Il Papa, padre Spadaro e la ricerca della felicità: la Chiesa fra rivoluzione e ideologia
Il 7 gennaio scorso padre Antonio Spadaro, collaboratore o
uomo di fiducia di papa Francesco, è intervenuto con un lungo articolo sul
Corriere della Sera per interpretare ‘correttamente’ le parole di Bergoglio
sulle coppie omosessuali. Il caso è ormai noto. Davanti a un folto gruppo di
Superiori di congregazioni religiose, Francesco ha fatto un esempio che non
poteva non destare scalpore: una bambina è triste perché la “fidanzata” della madre non
le vuole bene, la madre, si deduceva
dall’esempio, aveva divorziato o si era separata dal padre della ragazzina in
precedenza.
Cosa deve fare la Chiesa, si domandava il papa. Può limitarsi a negare il valore dell’affetto che la bambina sta cercando? Deve solo emettere una condanna rispetto a quella famiglia anomala (la madre e la fidanzata)? Come può misurarsi, insomma, umanamente di fronte a questa situazione? E’ legittimo quindi l’amore che la bambina vuole ricevere? E se sì, qual è il compito di un sacerdote in un caso simile?
Cosa deve fare la Chiesa, si domandava il papa. Può limitarsi a negare il valore dell’affetto che la bambina sta cercando? Deve solo emettere una condanna rispetto a quella famiglia anomala (la madre e la fidanzata)? Come può misurarsi, insomma, umanamente di fronte a questa situazione? E’ legittimo quindi l’amore che la bambina vuole ricevere? E se sì, qual è il compito di un sacerdote in un caso simile?
E’ lungo questa frontiera che il Papa ha in effetti aperto
le porte della Chiesa al mondo liberandola da una cupa intransigenza
ideologica che la stava separando dal suo stesso popolo. Ha per questo aperto alle coppie omosessuali? No, se si pensa a una
frontiera puramente legislativa (della quale però il papa non ha parlato nemmeno
in termini negativi), sì se si guarda invece al riconoscimento pieno e
indiscusso dei sentimenti che si muovono al suo interno.
Spadaro, che aveva pubblicato il colloquio del Papa con i
religiosi sulla Civiltà cattolica, è andato dunque a compiere una serie di
precisazioni. In sostanza ha cercato di sottrarre l’intervento del Pontefice alle
strumentalizzazioni “di destra e di sinistra” e anche al dibattito ‘italiano’
sul riconoscimento delle unioni civili che per pura coincidenza si è animato
nel momento in cui venivano pubblicate le parole di Bergoglio. Tuttavia se la
coincidenza temporale è stata casuale in senso assoluto, va anche detto che il
tema fa parte comunque dell’agenda politica internazionale e quindi anche italiana,
di questi mesi e anni, dunque è un caso fino a un certo punto che le due questioni
– l’intervento del papa e il dibattito pubblico e politico - s’intreccino.
L’operazione che fa Spadaro, in realtà, è quella di cercare
di smussare la forza dirompente dell’azione di papa Francesco per non provocare
strappi e rifiuti eccesivi in un tessuto ecclesiale e nella militanza cattolica
più assidua fin troppo prudente, conservatore e spesso incapace di misurarsi
con la stessa libertà di pensiero dimostrata da Bergoglio su tematiche ‘difficili’(lo
stesso non può però dirsi della gran parte dei fedeli che sembrano al contrario
entusiasti del processo di liberazione innescato dal Pontefice). Spadaro,
insomma, cerca di coprire il Papa ‘a destra’ ben sapendo che da quella parte
sono i malumori più profondi e il disorientamento provocati da Francesco. Così
facendo corre però un rischio: quello di negare artificialmente, almeno un po’,
la carica di rottura del bergoglismo, riconoscibile in molti suoi atti, non
ultimo, per esempio, il modo in cui ha scelto le porpore cardinalizie italiane
(per cui si preferisce parlare del Burkina Faso per non dire dell’imbarazzo
provocato in certi ambienti dalla nomina dell’arcivescovo Bassetti).
Tuttavia il direttore della Civiltà cattolica, nel suo
intervento manda anche un messaggio forte all’interno della Chiesa, è il
seguente:
“Misericordia significa questo: non giustificare peccati, ma
accogliere con dolcezza l’umanità per la quale Cristo è andato in croce. E
questo per annunciare la parola di salvezza in maniera efficace.
Il Papa è ben consapevole che l’uomo e la donna oggi stanno
interpretando se stessi in maniera
diversa dal passato, con categorie diverse, anche da quelle
a lui familiari. L’antropologia a cui la
Chiesa ha tradizionalmente fatto riferimento, e il
linguaggio con il quale l’ha espressa sono un
riferimento solido, frutto anche di saggezza ed esperienza
secolare.
Tuttavia sembra che l’uomo a cui la Chiesa si rivolge non
riesca più a comprenderli come una volta. La Chiesa è chiamata a confrontarsi con l’enorme
sfida antropologica, dunque. Per far sì che la Chiesa sia sale e luce, con
tutta la ricchezza della sua tradizione e della sua dottrina, deve essere insieme
«faro» che illumini da una posizione alta e stabile, ma anche «fiaccola» che si
sa muovere in mezzo agli uomini, accompagnandoli nel loro cammino, a volte
difficile e a tratti anche accidentato. Insomma: la sfida educativa cristiana
consiste nell’evitare che la luce di Cristo resti per molti soltanto un ricordo
lontano, o che, peggio ancora, resti in mano a una piccola ed eletta schiera di
«puri»: questo trasformerebbe la
Chiesa in una setta”.
L’uomo e la donna di oggi stanno interpretando se stessi in modo
diversi dal passato, il rischio è che la Chiesa si trasformi in una setta di eletti. Il discorso sarebbe
lungo su questo punto anche su quanto è accaduto in Italia negli ultimi decenni
(una setta sì, ma anche una lobby-gruppo di potere con forti legami politici);
tuttavia la base del ragionamento sembra non lasciare scampo: o si cambia o si
rischia la marginalità (anche qui: i cattolici americani nelle ultime due
elezioni hanno votato in maggioranza per Obama e i democratici, i cardinali sono
rimasti spiazzati, la linea pro-life ideologicamente intesa è stata sconfessata
dai credenti divenuti latinos ecc. il problema riguarda dunque in primo luogo
le gerarchie, la loro selezione ecc.).
Ma il punto che trovo più delicato è per me un altro. Nell’esempio
di Bergoglio c’è qualcosa di non detto ma di evidente: la bambina si lamenta
perché vuole l’affetto della fidanzata della madre, vuole cioè il
bene, vuole,in parole povere, essere felice. Il problema
dunque non è il peccato (che non viene abolito... altro tema sollevato
dal papa è quello dei corrotti, dove il 'vero' peccato, si potrebbe
dire, è far del male agli altri, sfruttarli) – la coppia in questione
non vive la propria condizione
come un fardello, questa è una proiezione della propria ideologia – ma
la possibilità di amarsi, volersi bene, sapersi voler bene, essere
felici anche in
quella condizione, anche dentro quel cambiamento.
La Chiesa
fino ad oggi ha trattato gli omosessuali come esseri umani dimezzati, egoisti,
a volte malati, incapaci di condividere oltre sé stessi l’amore con il prossimo; ne ha fatto,
insomma, una caricatura (e certo che dentro la Chiesa invece il problema è
dirompente..). La famiglia anomala illustrata da Bergoglio sconvolge questa visione
opprimente e mistificatrice – che non di rado alimenta una sottocultura discriminatoria
a livello sociale e pubblico – e racconta della ricerca del bene, cioè ancora
della felicità di una bambina con le sue due ‘madri’. E’ una rivoluzione? Fate
voi. Ma il tema va ben oltre il fardello, è il riconoscimento della varietà
umana e dei suoi sentimenti, importantissima perché viene da una delle più alte
autorità religiose del Pianeta. Così come per Bergoglio non è un problema il
battesimo di un figlio nato in un matrimonio civile o da una coppia non
sposata; non solo non c'è la condanna prima dell’amore evangelico, dell’accoglienza,
ma troviamo qualcosa in più: è il riconoscimento
della piena dignità di quella storia, di quel vissuto, del diritto di genitori
e figli di stare nel mondo senza anatemi (cosa che non cancella, come è ovvio,
il sacramento del matrimonio, ma bisogna ricordarlo?).
Insomma si va oltre il tema dell’amorevole sguardo che si
posa sul peccatore, il quadro umano – ci dice con ogni suo gesto il vescovo di
Roma - non è costituito solo da questa visione un po’ fervorosa, di un’umanità
sempre dolente. E qui si pone il tema di una Chiesa di fatto oppressiva –
perché non indulgente, non accogliente, non in grado di riconoscere l’amore – e
quello, parallelo, della ricerca della felicità da parte degli esseri umani,
etero e omosessuali, sposati o non, a partire dai bambini, che non di rado ci
illuminano il cammino.
Francesco Peloso
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