Si precisa il profilo di Papa Francesco
Appena eletto, riguardo a Papa Francesco vennero domande sul suo rapporto col progressismo della Teologia della Liberazione, subito risolte con fatti inoppugnabili.
Poi si avanzarono le perplessità sul suo ostentato pauperismo, ma appena egli parlò con gli Ambasciatori che presentavano le credenziali, tutti capirono che la sua difesa dei poveri era sostanziale e sotto accusa era proprio l’anonima dominatrice finanza internazionale.
Non pochi corrugavano la fronte per l’esortazione alla tenerezza rivolto ai giovani in ebollizione, ma poi egli saldò la tenerezza con la bontà, non con l’espansività affettiva.
E quanto al perdono, che da principio sembrava presentato da lui come incondizionato, il Papa fece presto eco a Gesù: “Va e non peccare più”.
Qualcuno aveva arricciato il naso sentendo che il Papa sottolineava il suo compito romano, parendogli una limitazione; invece fu presto evidente la sua intuizione di presentare il compito senza iattanza (“Non acclamate Francesco, acclamate Gesù”), ma con cosciente universalismo e rinnovato impegno missionario.
Ci fu anche qualcuno sospettoso che il Papa fosse tutto rivolto alla pastorale sociale, invece egli, proprio rivolto agli pastori di Roma, sottolineò l’importanza del dialogo intellettuale, specialmente rivolto alla povertà culturale della nostra gente.
Quel che mi piace di più in Papa Francesco è l’evidente crescente affidamento alla Madonna: ha messo subito il pontificato sotto il mantello della Madonna di Fatima, ha esibito la filiale devozione del Rosario, anzi il 7 settembre l’ha esaltato liturgicamente in Piazza San Pietro: io credo che proprio da questa affidamento gli è venuto il coraggio (l’8 settembre, Natività di Maria!) di denunciare i mercanti d’armi provocatori di guerra, con evidente disprezzo del pericolo cui si esponeva.
C’è tuttavia un aspetto in Papa Bergoglio che mi lascia interdetto: la sua noncuranza del diritto. Questa è diventata clamorosa con la decisione di abolire il vaglio del miracolo per la canonizzazione di Giovanni XXIII.
Paolo VI aveva rifiutato la canonizzazione per accelerazione. I dubbi sulla santità di Roncalli non paiono vagliati. Acritico appare prendere per oro colato il diario scritto per i posteri. Perché abolire la legge che prescrive il vaglio del miracolo?
Anzi: perché non permettere il vaglio pubblico del miracolo attribuito a Wojtyla, come si fa a Lourdes?
Se le regole stabilite non contano, anche quelle di Bergoglio non conteranno.
Don Ennio Innocenti
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