«Ecumenismo dal basso, il Vaticano II si comincia ad attuare ora»
Intervista con l'arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina, Svjatoslav Shevchuk: «L'effetto Francesco si vede anche nel nostro Paese»
«Non possiamo lasciare l'ecumenismo soltanto in mano ai diplomatici, ai politici o ai teologi: dobbiamo predicarlo nelle parrocchie. Lo dice a Vatican Insider sua beatitudine Svjatoslav Shevchuk, 43 anni, arcivescovo maggiore della Chiesa greco cattolica ucraina. Shevchuk è appena arrivato in Vaticano, nella Casa Santa Marta. Da lì si trasferirà in piazza Madonna dei Monti, dove rimarrà per un mese, in vista della preghiera e della celebrazione per ricordare l'ottantesimo anniversario della carestia (Holodomor), che nel 1932-1933 fece morire di fame milioni di persone in Ucraina.
Qual è l'impatto del nuovo pontificato nel suo Paese?
«Papa Francesco è al centro dell'attenzione anche della società ucraina: la gente lo segue e si interessano a lui non soltanto i cattolici, ma anche gli ortodossi e i non credenti. Io ho avuto modo di conoscere l'allora cardinale Bergoglio quando nel 2009 venni nominato vescovo dell'eparchia di Santa María del Patrocinio en Buenos Aires: lui era il mio superiore diretto perché l'eparchia era suffraganea della diocesi della capitale argentina. Quando lasciai l'Argentina, al momento della mia elezione ad arcivescovo maggiore, gli regalai un'icona. Nei mesi scorsi a Santa Marta mi ha visto, mi ha riconosciuto e mi ha invitato nella sua stanza per mostrarmi che aveva portato con sé in Vaticano quell'icona. Quello che colpisce è la sua semplicità e la sua capacità di avvicinarsi alle persone. In Ucraina ha impressionato molto anche la sua sobrietà e povertà. Spesso da noi i vescovi di varie Chiese vengono accusati di essere troppo attaccati alle ricchezze, di presentarsi come degli oligarchi, di progettare una Chiesa per ricchi. Francesco testimonia una Chiesa vicina alla gente, ai poveri, e annuncia il vangelo del Signore».
Come sono oggi i rapporti tra cattolici e ortodossi in Ucraina?
«La nostra realtà è molto complessa, la nostra cristianità molto frammentata: solo noi cattolici siamo presenti con tre realtà "sui iuris". La conferenza episcopale dei latini, l'eparchia di Mukačeve direttamente dipendente dalla Santa Sede e la Chiesa greco cattolica. Cerchiamo di testimoniare l'unità innanzitutto tra di noi. Com'è noto, anche la Chiesa ortodossa è frammentata: oltre a quella "canonica" in comunione con il patriarcato di Mosca, ci sono altre due Chiese ortodosse. Facciamo il possibile per collaborare, esiste un Consiglio delle Chiese e delle comunità religiose ucraine, dove insieme a ebrei e musulmani i cristiani delle varie confessioni possono prendere delle posizioni comuni. Certo, in Ucraina le Chiese ortodosse spesso non capiscono perché noi greco-cattolici esistiamo, ci considerano un progetto geopolitico del passato. Ma ci sono anche dei segnali positivi, c'è un popolo di cristiani che è stanco delle divisioni e chiede unità, c'è un crescente ecumenismo dal basso».
È vero che talvolta tra Chiese cristiane non si riconosce reciprocamente nemmeno la validità del battesimo?
«Io ho detto qualche tempo fa che noi in Ucraina abbiamo peccato contro l'ecumenismo lasciandolo soltanto in mano ai diplomatici, ai politici o alle discussioni dei teologi. Dobbiamo ora predicarlo nelle parrocchie, abituando i fedeli a non fare nulla che possa mettere in difficoltà l'altro fratello cristiano. Devono essere i preti e i confessori a predicarlo. Le Chiese cristiane in Ucraina, nell'ex Unione Sovietica, sono rimaste separate dal movimento ecumenico mondiale, quasi "congelate": per noi cattolici solo ora comincia la fase della ricezione del Concilio Vaticano II. Allo stesso modo gli ortodossi hanno bisogno di attuare nella prassi pastorale decisioni già stabilite da tempo, anche a riguardo del mutuo riconoscimento dei sacramenti. Ma, per tornare alla sua domanda, non è raro il caso di cattolici che per poter sposare un coniuge ortodosso vengono ribattezzati. Questo però non è reciproco e noi cattolici non lo facciamo di certo».
Lei è membro della segreteria del Sinodo dei vescovi. Papa Francesco ha citato pubblicamente la prassi ortodossa dell'«economia» che prevede la benedizione delle seconde nozze. Che cosa ne pensa?
«Quella prassi rispecchia la differenza tra la teologia e il diritto canonico cattolici e ortodossi. Mentre per la teologia e il diritto cattolico i celebranti delle nozze sono gli sposi, che assumono un impegno davanti a Dio, per quella ortodossa non avviene un contratto tra i due sposi ma è il sacerdote che celebra. Inoltre, sulla base del passo evangelico in cui Gesù dice "Chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio...", il vescovo della Chiesa ortodossa valutando il comportamento e ciò che è avvenuto dopo il matrimonio, con un giudizio pastorale e pratico, non canonico, può dare il permesso di benedire una seconda unione. È un tema molto delicato e complesso. Spero che il Sinodo possa aiutare i pastori: non si tratta, credo, di cambiare prassi, teologia o diritto canonico. Si tratta innanzitutto di venire incontro a quei cristiani che sono veramente credenti e chiedono di "regolarizzare" in qualche modo la loro situazione. Dobbiamo vedere come aiutarli».
Qual è l'importanza della celebrazione che il 23 dicembre avrà luogo nella basilica di Santa Sofia a Roma, nella chiesa punto di riferimento storico degli ucraini?
«Giovanni Paolo II dieci anni fa disse che quel genocidio ha toccato il tessuto stesso dell'umanità, non è qualcosa che riguarda soltanto l'Ucraina. È innanzitutto importante ricordare, dato che a queste persone è stata negata anche la memoria. Tra il 1932 e il 1933 furono milioni a morire per fame. Ma voglio precisare subito che non si trattò di una carestia provocata da cause naturali. Furono le truppe sovietiche a sequestrare tutto il grano e gli alimenti. Fu una fame "artificiale", indotta. Per me si è trattato di un'arma di distruzione di massa di bassissimo costo, un'atrocità che ancora oggi fa gelare il sangue nelle vene. E i comunisti vendettero il grano sequestrato ai Paesi occidentali, alcuni dei quali pagarono sapendo che era il prezzo della morte per fame degli ucraini. Spero sia per tutti un'occasione per far memoria e per riflettere sulla giustizia anche a livello internazionale. Ho invitato tutti gli ucraini ad accendere la candela della memoria per ricordare tutte le vittime di questa grande tragedia umana».
http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/ecumenismo-ecumenism-ecumenismo-29899/
http://www.tmnews.it/web/sezioni/video/20130311_video_12353182.shtml
http://www.agerecontra.it/public/pres30/?p=13794
IL CANTERBURY DEL CIGNO - L’EX ARCIVESCOVO DELLA CHIESA INGLESE: “SIAMO SOLTANTO A UNA GENERAZIONE DALL’ESTINZIONE”
La Chiesa d’Inghilterra ha perso fedeli, chiude le sue chiese, abbandona gli spazi pubblici e il grosso del cristianesimo protestante è ormai in Africa - Per “l’Economist”, nel 2020 i membri della chiesa inglese saranno appena 680 mila…
Giulio Meotti per "Il Foglio"
LORD CAREY
"La chiesa d'Inghilterra è soltanto a una generazione dall'estinzione". Lo ha detto l'ex arcivescovo di Canterbury, Lord Carey, intervenuto al grande sinodo della chiesa d'Inghilterra. "Dovremmo vergognarci di noi stessi", ha incalzato Carey, "nell'aria vi è un senso di sconfitta".
CERIMONIA DI INSEDIAMENTO DEL NUOVO ARCIVESCOVO DI CANTERBURY JUSTIN WELBY
Sempre Lord Carey: "Così tante persone non vedono la chiesa come un luogo dove succedono grandi cose. Sedersi in una chiesa fredda guardando la nuca di altre persone non è sicuramente il posto migliore per incontrare persone interessanti e sentire parole profetiche".
Come ha denunciato Carey, la Church of England muore, perde fedeli, chiude le sue chiese, abbandona gli spazi pubblici, e nel giro di un decennio sarà consegnata nell'insignificanza. "2030: l'anno in cui l'Inghilterra ha smesso di essere una nazione cristiana", ha titolato il quotidiano Daily Mail.
L'ex arcivescovo di Canterbury, Lord Carey, ha detto che è necessaria una nuova evangelizzazione, "tutto il resto è come riorganizzare dei mobili quando la casa va in fiamme". Anche il reverendo John Sentamu, uno dei candidati a succedere a Williams, ha detto che i leader anglicani hanno speso troppo tempo "a discutere su parole e frasi, mentre il popolo d'Inghilterra veniva lasciato all'ansia e alla disperazione".
IL PRINCIPE CARLO E CAMILLA PARKER BOWLES ALLA CERIMONIA DI INSEDIAMENTO DEL NUOVO ARCIVESCOVO DI CANTERBURY JUSTIN WELBYLORD GEORGE CAREY C
"Dovremmo vergognarci di noi stessi", ha incalzato Carey, celebre per aver detto no al matrimonio di Carlo con Camilla Parker Bowles. Il clero è in preda ad "un senso di sconfitta", ha detto Carey, mentre le congregazioni sono logorate dalla "pesantezza". "In molte parti della Gran Bretagna le chiese sono in difficoltà, alcuni sacerdoti sono diffidenti e mancano di fiducia, nell'aria vi è un senso di sconfitta": ha aggiunto l'ex arcivescovo di Canterbury secondo cui tra i fedeli non prevale l'ostilità ma l'indifferenza.
Il mese scorso uno dei più alti magistrati del paese ha portato un ulteriore colpo. Presidente della Divisione famiglia, Sir James Munby ha detto che "il nostro non è più un paese cristiano, quindi le corti devono servire una comunità multiculturale". Quando due anni fa venne eletto Justin Welby, già vescovo di Durham, per sostituire Rowan Williams, in molti parlarono di lui come dell'"ultimo arcivescovo", il manager del declino, l'amministratore delegato della fine dell'anglicanesimo.
CARLO D INGHILTERRA E CAMILLA PARKER BOWLES
E' l'ormai cronico conflitto fra il "centro bianco" del cristianesimo protestante, Londra, e le "province nere". Negli anni Settanta c'erano cinque milioni di anglicani in Nigeria e sedici diocesi. Oggi in quel paese ce ne sono diciotto milioni e ottanta diocesi. Nei paesi "bianchi" (Regno Unito, Canada, Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda) sono fermi a soli tre milioni. Un mero milione nel Regno Unito. "2030: l'anno in cui l'Inghilterra ha smesso di essere una nazione cristiana", ha titolato il quotidiano Daily Mail.
IL PRINCIPE CARLO E CAMILLA PARKER BOWLES ALLA CERIMONIA DI INSEDIAMENTO DEL NUOVO ARCIVESCOVO DI CANTERBURY JUSTIN WELBY
Come ha denunciato Carey, la Church of England muore, perde fedeli, chiude le sue chiese, abbandona gli spazi pubblici, e nel giro di un decennio sarà consegnata all'insignificanza. Al sinodo anglicano, il vescovo di Southwell e Nottingham, Paul Butler, ha dichiarato che le proiezioni fanno presupporre che la chiesa d'Inghilterra "non esisterà più" tra vent'anni. Andreas Whittam Smith, il "cassiere" della chiesa inglese, ha parlato di "bomba demografica" degli anglicani.
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E l'Economist, il settimanale da sempre attento agli sconvolgimenti interni alla società inglese, riporta che nel 2020 i membri della chiesa inglese saranno appena 680 mila. Sembra inverarsi la profezia dell'arcivescovo Carey secondo cui la chiesa anglicana sarebbe diventata l'anima di "una nazione sostanzialmente atea". Segno dei tempi, la chiesa d'Inghilterra e l'associazione per i diritti dei gay Stonewall da oggi lavoreranno insieme per contrastare il "bullismo omofobico nelle scuole cristiane".
ARCIVESC CANTERBURY ROWAN WILLIAMSFORMER ARCHBISHOP OF CANTLORD CAREYhttp://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/il-canterbury-del-cigno-lex-arcivescovo-della-chiesa-inglese-siamo-soltanto-a-una-generazione-66867.htm
A Londra la prima “chiesa atea”: a messa si parla e si suona
Fondata da due attori per riunire le persone non religiose
Londra, (TMNews) – Una Chiesa, ma senza un Dio da pregare. A Londra da tre mesi ogni domenica va in scena una “messa atea”, battezzata “Sunday Assembly”. Qui centinaia di persone, tutti rigorosamente non religiosi, si riuniscono per parlare, cantare, suonare, leggere. Il progetto è nato dall’idea di due attori.”E’ come se uno avesse un gran bel paio di scarpe ma con un sassolino dentro – dice Sanderson Jones – Non si buttano via le scarpe, ma si leva la pietra. Così abbiamo fatto, abbiamo tolto Dio”. Al netto dell’intento chiaramente provocatorio, la messa atea è un’occasione di confronto e ritrovo fra le persone che non hanno alcuna fede religiosa, una fetta di popolazione in crescita, solo in gran Bretagna aumentata del 10% in 10 anni. “Io credo nell’umanità e nelle azioni”, dice una delle partecipanti. “Io credo nella scienza e nella logica, mi definirei un’atea agnostica ma sicuramente tornerò qui”, risponde un’altra. I fondatori assicurano che la loro chiesa atea ogni domenica è sempre più piena e da tutto il mondo sono arrivate richieste per replicare l’iniziativa in altri Stati.(Immagini Afp)http://www.tmnews.it/web/sezioni/video/20130311_video_12353182.shtml
http://www.agerecontra.it/public/pres30/?p=13794
LA DECISIONE DEL SINODO ANGLICANO
L’arcivescovo di Caterbury Justin Welby (Afp/Court) |
Dalla chiesa inglese primo sì alle donne vescovo
Passata con 378 sì e 8 no. La riforma in vigore nel 2014
Il sinodo generale della chiesa d’Inghilterra ha approvato oggi la proposta per l’ordinazione delle donne vescovo. Si tratta del primo via libera alla storica riforma che dovrebbe concludere il suo iter l’anno prossimo. I voti in favore sono stati 378, otto contrari e 25 astenuti. Finora aveva sempre prevalso l’ala più tradizionalista.
IL SINODO - Il dibattito sull’apertura alle donne è in corso da molti anni all’interno della chiesa anglicana. Da più parti viene chiesto alla chiesa inglese, in crisi di credenti e vocazioni, di avviare questo importante rinnovamento per essere al passo coi tempi. Al sinodo generale dello scorso anno, l’approvazione della proposta non è arrivata per soli sei voti.
http://www.corriere.it/esteri/13_novembre_20/dalla-chiesa-inglese-primo-si-donne-vescovo-55dadb48-51e8-11e3-a289-85e6614cf366_print.html
http://www.corriere.it/esteri/13_novembre_20/dalla-chiesa-inglese-primo-si-donne-vescovo-55dadb48-51e8-11e3-a289-85e6614cf366_print.html
Chiesa anglicana, primo sì alle donne vescovo. Sconfitta l’ala conservatrice
Dopo fitte discussioni segrete, il sinodo approva la svolta a larghissima maggioranza. Una scelta che potrebbe anche contrastare il calo delle vocazioni. La decisione definitiva si avrà con il voto dai membri della Chiesa
La questione già da qualche anno sta consumando nervi e fiducia di una gran parte dei credenti. La “rivoluzione” appare ora vicina, dopo che un uguale tentativo naufragò l’anno passato. E presto, forse dal 2015, le prime donne vescovo saranno pronte a propagandare la fede della Chiesa d’Inghilterra.
Non che nel culto anglicano manchino le donne in ruoli chiave. Al momento, infatti, la più conservatrice pare proprio la Chiesa d’Inghilterra e Galles, mentre altre organizzazioni della stessa Chiesa anglicana – come quella d’Irlanda o quella d’Australia – hanno già effettuato le prime “sperimentazioni”, concedendo ad alcune donne vescovati di minore importanza. Intanto, però, in questi giorni nel sinodo spaccato a metà si è discusso anche di istituire una sorta di “arbitro”, una figura indipendente in grado di risolvere le dispute ecclesiastiche. Un’ennesima prova di una democrazia interna molto più forte rispetto a tante altre confessioni cristiane, nelle quali raramente è lasciato spazio al potere che arriva dal basso. Intanto, proprio sulle donne vescovo, nelle ultime ore il segretario generale del sinodo, William Fittall, ha detto che un eventuale fallimento “potrebbe avere conseguenze molto serie”. Si sa, anche in Inghilterra, che una certa chiusura della gerarchia ha di certo contribuito alla crisi di vocazioni e di fedeli di questi ultimi anni. Chiese sempre più deserte, se non in periodo natalizio, e una comunità di credenti sempre più impegnata attorno a progetti sociali rispetto alla vita di chiesa.
Tuttavia la decisione di oggi è solamente propedeutica e di indirizzo al voto finale sulla questione, da tenersi nel luglio del prossimo anno, quando tutti gli uomini – e le donne – della Chiesa anglicana con diritto di voto saranno chiamati a dire la loro. Ma un’apertura alle donne vescovo da parte del sinodo – dicono commentatori ed editorialisti – rappresenta il sigillo quasi finale a questa riforma attesa da anni. Così, il voto del 2014 dovrebbe essere solamente una conferma su base popolare di quanto deciso in questi giorni dal gruppo dei vescovi. L’arcivescovo di CanterburyRowan Williams – massima autorità della Chiesa anglicana dopo la regina Elisabetta II – ha tuttavia sottolineato anche la necessità di una nuova evangelizzazione. Nel Regno Unito le si sta provando veramente tutte per riavvicinare fedeli smarriti e credenti pieni di dubbi. Così, poche settimane fa, Williams è intervenuto pubblicamente persino sui limiti e le criticità delle società di prestiti e sull’elevato costo delle tariffe energetiche. Se gli uomini escono dalla Chiesa, la Chiesa entra nelle loro case, sempre di più.
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