Istituire un parallelo tra padre Pio e padre Stefano
Manelli, fondatore dei Francescani dell’Immacolata (F.I.), oggi nell’occhio del
ciclone, è quasi inevitabile. Anzitutto per la storia di padre Manelli, che di
padre Pio è stato figlio spirituale, e che a padre Pio ha sempre indirizzato il
suo sguardo e quello dei suoi figli. In secondo luogo, appunto, per la
persecuzione, patita e vissuta, da entrambi, in modo analogo.
Ma andiamo con ordine. Padre Pio, ricordava padre Dario
Composta, su Nova et Vetera, nel 2000, è
stato un eroe dell’obbedienza. Di essa diceva: “L’obbedienza è la virtù che ti
santifica; è grande cosa l’obbedienza”. Oggi, persino nel mondo religioso, il
concetto è un po’ vago e spesso incompreso, ma l’obbedienza è stata la roccia
su cui si è mantenuta per duemila anni l’unità della Chiesa, tra tempeste e
diluvi. Obbedire a Dio tramite i superiori, si diceva un tempo; obbedire a ciò
che Dio ci chiede, nella storia: è poi il senso del Fiat voluntas tua del Padre
Nostro. Anche uno sposo o una sposa, non solo i religiosi, fa voto di
obbedienza: perché la fedeltà agli sposi è proprio, in molti momenti della vita
matrimoniale, un obbedienza ad un compito, ad un ruolo, a Dio e ad una
specifica persona.
Padre Pio, si diceva, parlava spesso dell’obbedienza, ed
ebbe modo di viverla e praticarla sino in fondo, sino al martirio. Infatti il
suo calvario, su cui fu portato dai confratelli, dagli uomini di quella Chiesa
che lui amava con intensità totale, inizia già nel 1919, quando si apprende che
a Roma si è deciso il suo trasferimento.
A san Giovanni Rotondo, ricorda Rino Cammilleri nel suo Vita
di padre Pio, scoppia una vera e propria sommossa: “Blocchi stradali, vedette,
folle che chiedevano, tumultuando intorno al convento di padre Pio”. Come
accadrà in futuro: saranno quasi sempre i laici a difendere il santo sacerdote;
penitenti, semplici fedeli, spesso giornalisti che porteranno avanti campagne
di stampa denunciando i soprusi e le malefatte dei commissari, dei visitatori,
del sant’Ufficio… Sant’Ufficio che comincia a colpire il frate già nel 1922,
costringendolo a dire messa all’alba, a cessare di scrivere e rispondere alle
lettere… Il Segretario della Congregazione del Sant’Uffizio è, in quest’epoca,
l’ottimo e non certo sciocco cardinale Merry del Val, già segretario di Stato
di san Pio X.
L’anno dopo, nel 1923, un’ inchiesta vaticana porta ad
ulteriori accuse. Il papa dell’epoca è Pio XI, un buon papa, certamente. E le
accuse a padre Pio? Sono varie, di varia provenienza, gravissime e meno gravi,
difficili da valutare, contrastate da innumerevoli testimonianze di ben altro
tenore. Un po’ come oggi, contro padre Stefano. Un mare di accuse e di
contro-testimonianze, in cui può essere difficile, senza una analisi accurata e
precisa, comprendere. Quel che è certo è che, allora, padre Pio non viene
compreso, ma condannato. E lui obbedisce, senza fiatare, mentre su La Stampa e
su Il Resto del Carlino escono difese appassionate, un po’ come il lungo e
coraggioso articolo di Antonio Socci, comparso su Libero alcuni giorni orsono,
in difesa di padre Manelli e dei F.I..
Per lunghi anni padre Pio subisce accuse che cambiano: lo si
accusa di essere un falsario, di atteggiarsi a santone, di essere donnaiolo,
isterico, di aver commesso disonestà economiche. Chi abbia letto le lettere di
padre Fidenzio Volpi, attuale commissario dei F.I., troverà qualcosa di
analogo: accuse che cambiano, che vanno dalla vaghissima imputazione di non
“sentire cum ecclesia”, alle generica condanna sulla gestione dei beni della Congregazione.
Attorno a padre Pio viene fatto il deserto: oggi tutti i
frati più vicini a padre Manelli sono stati spediti, in pochi giorni, da una
parte all’altra del mondo; allora sette frati devoti del Padre vengono
trasferiti, in due anni, per essere sostituiti con i suoi detrattori.
Intanto laici e qualche religioso si muovono, il papa Pio XI
finalmente comprende che le cose non sono come gli sono state raccontate, e
cerca di riparare. Ma i tempi sono lunghi. Padre Pio può tornare a confessare
solo il 16 luglio 1933: il Sant’Ufficio si rimangia così, in silenzio, i suoi
decreti punitivi. Sotto Pio XII padre Pio godrà di maggior libertà e della
grande stima del pontefice. Non di tanti cardinali, vescovi, curiali… Secondo
il Composta ed altri la decisione di “liberare” P. Pio è determinata dalla
polemica opera di un grande difensore laico del padre, Emanuele Brunatto,
autore di un libro stampato a Parigi e intitolato “Gli anticristi nella Chiesa
di Cristo”.
L’anno dopo la morte di Pio XII, si apre un vuoto di potere:
come sempre in questi casi c’è qualcuno che torna all’attacco, per regolare i
conti lasciati in sospeso. I momenti di passaggio sono sempre propizi. Anche
qui le somiglianze con le vicende attuali non sono causali. Così la
persecuzione ricomincia, ad opera del vescovo di Padova, il cappuccino
Bortignon: a finire sotto l’incudine due sacerdoti, don Nello Castello e don
Negrisolo, entrambi estimatori di padre Pio, come lo saranno, poi, di Padre
Manelli. Subiranno anche loro, a lungo, torti ed ingiustizie, senza mai perdere
la fede. Ma combattendo per la verità, inviando a Roma suppliche, memoriali, e
chiedendo “di essere giudicati con procedure regolari”.
Al sant’Ufficio vi è il cardinal Ottaviani, uno dei leader
dei conservatori; il nuovo papa è ora Giovanni XXIII, il papa del concilio.
Intanto scoppia il caso dei microfoni, fatti piazzare nel confessionale di
padre Pio: a svelarlo un giornale laico, l’Europeo (così può accadere che un
servizio alla Chiesa derivi da chi magari ne è lontano). Il 15 giugno 1960 il
sant’Ufficio invia a san Giovanni Rotondo il visitatore apostolico, mons Carlo
Maccari: padre Pio lo accoglie con umiltà, ma, ricorda don Composta, respinge
le accuse “con vivacità”. Figlio obbediente della Chiesa; uomo di fede che comprende
bene l’umanità e la divinità dell’istituzione, padre Pio dice le sue ragioni…e
lascia, di solito, che altri le sostengano… poi, alla fine, ubbidisce ed offre
tutto per il bene della Chiesa e del mondo.
Maccari intanto segue la sua pista: è convinto della
colpevolezza e cerca le testimonianze opportune a dimostrarla. I nemici di
padre Pio sono furbi e organizzati; non so se vi sia tra loro qualche
giornalista, che ama definirsi “esperto in comunicazione”, come accade oggi con
uno dei figli di padre Stefano, tra i suoi principali accusatori, ma può ben
darsi. Sappiamo che padre Pio prega di poter morire. La croce è assai pesante.
Come quella di un marito o una moglie che, perseguitato dal coniuge, o
costretto ad assisterlo nella lunga malattia, continua imperterrito nella sua
fedeltà, promessa un giorno davanti a Dio. Con un amore soprannaturale di cui
solo la fede è capace. Sembra che Maccari sia convinto della veridicità di
accuse infamanti, gestite del resto, come si diceva, con satanica furbizia.
Accuse, ricorda il Composta, di mala amministrazione, “con
sospetti sull’onestà dei laici fiduciari”; accuse di lussuria e di “poca
docilità nell’accogliere il Visitatore apostolico”. Basti leggere le lettere di
padre Volpi, commissario odierno dei F.I., per trovare le stesse litanie. Un
film che si ripete anche per altri dettagli: “Tutte queste accuse sarebbero
dovute restare segrete; ma la stampa ghiottamente riuscì ad impossessarsene e
per mesi ogni giorno in tutto il mondo si irrideva alle “ruberie” dei
Cappuccini, alla “vita allegra” di P. Pio, all’”ipocrisia” dei frati, alla
“connivenza” di molti prelati. Gli stessi difensori di P. Pio per un certo
tempo non trovarono ospitalità nei giornali più diffusi in Italia, come attesta
Giuseppe Pagnossin (Summarium pp. 998, segg.)”.
Giovanni XXIII? Cammilleri riassume così: “alcuni sono
convinti che ad avercela con padre Pio fosse proprio Giovanni XXIII. Altri
sostengono che il papa nulla sapesse… Lo sapeva? Non lo sapeva? Non lo
sappiamo”. Documenti più recenti invece sembrano dimostrare che il papa
credesse nella colpevolezza: ha ascoltato basito le denunce di Pietro Parente,
assessore del Sant’Uffizio, mentre i baci alle stigmate del padre, registrati
dai microfoni posti nel confessionale, gli sono stati presentati come baci
amorosi. Vi sono anche oggi, con i F.I., accuse che, assai ben costruite, hanno
la loro parvenza di credibilità.
Intanto i cappuccini, sono “in pugno di una minoranza”,
contraria al futuro santo: schierati su posizioni diverse molti terziari e
molti laici (i frati devoti al Padre sono stati allontanati). Un po’, ancora
una volta, quanto accade oggi con i F.I.: una minoranza di frati ribelli, che
si presenta e si vende come maggioranza, intimidendo i contrari e gli incerti,
e facendo valere su di loro l’accusa: “se non state con noi, siete contro il
papa”. E che cerca di mettere a tacere i laici terziari o promette denunce ai
giornalisti che raccontano quello che hanno visto…
Nel 1961 il sant’Ufficio ufficializza i provvedimenti iniqui
contro padre Pio presi dal visitatore: il documento è approvato dal papa e
sottoscritto, “a malincuore”, da Ottaviani. Che da allora si rifiuta di
prenderne altri, lasciando il ruolo di persecutore, consapevole o meno, al
cardinal Parente (grande esponente della famosa Scuola Romana, non certo
progressista).
Il 30 luglio 1964, il nuovo Papa Paolo VI comunica
ufficialmente tramite il cardinale Ottaviani che a Padre Pio da Pietrelcina
viene restituita ogni libertà nel suo ministero. Gli viene anche concesso,
l’anno dopo, di continuare a celebrare con il messale di san Pio V, in quel
vetus ordo, come si dice oggi, liberalizzato da Benedetto XVI nel 2007, e
riproposto da padre Manelli, non obbligatoriamente, come un tesoro ai suoi
frati.
Il 12 settembre 1968, anno della sua morte, il frate che
diverrà santo scrive una lettera a Paolo VI, complimentandosi con lui per
l’enciclica che gli ha procurato infiniti fastidi fuori e dentro la Chiesa:
l’Humanae vitae.
Così si legge, tra l’altro, nella lettera: “So che il Vostro
cuore soffre molto in questi giorni per le sorti della Chiesa, per la pace del
mondo, per le tante necessità dei popoli, ma soprattutto per la mancanza di
obbedienza di alcuni, perfino cattolici, all’alto insegnamento che Voi
assistito dallo Spirito Santo e nel nome di Dio ci date. Vi offro la mia
preghiera e sofferenza quotidiana, quale piccolo ma sincero pensiero
dell’ultimo dei Vostri figli, affinché il Signore Vi conforti con la sua grazia
per continuare il diritto e faticoso cammino, nella difesa dell’eterna verità,
che mai si cambia col mutar dei tempi. Anche a nome dei miei figli spirituali e
dei “Gruppi di preghiera” vi ringrazio per la parola chiara e decisa che avete
detto, specie nell’ultima Enciclica Humanae vitae, e riaffermo la mia fede, la
mia incondizionata obbedienza alle vostre illuminate direttive. Voglia il
Signore concedere il trionfo alla verità, la pace alla sua Chiesa, la
tranquillità ai popoli della terra, salute e prosperità alla Santità Vostra,
affinché dissipate queste nubi passeggere, il regno di Dio trionfi in tutti i
cuori, mercé la vostra opera apostolica di supremo Pastore di tutta la
cristianità…”.
Da Francesco Agnoli
... Pio XI un buon pontefice ?
RispondiEliminaMi piacerebbe farle leggere qualcosina a tal proposito, per esempio un piccolo estratto del libro - mai pubblicato - di Emanuele Brunatto : Gli anticristi nella chiesa di Cristo.
Edoardo Misuraca , curatore del sito "emanuelebrunatto.it"