Si
stava per riunire il conclave del 1774, il Cardinale Castelli chiese a
Mons. Alfonso Maria de Liguori di scrivergli una lettera circa i
provvedimenti che avrebbe dovuto prendere il nuovo Papa per riformare la
Chiesa dilaniata dal rilassamento generale. Riporto i passi principali
della lettera alfonsiana.
Amico mio e
Signore, circa il sentimento che si desidera da me intorno agli affari
presenti della Chiesa e circa l'elezione del Papa, che sentimento voglio
dar io miserabile ignorante, e di tanto poco spirito qual sono?
Dico
solo che vi bisognano orazioni e grandi orazioni; mentre, per sollevare
la Chiesa dallo stato di rilassamento e confusione in cui si trovano
universalmente tutti i ceti, non può darvi rimedio tutta la scienza e
prudenza umana, ma vi bisogna il braccio onnipotente di Dio.
Tra' vescovi, pochi sono quelli che hanno vero zelo delle anime.
Le
comunità religiose quasi tutte, e senza quasi, sono rilassate; poiché
nelle religioni, nella presente confusione delle cose l'osservanza è
mancata e l'ubbidienza è perduta.
Nel
clero secolare vi è di peggio: onde vi è necessità precisa di una
riforma generale per tutti gli ecclesiastici, per indi dar riparo alla
grande corruzione de' costumi, che vi è ne' secolari.
E
perciò bisogna pregar Gesù Cristo che ci dia un Capo della Chiesa, il
quale, più che di dottrina e di prudenza umana, sia dotato di spirito e
di zelo per l'onore di Dio, e sia totalmente distaccato da ogni partito e
rispetto umano; perché se mai, per nostra disgrazia, succede un Papa
che non ha solamente la gloria di Dio avanti gli occhi, il Signore poco
l'assisterà, e le cose, come stanno nelle presenti circostanze, andranno
di male in peggio.
Sicché le orazioni possono dar rimedio a tanto male, con ottenere da Dio che egli vi metta la sua mano e dia riparo.
[…]
Bramerei primieramente che il Papa venturo (giacché ora mancano molti
Cardinali che si han da provvedere) scegliesse, fra quelli che gli
verranno proposti, i più dotti e zelanti del bene della Chiesa, ed
intimasse preventivamente a' Principi, nella prima lettera in cui darà
loro parte della sua esaltazione, che, quando gli domanderanno il
Cardinalato per qualche lor favorito, non gli proponessero se non
soggetti di provata pietà e dottrina; perché altrimenti non potrà
ammetterli in buona coscienza.
Bramerei
inoltre che usasse fortezza in negare più benefizi a coloro che stanno
già provveduti de' beni della Chiesa, per quanto basta al lor
mantenimento secondo quel che conviene al loro stato. Ed in ciò si
usasse tutta la fortezza avverso gl'impegni che s'affacciano.
Bramerei,
di più, che s'impedisse il lusso nei prelati, e perciò si determinasse
per tutti (altrimenti a niente si rimedierà) si determinasse, dico, il
numero della gente di servizio, giusta ciò che compete a ciascun ceto
de' prelati: tanti camerieri e non più; tanti servitori e non più; tanti
cavalli e non più; per non dare più a parlare agli eretici.
Di
più! che si usasse maggior diligenza nel conferire i benefizi solamente
a coloro che han servito la Chiesa, non già alle persone particolari.
Di
più, che si usasse tutta la diligenza nell'eleggere i vescovi (da'
quali principalmente dipende il culto divino e la salute dell'anime) con
prendersi da più parti le informazioni della loro buona vita e dottrina
necessaria a governare le diocesi; e che, anche per quelli che siedono
nelle loro chiese, si esigesse da' metropolitani e da altri,
segretamente, la notizia di quei vescovi, che poco attendono al bene
delle loro pecorelle.
Bramerei
ancora che si facesse intendere da per tutto che i vescovi trascurati, e
che difettano o nella residenza o nel lusso della gente che tengono al
lor servizio, o nelle soverchie spese di arredi, conviti e simili,
saranno puniti colla sospensione o con mandar vicari apostolici a
riparare i loro difetti; con darne l'esempio da quando in quando,
secondo bisogna.
Ogni esempio di questa sorta farebbe stare attenti a moderarsi tutti gli altri prelati trascurati.
[…]
Sovra tutto desidererei che il Papa riducesse universalmente tutti i
religiosi all'osservanza del loro primo Istituto, almeno nelle cose più
principali.
Or via, non voglio
più tediarla. Altro noi non possiamo fare che pregare il Signore, che ci
dia un Pastore pieno del suo spirito, il quale sappia stabilir queste
cose da me così accennate in breve, secondo meglio converrà alla gloria
di Gesù Cristo.
E con ciò le fo umilissima riverenza, mentre con tutto l'ossequio mi protesto
Di V. S. Illma Devmo ed obblmo servo vero
Alfonso Maria, vescovo di Sant'Agata de Goti
§Bergoglio compie un atto di giustizia, la porpora a monsignor Capovilla
Doveva arrivare un papa argentino per dare la porpora cardinalizia a monsignor Loris Capovilla, storico segretario personale di Roncalli già quando questi era patriarca di Venezia e poi successivamente negli anni del pontificato. Capovilla ha ormai 98 anni ed è rimasto per molti fedeli, storici, persone di ogni cultura e credo la memoria vivente del Concilio Vaticano II.
Ha
pubblicato libri e non ha mai smesso di dialogare, con stupefacente
lucidità, con gli interlocutori più diversi. E’ stato a lunga un’icona
vivente dell’evento religioso più importante del secolo passato ma a
rileggere le sue interviste non ha mai assunto pose roboanti, la
retorica non lo sfiora praticamente mai. Eppure, nell’arco di questi
lunghi decenni, un riconoscimento che era quasi dovuto, quasi scontato,
quello di una berretta rossa a testimonianza di una vita eccezionale,
non è mai arrivato. Intanto altri segretari diventavano cardinali,
arcivescovi, Prefetti.
Stanislaw
Dziwisz, per quarant’anni al servizio di Giovanni Paolo II ha ben altra
fama, si pensi solo ai rapporti tutt’altro che limpidi con una
congregazione funesta come quella dei Legionari di Cristo; negli anni
della malattia di Giovanni Paolo II poi, secondo diversi osservatori ha
esercitato un potere personale più simile a quello di un rasputin che al
ruolo di collaboratore del pontefice. Wojtyla lo voleva cardinale ma
non fece in tempo a nominarlo, tocco a Benedetto XVI che poi per non
averlo troppo vicino lo spedì però a fare l'arcivescovo di Cracovia
dove si trova tuttora. Di monsignor Georg Gaenswein, il più stretto
collaboratore di Ratzigner, si ricorda fra l'altro la testimonianza
imbarazzante al processo contro l’assistente di camera del papa Paolo
Gabriele, trafugatore dei documenti; durante il dibattimento si è
contraddetto e come minimo ha fatto la figura del personaggio insipiente
e incapace di cogliere la situazione che gli stava intorno.
Nel
frattempo ha riempito le cronache mondane di qualche rivista
semi-scandalistica con la sua partecipazione, il sorriso d’ordinanza e
la bella presenza sempre in vista, alle serate di ciò che resta della
nobiltà romana e del generone capitolino vicino al Vaticano. Amante del
tradizionalismo, è stato nominato in extremis Prefetto della Casa
Pontificia, ruolo altisonante ma divenuto praticamente inutile nel
momento in cui il nuovo Papa si è trasferito a Santa Marta dove ha
inaugurato una gestione delle relazioni personali e istituzionali
slegata dai ridondanti e pomposi protocolli vaticani. Ora monsignor
Georg aspetta una nomina arcivescovile in Germania, chissà se alla fine
arriverà.
In
questo quadro, però, non può essere taciuta la prepotenza un po’
sciatta e burocratica della Cei, che annoverando fra i suoi membri anche
mosignor Capovilla, non ha fatto mai sentire, in tutto questo tempo, la
propria voce per dare ruolo e valore alla figura di un testimone unico
della storia della Chiesa. Così va il mondo, ma quando si guarda alla ‘
rivoluzione’ di questo papa, forse si dovrebbe parlare invece del
ritorno alla ‘normalità’ delle cose.
http://vaticantabloid.blogspot.com/2014/01/bergoglio-compie-un-atto-di-giustizia.html
Padre reverendissimo,
Nel futuro non lontano concistoro ho stabilito di promuovere al cardinalato uno della Compagnia e precisamente il padre Billot.
So, che per la loro Regola i padri della Compagnia non solo non
possono aspirare, ma devono anche rifiutare qualunque dignità. Per
ovviare a tali disposizioni concedo tutte le dispense, pregando la
Paternità Vostra reverendissima e il reverendo padre Billot a non
insistere per essere liberato.
Faccio poi osservare, che se ai tempi di S. Ignazio, il
cardinalato era una dignità tenuta in grande onore nel mondo anche
profano, oggi invece è una vera croce, e chi la accetta e la porta con
santa rassegnazione moltiplica i meriti pel paradiso.
Augurandole frattanto ogni bene godo confermarmi suo obbligatissimo, affezionatissimo, Pius pp. X.
Tratto da: “Carte Pio X – Scritti, omelie, conferenze e lettere di Giuseppe Sarto” a cura di Alejandro Mario Dieguez – Collectanea Archivi Vaticani – Archivio Segreto Vaticano 2010 – Città del Vaticano, pag. 456.
http://www.lucisullest.it/documenti-il-cardinalato-secondo-san-pio-x-in-una-lettera-riservata-una-gloria-una-croce-o-entrambi/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=documenti-il-cardinalato-secondo-san-pio-x-in-una-lettera-riservata-una-gloria-una-croce-o-entrambi
Lettera a Franz Xavier Wernz, preposito generale della Compagnia di Gesù, Vaticano, 26 ottobre 1911.
Confidenziale segreta.
Tratto da: “Carte Pio X – Scritti, omelie, conferenze e lettere di Giuseppe Sarto” a cura di Alejandro Mario Dieguez – Collectanea Archivi Vaticani – Archivio Segreto Vaticano 2010 – Città del Vaticano, pag. 456.
http://www.lucisullest.it/documenti-il-cardinalato-secondo-san-pio-x-in-una-lettera-riservata-una-gloria-una-croce-o-entrambi/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=documenti-il-cardinalato-secondo-san-pio-x-in-una-lettera-riservata-una-gloria-una-croce-o-entrambi
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