La fedeltà al passato. E l'incognita del nuovo. Il segretario di Ratzinger si dice a metà tra «due mondi». E su Bergoglio...
di Barbara Ciolli
Il suo intento era di essere un «ponte», non un «muro» tra i due papi.
Fino all'ultimo si è prodigato a dire che Francesco e Benedetto XVI avevano «caratteri» e «stili diversi». Ma non erano assolutamente «antitetici», come alcuni volevano farli passare.
O monsignor Georg Gänswein si è sforzato di conciliare l'inconciliabile, fedele alla linea del «cambiamento nella continuità», tracciata dal teologo, prima che pontefice, Joseph Ratzinger.
Oppure non ci crede più neanche lui, glamour ed efficiente segretario particolare del papa tedesco, nella novità dei due vescovi di Roma, creata, con la clamorosa rinuncia di Benedetto XVI, dal suo stesso mentore.Fino all'ultimo si è prodigato a dire che Francesco e Benedetto XVI avevano «caratteri» e «stili diversi». Ma non erano assolutamente «antitetici», come alcuni volevano farli passare.
O monsignor Georg Gänswein si è sforzato di conciliare l'inconciliabile, fedele alla linea del «cambiamento nella continuità», tracciata dal teologo, prima che pontefice, Joseph Ratzinger.
IL LIMBO TRA DUE MONDI. Deve essere esplosa un'altra guerra tra cordate, in San Pietro, se l'arcivescovo e prefetto della Casa pontificia, nonché tuttora segretario personale del papa emerito, Gänswein si è deciso a parlare senza filtri alla Zeit, prestigioso settimanale tedesco che apre con una grande foto di Jorge Mario Bergoglio in abito bianco. E un titolo che lascia pochi dubbi: «Il mondo lo ama, ma...».
Padre Georg non nasconde il suo «dolore», nel calarsi nel nuovo ruolo: «Ormai vivo tra due mondi», confessa.
L'«AFFRONTO» DI BERGOGLIO. Certo, con Ratzinger al soglio di Pietro, monsignor Gänswein ha fatto carriera, diventando, per il doppio incarico che riveste dalla rinuncia, il principale canale di raccordo tra i due pontefici. Eppure, per lui le dimissioni di Benedetto XVI sono state «un'amputazione». Che Bergoglio poi, al suo arrivo a Roma, si sia rifiutato di abitare nel Palazzo apostolico, l'ha vissuto come «affronto».
Piano piano si è abituato, «ci scherzo pure sopra con Francesco».
Ma il suo dissidio, per chi di giorno sbriga gli affari di Francesco e la sera le incombenze di Benedetto XVI, è più profondo. «Chiamo Ratzinger Santo padre. Ma il papa è uno solo».
Un segretario tra due papi
Già, Ratzinger: il più giovane e brillante teologo del Concilio vaticano II, che poi si è chiuso in una torre d'avorio arroccandosi sui dogmi. Ma che alla fine, e forse suo malgrado, ha innescato una rivoluzione.
Monsignor Gänswein è conosciuto come più tradizionalista di Benedetto XVI. Non deve essere stato facile, per lui, digerire l'arrivo di un pontefice che vuole realizzare le riforme del “papa buono” Giovanni XXIII.
Due papi, poi, in Vaticano, sono un inedito nella dottrina cattolica. La rinuncia di Celestino V (vicino ai monaci benedettini come Benedetto XVI) nel 1200, sfociò nella sua fuga e nella sua cattura. E, al papa eremita, seguì un solo papa: il suo spodestatore Bonifacio VIII.
LA MOLE DI LAVORO. Durante lo scisma d'Avignone (1378-1417), la Chiesa d'Occidente era spaccata. E i due pontefici, in guerra, non vivevano entrambi a Roma. Dal marzo 2013 e, per un po' di anni, invece per l'arcivescovo Gänswein è atteso da un bel daffare in Vaticano.
A leggere le sue dichiarazioni con il senno di poi, nell'intervista esclusiva dell'ottobre scorso con il Messaggero, “don Giorgio” raccontò della «mole di cose da sbrigare», tutti i giorni, ma di vivere il suo nuovo compito come una «bella sfida». Certo, «ogni tanto vorrei chiedere consigli al mio predecessore, ma non c'è», si lamentò.
CAMBIO, NON RIVOLUZIONE. Quanto al rischio che in Vaticano si creino un papa e un antipapa, come ai tempi delle lotte di Avignone, il segretario di Ratzinger smentì categoricamente: «C'è un papa regnante e un papa emerito». Sulla «rivoluzione in atto», Gänswein serrò le fila, rimarcando, come già nell'intervista di agosto al Tg5, il suo ruolo di traghettatore in un «cambio di pontificato che, come è normale, porta con sé cambiamenti su diversi livelli».
Più che una rivoluzione, era in corso un «atto di governo e responsabilità». Benedetto XVI, rimarca il suo segretario, è un uomo umile e sobrio. Non viveva nei palazzi pontifici per esibire il suo potere personale, ma per far risaltare la maestà della Chiesa e del ministero petrino.
Monsignor Gänswein è conosciuto come più tradizionalista di Benedetto XVI. Non deve essere stato facile, per lui, digerire l'arrivo di un pontefice che vuole realizzare le riforme del “papa buono” Giovanni XXIII.
Due papi, poi, in Vaticano, sono un inedito nella dottrina cattolica. La rinuncia di Celestino V (vicino ai monaci benedettini come Benedetto XVI) nel 1200, sfociò nella sua fuga e nella sua cattura. E, al papa eremita, seguì un solo papa: il suo spodestatore Bonifacio VIII.
LA MOLE DI LAVORO. Durante lo scisma d'Avignone (1378-1417), la Chiesa d'Occidente era spaccata. E i due pontefici, in guerra, non vivevano entrambi a Roma. Dal marzo 2013 e, per un po' di anni, invece per l'arcivescovo Gänswein è atteso da un bel daffare in Vaticano.
A leggere le sue dichiarazioni con il senno di poi, nell'intervista esclusiva dell'ottobre scorso con il Messaggero, “don Giorgio” raccontò della «mole di cose da sbrigare», tutti i giorni, ma di vivere il suo nuovo compito come una «bella sfida». Certo, «ogni tanto vorrei chiedere consigli al mio predecessore, ma non c'è», si lamentò.
CAMBIO, NON RIVOLUZIONE. Quanto al rischio che in Vaticano si creino un papa e un antipapa, come ai tempi delle lotte di Avignone, il segretario di Ratzinger smentì categoricamente: «C'è un papa regnante e un papa emerito». Sulla «rivoluzione in atto», Gänswein serrò le fila, rimarcando, come già nell'intervista di agosto al Tg5, il suo ruolo di traghettatore in un «cambio di pontificato che, come è normale, porta con sé cambiamenti su diversi livelli».
Più che una rivoluzione, era in corso un «atto di governo e responsabilità». Benedetto XVI, rimarca il suo segretario, è un uomo umile e sobrio. Non viveva nei palazzi pontifici per esibire il suo potere personale, ma per far risaltare la maestà della Chiesa e del ministero petrino.
Gänswein: «Per me è un dolore»
A colloquio con il quotidiano romano, Gänswein raccontò anche di come Benedetto XVI restò «molto, molto sorpreso», nel riceve la notizia dell'estromissione di Ettore Gotti Tedeschi dalla presidenza dello Ior, quasi la sua cacciata fosse avvenuta all'insaputa del papa.
Nel complesso, tuttavia, sembrò sereno e soddisfatto di essere al servizio dei due pontefici. Pochi mesi dopo, il bel padre Georg appare più sincero e anche più scoraggiato. «Devo essere onesto con me stesso», si è sfogato con il magazine progressista, «per me è un dolore ritrovarmi in questo mio nuovo ruolo».
IL DISSIDIO DI GEORG. Segretario privato del cardinal Ratzinger dal 2003, prima di balzare alla cronaca come braccio destro del pontefice, Gänswein è da oltre 10 anni fedele al papa tedesco: gli aveva giurato lealtà in latino, «in vita e morte», per lui ha «versato sangue e lo ha speso con grande dedizione e piacere, talvolta».
Il passo indietro di Benedetto XVI, a febbraio, è stato come «subire un'amputazione». E con l'incedere delle riforme di Francesco è come se “don Giorgio” si sentisse nella posizione scomoda di attore del cambiamento e traditore della tradizione. Un limbo che lo inquieta, a giudicare dalle frasi pubblicate dalla Zeit: «Ogni giorno aspetto di vedere cosa sarà il nuovo, che cosa cambierà».
Certo, un po' a Gänswein fa piacere apparire sulle prime pagine dei giornali: lo si era visto anche qualche anno fa, per la copertina di Vanity Fair, e c'è chi lo accusa di giri mondani.
LA PROMOZIONE DI XUEREB. Ma l'impressione è che l'arcivescovo sia davvero in crisi interiore. D'altra parte, padre Georg non è un uomo di ghiaccio: per l'addio di Ratzinger scoppiò in lacrime, prima di volare con lui a Castel Gandolfo.
Nervi più saldi pare averli monsignor Alfred Xuereb: già secondo segretario personale di Benedetto XVI, da marzo segretario particolare di Francesco. E, dal novembre scorso, anche delegato speciale del papa su Commissioni Ior e Finanze.
Grandi sfide e cambiamenti. Ma il maltese non fa una piega.
Nel complesso, tuttavia, sembrò sereno e soddisfatto di essere al servizio dei due pontefici. Pochi mesi dopo, il bel padre Georg appare più sincero e anche più scoraggiato. «Devo essere onesto con me stesso», si è sfogato con il magazine progressista, «per me è un dolore ritrovarmi in questo mio nuovo ruolo».
IL DISSIDIO DI GEORG. Segretario privato del cardinal Ratzinger dal 2003, prima di balzare alla cronaca come braccio destro del pontefice, Gänswein è da oltre 10 anni fedele al papa tedesco: gli aveva giurato lealtà in latino, «in vita e morte», per lui ha «versato sangue e lo ha speso con grande dedizione e piacere, talvolta».
Il passo indietro di Benedetto XVI, a febbraio, è stato come «subire un'amputazione». E con l'incedere delle riforme di Francesco è come se “don Giorgio” si sentisse nella posizione scomoda di attore del cambiamento e traditore della tradizione. Un limbo che lo inquieta, a giudicare dalle frasi pubblicate dalla Zeit: «Ogni giorno aspetto di vedere cosa sarà il nuovo, che cosa cambierà».
Certo, un po' a Gänswein fa piacere apparire sulle prime pagine dei giornali: lo si era visto anche qualche anno fa, per la copertina di Vanity Fair, e c'è chi lo accusa di giri mondani.
LA PROMOZIONE DI XUEREB. Ma l'impressione è che l'arcivescovo sia davvero in crisi interiore. D'altra parte, padre Georg non è un uomo di ghiaccio: per l'addio di Ratzinger scoppiò in lacrime, prima di volare con lui a Castel Gandolfo.
Nervi più saldi pare averli monsignor Alfred Xuereb: già secondo segretario personale di Benedetto XVI, da marzo segretario particolare di Francesco. E, dal novembre scorso, anche delegato speciale del papa su Commissioni Ior e Finanze.
Grandi sfide e cambiamenti. Ma il maltese non fa una piega.
Poveraccio , chissà quante ne ha viste ai danni di Benedetto XVI e dovrà ancora vederne.
RispondiElimina