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IL RISENTITO AVVOCATO DI DOSSETTI E GLI ALLIEVI DI LAZZATI
di Giovanni Tassani
San Pio X? Scatenò “una repressione che, per i metodi di polizia segreta adottati, anticipa almeno un tratto del totalitarismo: una campagna che avrà come effetto quello di fabbricare un clero teologicamente scervellato che segnerà in modo particolare l’Italia e il rapporto con tutti i conservatorismi, da quello sanguinario del fascismo a quello boccaccesco del berlusconismo”.
Il riavvicinamento, avviato con Giolitti, dei cattolici ai liberali? “Nato in concomitanza con le celebrazioni costantiniane che dovevano lavare l’onta delle feste cinquantenarie del Regno usurpatore, il Patto Gentiloni inaugura la lunga vita di un’idea nata morta per la XXIV legislatura del Regno e rinverdita di lustro in lustro oltre il crinale repubblicano, quella cioè, per la quale i cattolici in Italia servono a rafforzare un moderatismo ‘naturale’ e benedetto”.
Veniamo a tempi più ravvicinati. Pio XII? Ebbe nel 1952 “la folle idea di sdoganare i fascisti nelle elezioni per Roma” in combutta con Luigi Gedda che intendeva traslare in Italia l’ideologia dell’Action française.
Ce n’è anche per il “conservatore” Alcide De Gasperi: “l’uomo della stabilità intesa come fine a sé stessa”.
A chi appartengono questi giudizi, strampalati più che sommari?
All’esimio professore ordinario di storia del cristianesimo Alberto Melloni, direttore a Bologna della Fondazione Giovanni XXIII, presentista ubiquo in RAI, Enciclopedia Italiana, “Corriere della sera”, nonostante inciampi e ripetuti svarioni storiografici.
Da tempo Melloni è impegnato a “salvare” la memoria di Giuseppe Dossetti da una vasta trama di affossatori della sua figura, a suo avviso centrale nella storia politica ed ecclesiastica italiana, e non solo.
I giudizi sopra citati sono appunto tratti da una sua “Lectio magistralis” dal titolo: “Sul ‘vero’ Dossetti”, pronunciata un anno fa, il 26 novembre 2012, in occasione della III Cattedra Giuseppe Lazzati, presso l’omonima Fondazione milanese, e che ora viene pubblicata dalla rivistina “Appunti di cultura e politica”, già organo della disciolta Lega democratica di Pietro Scoppola e dal 2002 fatta propria dall’associazione “Città dell’uomo”, fondata da Giuseppe Lazzati, che fu in vita sodale politico del Dossetti democristiano nonché suo amico sincero.
Nei confronti di Pio XII Melloni è da sempre particolarmente affilato: chi tenta di difenderlo è da lui arruolato in una creatura di sua fantasia: le “Brigate Pacelli”.
Meno esposto il giudizio su Paolo VI, che fu la bestia nera della “scuola di Bologna” in ragione del suo supposto spegnimento del Concilio giovanneo, del progetto di “Lex Ecclesiae Fundamentalis” e della destituzione del cardinal Lercaro dalla sede di Bologna, per il nostro: “un episodio con pochi precedenti nel secondo millennio”, su cui promette prossime e approfondite rivelazioni.
Su Dossetti, il Melloni si sente l’unico storico “veridico”, con l’eccezione di pochi allievi ed amici autorizzati, da lui arruolati in una non fortunata impresa editoriale: “Cristiani d’Italia”, in due volumi Treccani, opera benedetta alla partenza dall’allora patriarca di Venezia Angelo Scola, poi inutilmente sostenuto da Melloni dalle colonne del “Corriere della Sera” per la corsa al soglio pontificio. Una voce istruttiva di questa enciclopedia melloniana è dedicata a: “Il ruinismo. Visione e prassi politica del presidente della conferenza episcopale italiana, 1991-2007″.
Tutti gli altri studiosi che di Dossetti si sono occupati o continuano a scriverne in autonomia “peccano” a suo giudizio di imprecisione o tradimento: dai membri della famiglia religiosa fondata dallo stesso Dossetti, compresa suor Agnese Magistretti, ai curatori delle Edizioni Paoline che confezionano una “mousse dolciastra” nelle presentazioni degli scritti giovanili dossettiani in una collana da lui non controllata, alla “costruzione ideologica” di un vecchio prefatore di scritti dossettiani per Marietti come Mario Tronti, approdato ai “marxisti ratzingeriani”, al prefatore Walter Veltroni, reo col suo scritto “imperdibile” di avere promosso per Diabasis un’altra edizione reprint – in “frettolosa concorrenza” con la sua – di “Cronache Sociali”, la rivista dossettiana tra il 1947 e il 1952, addirittura – si pensi – “grazie ai finanziamenti di una banca romana”.
Neppure il buon padre Giovanni Sale della “Civiltà Cattolica”, che ha rivelato il ruolo di raccordo stretto tra il Vaticano e Dossetti ai tempi dell’assemblea costituente, ruolo sempre negato in vita da Dossetti, si salva da un giudizio di frettolosità.
E sono fatte le pulci anche a Leopoldo Elia e a Pietro Scoppola per aver alterato, in un libro-intervista postumo a Dossetti e Lazzati, alcune dichiarazioni di quest’ultimo, critiche del buon rapporto esistente tra papa Karol Wojtyla e Comunione e liberazione.
Gli altri autori non conformi sono silenziati, sorte a cui sfugge chi scrive, il cui apporto alla conoscenza del ritiro di Dossetti dalla Democrazia cristiana agli inizi degli anni Cinquanta (in libri e saggi pubblicati tra 1988 e 2007) non è affrontato, ma ricordato come “collezione di coriandoli documentari dediti alla scoperta politologica dell’acqua calda”.
Il torto di chi scrive è forse quello di aver partecipato a un convegno bolognese per i dieci anni dalla morte di Dossetti parlando bene di De Gasperi – con conseguente esclusione per non conformità dagli Atti, come buona parte dei relatori – e poi di aver criticato, documenti alla mano, la bizzarra tesi melloniana del Dossetti vicesegretario della DC “in opposizione al segretario Gonella”.
Altra bizzarra tesi di Melloni è quella circa la volontà dossettiana di creare un partito laburista cristiano a sinistra della DC con iniziale appoggio del sostituto alla segreteria di Stato vaticana Giovanni Battista Montini: fantasmi che fanno il paio a sinistra con quelli agitati a destra contro la supposta “Action italienne” di Gedda.
Dalla scure giacobina del nostro non si salvano – nella citata “Lectio magistralis” – i papi più recenti: Benedetto XVI, cui “qualcuno”, in occasione del 150° dell’unità d’Italia fece firmare “una ricostruzione grottesca del percorso costituente” omettendo Dossetti. E Giovanni Paolo II, che avrebbe ridotto “quella forma di ipocrisia canonica che è l’apertura del processo di beatificazione”, che pure per secoli ha avuto una sua severa prassi, a una specie di “cavalierato”.
A qualcosa di più di un “cavalierato” aspirano, col processo avviato di beatificazione, gli amici milanesi di Lazzati e le brave persone della redazione di “Appunti”. Ma stupisce che si siano affidati a un avvocato che non sa davvero difendere la memoria di Dossetti, né tutelare quella di Lazzati. Dopo un anno dalla lettura di quella “Lectio magistralis”, che credo avranno ascoltato con vigile attenzione quel 26 novembre dell’anno scorso, potevano forse evitare di pubblicarla.
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/12/10/si-salvi-chi-puo-dalla-scure-del-professor-melloni/
Prodi, Caffarra e i “cattolici adulti”
Correva l’anno 2005
e l’Osservatore romano definiva la posizione dei “cattolici adulti”
rispetto alla questione delle coppie di fatto “un tentativo di
relativizzare e ideologizzare la realtà della famiglia”, una
“lacerazione inaccettabile”. L’espressione “cattolici adulti” fu
coniata da Romano Prodi per definire un modo di essere pienamente
cattolici pur comportandosi al contrario di quanto indicato dal
Magistero e dalle indicazioni dei Vescovi.
Oggi, 2013, Romano Prodi e il
prof. Alberto Melloni, storico della cosiddetta “scuola di Bologna”,
sono stati ricevuti in Vaticano per alcuni appuntamenti
ufficiali. Qualcuno ha parlato di ritorno dei “cattolici adulti
bolognesi” nel salotto buono dei sacri palazzi, dopo che la CEI di Ruini
li aveva in qualche modo fatti uscire dalla finestra.
Alla Civiltà Cattolica, il mensile dei gesuiti, Prodi e Melloni hanno preso parte ad una tavola rotonda
dal tema “La svolta di Papa Francesco”. Il dibattito non ha portato
argomenti particolarmente esplosivi, Melloni, fedele alla sua visione
del Vaticano II come nuova era della Chiesa, ha parlato dell’irruzione
“messianica” di Papa Francesco che attua nei fatti quella “primavera”
originata dal Concilio. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensano il
Vescovo Marchetto e il Card. Brandmuller recentemente indicati proprio
dal Papa come i migliori interpreti del Concilio e della continuità
nella Chiesa. Entrambi, infatti, hanno sempre marcato in modo deciso la
loro critica al punto di vista della “scuola di Bologna” in materia di
interpretazione del Vaticano II come novità assoluta.
Ma, al di là delle questioni legate al Concilio, risulta interessante la coincidenza che si è verificata sabato scorso.
Mentre i “cattolici adulti” erano impegnati fra le sacre mura, a
Bologna il Cardinale Caffarra incontrava la consulta diocesana delle
aggregazioni laicali e interveniva proprio sul ruolo dei fedeli laici
nel mondo di oggi. Un intervento che lascia poco spazio al ritorno di
qualsiasi fedele “adulto” che voglia fare a meno di confrontarsi con
alcuni “paletti” ineludibili.
Caffarra ribadisce con chiarezza che i laici cattolici devono innanzitutto prendersi cura del matrimonio e della famiglia,
realtà che “è stata colpita da un vero e proprio sisma”. “Si pensi –
dice Caffarra – alla corruzione che sta subendo il fondamentale vissuto
umano della sessualità mediante la proposta di equiparare all’amicizia
coniugale l’amicizia omosessuale.”
Il Cardinale ha proposto una “carta topografica che il laico deve tenere in mano per muoversi nel mondo”
e questa carta non lascia spazio ad alcuna sua relativizzazione. La
fede della Chiesa e la ragione illuminata dalla fede elaborano una
visione della persona umana, una antropologia, da cui derivano dei
paradigmi secondo i quali devono essere comprese e vissute tutte le
grandi esperienze umane. In questo ambito – dice Caffarra – ogni
credente “deve assentire con un sincero ossequio dell’intelletto e della
volontà”.
Di fronte a ciò non c’è spazio per il “cattolico adulto”,
anche se molti politici che si dichiarano cattolici, a sinistra come a
destra, si comportano come tali. Ad esempio i tanti che – per dirla con
l’Osservatore romano del 2005 – vanno oggi “alla ricerca di voti,
lacerando la famiglia.”
Caffarra, invece, ricorda ai fedeli laici che l’impegno nel mondo non può prescindere da quei “paletti”
che non sono beceri oscurantismi moralistici, ma vie per la piena
realizzazione della caritas. Perchè – ribadisce l’Arcivescovo di Bologna
– non c’è carità senza verità.
A partire da questo presupposto le priorità di azione nel mondo di oggi, secondo Caffarra, sono quattro:
oltre a quella già citata della famiglia, c’è l’emergenza educativa, la
grave condizione in cui versa la politica e, infine, il sistema
economico.
Cercasi disperatamente laici cattolici “bambini”, candidi come colombe, ma anche astuti come serpenti. Perchè ci sono troppi “adulti” in giro. (La Voce di Romagna, 04/12/2013)
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