Si è trattato solo di un altro weekend
di lavoro per papa Francesco, in aggiunta alla serie di azioni,parole e gesti che lo hanno reso un
personaggio stabilmente presente sui media fin dalla sua elezione il 13 marzo.
Il 15 giugno ha
compiuto un passo importante verso la riforma della banca del Vaticano colpita da scandali, nominando
un suo uomo, Mons. Battista Ricca – che dirige anche l'albergo vaticano dove Francesco vive
– come prelato ad interim per il controllo della gestione della banca. Il giorno dopo, mentre
lungo Via della Conciliazione (la via principale che porta a Piazza San Pietro), si riunivano
diverse migliaia di motociclisti partecipanti alle celebrazioni del 110° anniversario della
Harley-Davidson, Francis è arrivato con la sua jeep scoperta e li ha benedetti. Poi ha presieduto una messa
all'aperto nella piazza, attorniato da semplici cattolici, suore e preti con i loro abiti, e
motociclisti coi loro giubbotti Harley.
La sua armoniosa mescolanza di sostanza
e di stile, talvolta nello stesso atto – la sua decisione
senza precedenti di rimanere nell'afa
di Roma per tutto il mese di luglio esprime insieme solidarietà con quei romani che non sono abbastanza
ricchi da possedere un'abitazione estiva e al contempo gli permette di mantenere la sua tabella di
marcia – è la nuova normalità papale. Il papa, agli occhi della maggior parte degli osservatori
vaticani, ha talmente modificato il tono del papato, cioè il volto che presenta ai fedeli e più
ampiamente al mondo, che lo stile è diventato sostanza. “Anche se dovesse morire domani”, sottolinea
Michael Higgins, un eminente intellettuale cattolico canadese che ora insegna alla Università del
Sacro Cuore di Fairfield nel Connecticut, “non credo che il suo successore potrebbe tornare alle
abitudini antiche”.
Per Higgins, “sono stati i migliori 100
giorni nella storia del papato, probabilmente i più
significativi da Innocenzo III”.
Higgins intende significativi in un senso diametralmente opposto in un caso e nell'altro: quando Innocenzo
salì al soglio pontificio 815 anni fa, il suo regno portò a
compimento l'apoteosi dell'erede del
pescatore ormai monarca del cristianesimo, una figura sospesa tra cielo e terra. Invece Francesco “ha
iniziato un processo di demistificazione di questa carica di tale portata che è come trasformare la
dinastia degli Windsor in una monarchia scandinava – da Benedetto a Francesco, è stato come
passare dalla carrozza reale londinese a girare liberamente in bicicletta per Copenhagen”.
Jorge Mario Bergoglio, ex cardinale
arcivescovo di Buenos Aires – primo sia per il nome che ha
scelto come papa, che per la
nazionalità, il continente e l'ordine religioso – ha iniziato a mostrare il suo modo di procedere così diverso
subito dopo la sua elezione, chiedendo alla folla davanti a San Pietro di pregare per lui, invece di
offrirle una benedizione. È balzato su un pulmino per tornare all'albergo invece di salire sulla
limousine papale. Porta una croce semplice, non gioielli pontifici.
Ha annullato i bonus che abitualmente
venivano pagati ai dipendenti del Vaticano con l'arrivo di un nuovo papa (che ammontavano a circa $
2,100 ai tempi dell'elezione di Benedetto). Vive, non negli appartamenti papali, ma in una casa per
ospiti in Vaticano, dove fa colazione con il personale e con gli altri ospiti parlando liberamente
con tutti loro. Rompendo qualsiasi consuetudine usa l'ascensore insieme a qualunque altra persona. Ha
avuto parole gentili verso gli atei, e si è espresso persino sulla possibilità della loro salvezza,
se almeno si dedicano al servizio dei poveri.
Ha lavato i piedi sia di donne che di
uomini, sia di musulmani che di cattolici, in una versione senza precedenti, perfino scioccante,
dell'antico rito del Giovedì Santo. Quasi sempre, quando parla di sé,non usa nessuno dei suoi titoli
elevati, come Vicario di Cristo, ma usa il titolo di vescovo di Roma,cioè quello del suo ministero
pastorale. Ha condannato “il culto del denaro” e le sofferenze provocate dalle misure di austerità in
Europa, la “schiavitù” nell'industria dell'abbigliamento in Bangladesh, e la mafia. Predica facendo
riferimenti al diavolo con la stessa frequenza con cui fa riferimento a San
Francesco. Potrebbe perfino aver compiuto un esorcismo in Piazza San Pietro.
La cosa che sconcerta maggiormente è che
dice ciò che pensa mentre lo sta pensando. Ci sono persone sante nella Curia (la burocrazia
vaticana), ha detto Francesco ad un gruppo di religiose e religiosi,ma anche una “corrente di corruzione”
ed una “lobby gay”: “Vedremo cosa possiamo fare”.
Secondo Arthur Liebscher, un gesuita
americano che ha spesso incontrato Francesco in Argentina
negli anni 80, sembra che Francesco
stia cercando di mettere a punto i suoi pensieri – ad alta voce,in pubblico – proprio chiedendosi quali
problemi deve affrontare la più estesa chiesa del mondo e che cosa bisognerebbe fare per
risolverli, con minimo riferimento a soluzioni precedenti o confuse.
È impegnato in una “radicale
riscrittura della sua carica, da un pulpito teocratico a un ministero”,
dice Higgins, che crede che il commento
più rivelatore che Francesco abbia fatto sugli obiettivi del suo pontificato sia stato espresso in
una messa solo due settimane dopo la sua elezione. I preti, ha detto il papa, lasciando ancora una
volta da parte il testo preparato e chiaramente includendo se
stesso, devono essere vicini alla
gente, “pastori con l'odore delle pecore”.
Tutto questo ha fatto di Francesco il
papa più terribilmente imprevedibile di tutti i secoli.
Pericolosamente imprevedibile, per i
sostenitori dello status quo. Questi ultimi comprendono
burocrati di basso livello, per i quali
il mantenimento del protocollo papale, la fedeltà liturgica e il
cerimoniale di corte sono “la loro
vita”, come ha detto Higgins, e quelli molto più in alto nella
catena alimentare del Vaticano, la cui
cattiva condotta è stata storicamente nascosta sotto il tappeto.
Quelli scoperti a nuotare nella
“corrente di corruzione” non possono aspettarsi un atterraggio
morbido questa volta.
Infatti nessuno dubita, malgrado il
passo misurato finora – la nomina per la banca è stata una delle
prime mosse personali decisive – che
sotto questo papa si stia preparando un cambiamento enorme per la Chiesa. Nella stessa
conversazione in cui meditava sul vedere “quello che possiamo fare” sulla Curia, Francesco aveva aggiunto
che “i cardinali della commissione faranno avanzare le cose”,in ottobre, quando cominceranno ad
esprimergli le loro raccomandazioni.
Si riferiva agli otto cardinali di
tutti i continenti a cui ha dato l'incarico di consigliarlo nella riforma della burocrazia. Il gruppo, in cui c'è
un solo cardinale del Vaticano, è formato dai più severi critici della curia, tutte persone che sono (o
erano), come Francesco, anche pastori delle loro diocesi.
Comprendono Sean Patrick O'Malley,
attualmente arcivescovo di Boston e frate cappuccino che ha ottenuto enorme rispetto per il modo
schietto in cui ha affrontato difficili realtà, facendo pulizia di fronte alle situazioni di abusi
sessuali che aveva ereditato in ogni diocesi in cui ha servito, e George Pell, arcivescovo di Sydney in
Australia, che è stato forse il più franco nel criticare la Curia negli incontri pre-conclave.
I partecipanti a quelle discussioni
cercavano di trovare la possibilità di porre dei limiti temporali per gli incarichi in Vaticano, per evitare
che i preti diventassero burocrati di carriera, e chiedevano che il Vaticano togliesse il segreto sulle
sue oscure finanze e fornisse rapporti finanziari più chiari.
Praticamente tutti, compreso il
cardinal Bergoglio, erano d'accordo sul fatto che la burocrazia
avesse bisogno di una profonda e decisa
trasformazione, in modo da essere orientata a porsi a
servizio dei vescovi nelle loro
diocesi, e non il contrario.
Nonostante ciò, il papato continua ad
essere una monarchia assoluta, e gli otto cardinali sono
consiglieri, non legislatori. Alla fine
sarà Francesco a prendere le decisioni. Gli osservatori vaticani naturalmente cercano di intuire dalle
sue osservazioni fuori copione dei segnali di azione futura –compito non facile, come mostrato nella
sua ammissione, degna di essere pubblicata in primo luogo per la sua franchezza, della presenza
di omosessuali nella Curia. Non c'è modo di accertare ciò che Francesco veramente ha detto, o solo
inteso dire: dagli appunti in spagnolo, i visitatori hanno tratto in seguito un'espressione derivata
dall'inglese (“gay lobby”). Il papa, che a quanto si dice, capisce l'inglese meglio di quanto lo parli,
può aver citato quell'espressione standard inglese, o detto qualcos'altro che i suoi ascoltatori
hanno interpretato così. Né è possibile determinare quanto la sua osservazione fosse ostile: da quanto
risulta evidente dalle annotazioni rese pubbliche, Francesco non ha fatto collegamenti tra la
corruzione e il clero gay.
Alcuni osservatori mettono in relazione
il modo di pensare del papa con il suo background culturale – la classica mescolanza
latino-americana di conservatorismo dottrinale e di radicalità in campo economico. “Anche per
un sudamericano, quella di Francesco è una devozione tradizionale”, dice padre Liebscher, uno specialista della
storia argentina che insegna all'università gesuita Santa Clara in California. Liebscher è d'accordo
con coloro, come Michael Higgins, che vedono nel papa il gesuita, e a loro avviso questo è uno
dei migliori indizi per prevedere le sue azioni future -“l'ascetismo, il disinteresse per il
rango e per i vantaggi della carica, la dedizione al servizio e alla chiesa cattolica romana come chiesa dei
poveri”, sono le parole di Higgins – con un avvertimento: Bergoglio è un gesuita argentino,
formato spiritualmente in un “calderone” religioso e sociale aparte.
Fin dalla loro fondazione durante la
Controriforma cattolica, i gesuiti hanno avuto una relazione
complicata con il papato, talvolta
agenti favoriti della volontà papale - “rispondendo ai quei bisogni che altrimenti non sarebbero stati
soddisfatti”, dice Liebscher. “Storicamente questo ha sempre significato istruzione e missione,
benché oggi la missione sia rivolta più all'emarginato che al pagano”. In altri tempi, tuttavia,
l'ordine fu soppresso o guardato con sospetto per la sua audacia intellettuale e la sua vena ribelle,
come in America Latina negli anni 70, nei tempi d'oro della teologia della liberazione, più tardi
condannata dal Vaticano per essere sconfinata in territorio intellettuale marxista. Non per caso
non c'è mai stato prima un papa gesuita.
Liebscher era studente a Santa Fe, 400
km a nord ovest di Buenos Aires, nel 1987, quando
Bergoglio vi andò e vi rimase alcune
settimane. “Non parlava molto – sono impressionato di quanto sia ciarliero come papa – e quello che
tutti notammo era quanto fosse disciplinato nella sua vita di preghiera, un esempio per i più
giovani. Notammo quello, e le tensioni che circondavano il suo entourage”. Come ex capo del suo ordine
in Argentina, Bergoglio era stato direttore spirituale di molti giovani. “Eravamo tutti formati
da lui, condividevamo la sua austera dedizione sia alla vita religiosa che ai poveri”, dice
Liebscher, aggiungendo “un gesuita uruguaiano una volta mi disse che Bergoglio non era forse un teologo
della liberazione, ma che 'certamente pensava come uno di loro'”. Bergoglio, in realtà, era
quella figura tipicamente argentina, un caudillo , un uomo forte come il dittatore Juan Peròn. Un caudillo religioso, buono, ma caudillo ”, riassume Liebscher, un uomo che prendeva le proprie decisioni e trascinava
tutti con sé.
Ciò che fece di Bergoglio una figura
polarizzante nel suo ordine non fu la colpa attribuitagli alla sua elezione, di avere effettivamente
consegnato due attivisti gesuiti della teologia della liberazione,rapiti e torturati ne 1976, ai militari
al governo rifiutando di appoggiare il ministero dei preti.
“All'interno dell'ordine era diffusa
l'idea che egli fece ciò che poté per proteggere i due giovani che non avevano avuto il buon senso di
allontanarsi dalla linea di tiro”, dice Liebscher. (Entrambi gli uomini furono liberati dall'attività
segreta di Bergoglio: fece in modo che il prete della famiglia del dittatore Jorge Videla telefonasse
dicendosi malato, così che Bergoglio potesse dire messa nella casa di Videla e potesse chiedere, con
successo, la grazia). No, ciò che fece sì che Bergoglio si distinguesse fu la sua adesione totale,
emotiva e spirituale, alla decisione del 1972 dell'ordine nel suo insieme, di abbracciare l'opzione
preferenziale per i poveri: “Le province di lingua spagnola erano più divise di tutte le altre su
quel problema e Bergoglio fu sempre all'avanguardia”.
Da allora ha sempre messo in pratica la
sua dedizione alla causa degli emarginati totalmente
all'interno della fede ortodossa e in
una maniera assolutamente pragmatica. “È un tipo da 'basta che funzioni', un tipo da 'un passo alla
volta'”, dice Liebscher, “così sono sicurissimo che non c'è nessun piano onnicomprensivo per il suo
pontificato”. Ma c'è un conflitto che l'americano ritiene
inevitabile. Roma è la centrale del
clericalismo, il cuore del concetto di presbiterato come Chiesa
reale , a giusta ragione privilegiato molto
al di sopra del laicato, mentre il nuovo vescovo della città è il suo “nemico giurato”. “La sola
volta in cui l'ho visto chiaramente risentito nei confronti di un'altra persona è stato quando
qualcuno aveva detto che “il padre tal dei tali preferiva dire messa da solo, un'esperienza privata”. Un
rito della chiesa non è una faccenda privata di una persona,aveva ribattuto un furente futuro papa,
“è un servizio per le persone”.
Tra il momento attuale e il suo
potenzialmente fatidico incontro con suoi consiglieri cardinali in
ottobre, Francesco non resterà
inattivo. Incombente è anzitutto il suo ritorno trionfale in Sud
America nella seconda metà di luglio
per le giornate mondiali della gioventù a Rio de Janeiro. Se
voglia mettersi in contatto con i
giovani alla maniera di Giovanni Paolo II è la prossima grande
quasi chiunque (tranne che con gli
arcitradizionalisti) nella sua variegata Chiesa forte di 1,2 miliardi di persone. “Ha parlato con un'infinità
di cattolici, laici e preti, tutti sono stati semplicemente galvanizzati da lui”. E se quei giovani
gli pongono delle domande, che cosa potrebbe rispondere?
“Chi lo sa?”, ride Higgins. “È capace
di tutto”.
in “www2.macleans.ca” del 28 giugno 2013 (traduzione: www.finesettimana.org)
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