“Disarmo spirituale delle masse”. E’ questa la diagnosi che Kirill, patriarca di Mosca e di tutte le Russie, fa del morbo che tormenta l’occidente secolarizzato e ormai facile preda del laicismo. “Una tendenza incredibilmente dannosa”, ha aggiunto nel corso di una lunga intervista concessa al canale tv Russia 1 in occasione del Natale ortodosso, che secondo il calendario giuliano cade il 7 gennaio. Una festa, quella che ricorda la nascita di Gesù, diventata ormai pretesto solo per alimentare il consumismo e i commerci. Nient’altro, dice Kirill: “In qualche parte dell’occidente non si pronuncia più neppure la parola Natale. Si preferiscono altre parole, così come va di moda scambiarsi auguri neutri”. Si pensi al generico “buone feste” che risuona in tante case.
Non si tratta solo di tempi che cambiano o di scarsa attenzione al senso più profondo del Natale, quello che non contempla le corse all’ultimo regalo o i cenoni di rito, spiega il patriarca ortodosso: “Questa è un’azione politica volta a eliminare i valori cristiani dalla vita delle persone”. Un’operazione deliberata, voluta. E la colpa, l’origine di tutto, risiede sempre a ovest, dove – inconsapevolmente o no – anziché alla “santa furbizia” necessaria per custodire la fede, si è dato ascolto a quel “canto delle sirene” mondano da cui metteva in guardia lunedì il Papa durante la messa dell’Epifania. Spesso, ha affermato Kirill, “il diritto a professare apertamente la propria fede cristiana è violato in un occidente ossessionato con la questione della protezione dei diritti umani”. Cita il caso della giornalista norvegese fatta sparire dal video perché rea di portare al collo una piccola croce, o di infermiere costrette a rivedere il proprio vestiario perché manifestamente cristiano.
Certo, in “Europa i valori cristiani sono ancora presenti nella vita delle persone. Ma la tendenza politica generale, la direzione generale delle élite è indubitabilmente anti cristiana e anti religiosa”, ha chiosato il patriarca. “Noi – ha aggiunto infine – abbiamo conosciuto l’ateismo e quindi vogliamo lanciare un grido al mondo intero: fermatevi, noi sappiamo che tipo di vita è quella”. Kirill non commenta i dati dell’ultimo sondaggio del Centro Levada sulla crescita del numero di ortodossi in Russia, che sarebbero quadruplicati rispetto alla dissoluzione dell’Unione sovietica. Un trend in costante ascesa, che non conosce rallentamenti. E’ vero che la partecipazione alla divina liturgia domenicale è ancora bassa, ma anche qui i segnali sono incoraggianti.
Intanto, se i rapporti tra Papa Francesco e Bartolomeo I sono buoni – quest’ultimo ha partecipato alla messa di inizio del ministero petrino di Bergoglio e i due si incontreranno in Terra Santa a maggio sulle orme di Paolo VI e Atenagora – da Mosca arriva un’ulteriore frenata a un possibile riavvicinamento tra la prima e la terza Roma. Il giorno di Santo Stefano, infatti, il patriarcato di Mosca ha reso nota una dichiarazione in cui si ribadisce la propria contrarietà al documento sulle conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della chiesa, pubblicato a Ravenna nel 2007, al termine dei lavori della commissione mista teologica formata da cattolici e ortodossi – ma senza la partecipazione di esponenti della chiesa di Mosca. Il testo elaborato dal patriarcato russo rappresenterà la linea guida nel dialogo ortodosso-cattolico. In esso, si legge ancora una volta che “la chiesa ortodossa rigetta la dottrina della chiesa romana sul primato papale e sulla divina origine del potere del primo vescovo nella chiesa universale. I teologi ortodossi hanno sempre insistito sul fatto che la chiesa di Roma è una delle chiese autocefale locali, senza alcun diritto di estendere la propria giurisdizione al territorio di altre chiese locali”.
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