Con il mio sguardo troppo umano ed orizzontale e troppo poco illuminato dalla Grazia, vedo la Chiesa come una multinazionale in istato di insolvenza, incamminata verso la bancarotta fraudolenta e mi lamento come i Santi Apostoli quel giorno, sulla barca: “Exsurge Domine! Quare obdormis?”
Volentieri allora risponderemo alle sue domande, cercando brevemente di darvi una risposta cattolica.
D. Come si conciliano le promesse di Nostro Signore, scritte a
caratteri alti due metri sulla base della cupola di San Pietro, con il
papato di Francesco? Dov’è finita l’indefettibilità di cui mi parlavano
da bambino?
R. La Chiesa è un'istituzione divina ed umana allo stesso tempo: divina
nel Suo Fondatore, Gesù Cristo; divina nei mezzi che Egli le ha dato per
condurre le anime al suo fine, i Sacramenti; divina nelle Leggi che la
reggono, che le vengono da Dio stesso. Ma è anche umana: nei suoi
Ministri, nei suoi membri, e nelle loro miserie. Cristo ha promesso a
Pietro che le porte degl'inferi mai prevarranno su di essa, ma non ha
reso impeccabili i Sacri Pastori, anzi: si è compiaciuto
perpetuare l'opera della Redenzione servendosi di uomini, in modo che la
Santa Chiesa brillasse come opera eminentemente divina. Ha quindi
accordato al Supremo Pastore l'assistenza dello Spirito Santo, sì da
rendere il suo insegnamento esente da ogni errore, ma solo alla
condizione che il Sommo Pontefice eserciti questa facoltà in quanto Capo
della Chiesa, con l'intenzione esplicita di definire uno specifico
insegnamento, e solo in materia di Fede e Morale. Non dobbiamo quindi
considerare il Papa come un oracolo costantemente infallibile, perché in
questo caso lo faremmo ascendere più in alto di Dio, che gli ha
affidato il governo della Chiesa per custodirne l'immutabile
insegnamento. Il Papato è finalizzato alla salvezza delle anime, alla
protezione ed alla predicazione della dottrina, alla preservazione
dell'ordine all'interno del corpo ecclesiale. Il Papa è infatti vicario di Cristo, e non può disporre a proprio piacimento dei tesori della Chiesa.
D. Come è possibile che un papa possa riempire un atto magisteriale
di eresie, ambiguità, menzogne? Un papa eretico non è un ossimoro?
R. Anzitutto dobbiamo comprendere se il Papa abbia effettivamente
pronunziato un'eresia, o se abbia insegnato alcunché di ambiguo o di
menzognero. Di per sé, un cattolico è tenuto a ritenere che l'intenzione
del Capo supremo della Chiesa sia quella di insegnare la buona
dottrina; nel caso di una sentenza equivoca, si dovrebbe tenere per
valida l'interpretazione ortodossa. Se l'errore fosse tuttavia evidente,
si dovrebbe verificare se il contesto in cui esso è stato formulato
costituisca effettivamente un atto magisteriale coperto
dall'infallibilità. Se ad esempio il Papa dovesse affermare un'eresia in
un'enciclica, ma non specificasse che questa eresia dev'essere
considerata da tutti i fedeli cattolici come un insegnamento
magisteriale promulgato dal Sommo Pontefice nella pienezza delle proprie
funzioni, non verrebbe meno la promessa di Cristo. A questo punto
dovrebbe essere dovere dei Sacri Pastori, ed anche dei laici, denunciare
l'errore ed ammonire il Papa a ritrattarlo. I dottori ritengono che sia
impossibile avere un Papa eretico, perché nel momento stesso in cui
egli dovesse incorrere nell'eresia si porrebbe ipso facto fuori
della Chiesa, e non potrebbe quindi governarla come Capo supremo. Ai
Vescovi spetterebbe quindi il compito di prendere atto dell'eresia e
riconoscere la sua decadenza dal Papato, non di deporlo. In questi
ultimi anni, ad esempio, alcuni Vescovi ucraini hanno
ammonito severamente Benedetto XVI, per lo scandalo di Assisi e per la
beatificazione di Giovanni Paolo II. Inutile dire che, in questa crisi,
l'argomento meriterebbe una trattazione tanto approfondita quanto
complessa.
D. Come si concilia l’elezione di questo papa con l’assistenza dello Spirito Santo nel Conclave?
R. Lo Spirito Santo non fa violenza alla libertà degli uomini, nemmeno
se essi sono insigniti della Sacra Porpora e devono eleggere il
Successore di Pietro. Essi invocano il Paraclito affinché sia eletto il
Papa che, negl'imperscrutabili progetti di Dio, meglio risponde alle
esigenze della Chiesa in quel particolare momento storico. Quindi anche
un Papa modernista, o addirittura eretico, in questa luce, può essere
voluto da Dio per punire gli uomini, o per scoprire i piani
dell'Anticristo, o per risvegliare nei fedeli una più salda coscienza
del nome cattolico. Non dimentichiamo che l'elezione del Papa non è un
atto infallibile: è una semplice operazione elettiva che, come tutte le
azioni umane, può esser docile o indocile alla Grazia.
D. Come possono in me coesistere la filiale devozione per il Papato
con una avversione viscerale nei confronti di Jorge Mario Bergoglio? Si
può scindere Simone da Pietro?
R. Certo che si può scindere Simone da Pietro: lo fece San Paolo, che ammonì San Pietro: Cum autem venisset Cephas Antiochiam, in faciem ei restiti, quia reprehensibilis erat (Gal. II, 11). E la denunzia di Cefa fu fatta coram omnibus da San Paolo, proprio in ragione della gravità della deviazione di San Pietro.
Quanto
all'avversione per la persona di Bergoglio - condivisa da molti, a
quanto pare - se essa nasce dallo scandalo che certi suoi comportamenti o
detti possono aver suscitato, non ha alcunché di condannabile. Iniquos hodio abui, et legem tuam dilexi (Ps.
CXVIII, 113). La carità impone nondimeno di pregare per la persona di
Bergoglio, affinché si converta; la giustizia, viceversa, chiede filiale
obbedienza ed ossequio a Francesco come Papa.
D. Avrebbe
avuto così torto il fratello maggiore della ben nota parabola a
lamentarsi se il padre gli avesse annunciato l’intenzione di vendere
tutto, diseredandolo, per raggiungere il figlio minore in quel lontano
paese a pascolar porci di giorno e a divertirsi con le donnine di notte?
Anche il guardiano dei maiali dovrà puzzare di suino?
R.
Nella parabola del figliuol prodigo, il padre è il Signore Iddio, dal
quale si allontana l'anima peccatrice per dissipare i propri beni e che,
accortasi del peccato commesso, ritorna alla casa paterna e chiede
perdono: Pater, peccavi in caelum, et coram te (Lc. XV, 18). Nel
paradosso tipico della figura retorica della parabola, viene enfatizzata
la gioia del Padre per il ritorno del figlio pentito, assieme
all'indignazione del figlio più anziano al quale, nonostante la sua
fedeltà, non era stata fatta alcuna festa: epulari autem, et gaudere oportebat, quia frater tuus hic mortuus erat, et revixit; perierat, et inventus est (Lc. XV, 32).
Il
nostro Lettore rielabora invece la parabola, sostituendo la figura del
padre con quella del Papa, e quella del figliuol prodigo con un fedele
peccatore, o con un eretico, comunque lontano dalla Chiesa. Egli va
oltre, ed ipotizza che il padre stesso abbandoni la casa per raggiungere
il figlio come guardiano di porci. Questa reinterpretazione muove probabilmente da una delle frasi celebri di Bergoglio, laddove egli invitava i Sacri Pastori a puzzare dell'odore delle pecore, in quel caso alludendo alla parabola del buon pastore che cerca la pecorella smarrita.
Ci
pare che siano piuttosto le pecore del Gregge del Signore a dover avere
il profumo del divino Pastore, che non viceversa. La provocazione del
Lettore testimonia il disorientamento per un modo alquanto sconcertante
di presentare il Papato, adottato da Bergoglio come cifra del proprio
Pontificato.
Va
da sé che il Pastore, il vero e unico Pastore, cerca la pecorella
smarrita non per lasciarla dov'è tra i rovi e le rupi a rischio d'esser
sbranata, ma per ricondurla in salvo nell'unico Gregge. E similmente, il
padre dell'altra parabola fa festa al figliuol prodigo non perché ha deciso di essere un cattolico adulto e se ne sta a far la guardia ai maiali, ma perché egli gli ha chiesto perdono ed è tornato.
In entrambi i casi vi è un unico Ovile, un'unica Casa paterna a cui
tornare: la qual cosa risulta molto scomoda per chi sostiene che ci si
salva anche fuori da essi.
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