Su “L’Osservatore Romano” stampato nel pomeriggio di sabato 22 giugno si leggeva:
“In occasione dell’Anno della fede il pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione organizza un concerto che si tiene, alla presenza di papa Francesco, nel pomeriggio di sabato 22 giugno, nell’aula Paolo VI in Vaticano. […] ‘È sempre un’emozione dirigere la Nona di Beethoven – dice il maestro Juraj Valčuha – ma lo è ancora di più in un luogo come il Vaticano, alla presenza di papa Francesco’…”.
Così il giornale del papa dava notizia del concerto, un paio d’ore prima del suo svolgimento, garantendo per due volte in poche righe, oltre che nel titolo, la presenza del papa.
Poi invece è andata diversamente. All’ultimissimo minuto Jorge Mario Bergoglio ha dato forfait, lasciando vuota la sua poltrona.
A un terreo monsignor Rino Fisichella, promotore dell’evento, è toccato leggere la giustificazione: “Un’incombenza urgente e improrogabile”.
Le cronache hanno quasi tutte riferito con favore e ammirazione questo gesto del papa.
Ma c’è anche chi l’ha criticato, come Giuseppe Rusconi su “Rossoporpora”:
> Papa Francesco e la musica, un rapporto problematico
Anche su www.chiesa è uscito un commento critico:
> I cento giorni di Francesco e l’enigma della poltrona vuota
E un nostro lettore ci ha scritto la riflessione che segue.
*
Caro Magister,
purtroppo l’aver deciso, all’ultimo momento, di non presenziare alla Nona Sinfonia di Beethoven diretta da Juraj Valčuha con l’orchestra della RAI e il coro dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia – proposta per l’Anno della fede dal pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione – non è un gesto “profetico”, dato e non concesso che si debba continuare ad usare a vanvera questo termine.
Papa Jorge Mario Bergoglio appare ancora lontano dal cogliere di non esser più uno dei tanti vescovi cattolici del mondo che operano in una sfera locale con effetti locali.
In una diocesi, un pastore di forte personalità, che abbia un comportamento pubblico brusco, può farsi facilmente perdonare o può semplicemente disinteressarsi di essere perdonato. I gesti “romani” di un papa hanno invece poca rilevanza per Roma come tale, avvezza ad altro, ma molta per il mondo.
Ora, lasciare la propria sedia vuota in faccia agli artisti e, non secondariamente, dinanzi a Beethoven, perché “si ha da lavorare” (non da dispensare l’amministrazione urgente di un sacramento, ma “da lavorare”) non è comunque un gran segnale; si pone tra una certa drasticità efficientistica e una certa sordità culturale.
L’ascolto della Nona è sempre di nutrimento spirituale – secondo la spiritualità propria delle arti – e anche i papi ne hanno bisogno. È possibile che papa Bergoglio si annoi ai concerti: con la sua franchezza potrebbe dirlo, così eviterà di essere atteso e di farsi inutilmente riservare la poltrona di onore. Ma che ritenga l’assistere a un concerto cosa “da principe rinascimentale” (se è vero che ha detto qualcosa del genere) fa filialmente sorridere. Magari! Ma da due secoli i concerti sono un prevalente consumo borghese, avidamente praticato anche dalle diverse élites rivoluzionarie e popolari, e da tempo democraticamente dispensato. Nihil obstat.
A mio avviso non è utile all’immagine, in costruzione, di papa Francesco che vi si aggiungano tasselli di questo genere, tra umoralità e poco riguardo per le forme. Non solo perché anche le persone estranee alle “favelas” hanno diritto al rispetto; non solo perché molti poveri vorrebbero poter assistere a un concerto, ben diversamente da condannare un papa perché vi assiste (mi chiedo spesso se chi ‘ama i poveri’ sappia veramente cosa significa sentirsi tale, e quanto un povero desideri non esserlo più); ma anche perché il continuo equivoco su gesti “profetici” sta alimentando le pericolose fantasie di chi spera in una rapida metamorfosi e dissoluzione simbolica e pubblica del papato e, in generale, in una cosiddetta ‘altra Chiesa’.
E questo non è né il “munus” – certamente no – né l’intento di questo papa.
(Lettera firmata)
*
Le riflessioni di Benedetto XVI dopo aver assistito all’esecuzione della Nona di Beethoven diretta da Daniel Barenboim, il 1 giugno 2012, al Teatro alla Scala di Milano:
> “Amici, non questi toni”. A Milano il papa volta pagina
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/06/24/lo-sconcerto-del-concerto-rifiutato/
“In occasione dell’Anno della fede il pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione organizza un concerto che si tiene, alla presenza di papa Francesco, nel pomeriggio di sabato 22 giugno, nell’aula Paolo VI in Vaticano. […] ‘È sempre un’emozione dirigere la Nona di Beethoven – dice il maestro Juraj Valčuha – ma lo è ancora di più in un luogo come il Vaticano, alla presenza di papa Francesco’…”.
Così il giornale del papa dava notizia del concerto, un paio d’ore prima del suo svolgimento, garantendo per due volte in poche righe, oltre che nel titolo, la presenza del papa.
Poi invece è andata diversamente. All’ultimissimo minuto Jorge Mario Bergoglio ha dato forfait, lasciando vuota la sua poltrona.
A un terreo monsignor Rino Fisichella, promotore dell’evento, è toccato leggere la giustificazione: “Un’incombenza urgente e improrogabile”.
Le cronache hanno quasi tutte riferito con favore e ammirazione questo gesto del papa.
Ma c’è anche chi l’ha criticato, come Giuseppe Rusconi su “Rossoporpora”:
> Papa Francesco e la musica, un rapporto problematico
Anche su www.chiesa è uscito un commento critico:
> I cento giorni di Francesco e l’enigma della poltrona vuota
E un nostro lettore ci ha scritto la riflessione che segue.
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Caro Magister,
purtroppo l’aver deciso, all’ultimo momento, di non presenziare alla Nona Sinfonia di Beethoven diretta da Juraj Valčuha con l’orchestra della RAI e il coro dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia – proposta per l’Anno della fede dal pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione – non è un gesto “profetico”, dato e non concesso che si debba continuare ad usare a vanvera questo termine.
Papa Jorge Mario Bergoglio appare ancora lontano dal cogliere di non esser più uno dei tanti vescovi cattolici del mondo che operano in una sfera locale con effetti locali.
In una diocesi, un pastore di forte personalità, che abbia un comportamento pubblico brusco, può farsi facilmente perdonare o può semplicemente disinteressarsi di essere perdonato. I gesti “romani” di un papa hanno invece poca rilevanza per Roma come tale, avvezza ad altro, ma molta per il mondo.
Ora, lasciare la propria sedia vuota in faccia agli artisti e, non secondariamente, dinanzi a Beethoven, perché “si ha da lavorare” (non da dispensare l’amministrazione urgente di un sacramento, ma “da lavorare”) non è comunque un gran segnale; si pone tra una certa drasticità efficientistica e una certa sordità culturale.
L’ascolto della Nona è sempre di nutrimento spirituale – secondo la spiritualità propria delle arti – e anche i papi ne hanno bisogno. È possibile che papa Bergoglio si annoi ai concerti: con la sua franchezza potrebbe dirlo, così eviterà di essere atteso e di farsi inutilmente riservare la poltrona di onore. Ma che ritenga l’assistere a un concerto cosa “da principe rinascimentale” (se è vero che ha detto qualcosa del genere) fa filialmente sorridere. Magari! Ma da due secoli i concerti sono un prevalente consumo borghese, avidamente praticato anche dalle diverse élites rivoluzionarie e popolari, e da tempo democraticamente dispensato. Nihil obstat.
A mio avviso non è utile all’immagine, in costruzione, di papa Francesco che vi si aggiungano tasselli di questo genere, tra umoralità e poco riguardo per le forme. Non solo perché anche le persone estranee alle “favelas” hanno diritto al rispetto; non solo perché molti poveri vorrebbero poter assistere a un concerto, ben diversamente da condannare un papa perché vi assiste (mi chiedo spesso se chi ‘ama i poveri’ sappia veramente cosa significa sentirsi tale, e quanto un povero desideri non esserlo più); ma anche perché il continuo equivoco su gesti “profetici” sta alimentando le pericolose fantasie di chi spera in una rapida metamorfosi e dissoluzione simbolica e pubblica del papato e, in generale, in una cosiddetta ‘altra Chiesa’.
E questo non è né il “munus” – certamente no – né l’intento di questo papa.
(Lettera firmata)
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Le riflessioni di Benedetto XVI dopo aver assistito all’esecuzione della Nona di Beethoven diretta da Daniel Barenboim, il 1 giugno 2012, al Teatro alla Scala di Milano:
> “Amici, non questi toni”. A Milano il papa volta pagina
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/06/24/lo-sconcerto-del-concerto-rifiutato/
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