A proposito dei funerali del capitamo Erich Priebke
di Belvecchio
In questi giorni si è conclusa un’altra delle vicende strascico della Seconda Guerra Mondiale, svoltasi dal 1939 al 1945 del secolo scorso. Si tratta della vicenda sorta intorno al funerale del capitano Erich Priebke, già appartenente al contingente militare tedesco di stanza in Italia dal 1942 al 1945, nel corpo delle Schutz Staffeln - Squadre di Protezione -, morto a Roma l’11 ottobre 2013.
La vicenda è stata così ampiamente raccontata che è inutile riportarla qui.
Perché ce ne occupiamo?
Cos’ha a che vedere il funerale di Priebke con la Tradizione cattolica?
La risposta è: niente! E molto!, dipende dai punti di vista dai quali ci si pone. Non ha niente a che vedere se si pensa che ogni giorno nel mondo muoiono di vecchiaia centinaia di migliaia di cattolici, anche noti, sia nel bene sia nel male e… non c’è proprio bisogno di parlare di un fatto così naturale.
Molto a che vedere se si pensa che questa vicenda è in tanti modi legata alla vita della Chiesa cattolica, direttamente, per il funerale in questione, e indirettamente per le vicende storiche e meta-storiche che essa evoca e sulle quali è sorta, in particolare riguardo alla Chiesa, una letteratura sterminata.
Occuparsene, significa cogliere l’occasione per fare alcune precisazioni che interessano, non solo i cattolici legati alla Tradizione, ma tutti i cattolici attenti ad un minimo di coerenza nella pratica della Fede.
Avremmo potuto tralasciarla, ma ci sarebbe rimasto lo scrupolo di non essere intervenuti per motivi di opportunità, magari per evitare di apparire in qualche modo “collusi” con certe vicende storiche per niente condivisibili, o per timore di parlare fuori dal coro in modo controproducente per la Tradizione, o per evitare di toccare il nervo scoperto della ormai inesauribile “questione ebraica” che continua a far tremare le vene e i polsi solo ad accennarne, o per evitare di urtare la suscettibilità di certi amici tradizionisti e magari perdere il loro favore, o per evitare di impelagarsi in una palude mediatica della quale non si sa neanche se un giorno si riuscirà a dipanare le nebbie mefitiche e, a sole splendente, raccontare alle giovani e alle tarde generazioni che l’acqua è l’acqua e il fango è acqua mista a polvere e residui organici.
Excusatio non petita, accusatio manifesta.
Proprio così… perché non bisogna dimenticare che viviamo in un tempo che, comunque ci si comporti, non importa se sia bene o male, non appena non si suoni lo spartito diffuso e prescritto da chi comanda questo mondo, si viene comunque accusati di sovversivismo o di terrorismo o magari di voler riesumare il nefasto Sacro Romano Impero, se non addirittura, misfatto dei misfatti, il Potere Temporale dei Papi.
Ed allora, visto che in ogni caso ci saremmo presi le bacchettate sulle mani, sarà bene che diciamo quello che pensiamo, anche a costo di ricevere chissà quale accusa di lesa maestà o di attentato alla democrazia.
Tutto comincia con una di quelle coincidenze storiche che a volte passano sotto silenzio, ma che a ben guardare sono portatrici di significati simbolici fatti apposta per far riflettere.
Il capitano Priebke aveva compiuto 100 anni il 29 luglio scorso: un’ironia davvero eloquente per uno che era stato condannato all’ergastolo a mo’ di perenne monito per i suoi misfatti indicibili, ormai noti a tutti. Ma questo fatto, per come è stato raccontato, sembrava che dovesse essere addebitato alla sua volontà; tanto più che questa morte è sopraggiunta poco dopo il sessantanovesimo anniversario dell’attentato terroristico di via Rasella a Roma, del 23 marzo 1944, attentato che nel 2001 venne dichiarato “atto di guerra” dalla Cassazione e nel quale non morì alcun militare tedesco combattente, ma 33 appartenenti al battaglione di polizia militare tedesca “Bolzano”, tutti altoatesini, più un bambino e due militanti del gruppo politico clandestino “Bandiera Rossa”; attentato seguito il giorno dopo, com’era costume in quei tempi di guerra bestiale, dalla rappresaglia tedesca che portò all’uccisione di 335 militari e civili, tra cui 75 Ebrei. Ed anche questa coincidenza, unita all’altra del settantesimo anniversario della deportazione degli Ebrei romani in Germania, avvenuta il 16 ottobre 1943, sono state raccontate come se quasi quasi fossero state volute dal defunto.
Fatto è che, non appena morto, invece di fare una croce su tutta la vicenda, si è scatenata una curiosa reazione contro questo centenario che era ormai alle prese col giudizio di Dio: tutti hanno fatto a gara per rifiutare la celebrazione dei funerali e la successiva sepoltura. Ma quello che è davvero singolare, e per certi versi inquietante, è che perfino il Vicariato dell’Urbe si è unito a questo coro di moderno civilissimo rifiuto, giungendo, con non poche voci contrastanti, a far sapere che il funerale in Chiesa di questo cattolico costituirebbe motivo di scandalo per i fedeli.
Il cardinale Agostino Vallini, Vicario dell’Urbe, in seguito alla richiesta del funerale religioso, ha precisato: “Abbiamo considerato tutte le circostanze e gli argomenti del caso, e abbiamo deciso di assicurare la preghiera per la richiesta della misericordia del Signore, come per ogni uomo che lo chiede nel momento supremo della vita… Abbiamo stabilito però anche la modalità della preghiera, da celebrarsi in casa diversa, per ragioni ovvie, da quella pubblica. La nostra proposta è stata rifiutata dall'avvocato. Questo è il fatto e a questo ci atteniamo” (Il Messaggero, 14 ottobre 2013).
Il ben noto mons. Forte Bruno, ha spiegato così questa decisione: celebrare i funerali in Chiesa “significherebbe dire che quest’uomo, pur essendo un peccatore, era in comunione con la Chiesa. E questo non avrebbe senso, sarebbe un’ambiguità inammissibile: come si fa a ritenere in comunione con la Chiesa uno che fino all’ultimo ha negato pervicacemente la Shoah? Priebke non voleva essere in comunione nella condanna senza appello, ribadita più volte dalla dottrina, della Shoah come male assoluto, radicale” (Porte chiuse del Vaticano ai funerali di Priebke, Corriere della Sera, del 13 ottobre 2013).
Altri hanno ricordato il Codice di Diritto Canonico che, al Canone 1184, § 1, punto 3, dispone: “Se prima della morte non diedero alcun segno di pentimento, devono essere privati delle esequie ecclesiastiche: … gli altri peccatori manifesti, ai quali non è possibile concedere le esequie senza pubblico scandalo dei fedeli.”
Ed eccoci allora al punto cruciale di questa vicenda: a questo cattolico battezzato da uno dei preti che lo aiutarono a rifugiarsi in Argentina nel 1945, viene negato il funerale religioso per due motivi che, per versi diversi, sono davvero sconcertanti e trasformano la Chiesa cattolica in una qualsiasi congrega laica aggiornata e allineata secondo il vento che spira. E tutto questo nonostante la continuamente richiamata “misericordia” che sarebbe la bussola della moderna pastorale.
Questo significa distruggere la Tradizione della Chiesa e rimpiazzarla con la moda, sia pure intellettuale e culturale.
Se consideriamo il richiamo al Codice di Diritto Canonico, l’unica cosa seria che si possa dire è che è da cinquant’anni che la nuova Chiesa conciliare celebra le esequie dei più noti “peccatori manifesti”, producendo “pubblico scandalo dei fedeli”: dalle esequie dei suicidi, perfino in San Pietro, alle esequie dei peccatori manifesti e pubblici, super noti anche per questo, come è accaduto in Duomo a Milano e a Bologna, per fare qualche esempio, e fino al recente funerale dello scandaloso sacerdote genovese, abortista e difensore dei vizi, celebrato dallo stesso capo dei vescovi italiani con tanto di contorno di comunione amministrata sotto i riflettori a pubblici peccatori.
Se questo non significa procurare lo scandalo dei fedeli, allora vuol dire che non abbiamo capito niente della vita, neanche come si faccia a leggere e scrivere.
La verità è che questa abusata “misericordia” viene usata con pesi e misure differenti, a seconda di come convenga e di come soffi il vento, certo con nessun merito per chi lo fa, con ogni svantaggio per la Chiesa e per la salvezza delle anime, e con nemmeno il minimo rispetto per l’insegnamento di Cristo e della Chiesa stessa.
Esattamente come fa il cardinale Agostino Vallini, che nasconde la violazione della legge della Chiesa dietro un’originale invenzione, quella “di assicurare la preghiera per la richiesta della misericordia del Signore, come per ogni uomo che lo chiede nel momento supremo della vita … da celebrarsi in casa diversa, per ragioni ovvie, da quella pubblica.” Quasi a voler dire che avrebbe mandato un prete a casa del defunto per recitare il Rosario, cosa che per farla non serve un prete, bastano i laici, e non c’è neanche bisogno di recitarlo ai piedi del morto, basta farlo in un posto qualsiasi. Il cardinale Vallini mette una pezza che è peggiore del buco.
E come fa, solo po’ meglio, mons. Bruno Forte, che per lo meno rivela l’esatta motivazione di quest’uso distorto della “misericordia”: “Priebke non voleva essere in comunione nella condanna senza appello, ribadita più volte dalla dottrina, della Shoah come male assoluto, radicale”.
Motivazione che significa due cose.
Cosa sulla quale ci sembra proprio il caso di richiamare qualche elemento… tanto per rinfrescare la memoria.
Forse è stata questa ininterrotta sequela di disgrazie che ha indotto gli Ebrei moderni a fare dell’ultimo disastro subíto una sorta di tabù intoccabile, che sotto il nome ebraico di Shoah(tempesta devastante) viene proposto come sacrificio supremo subíto dal popolo ebraico per colpa dell’intero mondo non ebraico; una sorta di sacrificio catartico che dovrebbe far dimenticare i loro trascorsi biblici, con le loro rivolte contro Dio, e dovrebbe rimanere impresso nella memoria del mondo attuale ad abominio di esso e a riscatto dello stesso popolo ebraico, a quel punto assurto a simbolo della giustizia e della salvazione del mondo, senza l’adesione al quale nessuno può dirsi veramente uomo; come ha ricordato uno dei capi della comunità ebraica di Roma, certo Pacifici, nomen omen, “Non riesco a provare né pietà né gioia, non mi viene né da piangere né da sorridere per la morte di quello [Priebke] che era un essere vivente, non un uomo” (Agenzia AGI, Roma, 11 ottobre 2013).
Strana concezione, questa, che viene dritta dritta dal considerare la Shoah e la sua intoccabilità come nient’altro che la nuova religione del mondo, destinata a soppiantare tutte le altre e tutti gli altri sacrifici, compreso e non ultimo il Sacrificio del Figlio di Dio, Nostro Signore Gesù Cristo, segno di contraddizione per tutti i popoli e massimo abominio per il popolo ebraico.
E così il cerchio si chiude, un cerchio che ha un che di mefistofelicamente magico e nel quale è incappata anche la gerarchia cattolica moderna che, inevitabilmente, non può permettere che in chiesa si celebrino le esequie di uno che non è un uomo, che ha la colpa irremissibile di aver avuto a che fare negativamente col popolo ebraico e che non può essere “in comunione con la Chiesa uno che fino all’ultimo ha negato pervicacemente la Shoah”, come dice Mons. Forte; uno, insomma, che oltre ad essere stato un povero peccatore che credeva in Gesù Cristo e nella Sua Chiesa, è stato un incorreggibile malvagio che non credeva nella nuova religione mondiale della Shoah che si pretende debba sostituire la Religione cattolica.
E non sembri eccessiva questa nostra lettura, perché il secolo scorso ha conosciuto milioni di morti procurati da pulizie etniche e normalizzazioni varie perpetrati dai regimi più diversi, senza che negli ultimi cinquant’anni si sia mai parlato, riguardo ad esse, di genocidi, di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità, con conseguenti interminabili ricerche dei responsabili, processi punitorii, giornate della memoria, pubblicità giornalistica, libresca e cinematografica. I nostri figli non sanno neanche che il comunismo ha fatto quasi cento milioni di morti, che le guerre democratiche hanno prodotto la scomparsa di intere popolazioni civili, che la pace assicurata da queste guerre ha a sua volta prodotto un numero incalcolabile di morti, una deriva degenerativa della società, la diffusione di ogni vizio e altre piccole sciocchezzuole che stanno trasformando questo nostro povero mondo in una cloaca maleodorante… fino a quando?
A questo punto potremmo parlare di ingiustizia, oppure di giustizia strabica, o anche di carità interessata o magari di falsa misericordia… se non fosse che sentiamo di trovarci di fronte all’ennesima stortura del mondo moderno, sia laico sia religioso, che tra mille contraddizioni coltiva amorevolmente l’ennesima macroscopica, mortale ipocrisia, per il trionfo della menzogna e la perdizione delle anime.
Ipocrisia che fa scattare la misericordia dei buoni, cioè di tutti quei bravi laici che hanno il batticuore facile per ogni deviazione umana, fintanto che non li disturba più di tanto, e di tutti quei moderni chierici che trovano sempre una giustificazione per ogni violazione della legge di Dio, per ogni abitudine al vizio, e che assolvono tutti in nome di quella misericordia che, dice papa Bergoglio, è la più grande di tutte le verità di Dio, tranne quando questo potrebbe loro arrecare un qualche problema con i loro ecumenici interlocutori, siano essi eretici o idolatri o miscredenti o ebrei.
Alla chiusura di questo articolo, giunge notizia che si sono trovati dei sacerdoti cattolici disposti a celebrare le esequie di questo cattolico passato a miglior vita: i sacerdoti della Fraternità San Pio X, ma questa è tutta un’altra storia della quale ci occuperemo domani a cose fatte, comunque siano andate..
La vicenda è stata così ampiamente raccontata che è inutile riportarla qui.
Perché ce ne occupiamo?
Cos’ha a che vedere il funerale di Priebke con la Tradizione cattolica?
La risposta è: niente! E molto!, dipende dai punti di vista dai quali ci si pone. Non ha niente a che vedere se si pensa che ogni giorno nel mondo muoiono di vecchiaia centinaia di migliaia di cattolici, anche noti, sia nel bene sia nel male e… non c’è proprio bisogno di parlare di un fatto così naturale.
Molto a che vedere se si pensa che questa vicenda è in tanti modi legata alla vita della Chiesa cattolica, direttamente, per il funerale in questione, e indirettamente per le vicende storiche e meta-storiche che essa evoca e sulle quali è sorta, in particolare riguardo alla Chiesa, una letteratura sterminata.
Occuparsene, significa cogliere l’occasione per fare alcune precisazioni che interessano, non solo i cattolici legati alla Tradizione, ma tutti i cattolici attenti ad un minimo di coerenza nella pratica della Fede.
Avremmo potuto tralasciarla, ma ci sarebbe rimasto lo scrupolo di non essere intervenuti per motivi di opportunità, magari per evitare di apparire in qualche modo “collusi” con certe vicende storiche per niente condivisibili, o per timore di parlare fuori dal coro in modo controproducente per la Tradizione, o per evitare di toccare il nervo scoperto della ormai inesauribile “questione ebraica” che continua a far tremare le vene e i polsi solo ad accennarne, o per evitare di urtare la suscettibilità di certi amici tradizionisti e magari perdere il loro favore, o per evitare di impelagarsi in una palude mediatica della quale non si sa neanche se un giorno si riuscirà a dipanare le nebbie mefitiche e, a sole splendente, raccontare alle giovani e alle tarde generazioni che l’acqua è l’acqua e il fango è acqua mista a polvere e residui organici.
Excusatio non petita, accusatio manifesta.
Proprio così… perché non bisogna dimenticare che viviamo in un tempo che, comunque ci si comporti, non importa se sia bene o male, non appena non si suoni lo spartito diffuso e prescritto da chi comanda questo mondo, si viene comunque accusati di sovversivismo o di terrorismo o magari di voler riesumare il nefasto Sacro Romano Impero, se non addirittura, misfatto dei misfatti, il Potere Temporale dei Papi.
Ed allora, visto che in ogni caso ci saremmo presi le bacchettate sulle mani, sarà bene che diciamo quello che pensiamo, anche a costo di ricevere chissà quale accusa di lesa maestà o di attentato alla democrazia.
Tutto comincia con una di quelle coincidenze storiche che a volte passano sotto silenzio, ma che a ben guardare sono portatrici di significati simbolici fatti apposta per far riflettere.
Il capitano Priebke aveva compiuto 100 anni il 29 luglio scorso: un’ironia davvero eloquente per uno che era stato condannato all’ergastolo a mo’ di perenne monito per i suoi misfatti indicibili, ormai noti a tutti. Ma questo fatto, per come è stato raccontato, sembrava che dovesse essere addebitato alla sua volontà; tanto più che questa morte è sopraggiunta poco dopo il sessantanovesimo anniversario dell’attentato terroristico di via Rasella a Roma, del 23 marzo 1944, attentato che nel 2001 venne dichiarato “atto di guerra” dalla Cassazione e nel quale non morì alcun militare tedesco combattente, ma 33 appartenenti al battaglione di polizia militare tedesca “Bolzano”, tutti altoatesini, più un bambino e due militanti del gruppo politico clandestino “Bandiera Rossa”; attentato seguito il giorno dopo, com’era costume in quei tempi di guerra bestiale, dalla rappresaglia tedesca che portò all’uccisione di 335 militari e civili, tra cui 75 Ebrei. Ed anche questa coincidenza, unita all’altra del settantesimo anniversario della deportazione degli Ebrei romani in Germania, avvenuta il 16 ottobre 1943, sono state raccontate come se quasi quasi fossero state volute dal defunto.
Fatto è che, non appena morto, invece di fare una croce su tutta la vicenda, si è scatenata una curiosa reazione contro questo centenario che era ormai alle prese col giudizio di Dio: tutti hanno fatto a gara per rifiutare la celebrazione dei funerali e la successiva sepoltura. Ma quello che è davvero singolare, e per certi versi inquietante, è che perfino il Vicariato dell’Urbe si è unito a questo coro di moderno civilissimo rifiuto, giungendo, con non poche voci contrastanti, a far sapere che il funerale in Chiesa di questo cattolico costituirebbe motivo di scandalo per i fedeli.
Il cardinale Agostino Vallini, Vicario dell’Urbe, in seguito alla richiesta del funerale religioso, ha precisato: “Abbiamo considerato tutte le circostanze e gli argomenti del caso, e abbiamo deciso di assicurare la preghiera per la richiesta della misericordia del Signore, come per ogni uomo che lo chiede nel momento supremo della vita… Abbiamo stabilito però anche la modalità della preghiera, da celebrarsi in casa diversa, per ragioni ovvie, da quella pubblica. La nostra proposta è stata rifiutata dall'avvocato. Questo è il fatto e a questo ci atteniamo” (Il Messaggero, 14 ottobre 2013).
Il ben noto mons. Forte Bruno, ha spiegato così questa decisione: celebrare i funerali in Chiesa “significherebbe dire che quest’uomo, pur essendo un peccatore, era in comunione con la Chiesa. E questo non avrebbe senso, sarebbe un’ambiguità inammissibile: come si fa a ritenere in comunione con la Chiesa uno che fino all’ultimo ha negato pervicacemente la Shoah? Priebke non voleva essere in comunione nella condanna senza appello, ribadita più volte dalla dottrina, della Shoah come male assoluto, radicale” (Porte chiuse del Vaticano ai funerali di Priebke, Corriere della Sera, del 13 ottobre 2013).
Altri hanno ricordato il Codice di Diritto Canonico che, al Canone 1184, § 1, punto 3, dispone: “Se prima della morte non diedero alcun segno di pentimento, devono essere privati delle esequie ecclesiastiche: … gli altri peccatori manifesti, ai quali non è possibile concedere le esequie senza pubblico scandalo dei fedeli.”
Ed eccoci allora al punto cruciale di questa vicenda: a questo cattolico battezzato da uno dei preti che lo aiutarono a rifugiarsi in Argentina nel 1945, viene negato il funerale religioso per due motivi che, per versi diversi, sono davvero sconcertanti e trasformano la Chiesa cattolica in una qualsiasi congrega laica aggiornata e allineata secondo il vento che spira. E tutto questo nonostante la continuamente richiamata “misericordia” che sarebbe la bussola della moderna pastorale.
Questo significa distruggere la Tradizione della Chiesa e rimpiazzarla con la moda, sia pure intellettuale e culturale.
Se consideriamo il richiamo al Codice di Diritto Canonico, l’unica cosa seria che si possa dire è che è da cinquant’anni che la nuova Chiesa conciliare celebra le esequie dei più noti “peccatori manifesti”, producendo “pubblico scandalo dei fedeli”: dalle esequie dei suicidi, perfino in San Pietro, alle esequie dei peccatori manifesti e pubblici, super noti anche per questo, come è accaduto in Duomo a Milano e a Bologna, per fare qualche esempio, e fino al recente funerale dello scandaloso sacerdote genovese, abortista e difensore dei vizi, celebrato dallo stesso capo dei vescovi italiani con tanto di contorno di comunione amministrata sotto i riflettori a pubblici peccatori.
Se questo non significa procurare lo scandalo dei fedeli, allora vuol dire che non abbiamo capito niente della vita, neanche come si faccia a leggere e scrivere.
La verità è che questa abusata “misericordia” viene usata con pesi e misure differenti, a seconda di come convenga e di come soffi il vento, certo con nessun merito per chi lo fa, con ogni svantaggio per la Chiesa e per la salvezza delle anime, e con nemmeno il minimo rispetto per l’insegnamento di Cristo e della Chiesa stessa.
Esattamente come fa il cardinale Agostino Vallini, che nasconde la violazione della legge della Chiesa dietro un’originale invenzione, quella “di assicurare la preghiera per la richiesta della misericordia del Signore, come per ogni uomo che lo chiede nel momento supremo della vita … da celebrarsi in casa diversa, per ragioni ovvie, da quella pubblica.” Quasi a voler dire che avrebbe mandato un prete a casa del defunto per recitare il Rosario, cosa che per farla non serve un prete, bastano i laici, e non c’è neanche bisogno di recitarlo ai piedi del morto, basta farlo in un posto qualsiasi. Il cardinale Vallini mette una pezza che è peggiore del buco.
E come fa, solo po’ meglio, mons. Bruno Forte, che per lo meno rivela l’esatta motivazione di quest’uso distorto della “misericordia”: “Priebke non voleva essere in comunione nella condanna senza appello, ribadita più volte dalla dottrina, della Shoah come male assoluto, radicale”.
Motivazione che significa due cose.
- Innanzi tutto che per essere cattolici si deve credere sì a Nostro Signore Gesù Cristo, ma si deve professare anche - e forse soprattutto?! – che la Shoah è il male assoluto, radicale; nuova formulazione dogmatica che francamente ci era sfuggita e di cui chiediamo umilmente scusa e ci cospargiamo il capo di cenere… mentre riflettiamo sulla gravità di questa equiparazione, prossima alla sostituzione, del metafisico sacrificio di Cristo con la fisica uccisione di un certo numero di Ebrei.
- Secondo poi, da cotanta premessa, che dato che in questa vicenda di Priebke sono coinvolti anche gli Ebrei, non si può usare “misericordia” con vero spirito cattolico se prima non si chiede il parere dei rappresentanti di questo popolo martoriato fin da quando è nato.
- Secondo poi, da cotanta premessa, che dato che in questa vicenda di Priebke sono coinvolti anche gli Ebrei, non si può usare “misericordia” con vero spirito cattolico se prima non si chiede il parere dei rappresentanti di questo popolo martoriato fin da quando è nato.
Cosa sulla quale ci sembra proprio il caso di richiamare qualche elemento… tanto per rinfrescare la memoria.
- Nella Bibbia (Numeri, 14) sta scritto: “Ho udito le mormorazioni degli Israeliti contro di me (27) … Nessun censito tra voi, di quanti siete stati registrati dai venti anni in su e avete mormorato contro di me, potrà entrare nella terra nella quale ho giurato a mano alzata di farvi abitare (29-30) … I vostri figli saranno nomadi nel deserto per quarant’anni e porteranno il peso delle vostre infedeltà, finché i vostri cadaveri siano tutti quanti nel deserto (33)… Io, il Signore, ho parlato. Così agirò con tutta questa comunità malvagia, con coloro che si sono coalizzati contro di me: in questo deserto saranno annientati e qui moriranno (35).
- Come sta scritto (Geremia): “Dice il Signore: Se non mi ascolterete, se non camminerete secondo la legge che ho posto davanti a voi … io ridurrò questo tempio come quello di Silo e farò di questa città un esempio di maledizione per tutti i popoli della terra” (26, 4-6) … Sion sarà arata come un campo, Gerusalemme diventerà un cumulo di rovine, il monte del tempio un’altura boscosa! (26, 18) … Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele, a tutti gli esuli che ho fatto deportare da Gerusalemme a Babilonia (29, 4)… Pertanto Giovanni figlio di Kàreca e tutti i capi delle bande armate e tutto il popolo non obbedirono all'invito del Signore di rimanere nel paese di Giuda (43, 4) … Così Giovanni figlio di Kàreca e tutti i capi delle bande armate raccolsero tutti i superstiti di Giuda, … e andarono nel paese d'Egitto, non avendo dato ascolto alla voce del Signore, e giunsero fino a Tafni” (43, 5 e 7).
- Senza contare la persecuzione subita al tempo dei Romani, quando venne distrutto nuovamente il Tempio, nel 70 d. C., e quando perirono più di un milione di Ebrei (Flavio Giuseppe, Guerra Giudaica, l. V, par. 13; e l. VI, par. 9) e gli altri furono dispersi;
- persecuzioni continuate nei secoli successivi e dalle quali molti Ebrei trovarono scampo negli Stati Pontifici;
- per arrivare alla mala sorte toccata loro tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale per mano di diversi Stati europei, culminata con la morte di milioni di essi per mano del regime nazista.
- Come sta scritto (Geremia): “Dice il Signore: Se non mi ascolterete, se non camminerete secondo la legge che ho posto davanti a voi … io ridurrò questo tempio come quello di Silo e farò di questa città un esempio di maledizione per tutti i popoli della terra” (26, 4-6) … Sion sarà arata come un campo, Gerusalemme diventerà un cumulo di rovine, il monte del tempio un’altura boscosa! (26, 18) … Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele, a tutti gli esuli che ho fatto deportare da Gerusalemme a Babilonia (29, 4)… Pertanto Giovanni figlio di Kàreca e tutti i capi delle bande armate e tutto il popolo non obbedirono all'invito del Signore di rimanere nel paese di Giuda (43, 4) … Così Giovanni figlio di Kàreca e tutti i capi delle bande armate raccolsero tutti i superstiti di Giuda, … e andarono nel paese d'Egitto, non avendo dato ascolto alla voce del Signore, e giunsero fino a Tafni” (43, 5 e 7).
- Senza contare la persecuzione subita al tempo dei Romani, quando venne distrutto nuovamente il Tempio, nel 70 d. C., e quando perirono più di un milione di Ebrei (Flavio Giuseppe, Guerra Giudaica, l. V, par. 13; e l. VI, par. 9) e gli altri furono dispersi;
- persecuzioni continuate nei secoli successivi e dalle quali molti Ebrei trovarono scampo negli Stati Pontifici;
- per arrivare alla mala sorte toccata loro tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale per mano di diversi Stati europei, culminata con la morte di milioni di essi per mano del regime nazista.
Forse è stata questa ininterrotta sequela di disgrazie che ha indotto gli Ebrei moderni a fare dell’ultimo disastro subíto una sorta di tabù intoccabile, che sotto il nome ebraico di Shoah(tempesta devastante) viene proposto come sacrificio supremo subíto dal popolo ebraico per colpa dell’intero mondo non ebraico; una sorta di sacrificio catartico che dovrebbe far dimenticare i loro trascorsi biblici, con le loro rivolte contro Dio, e dovrebbe rimanere impresso nella memoria del mondo attuale ad abominio di esso e a riscatto dello stesso popolo ebraico, a quel punto assurto a simbolo della giustizia e della salvazione del mondo, senza l’adesione al quale nessuno può dirsi veramente uomo; come ha ricordato uno dei capi della comunità ebraica di Roma, certo Pacifici, nomen omen, “Non riesco a provare né pietà né gioia, non mi viene né da piangere né da sorridere per la morte di quello [Priebke] che era un essere vivente, non un uomo” (Agenzia AGI, Roma, 11 ottobre 2013).
Strana concezione, questa, che viene dritta dritta dal considerare la Shoah e la sua intoccabilità come nient’altro che la nuova religione del mondo, destinata a soppiantare tutte le altre e tutti gli altri sacrifici, compreso e non ultimo il Sacrificio del Figlio di Dio, Nostro Signore Gesù Cristo, segno di contraddizione per tutti i popoli e massimo abominio per il popolo ebraico.
E così il cerchio si chiude, un cerchio che ha un che di mefistofelicamente magico e nel quale è incappata anche la gerarchia cattolica moderna che, inevitabilmente, non può permettere che in chiesa si celebrino le esequie di uno che non è un uomo, che ha la colpa irremissibile di aver avuto a che fare negativamente col popolo ebraico e che non può essere “in comunione con la Chiesa uno che fino all’ultimo ha negato pervicacemente la Shoah”, come dice Mons. Forte; uno, insomma, che oltre ad essere stato un povero peccatore che credeva in Gesù Cristo e nella Sua Chiesa, è stato un incorreggibile malvagio che non credeva nella nuova religione mondiale della Shoah che si pretende debba sostituire la Religione cattolica.
E non sembri eccessiva questa nostra lettura, perché il secolo scorso ha conosciuto milioni di morti procurati da pulizie etniche e normalizzazioni varie perpetrati dai regimi più diversi, senza che negli ultimi cinquant’anni si sia mai parlato, riguardo ad esse, di genocidi, di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità, con conseguenti interminabili ricerche dei responsabili, processi punitorii, giornate della memoria, pubblicità giornalistica, libresca e cinematografica. I nostri figli non sanno neanche che il comunismo ha fatto quasi cento milioni di morti, che le guerre democratiche hanno prodotto la scomparsa di intere popolazioni civili, che la pace assicurata da queste guerre ha a sua volta prodotto un numero incalcolabile di morti, una deriva degenerativa della società, la diffusione di ogni vizio e altre piccole sciocchezzuole che stanno trasformando questo nostro povero mondo in una cloaca maleodorante… fino a quando?
A questo punto potremmo parlare di ingiustizia, oppure di giustizia strabica, o anche di carità interessata o magari di falsa misericordia… se non fosse che sentiamo di trovarci di fronte all’ennesima stortura del mondo moderno, sia laico sia religioso, che tra mille contraddizioni coltiva amorevolmente l’ennesima macroscopica, mortale ipocrisia, per il trionfo della menzogna e la perdizione delle anime.
Ipocrisia che fa scattare la misericordia dei buoni, cioè di tutti quei bravi laici che hanno il batticuore facile per ogni deviazione umana, fintanto che non li disturba più di tanto, e di tutti quei moderni chierici che trovano sempre una giustificazione per ogni violazione della legge di Dio, per ogni abitudine al vizio, e che assolvono tutti in nome di quella misericordia che, dice papa Bergoglio, è la più grande di tutte le verità di Dio, tranne quando questo potrebbe loro arrecare un qualche problema con i loro ecumenici interlocutori, siano essi eretici o idolatri o miscredenti o ebrei.
Alla chiusura di questo articolo, giunge notizia che si sono trovati dei sacerdoti cattolici disposti a celebrare le esequie di questo cattolico passato a miglior vita: i sacerdoti della Fraternità San Pio X, ma questa è tutta un’altra storia della quale ci occuperemo domani a cose fatte, comunque siano andate..
di Belvecchio
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