Quando, quasi quarant’anni fa, don Francesco Putti fondò il
quindicinale Sì Sì No No, riprendendo la massima del Vangelo (Mt
5,37) che invitava ad essere chiari, in un’epoca in cui, anche nella Chiesa (si
pensi a certi documenti del Concilio Vaticano II), si parlava troppo e si
usavano termini ambivalenti (per non dire ambigui), forse non pensava che la
sua creatura sarebbe stata così longeva.
E, probabilmente, non credeva che
sarebbe stata così necessaria. Ma fu previdente, in un’epoca in cui la Chiesa
dell’immediato post-Concilio si pasceva di sogni illusori che la realtà dei
fatti avrebbe irrimediabilmente fatto cessare: il rinnovamento tanto auspicato,
lungi da portare conciliazione e rinnovamento della fede ha acuito le distanze
e svuotato le chiese. Per taluni eventi, è vero, si riempiono le piazze, ma le
stesse masse oceaniche cha applaudono il Papa, poi vivono una quotidianità
fatta di laicismo progressista, lontani da una qualsiasi parvenza di vita
religiosa concreta, negli atti di ogni giorno. L’ultimo esempio è dato dal
disinteresse della massa che ha accolto l’approvazione della legge che punisce
l’omofobia (e quindi la difesa della famiglia naturale): non risulta che la
stragrande maggioranza di coloro che sono andati in visibilio per l’elezione di
Papa Francesco, che lo hanno esaltato nelle televisioni, dai parlamenti, dai
giornali, abbiano poi speso una parola per far comprendere la gravità della
legge in questione. Non parliamo, ovviamente, delle pur numerose voci di siti
cattolici (Riscossa Cristiana e Corrispondenza Romana in testa), di alcune
riviste (come Radici cristiane ed altre), ma dei grandi mezzi di comunicazione
di massa. Quanti articoli critici nei confronti della deriva omosessualista
sono apparsi su La Repubblica a fianco dello spazio dedicato
al rapporto epistolare tra Scalfari ed il Papa? Spentasi l’eco per il clamoroso
scambio di lettere, si è tornati alla martellante propaganda omosessualista,
come se nulla fosse successo.
Se ciò è comprensibile per un caposaldo della cultura
progressista quale il giornale citato, è invece del tutto inaccettabile quando
avviene nelle parrocchie: la causa è – come denuncia don Ennio Innocenti –
nella cattiva formazione del clero. La mancanza di una solida preparazione
tomista, incline a forme di protestantizzazione per influsso diretto o per
mediazione del modernismo, fa sì che la cultura cattolica (e con essa l’etica e
la morale) siano molto deboli alle critiche di chi non è credente: parroci
deboli causano catechisti deboli, parrocchiani deboli e via dicendo, per modo
che l’armata costituita dai “Soldati di Cristo”, consacrati dalla cresima,
rischia di subire una perenne Caporetto (per non dire un continuo 8
settembre…).
Il giornale Sì Sì No No si rivolgeva (e si
rivolge) innanzitutto ai sacerdoti. Pubblicato in formato tabloid e diffuso su
tutto il territorio nazionale, esso porta importanti temi di teologia nelle
canoniche di tutto lo Stivale. Va detto che la forma-giornale non è la migliore
per archiviare questa imponente massa di informazioni, vero e proprio strumento
di battaglia: per fortuna alcuni suoi articoli si trovano su internet e quindi
riescono a raggiungere ulteriori lettori o possono essere facilmente recuperati
a distanza di tempo.
Ben venga dunque la decisione di don Ennio Innocenti di
raccogliere in un volume, di ottima fattura, i suoi interventi relativi alla
deriva modernista nella Chiesa: nelle diverse sezioni del libro vengono
analizzati gli errori della Curia, quelli della Segreteria di Stato, di alcune
congregazioni. Senza mezzi termini, l’autore si chiede – e si risponde – perché
siano saliti ai massimi gradi della gerarchia personaggi come Martini («Un “non
credente” sulla cattedra di S. Ambrogio», p. 280), Ravasi («fondamentalista
ecumenico», p. 325), il “rivoluzionario” cardinal Kasper, i monsignori Rossano
e Molinaro, Rettore e Decano della Pontificia Università Lateranense, attenti
al dialogo interreligioso, a parere dell’autore, assai più che alla difesa
della fede (il primo sembra quasi sostenere che la Bibbia sia allo stesso
livello dei Veda e del Corano, il secondo sembra preferire Hegel a S. Tommaso).
Se don Ariel S. Levi di Gualdo, in E Satana si fece
trino (Bonanni, Roma 2013), denunciava lo sfacelo morale di gran parte
degli istituti di formazione religiosa, don Ennio Innocenti ne rivela le cause
dottrinarie: i suoi strali – che non hanno paura di colpire anche i massimi
vertici ecclesiastici – partono dall’arco del tomismo e sanno di colpire
bersagli modernisti, scomunicati un secolo fa. Perciò l’autore rintuzza le
accuse di chi, sia pure amichevolmente, lo ha definito “ghibellino”: «Io sono
sempre stato fedele alla dottrina cattolica, difensore della sua ortodossia,
non solo pronto a collaborare con la Santa Sede, ma perfino sostenitore d’una
funzione provvidenziale del potere temporale dei Papi» (p. 387). Ma ciò non gli
impedisce di vedere le deviazioni moderniste presenti nella Chiesa e di
contestarle pubblicamente (e ancora più apertamente con questo libro, con il
quale si assume la paternità di articoli che erano talvolta usciti senza
firma), sottolineando come l’attività antimodernista di Sì Sì No No non
sia mai stata criticata (né confutata) dall’Autorità ecclesiastica.
recensione di Gianandrea de Antonellis
Il volume può essere richiesto all’editore (www.fraternitasaurigarum.it -fraternitasaurigarum@gmail.com )
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