Verso un cattolicesimo post-cristiano ?
Dove sta andando la Cattolicità? E’ domanda, non solo lecita, ma doverosa per chi non abbia abdicato alla propria intelligenza e abbia a cuore la Dottrina di Verità con quella civiltà che ne costituisce l’esito sociale e culturale.
Non è un riandare a recenti polemiche o un giudicare le parole e l’agire di papa Francesco. Per le polemiche il campo è già affollato e saremmo di troppo, per giudicare ci manca la scienza necessaria.
Piuttosto, con la semplicità dei bambini, desideriamo condividere, come tra amici, quanto ci spaventa dandoci il tormento di giorno e di notte. Dire a chi ci è fratello e a chi ci è padre nella fede qual è la nostra paura. Come un bimbo, intendiamo puntare il dito verso le ombre che ci inquietano, dire ciò che temiamo possa avvenire in un domani non troppo lontano se non vi si pone rimedio. Un domani che forse è già oggi! Confidare, con la sincerità del fanciullo, l’incubo (premonitore?) che ci toglie il sonno.
Dove sta andando la Cattolicità? Diciamo Cattolicità e non Chiesa per fugare ogni dubbio circa la nostra fede nel non praevalebunt e quindi il nostro interrogarci spaventati circa la componente sociale dell’ecclesia, non già riguardo l’indefettibile Sposa di Cristo nel suo aspetto ontologico.
Che la Chiesa, da 50 anni, viva una profonda crisi è cosa nota e, ormai, riconosciuta da molti, anche insospettabili. Crisi di fedeltà al Magistero, di vocazioni, di disciplina, di vita religiosa (in quanti conventi il Tabernacolo è stato sostituito dalla TV con suore e frati che trascorrono ore e ore a rincitrullirsi davanti al piccolo schermo invece che pregare in cappella?), crisi spirituale, intellettuale e morale. Che la cultura cattolica sia sempre più marginale e inquinata è altrettanto evidente. Che la civiltà cattolica (quella, per intendersi, nota come Christianitas e di cui Pio XII cercò di farsi restauratore dopo gli orrori degli anni 30 e 40) sia ormai morta è affermazione lapalissiana.
Ma questo è passato e presente, un passato/presente di rovine su cui hanno scritto già molti. Dove, allora, il funesto presagio? Dove il nuovo e imminente male? Non un male nuovo, piuttosto una nuova tappa di quella Rivoluzione occultamente penetrata nel Popolo di Dio e a cui il santo papa Pio X dedicò l’enciclica Pascendi e il decreto Lamentabili. Una sorta di fede debole speculare al pensiero debole della post-modernità, come dire: un post-Cristianesimo. Un post-Cristianesimo di cui si possono già riconoscere le due correnti estreme, la calda e la fredda. Coglierne i tratti specifici non sarà inutile, non tanto per l’importanza in sé di queste posizioni estreme, quanto piuttosto per cogliere le linee di tendenza di cui sono avanguardia.
Correnti diverse per temperatura ma non per sostanza, correnti della stessa acqua perché comune è la sorgente soggettivista e uguale l’esito: un superamento del Cristianesimo storicamente dato in un nuovo Cristianesimo non più vincolato ad un patrimonio di dottrine oggettive divinamente rivelate, ovvero in un post-Cristianesimo.
La corrente calda è visibile nel variegato mondo del carismatismo (che và ben oltre il numero di quelle realtà che tali si definiscono; comprende tutto quel che si muove in ambito cattolico offrendo un primato dell’emotivo e una riduzione della fede a esperienza indipendentemente dalla ragione e, spesso anche senza mediazione istituzionale), di una “fede” spesso ridotta alla fede fiduciale, ad un sentire, ad un particolare darsi di emozioni. Fenomeno religioso post-moderno per eccellenza!
Il Cristianesimo non è più adesione alla Verità ma esperienza di qualcosa, una emergenza psicologica che risponde a bisogni soggettivi spesso subcoscienti. E’ un credere a cosa? A Chi? E’ piuttosto un provare qualcosa, un fare esperienza, un sentire. E’ la succursale in casa cattolica di quel neo-pentecostalismo che, in una miriade di sette, costituisce l’ultimo esito del protestantesimo, esito che si fatica, in molti casi, persino a riconoscere come ancora cristiano.
Vi è poi la corrente fredda, di cui ad es. l’ultimo libro di Vito Mancuso è campione illuminante e che tra il clero vede sinistramente brillare molti gesuiti, di chi scientemente lavora ad un superamento del dogma, ad una religione funzionale ai pretesi bisogni dell’uomo. E’ la corrente che rifugge il soprannaturale, vuole “smitizzare” il Cristianesimo, superare il dogma relativizzandolo quale prodotto d’un’epoca e formalizzazione di istanze soggettive. E’ tutto il vasto movimento che vuole ripensare il Cristianesimo come antropocentrismo radicale e la Chiesa come coscienza umanitaria mondiale. E’ quell’arcipelago di eresie che oscilla sempre tra un cristismo indifferente a Nostro Signore Gesù Cristo e un gesuismo dove il Nazzareno non è più il Logos eterno incarnato.
Le due correnti non si toccano, anzi chi nuota nell’una disprezza istintivamente quanti nuotano nell’altra. Per il freddo teologo il carismatico infuocato sarà un invasato da compatire mentre per l’esaltato che “fa esperienza dello Spirito” l’esegeta demitizzante o il teologo post-moderno saranno dei miscredenti. Tuttavia vi è una sinistra eterogenesi dei fini che congiunge le due correnti, come comune è la sorgente. La messa tra parentesi del dogma, della Verità per un soggettivismo, che fa da perno in entrambe. Un “Cristianesimo” senza Logos, la frattura tra fede e ragione, un Cristianesimo post-moderno ovvero un post-Cristianesimo.
In questo quadro sembra dimenticata la gran massa dei cattolici, la grande corrente, la corrente placida e intellettualmente conformista dei cattolici di parrocchia, di chi legge Famiglia Cristiana e manda i figli in oratorio. Magari ci fosse d’aiuto a vincere la paura! Magari guardare a questo vasto mondo ci consolasse e rassicurasse! Purtroppo non è così, anzi l’effetto panico dell’incubo si acuisce. Perché tutto sembra proprio indicare il baratro.
Chi abbia un minimo di esperienza del “cattolicesimo medio di parrocchia” sa bene che questa corrente grande è oggi, molto spesso, corrente tiepida. Non vera alternativa alle masturbazioni intellettuali degli apprendisti stregoni intenti a “creare” un nuovo Cristianesimo. Non vera alternativa al fideismo emotivista del carismatismo. E’ piuttosto il ventre molle che tutto irenicamente accoglie depotenziando ed edulcorando, non è calda perché è anche un po’ fredda e non è fredda perché è anche un po’ calda: è semplicemente tiepida! Ma con la calda e la fredda, di cui è media, condivide il soggettivismo imperante, l’irrazionalismo emotivista, l’indifferenza (pratica) al dogma, un sostanziale relativismo etico nobilitato da etichette posticce di “carità – misericordia – accoglienza” che nulla dicono ormai dell’antico loro significato cristiano. L’incubo si fa claustrofobia, sembra non esserci scampo, non esserci speranza. Manca l’aria!
Il pastoralismo delle gerarchie post-conciliari, con tutto il portato di ambiguità dottrinali e gravi omissioni d’esercizio dell’autorità, non è che la versione burocratica e teologizzata della fiacchezza e tiepidezza che domina la grande corrente, irenica, sincretica, stanca.
E già si vedono i tristi frutti! Già il raccolto di quanto fu seminato negli anni 60 dice, a chi solo abbia gli occhi per guardare e l’onestà di non mentire a se stesso, la cattiva qualità del seme. Paolo VI parlò di autodemolizione della Chiesa, Giovanni Paolo II di apostasia silenziosa, Benedetto XVI della Chiesa come barca che sembra affondare. Sfido a chiamarli buoni frutti!
Ma ora si preannuncia l’impollinazione di ancor peggiore malerba, una ibridazione del Cristianesimo tale da mutarlo di specie! Questo è l’incubo che ci toglie il sonno.
Eravamo abituati a parlare di crisi della pratica religiosa avvalendoci del concetto sociologico di “credenti non praticanti”, fenomeno più morale che dottrinale.
Eravamo abituati a parlare del diffondersi di eresie nel Popolo di Dio, sin dentro i Seminari, tra il clero, tra l’episcopato, etc.
Tutto ciò è ancora tristemente attuale ma anche superato da una nuova tappa del processo di autodemolizione. Tappa che la categoria sociologica di “praticanti non credenti” coglie solo in parte. Coglie un aspetto, la scissione tra il vivere nella Chiesa e l’aderire alla Dottrina cattolica, ma non in tutta la sua radicalità. E’ forse il caso di iniziare a parlare di un neo-cattolicesimo, di un cattolicesimo post-cristiano.
L’espressione sarebbe auto contraddittoria se si desse al termine cattolicesimo il significato classico implicante il dato dogmatico della Dottrina ricevuta, custodita e trasmessa inalterata dalla Chiesa.
Ma oggi un tale significato del termine corrisponde ancora all’uso che gli stessi cattolici ne fanno? L’autocomprensione come “cattolico” non è, il più delle volte, indifferente alla adesione a tutte e singole le verità della Dottrina cattolica?
Qui è proprio la grande corrente tiepida dei cattolici di parrocchia che si presenta sconvolgentemente esemplare. Basta frequentare un po’ quest’ambiente per sapere che tra quanti vivono intensamente la vita parrocchiale (liturgica, aggregativa, etc.) la stragrande maggioranza (molto spesso, parroco compreso) è del tutto indifferente alla ortodossia della fede. C’è chi nega l’inferno, chi crede alla reincarnazione, chi reputa Gesù un grande uomo ma che poi sia Dio?, quello per cui tutte le religioni vanno bene, quello che la Santissima Trinità, Allah e il solitario Adonai del giudaismo talmudico sono poi la stessa cosa. E molto altro. Ciò che è ancor più sconvolgente è l’assoluta normalità di ciò, la placida indifferenza verso una incoerenza dottrinale senza limiti. Nessuno, semplicemente, si pone il problema. Si pone, invece, il problema e il parroco si inquieta se i ragazzi non frequentano il campo di pallone dell’oratorio, se le famiglie non partecipano numerose alla gita parrocchiale, se mancano i volontari per la mensa dei poveri, se calano le offerte della domenica o, il peggio del peggio, se qualche laico preparato rompe la sonnolenta pace richiamando i fratelli alla ortodossia cattolica.
L’importante è far del bene (filantropia) e partecipare alla vita di comunità (comunitarismo), se poi si è nella più crassa eterodossia poco importa.
Questa indifferenza per la Verità, questa prassi di neo-cattolicesimo a-dogmatico, questa insofferenza per il pensiero rigoroso, per il semplice principio di non contraddizione, per una ortodossa di fede ragionata, è quotidiana realtà nella grande corrente ma è anche quanto di più assurdo per chi si dice cristiano.
Ecco perché l’incubo che ci tormenta è l’incubo d’un cattolicesimo (questo neo-cattolicesimo) post-cristiano ovvero non cristiano. Quando la massa dei cattolici ritiene, nella pratica, indifferente il credere o meno alla Dottrina trinitaria e ai dogmi riguardanti il Verbo Incarnato, ovvero quando si ritiene più importante, per essere un buon parrocchiano, partecipare alla vita dell’oratorio (che di oratorio non ha che il nome visto che l’orazione vi latita) piuttosto che credere alle due verità fondamentali del Cristianesimo, siamo già nel post-Cristianesimo.
Qualche decennio fa si temeva una ribellione dentro la Chiesa contro la gerarchia, una rivoluzione che intendesse cancellare l’istituzione. Certo queste tendenze anti-istituzionali permangono ma … oggi l’istituzione più che abbattuta rischia d’essere svuotata. Non più custode e dispensatrice della sana Dottrina, piuttosto guscio vuoto, burocrazia di servizi, coordinamento della vita di comunità in un praxismo radicale, in un mediocre funzionalismo. E’ quello che rischiano di diventare le parrocchie se non lo sono già diventate.
Persino il Papa rischia di diventare una celebrità ammirata, seguita, idolatrata. Un culto della personalità che nulla ha a che vedere con l’obbedienza filiale e la devozione dovute al Vicario di Cristo. Si battono le mani al Papa, si fanno chilometri per vederlo, si sventolano bandierine … ma si crede a ciò che è Dottrina rivelata? Che senso ha un papismo non cristiano? Che senso ha osannare il Vicario di Cristo se poi non si crede a Cristo e a ciò che Cristo ha insegnato?
Veramente il rischio di un “cattolicesimo”, magari anche papista, post-cristiano è dietro l’angolo.
E’ per questo che le recenti parole di papa Francesco non ci hanno per nulla rassicurato! C’è bisogno di curare la malattia prima che sia troppo tardi e invece … Sembra proprio che non si voglia cambiar strada rispetto a quella che ci ha portato a simile disastro e che ancor’oggi calpestano le disorientate masse cattoliche, placidamente incamminate verso un post-Cristianesimo paludato di cattolicesimo, verso una inavvertita apostasia.
Solo il Papa può riportare il gregge sulla strada sicura, alla Verità tutta intera! Preghiamo per il Papa! (di Nicodemo Grabber)
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