Perché i vescovi tedeschi disprezzano papa Francesco?
Ricca e arrogante: la Chiesa tedesca
Proprio qualche giorno fa ve lo scrivevo, sapendo quel che dicevo. I vescovi tedeschi e il papa, qualsiasi papa. Nel loro giudizio sui pontefici romani prevale un criterio tutto loro che ha retroterra duri a morire e che si perdono nei secoli: quella mai doma, sempre strisciante gara a chi ce l’ha più lungo, tra “romano” e “germanico”, su ogni campo, dal diritto alla teologia, dalla fede alla politica. Una sindrome, e forse un complesso, più pertinace e anche più ambiguo del vetusto gallicanesimo, del quale ne sopravvive la pallida ombra ancora nell’ombra pallida di quel che della Chiesa di Francia resta, quasi niente.
Ma cosa scrivevo qualche giorno fa? La verità (come sempre), per quanto scandalosa sia, verità venuta fuori da fonti ecclesiastiche, e sussurrata da alti prelati teutonici in fama di progressisti. Su cosa pensano del papa. Scrivevo dunque:
«…Vescovi tedeschi, che stanno mordendosi le mani per aver assecondato (un paio di loro) la candidatura Bergoglio in conclave; e qualcuno di essi sottovoce lo ha confessato: “A questo punto preferivamo Ratzinger, non perché tedesco, ma perché almeno era colto! E sapeva quel che diceva“. Già. La verità è che il tedesco, non c’è niente da fare, anche se vescovo, è naturaliter razzista, ma non lo si può dire; e se proprio devono sopportare un papa sulla testa, che almeno sia di razza “ariana” e intellettuale sopraffino, non un periferico latinoamericano per giunta neppure astro teologico».
Il card. Lehmann al papa “zitto tu, che non sai di teologia”
Non ho dovuto aspettare tanto,perché qualche giorno dopo mi arriva dai corridoi della Curia la telefonata di un amico sacerdote. Che mi ricorda quanto avevo scritto, e mi invita a leggere un’intervista in tedesco appena rilasciata da quel vanesio allievo di Rahner che è il cardinale Lehmann, dopo un amichevole incontro col papa, papa fatto passare da alcuni nientemeno che per “rahneriano” (oddio, come gesuita, che ha dovuto studiare su certi libri a senso unico – come il 90% del clero, del resto – , qualcosa ce l’ha, ma di qui a farlo passare per integralmente “rahneriano” ce ne corre).
QUI trovate l’intervista in tedesco dell’ottuagenario cardinale ultraprogressista di Magonza. Io ho letto con attenzione, mi sono finanche confrontato con questo amico curiale: i conti tornavano. Cosa ho capito dalle parole di Lehmann, dunque? È presto detto.
All’occhio profano potrebbe sembrare persino codina. Potrebbe, il profano, lasciarsi colpire e distrarre da come Lehmann abbia così clamorosamente frainteso il significato di “clericalismo” del quale lui e tutti i tedeschi sono l’esempio più snervante, i laici clericalizzati specialmente. Potrebbe, il profano, farsi distogliere dalla leccatina inflitta a Parolin; o dal fatto dica che il papa “è conservatore” sull’essenziale. Ma queste sono bazzecole e indoratura di supposte, nient’altro.
La vera sola frase importante, il nocciolo, affondato nel cuore dell’intervista, dopo aver cosparso tutto intorno d’incenso, per confondere, è piuttosto questa: «Allerdings muss man die jeweiligen Situationen genau beachten. Man kann nicht überall Barmherzigkeit predigen, zur Barmherzigkeit gehört auch Gerechtigkeit. Dieses Verhältnis muss nochmals gründlich reflektiert werden.»
In soldoni: “va bene la misericordia, ma bisogna conciliare la cosa con la giustizia, altrimenti addio teologia”. O, se vogliamo tradurre alla lettera: «Occorre peraltro discernere con esattezza le situazioni. Non si può predicare la misericordia ovunque, perché la misericordia include la giustizia. Occorre che tale rapporto sia continuamente considerato fino in fondo».
Che detto da un tedesco vuol dire: va bene il maquillage all’italiana (porta soldi, in fin dei conti), ma a noi tedeschi ‘sto papa ci disturba, è un’offesa alla nostra fierezza intellettuale (ossia alla loro famigerata superbia), e anche al nostro senso del decoro. In altri termini, traducendo dal teuto-clericalese, dice: quando parla di teologia Francesco, ci tappiamo le orecchie: è un oltraggio al nostro senso estetico. Che stia zitto e lasci che prima parlino gli altri. Dove per “altri” si intende loro, i baronazzi della teologia tedesca.
Quei gran figli di… Rahner, alle prese con un papa non “ariano”
Aspe’, considerate anche la frase precedente: «Die Frage des Sakramentenempfangs kann man nicht umgehen, man muss sie angehen, aber nicht zuerst». Per non parlare della frase: «Wir sind positiv überrascht worden. Der Papst war zuvor stark mit seiner Erzdiözese Buenos Aires verbunden, ist nicht viel gereist, war auf weltkirchlicher Ebene weniger engagiert als andere».
Frasi nelle quali, neppure troppo dissimulando l’aria di sufficienza, sostanzialmente dice che il Papa prima di allora non aveva “mai viaggiato molto” ed era quindi “tra i cardinali meno implicati con la chiesa universale”. Può apparire una constatazione banale; ma così non è se esce dalla bocca velenosa di un tedesco, che sta parlandoti clericalese, che bene conosce il calibro e il peso delle parole.
Avete capito o no cosa quel figlio di… Rahner di Lehmann sta dicendo al papa, tra le righe, con fare tutto spocchioso?
Sta dicendo, il crucco: «Bergoglio, tu non capisci niente di teologia, non sei come noialtri. Tu parli di misericordia, ma non sei un teologo, né tedesco né occidentale, perciò non capisci, per te misericordia vuol dire: tana libera tutti. Invece per noi che sappiamo di teologia, misericordia e giustizia vanno insieme. E se non ne parli insieme (solo misericordia) sei uno stupido. Lascia fare a noi teologi che queste cose le studiamo bene e sappiamo cosa diciamo».
Avete capito cosa ha voluto dire il Crucco figlio di… Rahner? Il fatto è che, a quanto si legge, queste stesse cose le ha dette pure al papa. Che sicuramente avrà avuto la signorilità di far finta di non capire con che razza di pavoni che fanno i galli nel pollaio avesse a che fare.
Tenete a mente: “Man kann nicht überall Barmherzigkeit predigen, zur Barmherzigkeit gehört auch Gerechtigkeit”:non si può predicare la misericordia ovunque, perché la misericordia include la giustizia.
Il senso della “giustizia” che hanno i tedeschi è notorio, e molti, ahiloro, lo hanno sperimentato.
Il senso di tutta l’intervista, dunque, è: “Tu, vescovo di Roma, fa pure le tue cose da latino-americano, bacia e abbraccia in piazza, intrattieni el pueblo, se vuoi fai pellegrinaggi con le madonne nere, però la teologia lasciala stare: è cosa nostra. Tu non capisci, non sei uno di noi. Non sei barone, non sei teologo tedesco, non sei manco occidentale, e vuoi mettere bocca nelle secrete coserivelate solo a pochi eletti che hanno l’una e l’altra chiave del regno?”
E dell’inferno. Che del resto, con la stessa boria, hanno “abolito”, anzi, per dirla alla rahneriana, “demitizzato”.
Il tradizionalismo teologico di Francesco per i tedeschi è “deficienza”
Quando vi ripetevo solo una settimanafa che i tedeschi il papa, questo, lo disprezzano… non dicevo, come mai dico, il falso. Perché era colato dalle loro bocche come bava velenosa. Ma mi sa non sono stato creduto… E lo sapete perché non sono stato creduto? Perché siete superficiali, e fate 2+2 da bambini dell’asilo, specie i due poli estremi, ultra-tradizionalisti e progressisti: i primi, siccome credono che Francesco sia “progressista” e sanno che i vescovi tedeschi tali sono, hanno dedotto che fra costoro ci fosse minimo una affinità elettiva, naturaliter. Dimostrando così di non conoscere non tanto Francesco, quanto piuttosto l’episcopato tedesco. Il quale disprezza, e in alcune frange odia addirittura, Francesco: loro lo odiano non perché è tradizionalista, lo odiano perché per i loro parametri “non capisce niente di teologia”. E attenzione che se per il clerical-barone teutonico la fede è faccenda di beati pii minchioni e dunque non è niente se non un disturbo dell’emotività, al contrario, la frigida scienza della teologia astratta è tutto.
La facile obiezione che si potrebbe fare è: ma questi vescovoni e teologoni tedeschi odierebbero chiunque, qualunque papa, perché papa a Roma e non a Berlino. È vero pure questo, ma non basta.
Il problema è capire cosa si intende con progressista etradizionalista. Da un punto di vista teologico i tedeschi sono progressisti, ma nel loro essere sono profondamente tradizionalisti – mi spiegava un prete che ha studiato e girato per l’Orbe cattolico e per le Sacre Stanze – da un punto di vista teologico, Bergoglio è tradizionalista, ma nel suo essere è progressista. I tedeschi accettano il progressismo del papa perché non gliene frega una mazza, ma odiano il tradizionalismo teologico perché è per loro frutto di deficienza.
Ratzinger era uno di loro, come teologo e progressista
Allora, si dirà, era “deficiente” anche Benedetto, per loro?
Quasi entriamo nella sfera nell’ineffabile! No, no. Benedetto è forse l’esponente di punta di questo mio discorso: lui era uno di loro.
Ma come, si dirà, proprio loro a Benedetto l’hanno contestato di brutto, hanno demolito suoi documenti prima ancora che potessero leggerli!
Sì, è vero, e sapete perché? Perché se li avessero letti avrebbero avuto la conferma del fatto che lui era l’esponente di punta della teologia tedesca, e questo stava a loro sulle palle; ma era una questione teologica, tutti progressisti, anche Benedetto, teologicamente. Ma Benedetto abbracciava dei presupposti che loro negavano, ma così Benedetto era un passo avanti a loro perché i loro presupposti erano errati. Penso alla teologia fondamentale di Kasper per esempio.
Uno di questi giorni, un prete, certamente ortodosso, intelligente e colto, un canonista, a proposito delle categorie che ricalcano la politologia novecentesca ma applicate improvvidamente alla sfera ecclesiale, creando enorme confusione e disastri, le categoria di progressista etradizionalista (o conservatore), questo prete, dicevo, mi ha detto “una cosa veramente con grande amore (alla verità)”, cioè:
«Secondo me il giudizio dato sulla Chiesa e sugli uomini di chiesa degli ultimi 40 anni è totalmente sbagliato. È troppo semplicistico, manicheo dire buoni e cattivi, o di qui o di là: così non si comprendono le sfaccettature, le pieghette, i chiaro-scuri che non sono per forza negativi, ci mancherebbe. È facile dire che uno è progressista: ma cosa vuol dire?! La complessità di una persona (e di una mente) è molto molto di più che un’etichetta. Purtroppo siamo abituati a ragionare per categorie stagne. E così ci perdiamo il più bello, come quando si mangiano le aragoste e spezzi gli ossicini e ti ciucci tutto il sughetto. Che poi, come dicevi ora tu, è il motivo per cui uno ad ascoltare ‘ste cose si eccita».
Parole che sono molto belle, e come tutte le cose belle, vere.
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