Una difesa del Padre Ariel S. Levi di Gualdo all’articolo di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro
DALLA RISERVA INDIANA ALLE MODERNE CATACOMBE
Visita tomba di Pietro |
Nel loro scritto i due insigni studiosi sono animati da uno stile
ecclesiale profondamente e lealmente cattolico nonché animati dal più
devoto rispetto verso quella che una volta solevamo indicare — per
dovuta venerazione e non certo per verve ampollosa — come la sacra e
augusta persona della Santità di Nostro Signore il Romano Pontefice.
È molto sintomatico che gli autori di questo articolo siano stati
aggrediti in malo modo e in maniera perlopiù scomposta da persone che
non entrano nel merito ma che tendono ad appoggiare e difendere un
pontefice con lo spirito appassionato e irrazionale col quale si può
difendere un attore, un calciatore o una rock star di cui si è deciso di
essere fans sino all’attacco di isteria e allo strappo dei capelli
durante i concerti. Il ministero petrino e la vera fede cattolica sono
però altra cosa, anche perché in questo caso la parola ministero fa
teologica rima con la parola mistero: Pietro, che è pietra edificante, è
infatti base fondante del mistero della Chiesa [Cf. Mt. 16, 14-18]. Non
si tratta dunque, come qualcuno ha scritto, di essere
incomprensibilmente professorali, in questo clima preoccupante dove per
semplificare si rischia di banalizzare l’intero mistero della
Rivelazione del Verbo Incarnato; ma di essere semplicemente cattolici,
dicendo si quando è si e no quando è no, perché il di più — ma di questi
tempi anche il di meno, oppure il vago o l’ambiguo dire o non dire —
proviene rigorosamente dal Maligno. E l’ultimo dei santi che mai avrebbe
approvato il dire un po’ si e un po’ no, lasciando infine capire forse
“nì”, sarebbe stato Ignazio di Loyola, che della povera e decadente
Compagnia di Gesù dei giorni nostri — o se preferiamo della
sincretistica Compagnia delle Indie, della Compagnia Indigenista e
suvvia a seguire — non è neppure lontano parente.
Nel recente passato, tra le varie meraviglie legate a questo inizio di
pontificato narrate dalla stampa, si è detto che dopo l'elezione
dell’Augusto Pontefice Regnante sono aumentate anche le confessioni, si
sono affollati i confessionali ed è aumentato l’afflusso alle Chiese ...
Or bene, se come Chiesa dobbiamo essere una specie di “ospedale da campo” [vedere qui, qui, qui],
allora, tanto per principiare si cominci ad ascoltare — primari e
baroni clinici in testa — noi “medici del pronto soccorso”, che sul
campo ci stiamo in modo molto concreto. E siccome dentro i confessionali
ci stiamo appunto noi e non i giornalisti, ma volendo neppure i
cardinali del Cortile dei Gentili atei, agnostici e massoni, vogliamo
parlare di queste confessioni e della qualità di queste confessioni?
Presto detto: Noi preti abbiamo accolto pseudo penitenti presi più o
meno da turbe emotivo-mediatiche che ci venivano a sfogare quanto
piacesse a loro questo pontefice. E dopo avere premesso che non
rubavano, non ammazzavano, non facevano del male a nessuno e che quindi
non avevano per questo bisogno alcuno di confessarsi ed in specie tanto
meno con un uomo come loro, cominciavano a calarsi nel ruolo di censori
per spiegare al confessore, durante la celebrazione di un Sacramento del
quale non avevano alcuna percezione, l’essenza della loro originale
“ecclesiologia” e della loro “fede” surreale, vale a dire questa: «Papa
Francesco si, Chiesa no. Papa Francesco si, preti no. Papa Francesco si,
sacramenti no ...». infine: «Papa Francesco si, Dio no».
Si è anche parlato di Piazza San Pietro affollata come mai s’era vista
prima. Certo, ma affollata da chi, qualcuno se l’è chiesto? Presto
detto: per una media di otto su dieci — e non esagero ma sono davvero
largo — da persone che se avvicinate non erano in grado di dire le prime
cinque parole della professione di fede: «Credo in un solo Dio» e le
prime sei parole del Padre Nostro: «Padre nostro che sei nei cieli».
Non trascorre giorno senza che noi preti si debba avere a che fare con
persone alle quali mai passerebbe per la mente di entrare dentro una
chiesa neppure per Pasqua e per Natale che ci vengono a dire: «Se i
preti fossero come Papa Francesco! Ah, lui è per i poveri, per la Chiesa
povera, mica come voi» sottinteso ... brutti sporcaccioni.
Questo è ciò che come prete posso dire dal pronto soccorso della Chiesa
“ospedale da campo”. E una volta detto questo, posso essere preoccupato
dinanzi a un’opinione pubblica mondiale che scinde ormai la figura
dell’attuale Sommo Pontefice dalla Chiesa ma soprattutto da Cristo e
dalla Rivelazione del Verbo di Dio fatto uomo?
Dinanzi a questo tremendo disfacimento io ho l'obbligo morale di essere
preoccupato e anche drammaticamente allarmato, quando orde di atei,
agnostici, anticattolici irredimibili fieri di essere tali, seguiti da
eserciti di pseudo cattolici ignoranti e orgogliosi della propria
ignoranza in materia di fede e di dottrina, finiscono col creare, sulla
scia dei riflettori, una nuova religione pagano-mediatica: la religione
del "papacecchismo".
Chiunque voglia leggere in queste mie parole un attacco al papato e
all'Augusto Pontefice Regnante ... beh, allora è proprio il caso di
dire: che vada a farsi benedire! Inoltre, ai membri della nuova
religione del "papacecchismo" ricordo che sul Vangelo sta scritto: "Guai
a voi quando tutti diranno bene di voi" [Cf. Lc. 6, 24-26].
In cristiana e sacerdotale coscienza appoggio solidale e addolorato lo
scritto di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, preceduti da altri
scritti firmati dal mio amico Roberto de Mattei, col quale chiunque lo
desideri può non essere d’accordo, purché sia a lui riconosciuto ciò che
gli è dovuto: l’onestà intellettuale e la capacità di profonda analisi
storica [vedere qui, qui],
ma soprattutto la sua ortodossa fede cattolica e la sua indefessa
fedeltà al papato che ha sempre difeso a spada tratta, senza mai avere
giocato — come invece fanno i vari Alberto Melloni — a tirare e adattare
la storia alle esigenze della ideologia dei “cristiani adulti”.
Sotto il pontificato di Benedetto XVI siamo stati spinti a poco a poco
nella Riserva Indiana, tutto sommato in straordinaria compagnia, visto
che nella Riserva ha finito per seguirci lo stesso Sommo Pontefice sceso
dalla Cattedra di Pietro per motivi che solo la storia potrà un giorno
chiarire. Sotto questo pontificato molti rischiano invece di tornare
nelle Catacombe. Cosa quest’ultima di cui dobbiamo ringraziare Dio, se
consideriamo che tutto finisce o comincia di nuovo là dove è cominciato
in origine.
Lascio infine ai lettori una riflessione già contenuta in queste righe
che sul finire desidero però accentuare ancora. Dopo che i Sommi
Pontefici degli ultimi 40 anni sono stati attaccati e insultati in ogni
modo, spesso sbranati da branchi di lupi cresciuti dentro le mura della
nostra casa, vi pare normale che se qualche buon cattolico osa sollevare
perplessità non sul magistero di Francesco I — tutto quanto ancora da
annunciare e da scrivere —, o su certi suoi approcci o parole non
opportune dette a un giornalista ateo della stampa anticattolica
militante, per tutta risposta si levi sùbito in sua difesa, contro
chiunque osi seguire “la propria coscienza personale” o il proprio senso
“soggettivo” di “bene e male”, un coro di atei e anticattolici che
semmai dovessero entrare per sbaglio dentro una chiesa non saprebbero
neppure come farsi il segno della croce?
Meditate gente, meditate … perché se il buondì si vede all’alba, temo
proprio che non ci aspetti affatto un romantico tramonto. «Perciò,
fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete appreso sia
dalla nostra parola sia dalla nostra lettera. E lo stesso Signore nostro
Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua
grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri
cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene» [2 Ts. 1, 15-16].
Ariel S. Levi di Gualdo
11 ottobre 2013
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.