Francesco "comunicatore dell'anno" per il Parlamento Ue
Intervista a Vatican Insider del ministro vaticano della comunicazione, Claudio Maria Celli
Domani a Roma il Parlamento Europeo proclama Francesco comunicatore dell'anno. "Quella del Papa è una comunicazione a dimensione umana". A tracciare il profilo del "Francesco comunicatore" è l'arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. "A cinquant’anni dalla ‘Inter Mirifica’ si è passati dai mezzi di comunicazione sociale alla cultura mediatica", afferma a Vatican Insider monsignor Celli.Come si caratterizza la comunicazione di papa Bergoglio?
"Il Pontefice mette al centro una comunicazione a dimensione umana. Per papa Francesco il grande continente digitale non è semplicemente tecnologia, ma è formato da uomini e donne reali che portano con sé le proprie ansie, la ricerca del vero, del bello e del buono. A questo proposito ricordo che oltre un miliardo e duecento milioni di persone abitano una delle grandi reti sociali, Facebook, che è uno dei “paesi” più grandi del mondo, senza barriere. Molti di loro non entreranno mai in chiesa, ma anche a loro abbiamo il dovere di annunciare il Vangelo, pertanto la Chiesa e i suoi pastori devono essere in quest’ambiente, devono evangelizzare in Internet, non attraverso Internet, perché è nell’ambiente della rete che sono chiamato ad essere chi sono".
Qual è la lezione di Francesco, che domani sarà proclamato comunicatore dell'anno dal Parlamento Europeo e ieri è diventato l'uomo del 2013 secondo la rivista Time?
"Dio parla attraverso gli avvenimenti quotidiani e Papa Francesco ci spinge verso una mistica che dona spessore all’attualità, imparando a sentire, a vedere Dio che non si stanca mai di operare in ogni momento della nostra vita, della storia. Sentire, percepire, riconoscere il Mistero divino ogni istante, imparare a rinascere con Cristo sempre presente, innamorarsi dell’Infinito attraverso l’istante fugace in ogni cosa! Così il Papa ci interroga: ‘Come sono le nostre omelie?’ ‘Via queste omelie interminabili, noiose, delle quali non si capisce niente.’ L’icona di Emmaus è un modello di comunicazione coraggiosa, proposto da Papa Francesco ai Vescovi brasiliani, ma valido anche per noi in Europa. ‘Serve una Chiesa che non abbia paura di entrare nella loro notte. Serve una Chiesa capace di incontrarli nella loro strada. Serve una Chiesa in grado di inserirsi nella loro conversazione. Serve una Chiesa che sappia dialogare con quei discepoli, i quali, scappando da Gerusalemme, vagano senza meta, da soli, con il proprio disincanto, con la delusione di un Cristianesimo ritenuto ormai terreno sterile, infecondo, incapace di generare senso’”.
E' ancora forte l'ispirazione del Concilio sui "comunicatori di Dio"?
"Inter Mirifica apre la serie dei documenti emanati dal Vaticano II e a distanza di cinquant’anni, rappresenta una tappa fondamentale nel rapporto tra la Chiesa e la comunicazione, pur con alcune debolezze che il successivo magistero cercherà di colmare. É la prima volta, infatti, che un Concilio ecumenico discute di comunicazioni sociali, ‘strumenti’ fondamentali nella missione della Chiesa, capaci di arrivare lontano con facilità, rapidità e fascino. Al tempo del Concilio i prodotti della tecnologia permettevano al mondo di far vivere in tempo reale gli avvenimenti. Oggi radio, televisione, carta stampata sono stati affiancati, in qualche caso superati, da altre cose meravigliose, computer, internet, cellulari e siamo di fronte ad una rivoluzione che all’epoca dell’Inter Mirifica era solo all’inizio, ma che allora, come attualmente, con modalità diverse, incideva profondamente sulle mentalità e gli stili di vita".
Eppure la Inter mirifica ebbe forti resistenze....
"Un anno dopo la sua promulgazione, Padre René Laurentin definiva l’Inter mirifica, ‘banale, moralizzante, gretto e poco aperto al ruolo dei laici’. Il decreto ‘profetico’ insomma scontentò un po’ tutti: i ‘progressisti’ perché ancora segnato da un linguaggio censorio e da un’antropologia ingenua, i ‘tradizionalisti’ per la mancanza di esplicite condanne e un’apertura giudicata eccessiva a strumenti potenzialmente tanto pericolosi per la morale e l’integrità della fede cattolica. Il risultato fu compromissorio e vide la riduzione dello schema originale del documento di oltre due terzi del testo e l’approvazione finale con il più alto numero di ‘non placet’ registrato in sede di votazione finale (1960 voti favorevoli e 164 contrari). Considero ancora oggi illuminanti le parole scritte dal cardinal Martini nel lontano 1991: ‘I media non sono più uno schermo che si guarda, una radio che si ascolta. Sono un’atmosfera, un ambiente nel quale si è immersi, che ci avvolge e ci penetra da ogni lato. Noi stiamo in questo mondo di suoni, di immagini, di colori, di impulsi e di vibrazioni come un primitivo era immerso nella foresta, come un pesce nell’acqua. É il nostro ambiente, i media sono un nuovo modo di essere vivi’. La rivoluzione era iniziata. Lo stravolgimento della nostra cultura era già in atto. E lo è ancora oggi".
Da cosa occorre ripartire?
"Dalle domande di Papa Francesco durante l’incontro con il Comitato di coordinamento del Consiglio Episcopale Latino Americano (Celam), prima di lasciare Rio de Janeiro il 28 luglio 2013: domande sul ‘rinnovamento interno della Chiesa’, sul ‘dialogo con il mondo attuale’. ‘Gli scenari e areopaghi sono i più svariati… e Dio sta in tutte le parti: bisogna saperlo scoprire per poterlo annunciare nell’idioma di ogni cultura; e ogni realtà, ogni lingua, ha un ritmo diverso.” Questo discorso di Papa Francesco, insieme a quello rivolto ai Vescovi brasiliani, costituiscono una piccola enciclica di ecclesiologia che descrivono cosa pensa il Santo Padre della Chiesa di oggi. Del resto la comunicazione presuppone l’ecclesiologia e questo è il senso profondo del cambiamento. La passione per la comunicazione appartiene al nostro ‘dna’, come esseri umani e cristiani, inviati dal Signore".
Qual è il modello?
"E' utile considerare la conversione pastorale espressa nel film ‘Centochiodi’, di Ermanno Olmi, in cui si privilegia l’autenticità dell’incontro personale. Il film è una ‘critica ai modus operandi di una cultura giunta ormai troppo lontana dai lidi dell'animo umano’, con il desiderio di rifondare la spiritualità dal basso, dalla materialità del vivere, dall’esperienza, quasi come a dire: ‘La verità non è nei libri ma nella vita e nell’incontro con gli altri’. Non basta ‘riaffermare’, ‘custodire’. Il messaggio non dipende tanto dall’emittente quanto dal destinatario, che non va considerato come un bersaglio, ma come un soggetto interlocutore coinvolto nel processo di dare e ricevere. Alla fine comunichiamo ciò che siamo, al punto che spesso nei processi comunicativi il ‘non verbale’ conta molto di più; la nostra testimonianza e la nostra coerenza sono fondamentali".
http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/francesco-francisco-francis-30583/
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