Dello
scambio epistolare fra Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica, e
Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio, credo si parlerà a
lungo, a causa del gran numero di temi importantissimi trattati in
maniera colloquiale epperò semplice.
Fra
i tanti temi scelgo di commentare qui quello che mi ha “colpito”
di più. Riporto prima lo “scambio di opinioni” e poi il mio
commento:
SCALFARI:
«Prima
domanda: se una persona non ha fede né la cerca, ma commette quello
che per la Chiesa è un peccato, sarà perdonato dal Dio cristiano?»
(1)
FRANCESCO:
«Innanzi
tutto, mi chiede se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non
cerca la fede. Premesso che – ed è la cosa fondamentale – la
misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore
sincero e contrito, la questione per chi non crede in Dio sta
nell’obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non
ha la fede, c’è quando si va contro la coscienza. Ascoltare e
obbedire ad essa significa, infatti, decidersi di fronte a ciò che
viene percepito come bene o come male. E su questa decisione si gioca
la bontà o la malvagità del nostro agire».
(2)
Interessante
anche il titolo de la Repubblica alla risposta di Francesco: «Dio
perdona chi segue la propria coscienza».
E
veniamo al commento: innanzitutto devo dire che, leggendo per prima
cosa il titolo di Repubblica, ero rimasto stupito positivamente. In
questi tempi di estremo relativismo, infatti, mi era sembrato
addirittura un “miglioramento” il fatto che Francesco affermasse
che un ateo (o comunque un non cristiano) che segue la propria
coscienza abbia bisogno di essere perdonato da Dio. Purtroppo,
leggendo il testo scritto da Bergoglio, si coglie ben altro, ovvero
che chi (ateo o non cristiano) segua la propria coscienza non ha
neppure bisogno di essere perdonato, poiché non commette alcun
peccato.
Ma
partiamo ab ovo.
Scalfari
chiede: “se una persona non ha fede né la cerca, ma commette
quello che per la Chiesa è un peccato, sarà perdonato dal Dio
cristiano?”; ovvero l’89enne Scalfari fa la seguente ipotesi
(domanda che anche il più incallito ateo, giunto a quella età,
comincia a porsi): supponiamo che abbia ragione la Chiesa, e che Dio
esista proprio nel modo in cui lo descrive e predica la Chiesa (il
“Dio cristiano”), che ne sarà di me?
Si
noti, per inciso, che Scalfari non si pone il problema – che invece
bisognerebbe porsi – di capire se Dio potrà perdonare la sua
assenza di fede. Ovvero Scalfari non “teme” che il fatto stesso
di non avere fede (ovvero di aver rifiutato la fede) possa essere già
questo un qualcosa che deve essere perdonato (3).
Continua
Scalfari a chiedersi: se questo Dio esiste, proprio come ce lo
“racconta” la Chiesa, come giudicherà chi, non avendo fede,
compie un atto che la morale cristiana ritiene peccaminoso ma che la
“morale laica” ritiene lecito? Questa è la domanda di Scalfari!
Ovvero
Scalfari chiede: io, che sono ateo, sono tenuto a rispettare i
precetti della Chiesa? Se quando morirò dovesse capitare che Dio
esiste davvero, mi perdonerà per aver commesso “quello che per la
Chiesa è un peccato”?
Ovvero
anche: la Chiesa è come un club, il cui regolamento deve essere
rispettato dai soli soci che scelgono di iscrivervisi, o è come la
Natura, le cui leggi obbligano tutti, indipendentemente dalla volontà
dei singoli? (4)
A
me sembra evidente che la domanda sia questa.
Dunque,
a me pare, che Francesco risponda non alla domanda fatta da Scalfari,
ma ad un’altra domanda… “Innanzi tutto, mi chiede se il Dio dei
cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede”; non è vero,
non ha chiesto questo… ha chiesto se Dio perdona chi ha fatto un
peccato non ritenendolo tale perché non ritiene che il “bene” ed
il “male” siano quelli indicati dalla morale cristiana.
Poi
dice Francesco: “Premesso che – ed è la cosa fondamentale – la
misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore
sincero e contrito”; questa è una risposta giusta ma che “non
c’azzecca”… infatti, se parliamo di “cuore contrito”
parliamo di “pentimento”. Dunque Dio perdona chi si è pentito ed
ha il cuore contrito, giustissimo, ma non è questo che chiedeva
Scalfari, Scalfari non è pentito, perché per pentirsi bisogna
riconoscere che un atto è “cattivo”, mentre lui sta parlando di
alcuni atti che ritiene “buoni” ma che la Chiesa ritiene
“cattivi”.
Continua
Francesco: “la questione per chi non crede in Dio sta nell’obbedire
alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c’è
quando si va contro la coscienza. Ascoltare e obbedire ad essa
significa, infatti, decidersi di fronte a ciò che viene percepito
come bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la
malvagità del nostro agire”.
Anche
questo è in astratto giusto, ma nel concreto molto problematico, e
per capirlo cerchiamo di capire cos’è la coscienza: la coscienza è
la legge morale naturale che Iddio ha iscritto nei nostri cuori.
Dunque un pagano vissuto prima dell’era cristiana o un aborigeno
nato in una isoletta di aborigeni, possono – in teoria –
conoscere il bene ed il male e – eventualmente di conseguenza –
vivere rettamente seguendo la coscienza scritta nei propri cuori. Ma
a causa della perversione del genere umano seguita al peccato
originale, ed anche a seguito dei peccati attuali dei singoli uomini
e della mentalità moderna, questa voce della coscienza è spesso
soffocata.
Scrive,
fra i tanti, Doroteo di Gaza (5):
«Quando
Dio creò l’uomo, pose in lui come un seme divino e lo dotò di una
facoltà calda e luminosa come una scintilla, che illumina la mente e
mostra il bene distinto dal male. Essa si chiama coscienza, ed è la
legge naturale. Questi sono i pozzi scavati da Giacobbe, come hanno
detto i Padri, e otturati di nuovo dai Filistei. Con la docilità a
questa legge, cioè alla coscienza, i patriarchi e tutti i santi
vissuti prima della Legge scritta piacquero a Dio. Ma quando essa fu
otturata e calpestata dagli uomini con l’avanzare del peccato,
abbiamo avuto bisogno della Legge scritta, abbiamo avuto bisogno dei
santi profeti, abbiamo avuto bisogno della venuta stessa del Signore
nostro Gesù Cristo per rimetterla a nudo e ridestarla, per
rivivificare quella scintilla sepolta per mezzo della osservanza dei
suoi santi comandamenti. Dipende dunque ormai da noi seppellirla di
nuovo o lasciare che essa brilli e ci illumini, se siamo disposti ad
obbedirle».
Dunque
la retta coscienza (cioè quella che non è stata soffocata dai
peccati e dall’orgoglio dell’uomo, come i pozzi scavati da Isacco
soffocati dai Filistei) non è e non può essere in disaccordo con la
Legge, cioè con la Rivelazione, cioè con la Tradizione, cioè con
il Magistero della Chiesa.
Se
io voglio guidare un’auto dal punto A al punto B posso usare il
navigatore GPS, che è uno strumento che la tecnologia mi mette a
disposizione. Oppure posso dire che non ho bisogno del GPS perché ho
un ottimo senso di orientamento. Ora, a parte la superbia di chi
crede di non aver bisogno del GPS (che fuori di metafora sarebbe la
Chiesa) messoci a disposizione dalla tecnologia (che fuor di metafora
sarebbe Dio o Cristo), è il risultato finale quello che conta:
ovvero se con il senso d’orientamento (che fuori di metafora
sarebbe la coscienza) riesco ad arrivare alla destinazione prefissata
(che fuor di metafora sarebbe la capacità di distinguere fra bene e
male) allora tutto va bene, ma se il senso d’orientamento mi porta
ad un’altra destinazione (ovvero a considerare come “lecite”
alcune cose che la Legge/Rivelazione/Tradizione/Magistero
identificano come illecite, o viceversa) c’è un grosso problema
che può essere risolto solo fermandosi per un attimo al lato della
strada, riconoscendo la difettosità del proprio senso
dell’orientamento (che fuor di metafora sarebbe fare un “atto di
umiltà”) ed installando il GPS (che sarebbe sempre la Chiesa).
Diversamente
finiremmo nel più totale relativismo, secondo cui un assassino
incallito, cui la coscienza non rimorde, non compie alcun peccato nel
continuare a commettere omicidi, mentre un assassino occasionale, cui
la coscienza rimorde, compie un grave peccato, ovvero, tornando alla
metafora, che non è importante arrivare alla destinazione prefissata
ma è importante essere stati “coerenti” col proprio senso di
orientamento, arrivando in un posto qualunque.
Dobbiamo
invece affermare che, se un assassino (o qualsiasi altro peccatore)
non si sente “rimordere la coscienza” è perché la sua coscienza
è stata “soffocata” dal peccato originale, dai peccati attuali e
dalla mentalità della società nella quale viviamo (ovvero dalla
“morale laica” sottintesa da Scalfari), ossia che se io volevo
andare nel punto B ma seguendo il senso di orientamento sono andato
nel punto C, il mio senso dell’orientamento è difettoso.
Per
“rivivificare” la coscienza “soffocata” abbiamo a
disposizione i mezzi elencati da Doroteo: la Legge, i santi profeti,
la predicazione di Gesù Cristo, il Magistero della Chiesa.
In
conclusione, la risposta da dare a Scalfari avrebbe potuto essere la
seguente: se colui che non ha fede, seguendo la propria coscienza,
“commette quello che per la Chiesa è peccato” il “Dio
cristiano” gli dirà: «Stolto! Potevi essere umile ed usare il GPS
e saresti arrivato alla destinazione giusta! Volendo essere superbo e
affidandoti solo al tuo senso di orientamento, invece, sei arrivato
alla destinazione sbagliata! (che fuor di metafora sarebbe
l’Inferno…)»
Pierfrancesco
Palmisano
(1)
editoriale del 7
agosto:http://www.repubblica.it/politica/2013/08/07/news/le_domande_di_un_non_credente_al_papa_gesuita_chiamato_francesco-64398349/?ref=HRER3-1 ;
(2)
risposta dell’11
settembre:http://www.repubblica.it/cultura/2013/09/11/news/sintesi_lettera_bergoglio-66283390/?ref=HRER3-1;
(3)
d’altronde ricordo bene una intervista dell’ateo Montanelli che
diceva: “se mai dovessi, dopo la morte, trovarmi di fronte a Dio,
sarò io a chiedere conto a Lui del perché non mi ha dato la Fede e
non il contrario”. Ovviamente questa bestemmia è del tutto campata
in aria. Dio da a tutti la possibilità di giungere alla Fede
(specialmente a chi, come Montanelli e Scalfari, ha avuto la grande
grazia di nascere in una nazione in cui il cattolicesimo è ben
conosciuto, sebbene non proprio nella migliore delle epoche
possibili) ed è solo l’arroganza e la superbia intellettuale di
alcuni (o la superficialità di altri) a tenerli lontani dalla Fede,
cioè dalla Verità;
(4)
ad esempio, devo rispettare la legge di gravità, anche se non
appartengo alla “Associazione amici della gravità”;
(5)
Doroteo di Gaza, Scritti ed insegnamenti spirituali, Ed. San
Paolo;https://it.wikipedia.org/wiki/Doroteo_di_Gaza
12 settembre 2013 by guelfonero
http://radiospada.org/2013/09/eugenio-e-francesco/
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.