PAPA FRANCESCO, PADRE AMORTH: “NON VORREI CHE FACESSE LA
STESSA FINE DI LUCIANI”
Il
timore dell’esorcista è dovuto ai punti “in comune” tra i due Papi. In cinque
mesi Francesco ha parlato più volte degli scandali che hanno travolto il
Vaticano, così come forse avrebbe fatto anche Giovanni Paolo I. Che, peraltro,
inaugurò uno stile di catechesi che richiama molto quello del pontefice
argentino
di Francesco Antonio Grana | 31 luglio
2013
“Non vorrei che Bergoglio facesse la stessa
fine di Luciani“. Parola di padre padre Gabriele
Amorth, classe 1925, conosciuto in tutto il mondo per i
suoi esorcismi contro il demonio. La sua più che una profezia
sarà una semplice paura però non è il solo, dentro e fuori le mura leonine, a temere
che la salute di Papa Francesco sia in serio pericolo.
Leggende metropolitane a parte, è ben noto che Giovanni Paolo I morì
a causa di un infarto al miocardio nella notte tra il 28 e il 29 settembre
1978, e che il famoso caffè preparatogli dalla sua fedelissima suor Vincenza
Taffarelnon lo bevve mai perché la morte era sopraggiunta prima del suo
risveglio. Ma su quella tazzina misteriosa sono stati scritti fiumi di
inchiostro alimentati anche dalla decisione dei cardinali dell’epoca di non
autorizzare l’autopsia sul corpo del Papa che governò la Chiesa per
soli trentatré giorni, tanti quanti gli anni di colui di cui il vescovo di Roma
è il vicario, ovvero Gesù.
Il mistero su quella morte improvvisa che avrebbe consacrato
quel 1978 come l’anno dei tre Papi, l’uno successivo all’altro però, ci riporta
all’oggi della Chiesa in cui ci sono due Pontefici in Vaticano:Benedetto XVI,
il “nonno emerito”, per dirla con Bergoglio, e Francesco. C’è qualcuno che
attenta alla vita del Papa argentino? Il riferimento di padre Amorth a Luciani
non è casuale. In quasi cinque mesi di pontificato Francesco ha toccato tutti i
tasselli che in Vaticano considerano “pali dell’alta
tensione”, così come forse avrebbe fatto anche il patriarca di Venezia divenuto Papa.
Ma per quest’ultimo il tempo di permanenza sul trono di Pietro fu
a dir poco tiranno e gli consentì soltanto di inaugurare uno stile catechetico
che richiama moltissimo quello di Bergoglio. La sera prima di
morire Giovanni Paolo I avrebbe avuto un duro scontro con il Segretario di
Stato Jean-Marie Villot. Dei motivi del confronto aspro tra i due
non si è mai saputo nulla di certo. L’ipotesi più accreditata è sempre stata
quella che Giovanni Paolo I avrebbe prospettato al suo “premier” una serie di
riforme della Curia e dello Ior che avrebbero
trovato una ferma opposizione da parte di Villot. Molto probabilmente Luciani
pensava proprio a quelle riforme per una “Chiesa povera e per i poveri” che
oggi Papa Francesco intende attuare con l’aiuto di otto cardinali outsider
coordinati dall’arcivescovo honduregno Óscar Rodríguez Maradiaga che,
proprio in questi giorni a Rio de Janeiro per la Gmg, ha detto
che lo Ior dovrà diventare una banca etica.
“Se trovo resistenza? Mah! Se c’è resistenza – ha affermato
Francesco – ancora io non l’ho vista. È vero che non ho fatto tante cose, ma si
può dire che sì, io ho trovato aiuto, e anche ho trovato gente leale. Per
esempio, a me piace quando una persona mi dice: ‘Io non sono d’accordo’, e
questo l’ho trovato. O ‘non sono d’accordo’. Questo è un vero collaboratore. E
questo l’ho trovato, in Curia. E questo è buono. Ma quando ci sono quelli che
dicono: ‘Ah, che bello, che bello, che bello’, e poi dicono il contrario
dall’altra parte… Ancora non me ne sono accorto”. Le pugnalate peggiori sono
proprio quelle che arrivano alle spalle proprio dai più stretti collaboratori,
come sa bene Benedetto XVI Benedetto
XVI tradito dal suo maggiordomo infedele Paolo
Gabriele proprio nell’inaccessibile appartamento pontificio, lì
dove Bergoglio ha scelto di non abitare. “Ci sono santi in Curia –
ha affermato il Papa – ma anche qualcuno che non è tanto santo, e questi sono
quelli che fanno più rumore. E ci sono alcuni che danno scandalo e che fanno
male. Credo che la Curia – ha confidato Bergoglio – sia un poco calata dal
livello che aveva un tempo, di quei vecchi curiali fedeli, che facevano il loro
lavoro. Abbiamo bisogno di queste persone. Ce ce sono, ma non tanti come un
tempo. Dobbiamo averne di più”.
Non a caso il Papa usa un solo aggettivo per definire il
profilo del vecchio curiale ed è “fedele”. È proprio l’infedeltà della Curia
che ha fatto deflagrare la vicenda Vatileaks e che ha
costrettoBenedetto XVI alle dimissioni. Ma Papa Francesco, che
tocca continuamente temi molto scottanti come la lobby gay con grande chiarezza
e senza paura, non teme per la propria incolumità fisica. Lo ha dimostrato
anche in Brasile dove non ha voluto utilizzare la papamobile
blindata, costruita dopo l’attentato a Giovanni Paolo II del
13 maggio 1981. “Con meno sicurezza – ha spiegato il Papa – io ho potuto stare
con la gente, abbracciarla, salutarla, senza macchine blindate… è la sicurezza
di fidarsi di un popolo. È vero che sempre c’è il pericolo che ci sia un pazzo
che faccia qualcosa; ma c’è anche il Signore! Fare uno spazio di blindaggio tra
il vescovo e il popolo è una pazzia. La vicinanza fa bene a tutti”. La
sicurezza, dunque, di fidarsi di un popolo. E della Curia si potrà fidare il
Papa? Del resto proprio l’allora cardinale Bergoglio quando, nel 2005, in Vaticano pensavano
di chiamarlo a guidare un’importante congregazione rispose: “Per carità, in
Curia muoio”.
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