito dai nipoti, stroncato da un'insufficienza cardiaca cui si è aggiunto un edema polmonare, ma soprattutto stremato da un'attività intensa sui fronti più difficili: poveri, diseredati, tossicodipendenti, prostitute, trans. Era nato a Genova nel quartiere di Sampierdarena il 18 luglio del 1928. Fin da ieri sera è una folla che gli rende omaggio nella camera ardente nella chiesa di San Benedetto. I funerali sono previsti sabato, probabilmente nella chiesa del Carmine, da cui fu allontanato dal cardinale Siri 43 anni fa.
ANDREA GALLO
«Pensando a lui, mi è subito venuta alla mente la figura di San Francesco: con il santo di Assisi ha infatti molte affinità, prima di tutte la scelta incondizionata e coraggiosa di stare con i disperati». Don Andrea Gallo, no, non ci stava a farsi accostare a un santo. Neppure se a scrivere così era il suo grande amico Dario Fo. No, lui preferiva «prete dei tossici» o «prete dei poveri». O, meglio ancora, «prete da marciapiede». «Assomiglio troppo a quelli che aiuto per potermi definire "santo". E' già difficile essere "umano", e questo mi basta».
In realtà la figura di San Francesco ha sempre affascinato il sacerdote scomparso ieri nella sua Genova, circondato dal disperato affetto dei ragazzi della Comunità di San Benedetto al Porto. Proprio al santo di Assisi ha dedicato il suo ultimo volume, appena arrivato in libreria: «In cammino con Francesco». Lì racconta la chiesa dei poveri, ma anche le sue preghiere per Fabrizio De Andrè e Fernanda Pivano. E la grande speranza suscitata in lui dall'ascesa di Jorge Mario Bergoglio al soglio di Pietro: «Ora è arrivato papa Francesco a farci sperare di nuovo in una Chiesa dei poveri. Un sollievo dopo tanta pena».
DON ANDREA GALLO
Provocatorio, pungente e sopra le righe. Amato e discusso. Incensato e dileggiato. Anche un po' narciso don Gallo: andare in tv (il primo a lanciarlo sull'etere nazionale fu Maurizio Costanzo) certo non gli dispiaceva e per questo già quattordici anni fa Aldo Grasso lo punzecchiava dalle colonne del Corriere della Sera. Prete di strada, angelicamente anarchico, dal linguaggio colorito e indigesto ai benpensanti. Amico di Fabrizio De Andrè e Vasco Rossi, Beppe Grillo e Fernanda Pivano, Manu Chao e Gino Strada. In prima fila nelle manifestazioni no Tav e anti G8, allo stadio a tifare Genoa. Capace di infiammare la piazza al comizio di Giuliano Pisapia dicendo: «L'Italia aspetta un segno da Milano». È stato uno degli artefici, insieme a Nichi Vendola (Sel), dell'elezione del
professor Marco Doria a sindaco di Genova, alla faccia del Pd locale. «Avevo capito che la gente lo avrebbe seguito - spiegò perché può interpretare un nuovo modo di fare politica. Io che sto sulla strada percepisco l'immensa lontananza della gente dai partiti, da quei personaggi che scappano con la cassa».
DON ANDREA GALLO MARCO TRAVAGLIO
Eppure don Gallo è passato indenne attraverso 5 cardinali che mai lo hanno sanzionato nè sospeso «a divinis. «Rimproveri sì, tanti, e posso capirli. Ma li ho sempre accettati - spiegava avvolto in una nuvola di fumo dell'amato toscano - Ho fatto voto di obbedienza al mio vescovo. Sono prima di tutto un sacerdote, sempre. Era il 1970 e sull'onda del 68 quel prete si circondava di giovani in Eskimo e in parrocchia consentiva discorsi «sovversivi».
A Genova ci furono manifestazioni di piazza, se ne occupò anche Le Monde: «Manifestation contre l'archeveque de Genes».
Poi però il cardinale diede il proprio assenso al trasloco nella chiesetta di San Benedetto al Porto dove don Andrea fondò la sua comunità e iniziò l'apostolato fra gli ultimi, i tossicodipendenti, le prostitute, i primi trans. «Don Gallo - disse una volta Siri all'allora sindaco Fulvio Cerofolini - per i giovani è come il cacio sui maccheroni».
MARCO DORIA INSIEME A DON ANDREA GALLOA Genova ci furono manifestazioni di piazza, se ne occupò anche Le Monde: «Manifestation contre l'archeveque de Genes».
Poi però il cardinale diede il proprio assenso al trasloco nella chiesetta di San Benedetto al Porto dove don Andrea fondò la sua comunità e iniziò l'apostolato fra gli ultimi, i tossicodipendenti, le prostitute, i primi trans. «Don Gallo - disse una volta Siri all'allora sindaco Fulvio Cerofolini - per i giovani è come il cacio sui maccheroni».
Siri, era un conservatore, ma era molto attento al sociale (sua l'istituzione dei cappellani in fabbrica) e aveva presa anche sulla Genova comunista (noti i suoi rapporti con il mitico console dei camalli, Paride Batini): vide in don Gallo un presidio, una presenza in un mondo border line. «Con Siri - disse don Andrea - avevo una certa frequentazione. Mi diceva sempre: raccontami le ultime barzellette su di me».
BEPPE GRILLO SUL PALCO CON GINO PAOLI DON GALLO
Poi sono arrivati Canestri, Tettamanzi, Bertone e infine Bagnasco, ma la linea non è cambiata. «Quando l'arcivescovo Bagnasco è venuto in visita a San Benedetto - raccontò - abbiamo preparato il bollito. Lui ha preso un pezzo di lingua e mi ha guardato negli occhi. "La lingua a volte bisogna anche saperla mordere", mi ha detto. Aveva ragione. E' che non mi trattengo».
DON GALLO ABBRACCIA BEPPE GRILLO JPEG
Presente sui palchi di tutte le sinistre, pronto a cantare «Bandiera rossa» e «Bella ciao», don Gallo prete comunista? Quando glielo dicevi lui sorrideva sornione, giocando sull'equivoco. Poi però si faceva serio. «Comunista, no global, rifondarolo, filo-terrorista: è terribile. Di etichette me ne hanno appiccicate tante.
La mia comunità è aperta a tutti. Non ho abbracciato un'ideologia. A vent'anni mi sono fatto prete e ho scelto Gesù. Ci siamo scambiati i biglietti da visita e sul suo c'era scritto: sono venuto per servire e non per essere servito».
DON GALLO STORIE B
Pochi lo sanno, ma don Gallo era amico di don Gianni Baget Bozzo, craxiano e poi ideologo di Berlusconi, dopo essere stato dossettiano e democristiano. I due si beccavano spesso a causa delle posizioni politiche agli antipodi. Ma da ragazzi durante la Resistenza erano nella stessa brigata cattolica comandata da Dino, fratello di Andrea.
Morto don Andrea Gallo, addio al prete degli umili
Si è spento a 84 anni. Tifò per matrimoni gay e No Tav e contro il celibato dei preti. Il cordoglio.
Non ce l'ha fatta Don Gallo, nonostante i miglioramenti della notte. Il prete di strada si è spento il 22 maggio nel suo letto, nella Comunità di San Benedetto al Porto, da lui fondata a Genova. A vegliarlo, tra gli atri, anche i nipoti Paolo e Vittorio. «Il suo cuore ha cessato di battere alle 17:45. Siamo tutti con il cuore gonfio di tristezza», ha detto il portavoce della Comunità Domenico Chionetti (guarda le foto e i video).
La camera ardente sarà aperta dalle 20.30 del 22 maggio nella chiesa di San Benedetto fino alle 22.30 e riaprirà poi la mattina di giovedì 23.
L'ULTIMO TWEET. Negli ultimi giorni, l'84enne prete degli umili dalle simpatie terzomondiste era stato ricoverato in ospedale in gravi condizioni, ma aveva voluto ritornare subito a casa. In quella Comunità che aveva fondato nel 1975 per accogliere i più disperati. «Sogno una Chiesa non separata dagli altri, che non sia sempre pronta a condannare, ma sia solidale, compagna», ha scritto nell’ultimo messaggio postato su Twitter, datato lunedì 20 maggio. Parole che hanno il sapore di un testamento spirituale.
La camera ardente sarà aperta dalle 20.30 del 22 maggio nella chiesa di San Benedetto fino alle 22.30 e riaprirà poi la mattina di giovedì 23.
L'ULTIMO TWEET. Negli ultimi giorni, l'84enne prete degli umili dalle simpatie terzomondiste era stato ricoverato in ospedale in gravi condizioni, ma aveva voluto ritornare subito a casa. In quella Comunità che aveva fondato nel 1975 per accogliere i più disperati. «Sogno una Chiesa non separata dagli altri, che non sia sempre pronta a condannare, ma sia solidale, compagna», ha scritto nell’ultimo messaggio postato su Twitter, datato lunedì 20 maggio. Parole che hanno il sapore di un testamento spirituale.
Il prete 'contro' che sfidò l'arcivescovo di Genova
Nato a Varazze il 18 luglio 1928, don Gallo è sempre stato impegnato nel recupero degli emarginati e dei tossici. Nel 1953 chiese di partire per le missioni e venne mandato in Brasile a San Paulo, dove ha compiuto studi teologici: la dittatura che vigeva in Brasile, lo costrinse, in un clima per lui insopportabile, a ritornare in Italia l’anno dopo.
Proseguì gli studi ad Ivrea e venne ordinato sacerdote il 1 luglio 1959. Un anno dopo divenne cappellano alla nave scuola della Garaventa, noto riformatorio per minori: in questa esperienza cercò di introdurre una impostazione educativa diversa, dove fiducia e libertà tentavano di prendere il posto di metodi unicamente repressivi. I ragazzi parlavano con entusiasmo di questo prete che permetteva loro di uscire, andare al cinema e vivere momenti comuni di piccola autogestione, lontani dall’unico concetto fino allora costruito, cioè quello dell’espiazione della pena.
LO SCONTRO CON SIRI. Rimosso dall’incarico dopo tre anni senza spiegazioni nel ’64 Andrea Gallo decise di lasciare la congregazione salesiana, chiedendo di entrare nella diocesi genovese. Venne inviato a Capraia e fu nominato cappellano del carcere. Due mesi dopo fu destinato in qualità di vice parroco alla chiesa del Carmine, dove rimase fino al 1970, l’anno in cui il sacerdore che radunava intorno a sé i ragazzi con l’eskimo si scontrò con l'allora arcivescovo di Genova, cardinale Giuseppe Siri.
Prendendo spunto dalla scoperta di una fumeria di hashish nel quartiere borghese ricordò nella predica che sono più diffuse altre droghe, per esempio quelle del linguaggio. Una posizione, sommata a quella a favore del divorzio nell’anno del referendum, che fece di don Andrea un personaggio scomodo. La Curia voleva allontanare il 'sacerdote di troppo', punto di riferimento per i militanti della nuova sinistra.
PREDICHE POLITICHE. La predicazione di Andrea irritava una parte di fedeli e preoccupava i teologi della Curia perché, si diceva, i suoi contenuti «non erano religiosi, ma politici, non cristiani ma comunisti». Un'aggravante, per la Curia fu che Andrea non si limitava a predicare dal pulpito, ma pretendeva di praticare ciò che diceva e invitava i fedeli a fare altrettanto. Ma don Gallo trovò accoglienza da don Rebora, parroco della chiesa di San Benedetto al Porto: e dal diktat del cardinale Siri nacque la Comunità del «prete dei tossici».
Proseguì gli studi ad Ivrea e venne ordinato sacerdote il 1 luglio 1959. Un anno dopo divenne cappellano alla nave scuola della Garaventa, noto riformatorio per minori: in questa esperienza cercò di introdurre una impostazione educativa diversa, dove fiducia e libertà tentavano di prendere il posto di metodi unicamente repressivi. I ragazzi parlavano con entusiasmo di questo prete che permetteva loro di uscire, andare al cinema e vivere momenti comuni di piccola autogestione, lontani dall’unico concetto fino allora costruito, cioè quello dell’espiazione della pena.
LO SCONTRO CON SIRI. Rimosso dall’incarico dopo tre anni senza spiegazioni nel ’64 Andrea Gallo decise di lasciare la congregazione salesiana, chiedendo di entrare nella diocesi genovese. Venne inviato a Capraia e fu nominato cappellano del carcere. Due mesi dopo fu destinato in qualità di vice parroco alla chiesa del Carmine, dove rimase fino al 1970, l’anno in cui il sacerdore che radunava intorno a sé i ragazzi con l’eskimo si scontrò con l'allora arcivescovo di Genova, cardinale Giuseppe Siri.
Prendendo spunto dalla scoperta di una fumeria di hashish nel quartiere borghese ricordò nella predica che sono più diffuse altre droghe, per esempio quelle del linguaggio. Una posizione, sommata a quella a favore del divorzio nell’anno del referendum, che fece di don Andrea un personaggio scomodo. La Curia voleva allontanare il 'sacerdote di troppo', punto di riferimento per i militanti della nuova sinistra.
PREDICHE POLITICHE. La predicazione di Andrea irritava una parte di fedeli e preoccupava i teologi della Curia perché, si diceva, i suoi contenuti «non erano religiosi, ma politici, non cristiani ma comunisti». Un'aggravante, per la Curia fu che Andrea non si limitava a predicare dal pulpito, ma pretendeva di praticare ciò che diceva e invitava i fedeli a fare altrettanto. Ma don Gallo trovò accoglienza da don Rebora, parroco della chiesa di San Benedetto al Porto: e dal diktat del cardinale Siri nacque la Comunità del «prete dei tossici».
Dai fatti del G8 di Genova alla messa per Chavez, fino al centro sociale Zam
Ma non c'erano solo gli ultimi tra i suoi pensieri. Era un testimone dei tempi e sapeva guardare oltre gli stereotipi e i luoghi comuni, sfidando più volte il pensiero comune. E finendo per essere uno dei protagonisti dei dibattiti sociali più importanti degli ultimi anni. Non fu mai sospeso 'a divinis' anche se le sue posizioni non erano certo «allineate» alla voce ufficiale della Chiesa.
Dalle lotte per i diritti degli omosessuali e dei trans («un papa gay sarebbe magnifico», disse a Radio24) alla protesta contro la base Usa Dal Molin a Vicenza o a fianco dei No Tav in Val di Susa, passando per la legalizzazione delle droghe leggere.
CONTRO I PESTAGGI DELLA DIAZ. Tra i disperati ci furono anche le prostitute sfruttate che don Gallo dichiarò di aver accompagnato ad abortire, piuttosto che vederle morire nelle macellerie degli aborti clandestini. Tra le sue provocazioni, anche lo spinello fumato nel salone di rappresentanza di Palazzo Tursi, contro la repressione penale per il consumo di hashish e marijuana.
Nelle sue lotte don Gallo coinvolse gli amici di sempre: Fabrizio De André, Gino Paoli, Bruno Lauzi, Piero Pelù e altri artisti nati a Genova, compreso Beppe Grillo, e lanciati sui palcoscenici internazionali. Difese sempre la sua città e durante i giorni tragici del G8 di Genova nel 2001, si scagliò contro chi aveva picchiato e torturato ragazzi e ragazze alla scuola Diaz e alla caserma di Bolzaneto.
Dalle lotte per i diritti degli omosessuali e dei trans («un papa gay sarebbe magnifico», disse a Radio24) alla protesta contro la base Usa Dal Molin a Vicenza o a fianco dei No Tav in Val di Susa, passando per la legalizzazione delle droghe leggere.
CONTRO I PESTAGGI DELLA DIAZ. Tra i disperati ci furono anche le prostitute sfruttate che don Gallo dichiarò di aver accompagnato ad abortire, piuttosto che vederle morire nelle macellerie degli aborti clandestini. Tra le sue provocazioni, anche lo spinello fumato nel salone di rappresentanza di Palazzo Tursi, contro la repressione penale per il consumo di hashish e marijuana.
Nelle sue lotte don Gallo coinvolse gli amici di sempre: Fabrizio De André, Gino Paoli, Bruno Lauzi, Piero Pelù e altri artisti nati a Genova, compreso Beppe Grillo, e lanciati sui palcoscenici internazionali. Difese sempre la sua città e durante i giorni tragici del G8 di Genova nel 2001, si scagliò contro chi aveva picchiato e torturato ragazzi e ragazze alla scuola Diaz e alla caserma di Bolzaneto.
L'ultimo gesto eclatante fu la messa in onore di Hugo Chavez. Don Gallo coprì l'altare con la bandiera venezuelana in suo onore. Pochi giorni prima di morire infine si era schierato di nuovo: a favore del centro sociale Zam di Milano, sgomberato proprio il giorno della sua morte.
"Aveva un cuore da prete"
la Chiesa genovese e le istutizioni civili e politiche della città ricordano don Andrea Gallo
MIRIANA REBAUDOGENOVA
Se la Chiesa ufficiale, con l'arcivescovo Angelo Bagnasco (che sabato scorso è andato a visitarlo a San Benedetto al Porto), “parlerà” come da prassi in occasione della cerimonia funebre, quella sul territorio si è espressa subito, individuando proprio nel cuore e nella sensibilità verso gli ultimi mostrata da don Gallo quel filo comune che lo ha sempre tenuto legato all'istituzione anche quando protagonismi o provocazioni parevano portare a possibili strappi.
"Tutti i suoi vescovi (cinque; da Siri a Bagnasco passando per Canestri, Tettamanzi e Bertone, ndr) pur nella dialettica e talvolta nel confronto, hanno avuto comprensione verso don Andrea perché vedevano in lui uno che pagava di persona e che, anche quando prendeva posizioni ,poco “ortodosse”, ha però sempre voluto vivere in sintonia con il Vangelo" sottolinea don Gianfranco Calabrese, direttore dell'Ufficio Catechistico della diocesi di Genova e docente di Scienze Religiose all'Università della Santa Croce in Roma.
"Aveva un cuore da prete" ripete monsignor Nicolò Anselmi, già direttore della Pastorale giovanile della Cei e oggi vicario episcopale per le pastorali giovanile, universitaria e sportiva dell'arcidiocesi: "Don Gallo, indubbiamente, ha fatto tanto bene ai giovani, soprattutto nella linea dell'accoglienza". "Mi viene in mente quel detto popolare che dice “quando nascono sono tutti belli, quando muoiono sono tutti bravi” - premette monsignor Marco Granara, rettore della Madonna della Guardia, il santuario dei genovesi – epperò mai come questa volta questa massima un po' “spudorata” si rivela anche molto cristiana. Per me è stato già molto importante che ci fosse un confratello come don Andrea che andava in giro, quasi ostentando il suo essere prete e questa sua appartenenza, in ambienti ostici, dove spesso questa religiosità viene rifiutata. Eppure lui riusciva a portare anche lì la sua esperienza cristiana, e questo è positivo così come lo è stata la sua vicinanza, vera, ai poveri e agli emarginati. Meno positiva, forse, la sua poca partecipazione alla vita del clero locale verso il quale era (un po' ricambiato) un po' diffidente".
Claudio Burlando, presidente della Regione, ne ricorda l'amicizia con Paride Batini (il leader storico dei camalli) con un tweet dove scrive Ora potrai di nuovo parlare con Paride di porto e di camalli" esaltandone la genovesità.
"Io questa sera dovevo inaugurare con lui “Genova in festa” a De Ferrari, e sicuramente lui ci sarà: in altro modo ma ci sarà" sono le prime parole di Pierluigi Vinai, fondatore di Iter Agentes, l'associazione diocesana per la diffusione della Dottrina sociale, per il quale don Gallo "ha vissuto la vita con coerenza" e sottolineandone anche la "fedeltà a Santa Madre Chiesa, e questo non è cosa da poco. Certo, aveva anche l'indole del provocatore – non nega Vinai – e ha sempre detto quello che pensava anche sapendo bene che avrebbe suscitato vespai. Poi è chiaro che non ho sempre condiviso quello che diceva però ne ho ammirato la coerenza".
E' commosso Enrico Costa, che ha ereditato da sua madre Bianca la responsabilità di gestire il Ceis, il Centro di solidarietà: Bianca Costa e don Gallo sono stati i pionieri, e non solo a Genova, dell'accoglienza e del recupero dei tossicodipendenti: "Don Andrea – osserva Costa – ha interpretato al massimo il vedere Dio nell'altro, non solo accogliendolo e aprendosi a lui, ma aiutandolo fino a vivere con chi aveva bisogno rendendo concreto il vedere Dio nell'altro, guidato in questo dall'ispirazione celeste".
Infine Ramon Fresta, già braccio destro di Bianca Costa, che da Facebook saluta così il “prete di strada”: "Ciao Don Gallo, mancheranno la tua vocione e il tuo toscano la dove c'è da fare qualcosa per chi ha bisogno!! Ritroverai la tua amica Bianca e la mia mamma, continuate a dare un occhio anche qua sotto".
http://vaticaninsider.lastampa.it/news/dettaglio-articolo/articolo/don-gallo-chiesa-genova-25053/
Don Gallo, il prete che negava il Papa e la laicità
Si è spento nella sua Genova e a 84 anni, dopo una lunga malattia,don Andrea Gallo. Era stato dimesso dall’ospedale e ha vissuto gli ultimi momenti nella comunità di San Benedetto al Porto che lui stesso aveva fondato alla metà degli anni’70 ospitando poveri ed emarginati. Ci uniamo al cordoglio dei suoi cari e delle persone che si sono sentite da lui volute bene.
Non possiamo tuttavia evitare di tratteggiare quello che ha rappresentato pubblicamente questo sacerdote dal nostro punto di vista. Non ne emerge un profilo positivo e siamo consapevoli di non essere in linea con la fiera dei media e dei vip che in queste ore sta sprecando elogi, ma ci interessa ovviamente molto poco. Don Gallo ha certamente aiutato tante persone come ogni giorno fanno tantissimi sacerdoti nell’ombra e nel nascondimento. Ma lo ha fatto davanti alle telecamere costruendosi un personaggio, mediatico, mentre il ruolo del sacerdote è quello di portare a Cristo e alla Chiesa, e non a sé.
Ancor meno positiva è la sua costante denigrazione della Chiesa, condanna pronunciata dall’alto della sua celebrata e riconosciuta attenzione ai poveri. Un ricatto emotivo che ha condizionato molti, purtroppo. Anche Giuda, nei Vangeli, sgridava chi lavava i piedi di Gesù con un olio costoso, invitando ad usare quei soldi per aiutare i poveri. Papa Francesco ha commentato: «Questo è il primo riferimento che ho trovato io, nel Vangelo, della povertà come ideologia». Esaltato dal “Fatto Quotidiano” e dalla cultura anticattolica di cui è portavoce il quotidiano di Padellaro, è stato da loro miseramente sfruttato (e lo è anche in queste ore) per chiari interessi antipapisti e anticlericali. Purtroppo ha voluto lasciarsi usare, questa è la differenza tra lui e don Lorenzo Milani, che invece rispondeva così al laicismo che lo portava in trionfo: «Ma che dei vostri! Io sono un prete e basta! In che cosa la penso come voi? Questa Chiesa è quella che possiede i sacramenti. L’assoluzione dei peccati non me la dà mica “L’Espresso”. E la comunione e la Messa me la danno loro? Devono rendersi conto che loro non sono nella condizione di poter giudicare e criticare queste cose. Non sono qualificati per dare giudizi. Devono snobbarmi, dire che sono ingenuo e demagogo, non onorarmi come uno di loro. Perché di loro non sono». Don Gallo ha invece sempre cercato l’applauso del mondo, mai prendendo le distanze da chi lo usava come clava contro Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Favorevole a tutto ciò a cui papa Francesco è contrario, dall’aborto all’eutanasia. Favorevole al Papa gay e alla farfallina di Belen, perché «il Paese vuole vedere le gambe e il sedere», favorevole al matrimonio omosessuale salvo poi legare l’omosessualità alla pedofilia: «Il prete omosessuale deve poter essere libero di esprimere la sua identità e la sua sessualità, altrimenti si reprime e arriva alla pedofilia». Una frase omofoba e violenta, questa sì, che però non ha provocato alcun scandalo, nessuna protesta da parte omosessuale, nessun anatema sui media. Si provi a pensare cosa sarebbe successo se a pronunciarla fosse stato un qualsiasi altro sacerdote.
Orgoglioso comunista e partigiano, la società secolarizzata lo ha incredibilmente sempre sostenuto nella sua continua violazione della laicità: da sempre immanicato con il potere politico genovese e non solo, sosteneva platealmente la rappresentanza che più si avvicinava alla sua ideologia politica tanto da essere definito dai quotidiani della destra il «king maker del centrosinistra». Benediceva l’assalto violento alla Mondadori del 2010, cantava “Bella ciao” al termine della S. Messa, sprecava consigli politici ai politici («avevo incontrato Marta Vincenzi in dicembre e le avevo consigliato di non candidarsi alle primarie»,diceva), ma mai nessun giornalista del “Fatto”, nessun Marco Politi ebbe mai nulla da ridire per questa pesante e continua ingerenza, mentre gli ipocriti si stracciano le vesti se il card. Bagnasco consiglia semplicemente di votare tenendo presente «i valori che saranno a fondamento della vita». La laicità evidentemente possono violarla soltanto i sacerdoti antipapisti.
Fanatico di Che Guevara più che di Gesù Cristo, il suo motto è racchiuso in questa frase: «La Chiesa si dovrebbe invece convincere che viviamo in un villaggio post cristiano. Spero che abbia il coraggio di cambiare qualcosa», ovvero la Chiesa deve abbandonare le sue posizioni e farsi dettare l’agenda dagli uomini, come se Gesù avesse detto: “Ah, la maggioranza degli ebrei non mi riconosce come Messia? Allora cambio e dico qualcosa di diverso». Ma questa è una posizione atea che non riconosce nella Chiesa un’autorità al di sopra del contingente scorrere del tempo, significa negare l’autorità del Pontefice, del tutto legittimo ma non per un prete cattolico. Per questo sono nel giusto coloro che lo accusano così: i suoi contenuti “non sono religiosi ma politici, non cristiani ma comunisti”.
Questo è il nostro giudizio sul personaggio pubblico don Andrea Gallo, In ogni caso rimane comunque ben presente un riconoscimento di stima per tutte le persone che ha cristianamente aiutato. Arrivederci don Andrea!
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