Ricca e Chaouqui, due nemici in casa
Lui
prelato dello IOR, lei commissaria per il riordino delle
amministrazioni vaticane. Due nomine volute e decise da papa
Francesco. Che però sono la negazione vivente del suo programma di
pulizia e di riforma
ROMA,
26 agosto 2013 – Sono passati più di due mesi dall'infelice nomina
di monsignor Battista Ricca a "prelato" dell'Istituto per
le Opere di Religione e più di un mese da quella, non meno infelice,
di Francesca Immacolata Chaouqui (vedi foto) a membro della
commissione per il riordino degli uffici economico-amministrativi
vaticani.
Entrambe queste nomine sono state fatte da papa Francesco, la prima per sua decisione personalissima.
E per entrambe, subito dopo, sono venute alla luce gravi controindicazioni, di cui il papa era inizialmente all'oscuro.
Eppure, ad agosto inoltrato, nessuna correzione di rotta appare in vista.
Entrambe queste nomine sono state fatte da papa Francesco, la prima per sua decisione personalissima.
E per entrambe, subito dopo, sono venute alla luce gravi controindicazioni, di cui il papa era inizialmente all'oscuro.
Eppure, ad agosto inoltrato, nessuna correzione di rotta appare in vista.
Per quanto riguarda il "prelato" della banca vaticana, dopo la nomina papa Francesco era stato prontamente informato da più persone fidate sui trascorsi scandalosi del personaggio e sulle coperture di cui lo stesso aveva goduto e gode tuttora in Vaticano. E a queste persone egli aveva espresso gratitudine.
Ma sull'aereo di ritorno dal viaggio in Brasile, rispondendo a una giornalista, papa Jorge Mario Bergoglio evitò di prendere una posizione netta sul caso di monsignor Ricca.
Le parole del papa che i media di tutto il mondo rilanciarono con più enfasi – in un tripudio di commenti favorevoli alla sua presunta "apertura" agli omosessuali – furono interpretate come una sospensione di giudizio: "Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?".
Pochi giorni dopo il suo rientro a Roma papa Francesco è stato più chiaro. Ha fatto sapere alla segreteria di Stato che monsignor Ricca "resterà al suo posto".
E così con lui resterà intatta la clamorosa contraddizione tra l'opera di pulizia e di riordino della curia romana che papa Francesco ha detto più volte di volere e il "prelato" di sua nomina in cui egli continua a riporre fiducia, emblema perfetto proprio di quelle condotte scandalose e di quelle "lobby" di potere che dovrebbero essere spazzate via.
*
Rispetto a quello di monsignor Ricca, il caso di Francesca Immacolata Chaouqui è diverso. Su di lei la segreteria di Stato vaticana aveva informazioni precise già vari mesi prima della sua nomina, lo scorso 18 luglio, a membro della commissione per il riordino degli uffici economico-amministrativi della Santa Sede, con facoltà di accesso a tutte le carte più riservate.
Ma nel creare questa commissione e nel nominare i suoi otto membri papa Francesco ha agito in forma autonoma. La segreteria di Stato non ne è stata coinvolta e ne ha avuto notizia solo a cose fatte.
A mettere in preallarme la segreteria di Stato, già nella primavera del 2012, erano stati alcuni articoli apparsi sul più diffuso quotidiano progressista italiano, "la Repubblica".
In essi si sosteneva che Paolo Gabriele, il maggiordomo di Benedetto XVI arrestato e condannato per aver rubato al papa un numero ingente di documenti riservati poi passati alla stampa, non era l'unico nella curia ad aver agito in quel modo, ma come lui e dopo di lui ce n'erano ancora in azione altri, tra i quali una donna.
Le "rivelazioni" relative a questa vicenda non facevano i nomi dei protagonisti. Compresa l'ultima e più rumorosa intervista anonima, apparsa su "la Repubblica" il 7 marzo 2013, pochi giorni prima del conclave che ha eletto papa Bergoglio.
L'intervistata, però, era una persona talmente ciarliera da vantare a destra e a manca di essere lei l'informatrice dei servizi di "la Repubblica": Francesca Immacolata Chaouqui, 32 anni, padre marocchino e madre calabrese, residente a Roma, sposata, addetta alle relazioni esterne dal 2007 al 2009 nello studio legale internazionale Pavia & Ansaldo, poi dal 2010 nello studio Orrick Herrington & Sutcliffe e infine dal 2013 nello studio Ernst & Young, con una vasta rete di relazioni vere o millantate con giornalisti, politici, uomini d'affari, prelati, cardinali.
Quando, in quei giorni di conclave, l'identità dell'anonima informatrice di "la Repubblica" giunse anche all'orecchio del sostituto segretario di Stato, l'arcivescovo Giovanni Angelo Becciu, questi protestò con il giornale. Su cui in effetti cessarono di uscire altri articoli visibilmente riconducibili alla "fonte" Chaouqui.
Il 18 luglio, quindi, la notizia della nomina da parte del papa di questa giovane "PR" nella commissione per il riordino delle amministrazioni vaticane lasciò di sasso chi ne conosceva i precedenti.
Ma anche a chi ne fosse stato all'oscuro sarebbe stato facilissimo farsi un'idea del personaggio. Bastava aprire la sua pagina Twitter, guardarvi la sua autopresentazione, scorrerne i messaggi.
Se ne ricavava, tra l'altro, che Francesca Chaouqui ha un filo diretto con Gianluigi Nuzzi, il giornalista che riceveva e pubblicava i documenti rubati a Benedetto XVI dal maggiordomo infedele, ed è informatrice assidua del sito dagospia.com, il ricettacolo più letto in Italia di maldicenze e veleni vaticani.
Per precauzione, il 23 luglio Francesca Chaouqui ha tolto la sua foto (quella riprodotta sopra) e il 10 agosto ha disattivato la sua pagina Twitter. Ma troppo tardi e in forma incompleta.
*
Posto dunque che Francesco non conoscesse personalmente Francesca Chaouqui, chi ha convinto il papa a nominarla in un ruolo di così alta responsabilità?
L'ipotesi più attendibile conduce a monsignor Lucio Ángel Vallejo Balda, segretario della prefettura degli affari economici della Santa Sede e dal 18 luglio anche segretario e factotum della neonata commissione di cui Francesca Chaouqui è membro.
Monsignor Vallejo Balda, 52 anni, spagnolo e membro del ramo sacerdotale dell'Opus Dei, la Fraternità della Santa Croce, dopo aver dato prova di capacità amministrative nella diocesi di Astorga si è distinto nell'organizzare con profitto la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, nel 2011, al fianco del cardinale Antonio María Rouco Varela. E questi gli ha propiziato, nello stesso anno, la promozione a Roma alla carica di numero due della prefettura degli affari economici della Santa Sede.
Qui Vallejo Balda ha di fatto sopravanzato il suo diretto superiore, il cardinale Giuseppe Versaldi, al quale – tra l'altro – reca svantaggio il far parte della declinante squadra del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone.
Non sorprende quindi che, eletto papa, Bergoglio abbia presto individuato nel dinamico monsignore spagnolo uno degli uomini sui quali fare affidamento, per il riordino amministrativo della curia.
E la prova è nel ruolo dominante che il chirografo papale di istituzione della commissione assegna a monsignor Vallejo Balda: non solo quello di segretario della stessa, ma anche di "coordinatore che ha poteri di delegato ed agisce in nome e per conto della commissione nella raccolta di documenti, dati ed informazioni necessari allo svolgimento delle funzioni istituzionali".
Si può anzi arguire che il papa abbia affidato a Vallejo Balda anche il compito di scegliere e reclutare i componenti della commissione. Lo si deduce dalla lettera con cui egli ha annunciato a ciascuno di loro la nomina: dal modo con cui ne ha redatto i curriculum, riferendo (in un italiano alquanto disordinato) di suoi incontri personali con l'uno o con l'altro.
Vi si legge ad esempio a proposito dell'ex ministro degli esteri di Singapore, George Yeo:
"È un uomo cortese e sollecito, ma ha un forte stile intellettuale, con molto ampia lettura e una profonda conoscenza delle mutevoli placche tettoniche della storia. Egli è, o è stato quando un paio di volte ho parlato con lui di questo a lungo, un cattolico serio e coscienzioso, con molte intuizioni affascinanti su cattolicesimo con caratteristiche cinesi. Egli incarna la scuola di Singapore strategica duro di testa e anche la consapevolezza della costruzione di capitale sociale e di solidarietà, evitando la dinamica corruttori dello stato sociale".
E di Francesca Chaouqui:
"Esperienza pluriennale nel settore della consulenza con gestione della comunicazione aziendale e governo delle relazioni esterne e istituzionali, leadership autorevole, basata su forti doti relazionali e comunicative, ed alta capacità nel finalizzare a livello business i contatti, guidata da principi e valori etici e morali molto forti".
Questi curriculum – con gli indirizzi elettronici e i telefoni privati – erano in uno dei tre allegati alla e-mail riservata con cui il 18 luglio monsignor Vallejo Balda ha preannunciato agli altri sette membri della commissione la pubblicazione, il giorno successivo, del chirografo del papa con la loro nomina.
Gli altri due allegati erano il testo del chirografo papale e l'annesso al chirografo stesso, anch'esso firmato da papa Francesco, con le disposizioni operative per la commissione. E con la dicitura:
"Non per pubblicazione e non per distribuzione fuori della commissione".
Il primo di questi due documenti è stato effettivamente reso pubblico il giorno dopo. Il secondo no. Ma può essere letto in questa pagina di www.chiesa, grazie a un'indiscrezione della stessa Chaouqui:
> Disposizioni operative…
Infatti, nella e-mail del 18 luglio, spedita alle 9.41 di mattina, monsignor Vallejo Balda chiedeva ai destinatari di tenere il segreto.
Ma subito dopo, quella stessa mattina, aveva già provveduto Francesca Chaouqui a violare la consegna, inoltrando l'e-mail di Vallejo Balda con i tre allegati a un suo giro di contatti.
Si è detto che Francesca Chaouqui appartenga all'Opus Dei, al pari di monsignor Vallejo Balda. Ma non è vero.
È certo invece che ella frequenta residenze romane dell'Opus, tra cui quella in cui abita il numerario Joaquín Navarro-Valls, l'indimenticato portavoce di Giovanni Paolo II.
di Sandro Magister
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http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350582
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